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Autore: Macaron    18/01/2013    1 recensioni
Il racconto delle volte in cui John e Sherlock, da bambini-ragazzi e poi adulti, si sono passati accanto senza sfiorarsi, senza vedersi e di quella volta in cui semplicemente è successo. Perchè forse ci sono storie che devono semplicemente iniziare.
[Bromance]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson , Mycroft Holmes , Sherlock Holmes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Premessa.

Queste sono il genere di cose che partorisce la mia testolina quando bevo troppo caffè la sera, ma perché poi?, e la mia dolce metà passa la notte a russare così tanto che ho paura che i vicini chiamino la pulizia. Nella mia testa, e sull’iphone dove avevo appuntato qualche frase per evitare l’amnesia che mi prende generalmente al risveglio, era lunga tipo una paginetta. Poi ho iniziato a scriverla ed è venuta fuori un po' più lunga, però scriverla mi ha fatto bene quindi non sono state propriamente ore di sonno sprecate. Spero =)

Il titolo è assolutamente una pirlata asssurda ma scrivendo questa storia mi ero immaginata seduta sul divano a raccontarla tipo ad Hamish, una scenetta come quella iniziale di How i met your mother e da lì ho giocato con la frase che utilizzavano soprattutto all’inizio per far rimorchiare Ted. Ovviamente questi personaggi non mi appartengono e blabla, anche se se qualcuno volesse regalarmi un mignon di John non mi dispiacerebbe.

 

 

 

Ci sono storie che devono semplicemente iniziare. Incontri scritti nelle stelle, o per essere ancora più pomposi: nel destino. Se Sherlock Holmes ci sentisse parlarne ci direbbe che il destino non esiste e che con le nostre idiozie stiamo abbassando il QI dell’intera nazione. Ci fornirebbe una serie di dati interessanti ed estremamente corretti. Ci spiegherebbe che un uomo con la zoppia psicosomatica come John non poteva che scegliere Russel Square Garden per le sue passeggiate, trattandosi dell’unico spazio verde raggiungibile dalla sua squallida stanza in affitto senza dover prendere i mezzi pubblici. Ci spiegherebbe che Mike Stamford avendo due volte alla settimana un’ora di buco tra le lezioni della mattina, ma solo una e quindi un tempo troppo ridotto per andare a sbrigare qualche commissione o pagare una bolletta, aveva praticamente come unica opzione quella di andare a leggere il giornale e rilassarsi in quello stesso parco, abbastanza vicino al Barts da non fargli perdere troppo tempo a raggiungerlo. Possiamo quasi sentire Sherlock esporci la sua analisi e accusarci di voler fare i sentimentali, di voler romanzare tutte le storie proprio come un certo blogger di sua conoscenza. Però Sherlock non è qui in questo momento, e noi possiamo scegliere di raccontare questa storia come più ci piace. Perché la verità è che ci sono così tanti modi di non incontrarsi mai, di passarsi accanto arrivando quasi a sfiorarsi per cambiare strada un attimo prima di vedersi davvero.  Ci sono così tanti modi di non incontrarsi.

 


Marzo 1984, Regent’s Garden


Harry è coraggiosa. Harry è una tosta. Harry non ha avuto paura di andare a chiedere a un gruppo di ragazzini della sua età di giocare con lei. Sono tutti maschi ma a lei non importa, le importa del fatto che stanno giocando a calcio mentre le bambine della sua età sono impegnate a scambiarsi consigli su come acconciare le loro bambole per il ballo e insomma è molto molto più noioso di una partita di calcio. Harry vuole semplicemente giocare a calcio, è brava a farlo, è più veloce di quegli altri ragazzini e sa che ci guadagnerebbero ad averla in squadra anche se loro non la pensano così, anche se quando si propone di unirsi loro le rispondono con risa e prese in giro. “Una ragazza? Ma le ragazze sanno anche riconoscere un pallone da calcio?”. Harry lo sa riconoscere e non ha paura di esporsi, non ha paura di loro. Harry non ha paura di loro nemmeno quando si ritrova seduta sul prato con le gambe piene di graffi, dopo che i ragazzi l’hanno presa in giro e spintonata via facendola cadere malamente sull’erba. Harry non ha paura di loro, è solo ferita perché non ha potuto giocare a calcio e sente che un po’ le viene da piangere e vorrebbe che ci fosse John lì vicino per consolarla. Ma John non c’è. O meglio c’è ma non lo vediamo perché è nascosto dietro un albero, un albero dove è andato a rifugiarsi quando ha visto che le cose diventavano complicate per sua sorella. Perché lui non è coraggioso, lui non è come Harriet. John ha paura di tutto. John non avrebbe mai affrontato dei ragazzini più grandi, rischiando di finire pieno di lividi. In realtà John non avrebbe nemmeno chiesto loro di giocare perché lui a calcio non è bravo per niente e nemmeno gli piace, a lui piace leggere di storie avventurose sdraiato sotto un albero qualsiasi. E adesso che dietro a quell’albero c’è nascosto, mentre il senso di colpa per non aver protetto la sua sorellina inizia a farsi sentire, si chiede se sarà mai in grado di viverle quelle storie avventurose. Se smetterà mai di leggere delle storie per iniziare a viverle. Se smetterà mai di avere paura.

Se John uscisse da dietro quell’albero in quel momento i suoi occhi incontrerebbero sicuramente quelli di un altro bambino. Sherlock è seduto su una panchina, i piedi che non arrivano nemmeno a terra e il bel cappotto tutto sgualcito. E’ rimasto a vedere tutta la scena da lontano. Ha visto Harry litigare con quei ragazzini e la vede adesso seduta sull’erba a piangere. Non è intervenuto perché è troppo piccolo, perché ha solo sei anni e i suoi piedi non arrivano nemmeno a toccare per terra quando è seduto su una panchina ma in quel momento si gira verso suo fratello Mycroft e non riesce a trattenere una domanda.

“Perché quei ragazzini hanno fatto male a quella bambina?”

Mycroft alza appena gli occhi dal libro che sta leggendo ma in pochi istanti riesce a focalizzare la situazione, è estremamente bravo a osservare e dedurre come tutti gli Holmes e come forse sarà anche Sherlock, e sorride al fratello minore iniziando a spiegargli di come i bambini siano cattivi, di come a volte siano sciocchi.

“Ma a te non succederanno mai queste cose”  dice scompigliandogli i riccioli neri.

Sherlock lo fissa serio, con i suoi occhi azzurri così chiari da sembrare trasparenti. “ Io sicuramente non andrei a giocare a calcio, sono già più intelligente di tutti loro. Sarebbe così noioso”

Mycroft annuisce preoccupato e ritorna a leggere il suo libro. Dopo qualche istante sente una manina che loro tira ancora per la giacca.

“ Non mi piacciono i bambini, a me piacciono i pirati. I pirati non picchiano le femmine. I pirati lasciano le femmine sottocoperta ma non le picchiano sicuro. E dire che sono pirati. “ si zittisce per qualche istante. “ Io non penso che avrò mai degli amici”.

Mycroft si gira a guardare suo fratello minore che in quel momento sembra avere dentro un mondo troppo grande per un bambino di così pochi anni ed annuisce.

“ Andiamo ti porto a casa e ti lascio giocare con il mio microscopio.” Sherlock sorride felice e Mycroft spera che quel mondo che suo fratello ha dentro non finisca per inghiottirlo.

Se Sherlock non si lanciasse subito giù dalla panchina correndo fuori dal parco i suoi occhi potrebbero incontrare quelli di un bambino biondo poco più grande di lui. Un bambino biondo che in quel momento sta goffamente cercando di aiutare la sorella a rialzarsi e le sta tamponando i graffi con un fazzoletto bagnato. Se Sherlock non corresse fuori dal parco potrebbe guardare quel biondino per un attimo e chiedersi se forse non si è sbagliato, se forse non tutti i bambini non gli piacciono, se forse da qualche parte non c’è un amico per lui.

Ma non succede. Sherlock corre fuori dal parco seguito dal fratello e John rimane ad aiutare Harry a rialzarsi. Ci sono così tanti modi di non incontrarsi.

 


Settembre 1995 King's College School*

 

John Watson non è il tipo da King’s College. Ha frequentato una normalissima scuola pubblica della provincia londinese e non è abituato a questo genere di eventi, a queste grandi sale con genitori da tutte le parti, lampadari costosi e ragazzi in giacca e cravatta. E allora perché è qui, oggi? Perché Eloise, la sua ragazza, frequenta la senior school in questione e l’ha quasi costretto ad accompagnarla a questo concerto di studenti. Forse costretto sarebbe eccessivo perché non c’è nulla che Eloise debba convincere John a fare. Eloise è bellissima, e francese e con un accento un po’ snob che John trova molto eccitante, colta e un po’ ribelle come si può essere solo a quindici anni quando si ha comunque la sicurezza di una famiglia pronta ad appoggiarti. Eloise è bellissima e diversa dalle ragazze che è abituato a frequentare e John la seguirebbe ovunque, anche a un noioso concerto di musica classica. Mentre si siedono in fondo alla sala, un po’ defilati perché John a differenza di tutti gli uomini presenti in sala non indossa nessuna giacca costosa ma solo un maglione un po’ troppo grande per lui, si guarda intorno e poi posa di nuovo lo sguardo su Eloise chiedendosi per la millesima volta cosa possa trovarci in lui una ragazza come lei. Se potessimo entrare nella storia per un istante e strappare la confidenza alla ragazza forse lei ci direbbe che è quella sorta di malinconia che gli legge negli occhi che lo affascina, il suo senso di responsabilità e insieme la sensazione che ci sia qualcosa d’incompiuto in lui, un bisogno di mondi nuovi da conoscere. Ma probabilmente ci direbbe che è perché ha gli occhi blu, perché è carino e perché non piace per niente ai suoi genitori, e questo la fa sentire grande e ribelle, perché alla fine Eloise è solo una ragazza carina che guarda John ma non lo osserva. Nessuno ha ancora osservato davvero John. Potrebbe succedere oggi, potrebbe essere il giorno giusto ma semplicemente non accade.

Eloise gli dice qualcosa di sexy all’orecchio e John la bacia, e lei ride, ride un po’ troppo forte e a John brillano gli occhi di eccitazione, e il mondo scompare. Si alzano rapidamente dai loro posti in fondo alla sala e scappano verso il giardino del college. Mentre si avviano verso la porta la sala si fa silenziosa, le luci si abbassano e il pubblico si appresta ad ascoltare il primo concerto. John fa per voltarsi, è un po’ curioso di vedere i musicisti anche solo per prenderli in giro per il loro abbigliamento, ma Eloise lo tira per il polso e lui semplicemente si lascia trascinare.

Se si fosse voltato John avrebbe visto un ragazzo con il violino in mano e gli occhi di ghiaccio. Se si fosse voltato sarebbe rimasto catturato dalla sua espressione concentrata mentre maneggia il violino e forse non avrebbe sentito tutto quel bisogno di recarsi in giardino.

Se John si fosse voltato forse si sarebbe seduto di nuovo al suo posto in fondo alla sala e sarebbe rimasto ad ascoltare tutto il concerto. Non avrebbe mai saputo che si trattava di un concerto per violino e orchestra d’archi di Mendelssohn**, ma si sarebbe trovato a pensare per la prima volta che la musica classica può essere bella e nella sua testa la musica sarebbe sempre stata associata a un violinista dagli occhi di ghiaccio.

Se John si fosse voltato forse alla fine dello spettacolo i suoi occhi avrebbero incontrato quelli di Sherlock, e per la prima volta qualcuno non avrebbe visto in lui semplicemente un ragazzo poco adatto a questo genere di eventi ma avrebbe visto John.

Ma non succede. John non si volta, si lascia trascinare in giardino da Eloise e mentre si baciano appoggiati alla cancellata percepisce appena la melodia di un concerto per violino. Ci sono così tanti modi per non incontrarsi.

 


Dicembre 2008, Residenza della famiglia Holmes

 

Nel periodo di Natale il palinsesto della BBC si riempie di noiosi servizi sui “Nostri valorosi soldati in Afghanistan” e su come stanno trascorrendo le feste. Dovrebbero essere malinconici e commoventi e dovrebbero suscitare empatia ma per Sherlock Holmes sono solamente noiosi spezzoni cuciti alla bell’e meglio e infarciti di clichè adatti a commuovere solo cervelli atrofizzati da troppe visioni del Grande Fratello. Sherlock Holmes li odia. Allora per quale motivo quel ventitre dicembre è seduto sulla poltrona della residenza delle vacanze della famiglia Holmes mentre il televisore non smette di ciarlare? Perché Violet Holmes invece li adora. Non è sempre stato così. Anni prima quando suo marito era ancora in vita Violet era una donna affascinante, glaciale e dall’intelligenza rara. Gli stessi occhi di ghiaccio del figlio minore, la stessa ironia tagliente, la stessa capacità di osservare il mondo senza farsene toccare davvero. E un grande amore, che poi è il motivo per cui adesso a distanza di anni i due figli sono seduti a vedere un insulso speciale della BBC. Un amore che consuma, un amore per un uomo che non è mai davvero riuscita a ricambiarla ( e che a Sherlock, quando si permette di pensare a lui, ricorda Mycroft), la cui assenza prima a livello emotivo e poi a livello fisico l’ha ridotta ad essere l’ombra di se stessa. L’ha ridotta ad essere una donna senza luce che rimane ore intere a guardare la televisione, senza farsi toccare dal mondo esterno perché imprigionata dentro se stessa. Una donna da cui Sherlock è scappato perché il solo guardarla lo riempie di frustrazione, lo esaspera. Il bambino che c’è ancora dentro di lui non riesce ancora a fare i coincidere l’immagine della donna fredda e geniale che sua madre era con il guscio vuoto che si è ridotta ad essere solamente per colpa di un difetto chimico che si trova nella parte che perde***. La vede unicamente un paio di volte all’anno, costretto da Mycroft, e Natale è una di quelle due volte. Per questo Sherlock Holmes è seduto su una poltrona con in sottofondo un noioso speciale della BBC. Violet osserva il televisore totalmente rapita, lui e Mycroft si scambiano qualche frase sarcastica mentre lanciano occhiate distratte al piccolo schermo. Poi il telefono squilla, un messaggio di Lestrade, qualcosa a proposito di un caso irrisolto che sta occupando tutta Scotland Yard, e Sherlock abbandona velocemente la stanza sotto lo sguardo carico di disapprovazione di Mycroft. Il caso non lo interessa nemmeno particolarmente, la fine è già tutta davanti al loro naso, è già scritta, ma lui vuole solamente scappare e qualsiasi scusa andrebbe bene. Se Sherlock non si fosse alzato in quel momento si sarebbe trovato ad osservare la telecamera della BBC che smette d’inquadrare un gruppo di soldati radunati a festeggiare e ricordare le famiglie e volge lo sguardo verso l’ospedale militare. E’ una mossa abbastanza prevedibile. Famiglie divise e feriti per la patria, perfetti per il Natale. La telecamera indugia sui feriti e quasi casualmente si trova ad inquadrare un soldato, un medico militare intento a ricucire un ragazzo che sembra poco più di un bambino. Se Sherlock non si fosse alzato probabilmente il suo sguardo, seguendo quello della telecamera, si sarebbe posato su quel medico militare. Se Sherlock non si fosse alzato avrebbe notato la sua calma, il suo muoversi quasi fuori dal tempo, come se la frenesia della guerra non riuscisse a scalfirlo, come se il campo di battaglia gli fosse entrato così dentro da smettere di fargli paura. Se Sherlock non si fosse alzato i suoi occhi si sarebbero soffermati su quelli di quel medico militare e per qualche istante avrebbero trasportato un intero ospedale militare all’interno della residenza estiva degli Holmes. Ma Sherlock si alza e lascia la stanza, il servizio della BBC prosegue e non c’è nessuno ad osservare davvero John Watson.

Due settimane dopo vicino all’ospedale viene tesa un’imboscata.

Ci sono così tanti modi per non incontrarsi.

 


29 Gennaio 2010, Barts

 

“ Ecco tenga… Usi il mio”

“ Grazie”

“ Lui è un mio vecchio amico, John Watson”

“ Afghanistan o Iraq?” ****


Ci sono così tanti modi per non incontrarsi, e poi semplicemente succede.

 


E guardiamoli adesso. Sono passati anni dalla prima volta in cui si sono sfiorati senza incontrarsi davvero e diversi mesi da quel giorno al Barts. Sono cresciuti rispetto ai bambini che erano, anche se vanno ancora a Buckingham Palace senza mutande e finiscono per rubare un posacenere quindi forse non sono cresciuti abbastanza, sono maturati, sono cambiati. Ogni tanto mentre siedono nelle loro poltrone nel soggiorno del 221B John ripensa a cosa sarebbe successo se le loro strade non si fossero mai incrociate. I suoi occhi si posano rapidamente sulla sua gamba, la cui zoppia psicosomatica è sparita dopo solo poche ore dal loro primo incontro, e poi su Sherlock che sta straordinariamente sbocconcellando qualcosa di commestibile mentre contemporaneamente sfoglia una rivista scientifica e sorride un pochino. Poi i loro occhi s’incontrano per un attimo e John non riesce a trattenere una domanda.

Ci pensi a cosa sarebbe successo se non ci fossimo mai incontrati?”. In realtà non vorrebbe fermarsi lì. In realtà quella è solo la prima di un fiume di domande che vorrebbe fargli. Ci pensi a cosa sarebbe successo se non ci fossimo mai incontrati? Avrei ancora una zoppia psicosomatica? Mi sarei trasferito nella grigia provincia londinese passando le giornate tra un lavoro che non riesce più ad appagarmi e qualche appuntamento in cui non sento nulla? Saresti riuscito a farti detestare da tutta Scotland Yard, compreso Lestrade? Sarei ancora così solo? Saresti ancora così solo? Sarei ancora così infelice? Saresti ancora infelice? Ci pensi a cosa saremmo diventati se non ci fossimo mai incontrati?

“ Ma non è successo.” Sherlock alza appena lo sguardo dalla rivista. “ Ma non è successo. Semplicemente”

Forse alla fine si riduce tutto a questo. Al caso, al destino. Forse ci sono semplicemente delle persone che sono destinate ad incontrarsi. Delle storie che devono iniziare. Semplicemente.

Ci pensi a cosa sarebbe successo se non ci fossimo mai incontrati?

 

 

 

Note.

 

*Stando all’Independent è una delle migliori scuole del Regno Unito, o almeno la migliore di  

Londra, e stando al loro sito all’interno del loro piano di formazione danno un discreto spazio alle arti e alla musica. Sembra anche ignobilmente costosa quindi mi sembra azzeccata. Poi è bellissima.

** Secondo il Canone è uno dei compositori preferiti di Holmes.

*** Scandal in Belgravia

**** Da A Study in pink, ma presumo di non dovervelo dire io.

  
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