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Autore: Cida    19/01/2013    0 recensioni
"Tick-tock, tick-tock, merrily sings the clock. It's time for change, it's time for stay, so it sings
throughout the day. Tick-tock, tick-tock, merrily sings the clock."

La prima stagione vista con gli occhi di un nuovo personaggio.
Seconda classificata al contest C'era una volta un personaggio di cui ci siamo scordati di Trick.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mary Margaret Blanchard/Biancaneve, Nuovo personaggio, Ruby/Cappuccetto Rosso, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 5: Deal


  Alec posizionò l’ultimo ostacolo all’interno del capanno adibito a magazzino per le attrezzature sportive scolastiche, sospirò e fece mente locale: mancavano ancora il materasso e l’asta per il salto in alto, poi avrebbe finito. Tornò sul campo, che ospitava diverse aree per permettere ai bimbi di scegliere lo sport a loro più congeniale, e si diresse nell’ultimo punto rimasto da sistemare. Una volta di fronte alla barra, però, non poté far a meno di ricordare quel che gli era successo la volta che aveva accompagnato Ruby a Toll Bridge. Si ritrovò a chiedersi come avesse potuto dimenticarselo ma, in fin dei conti, non era poi così strano dati tutti gli avvenimenti che si erano susseguiti nei giorni successivi: l’aver riconosciuto il cuore, trovato lungo il fiume, come quello della moglie scomparsa di David; l’accusa di omicidio nei confronti di Mary Margaret per le sue impronte rinvenute sul cofanetto, aggiunte all’ottimo movente che aveva come amante del marito... erano stati giorni d’inferno. Alla fine, però, tutto si era risolto per il meglio: Ruby aveva ritrovato Katherine, non senza essersi presa un bello spavento dato che, avendola vista riversa a terra in un vicolo, aveva seriamente pensato di aver di fronte il suo cadavere. Mary Margaret, quindi, era stata liberata e Sidney Glass, reo confesso, era stato arrestato per aver rapito la donna e aver cercato d’incastrare l’insegnante. Ancora non si era capito come il laboratorio di analisi avesse potuto toppare così il riconoscimento del cuore ma, ormai, non aveva più importanza. Fortunatamente, adesso, tutto questo era acqua passata, ora poteva dedicarsi al suo dubbio.
  Sistemò l’asta ad un’altezza modesta, giusto per iniziare, fece un po’ di riscaldamento ed effettuò un primo salto di prova. Non ebbe problemi, anzi, una piacevole sensazione riscaldò il suo animo, come se si fosse accorto solo in quel momento di come quell’attività gli era mancata negli ultimi anni. Cominciò ad aumentare la difficoltà incrementando, man a mano, l’altezza. Quando ebbe ripreso piena consapevolezza dei movimenti corretti, si azzardò a posizionare la barra ad un livello decisamente più impegnativo. Una volta fatto, si allontanò quel tanto che gli sarebbe bastato a prendere la giusta rincorsa, batté un paio di volte le punte dei piedi a terra, inspirò a fondo e partì: iniziò in linea retta, aumentando sempre più la velocità e la lunghezza del passo, poi curvò la traiettoria con un’inclinazione del corpo, fece gli ultimi passi e staccò. Valicò l’asta inarcando la schiena e richiamando le gambe verso l’alto, infine, invertì la posizione del bacino lasciandosi cadere sul materasso: ce l’aveva fatta. Si concesse qualche secondo per recuperare fiato, era stanco... non sarebbe mai riuscito a replicare il salto che aveva compiuto giorni prima.
  «Wow» esordì una voce al suo fianco facendolo sobbalzare, data la sua concentrazione non si era nemmeno accorto che qualcuno lo stesse osservando «Questo salto è stato di livello olimpico» continuò il suo spettatore dando un’occhiata all’altezza in cui la barra era stata posizionata «Mary Margaret mi aveva detto che eri bravo, ma non pensavo così tanto»
  «Professor Knight...» lo riconobbe il ragazzo portandosi a sedere «Mi dispiace di non aver messo ancora tutto a posto, mi sono fatto prendere un po’ la mano. Era una vita che non lo facevo»
  L’uomo sorrise bonario «Non c’è affatto bisogno di scusarsi. Perché hai smesso?» volle sapere incuriosito mentre gli porgeva un braccio per agevolargli la discesa dal materasso.
  «Non lo so...» ammise l’albino lasciandosi aiutare «Penso che sia stato, più che altro, per mancanza di tempo»
  «Un vero peccato» constatò il professore dispiaciuto «Dato che hai cominciato a lavorare qui, però, direi che puoi sentirti libero di fermarti quanto vuoi dopo gli allenamenti dei ragazzi. Tanto non ci viene mai nessuno» gli suggerì «Adesso, però, che ne diresti se ti aiutassi a finire di mettere dentro queste cose e ce ne andassimo a bere qualcosa da Granny’s? Dato che sei diventato il mio assistente, credo proprio sia giunto il momento di conoscerci un po’ meglio»


  White dovette fermarsi per l’ennesima volta lungo il tragitto: era terribilmente stanco, la ferita che Red gli aveva inferto tempo prima non si era ancora del tutto rimarginata e la sua conformazione fisica non aiutava di certo il processo di guarigione. Nonostante questo, però, quel giorno si era alzato praticamente in piena notte, in modo da non dover discutere con qualcuno, e si era avviato verso il rifugio della principessa deciso più che mai a non saltare il loro incontro.
  Il viaggio, lo stesso di innumerevoli altre volte, in questa occasione risultò difficile e spossante, senza contare la costante sensazione di inquietudine che non l’aveva più abbandonato da un certo momento in poi. Aveva pensato, perfino, di essere seguito ma non era mai riuscito ad ottenere un riscontro effettivo che confermasse i suoi timori: probabilmente era solo stanco, non c’era niente di cui preoccuparsi. Riprese il cammino e, dopo poco, arrivò in vista della casetta in mezzo al prato. Davanti alla porta bussò, col ritmo concordato, e attese approfittandone per riprendere fiato.
  Finalmente l’uscio si aprì e il volto della mora, appena lo vide, s’illuminò «White» lo salutò chinandosi per abbracciarlo di slancio.
  «Piano, per favore» frenò il suo entusiasmo l’altro con una leggera smorfia di dolore.
  Quell’avvertimento impedì alla ragazza di stringere troppo e, solo allora, si rese conto delle bende che spuntavano dal suo fidato panciotto «Che ti è successo?» chiese preoccupata.
  «Sono stata io» arrivò una voce familiare dal limitare del bosco.
  «Red?» si alzò di scatto la principessa e, senza pensarci due volte, iniziò a correre nella sua direzione. Furono l’una fra le braccia dell’altra ancor prima di rendersene conto, felici di essersi finalmente ritrovate.
  «Allora non sono diventato paranoico, qualcuno mi stava davvero seguendo» esordì il coniglio alle loro spalle «Qualcuno con una certa esperienza» sottolineò.
  «Vi conoscete?» volle sapere Snow stupita.
  Il bianco annuì «A quanto pare è davvero piccolo il mondo...» considerò con un leggero affanno, aveva bisogno di sedersi: subito.
  La ragazza dal cappuccio rosso intuì il suo disagio «Andiamo dentro » suggerì «White deve riposarsi, ha avuto la sfortuna di trovarsi in mia compagnia l’ultima luna piena» spiegò mentre sul viso di entrambe andava dipingendosi un’espressione addolorata.
  «Non fate quelle facce» le riprese il Bianconiglio «Sono ancora vivo» puntualizzò prima di avviarsi, seguito subito dalle due, verso l’abitazione. Una volta dentro ci volle ben più di un minuto di discussione per obbligarlo a distendersi sul letto ma, alla fine, le due ragazze riuscirono a battere la sua testardaggine e a metterlo a riposo: per quanto cercò di lottare con il sonno, si assopì quasi subito.
  Snow e Red decisero di spostarsi verso il tavolino, dove la mora era solita mangiare, per potersi raccontare ogni cosa senza rischiare di disturbarlo. Passò molto tempo mentre le loro voci si alternavano e, a volte, accavallavano ma quello non si svegliò.
  «Gli vuoi bene?» chiese improvvisamente la principessa, prendendo la bruna completamente in contropiede.
  «Sì...» annuì, dopo un attimo, l’altra abbassando il capo «Come ne voglio a te. Voi due siete stati gli unici ad accettarmi per quello che sono nonostante abbiate visto e, nel suo caso, provato cosa sono capace di fare» rialzò di colpo lo sguardo «E’ per questo che ho deciso: me ne andrò»
  «Che cosa?» sbottò l’altra riabbassando subito il tono di voce «Questa è una stupidaggine e lo sai»
  «No» ribatté Red alterata «Rimanere con voi mentre la luna piena sta arrivando sarebbe una stupidaggine e anche bella grossa. Ho già quasi ucciso White, non vorrei avere l’occasione di riprovarci»
  «Hai sempre il tuo mantello a proteggerti, no?» le ricordò Snow con un sorriso d’incoraggiamento ma non servì a far risalire la più giovane dalla visione pessimista in cui stava scivolando.
  «E se smettesse di funzionare?» chiese, infatti, sull’orlo della disperazione.
  La principessa le strinse la mano con la propria «Allora impara a controllarlo»
  Red sgranò gli occhi «Come?»
  La mora scosse il capo «Non lo so» rispose sinceramente «Ma possiamo cercare di scoprirlo»
  «Possiamo?»
  «Certo, vuoi partire alla ricerca di una soluzione? Mi sta bene, ma non ti lascerò sola» a quelle parole l’altra provò a ribattere ma non ci riuscì perché continuò «Se io mi smarrissi e avessi bisogno di ritrovare me stessa, vorrei un amico al mio fianco»
  La brunetta strinse le labbra mentre gli occhi le si inumidivano di commozione «Perché fate tutto questo per me?»
  Snow si allungò sul tavolo e l’abbracciò «Perché anche noi ti vogliamo bene»
  «Grazie» ricambiò il gesto la più piccola ma il suo sguardo non poté far a meno di posarsi sul coniglio che, sdraiato a letto, ancora non si era svegliato nonostante avessero alzato più volte la voce: era davvero esausto.
  «Non hai intenzione di aspettare White» comprese la principessa.
  Red non disse una parola ma il suo silenzio fu una risposta affermativa più che eloquente.
  «Non capirà» le fece presente.
  «Lo so» parlò, invece, questa volta «Ma lo vedi anche tu come l’ho ridotto: sta male anche se cerca di nasconderlo. Le ferite faticano a rimarginarsi e il testone non fa niente per riguardarsi»
  «Da che pulpito…» sussurrò la moretta ridacchiando.
  «Ti ho sentita, sai?» la rimbrottò l’altra socchiudendo gli occhi.
  «Tu e il tuo udito da lupo» constatò Snow fingendosi risentita, poi tornò seria «Se vuoi partire prima che lui si risvegli, lasciamogli almeno una lettera di spiegazioni» suggerì.
  Red acconsentì «D’accordo, aggiungi che non sarà necessario cercarci, ci ritroveremo quando sarò diventata in grado di controllare il lupo»
  «Pensi davvero che desisterà solo per questo?»
  «No» fu la risposta sincera che le diede «Ma, almeno, ci avremmo provato»


  Il campanello collegato alla porta del negozio di Mr. Gold trillò e Alec entrò al suo interno come era solito fare ogni mese. Lanciò un’occhiata veloce al bancone e lo trovò vuoto, niente di nuovo: il padrone spariva spesso nel retro a combinare chissà cosa e, più di una volta, si era trovato a dover aspettare qualche minuto prima di poter consegnare i suoi soldi. Si infilò le mani in tasca e cominciò a dare un’occhiata alla marea di oggetti che riempivano quel negozio: era davvero incredibile la quantità di roba contenuta lì dentro, senza contare che ogni volta sembrava esserci qualcosa di nuovo. Avvicinandosi ad una vetrina, infatti, notò un pezzo che non aveva mai visto prima di quel momento: un orologio da taschino, probabilmente antico e, di sicuro, prezioso visti gli intarsi finemente lavorati che aveva sullo sportellino anteriore.
  «Un oggetto davvero notevole, non trova Mr. Downy?» gli chiese Gold scostando la tenda che dava sul retro e prendendo posizione al suo bancone «Peccato che non funzioni»
  «Come mai?» chiese il giovane incuriosito.
  «Probabilmente solo perché è vecchio» spiegò il padrone del negozio.
  Il biondo si avvicinò «Ha provato a farlo aggiustare?» volle sapere ancora.
  «No» rispose l’altro «Sono quasi sicuro che non abbia bisogno di particolari interventi per tornare a funzionare»
  «Pensa che si aggiusterà per magia?» chiese quello scettico.
  «E’ esattamente quello che penso, in effetti…» gli rivelò l’uomo «Ha solo bisogno di… tempo»
  «Se lo dice lei…» lasciò correre Alec mentre portava una mano alla tasca interna del giubbotto e ne tirava fuori una busta bianca «Qui ci sono i soldi del mese per l’appartamento»
  Gold appoggiò il peso sul suo bastone e con l’altro braccio prese ciò che gli veniva porto «Molto bene» constatò dopo aver dato una rapida occhiata al contenuto «Ho saputo del suo nuovo lavoro, mi permetta di farle tutti gli auguri del caso» si congratulò.
  «Grazie…» rispose l’albino inclinando leggermente il capo confuso ma, prima che potesse aggiungere altro, il suo cellulare squillò. Alec lo recuperò e diede un’occhiata al nome illuminato sul display: il suo sguardo si velò perdendo lucidità.
  L’altro lo guardò con un’espressione incuriosita «Non risponde Mr. Downy?»
  Il ragazzo rialzò il capo di scatto e con un guizzo veloce del braccio frantumò il telefonino sul bancone «Sembra che non ci sia abbastanza campo qua dentro...»
  Le labbra di Mr. Gold si piegarono in un mezzo sorriso «Sa che le dico Mr. Downy? Se le piace tanto quell’orologio può prenderlo...»
  Il biondo riportò la sua attenzione sull’altro «Non posso permettermelo...»
  «Esattamente... ma non le ho detto che deve pagarlo» spiegò il padrone del negozio con tranquillità.
  «Che cosa vuole in cambio?» chiese il più giovane sospettoso.
  «Perspicace...» constatò l’uomo «Diciamo solo che, se avessi bisogno di un favore in futuro, lei mi aiuterà»


  Era passato molto tempo da quella sera in cui White si era svegliato nel buio più completo all’interno di quella che era stata la casa di sua madre. Non c’era voluto molto per capire di essere completamente solo ma c’era voluto un po’ di più per rendersi conto che le ragazze non sarebbero tornate, almeno non tanto presto. Solo al mattino dopo, infatti, si era accorto della lettera che gli avevano lasciato: come prima reazione provò delusione, poi rabbia, infine dispiacere per non essere stato abbastanza forte da riprendersi quel tanto che bastava per poterle seguire. Rimase lì a riposarsi qualche giorno, cercando di recuperare, poi tornò a casa: Mary Ann e Pat lo trovarono svenuto lungo il vialetto, in preda alla febbre causata dalla ferita infetta. Passò una settimana d’inferno in cui lottò fra la vita e la morte finché la battaglia non si concluse con la sua vittoria. Aveva dovuto attendere ancora prima di ritornare completamente in forma ma, alla fine, aveva potuto iniziare la sua ricerca.
  Aveva camminato per sentieri conosciuti e corso per quelli inesplorati attraversando i confini di diversi reami, così come faceva quand’era ancora l’araldo del re, riscoprendo la gioia del viaggio che sembrava aver dimenticato da tempo. Si tenne piuttosto lontano dai villaggi più grandi, sapendo che le due avrebbero preferito spostarsi nei boschi per non rischiare di attirare l’attenzione di persone sbagliate. Tuttavia non evitò completamente i contatti con chi gli capitava di incontrare lungo il cammino, in fin dei conti aveva pur bisogno di informazioni. Venne a scoprire, così, che i regni di re George e re Midas erano in festa per l’unione che sarebbe avvenuta grazie al matrimonio tra il figlio del primo, James, e quella del secondo, Abigail... ma di una ricercata dai capelli neri come l’ebano e di un lupo minaccioso non riuscì a recuperare alcun indizio utile.
  Arrivato a nord aveva trovato la neve e, come ogni volta che gli capitava di vederla, ne era rimasto affascinato. Era candida e morbida, togliendosi il panciotto poteva tranquillamente sparire fra i suoi fiocchi... avevano molto in comune ad esclusione del fatto che l’una era gelida mentre l’altro era caldo.
  Fu il decidere di lasciarsi andare all’istinto e di correre in mezzo a tutto quel bianco ad essere un errore: finì in una trappola, abilmente nascosta fra la neve, come il più ingenuo dei cuccioli.
  Cercò di lottare per uscire da quella rete che l’aveva avvolto e issato per aria ma ottenne solo il risultato di incastrarsi di più. Alla fine dovette quietarsi consapevole del fatto che, per avere una minima speranza di salvezza, avrebbe dovuto aspettare che qualcuno venisse a reclamare il bottino.
  Solo dopo qualche ora avvertì i primi passi avvicinarsi, fortunatamente aveva la pelliccia o sarebbe morto congelato di sicuro.
  «Finalmente qualcosa di grosso» udì uscire dalla bocca del suo carceriere «Avrò pelliccia e carne per un po’» completò avvicinandosi «Un coniglio?» si stupì «Mai visti di così grandi»
  White abbassò lo sguardo «Sarebbe quanto mai irrispettoso se voi mi mangiaste, Miss» esordì verso colei che l’aveva messo nel sacco.
  Era una donna che poteva avere la stessa età di Mary Ann, portava i capelli grigi raccolti e indossava un paio di occhialetti tondi «Buon Dio, voi parlate!» spalancò gli occhi incredula.
  «Esattamente» confermò lui con ovvietà «E vi sarei davvero grato se decideste di risparmiarmi»
  In tutta risposta quella sfoderò un lungo coltello facendolo trasalire ma, invece che avvicinarsi alla rete in cui era rinchiuso, si allontanò e si portò nelle vicinanze di un grosso albero: con un movimento rapido ed esperto, tagliò la corda di sostegno.
  Il Bianconiglio finì a terra con un tonfo sordo e, dopo aver armeggiato un po’ con ciò che lo avvolgeva, fu libero «Vi ringrazio» disse scrollandosi la neve di dosso.
  La donna lo guardò con un po’ di sana curiosità «Siete davvero una creatura bizzarra...» poi il suo tono si fece improvvisamente burbero «Al villaggio quelli come voi non sono ben visti, vi consiglierei di non passarvici...»
  «Quelli come me?» ripeté il bianco con una nota di disappunto «Perché? Ma, soprattutto, perché mi avete aiutato se è vero che al vostro villaggio non sarò ben visto?»
  «Io non ho niente a che spartire con quegli sciocchi...» affermò risoluta quella tornando involontariamente indietro nel tempo con la memoria, quanto era passato dall’ultima volta che l’aveva vista? «Per quel che li riguarda hanno avuto seri problemi con un altro tipo di creatura mesi fa...» si tenne vaga, tuttavia le orecchie dell’altro si rizzarono di colpo.
  «Per caso con un lupo?» volle sapere speranzoso.
  Lei trasalì «Cosa ne sapete voi dei lupi?»
  White sorrise «Direi che ho indovinato...» affermò contento di aver, finalmente, trovato una pista «Perché il fatto che io ne sappia qualcosa vi sconvolge così tanto?» chiese avvicinandosi e solo in quel momento si accorse di un particolare. Si mosse veloce e, girandole intorno, cominciò ad annusarla.
  «Che diavolo fate?» lo riprese la donna «Non so come usi fra quelli della vostra specie, ma fra gli umani è davvero scortese odorare gli altri a questo modo»
  Lui non vi badò «Voi la conoscete» le disse, infatti.
  «Chi?»
  «Red...»
  A sentire pronunciare quel nome, lei perse un battito «Avete incontrato mia nipote? Dov’è?»
  Il Bianconiglio perse il suo entusiasmo «Non lo so dov’è... e a quanto pare neanche voi» constatò deluso. Sospirò «La sto cercando da tempo, insieme ad un’altra cara amica»
  «Mary?» volle sapere l’altra «Una ragazza graziosa dai lunghi capelli neri e la pelle molto chiara» gli spiegò vedendo la sua espressione confusa.
  Dalla descrizione non poteva che essere Snow «Esatto...»
  La signora socchiuse gli occhi «A quanto pare abbiamo molto di cui parlare... a cominciare dal fatto che non conoscete il nome di questa cara amica» sottolineò.
  Sul muso del bianco si dipinse un’espressione piacevolmente stupita, a quanto pareva la signora sapeva davvero il fatto suo «Concordo pienamente sul primo punto» l’appoggiò «Tuttavia devo dissentire sul secondo perché io il nome della mia cara amica lo conosco eccome, siete voi a non conoscerlo affatto... per cui direi che è di questo che dobbiamo cominciare a parlare»
  La nonna di Red rimase un attimo interdetta, poi un sorriso incurvò le sue labbra: l’aspetto poteva davvero ingannare, in quel gigantesco coniglietto sembrava aver trovato pane per i suoi denti.


  «Finalmente riesco a trovarla Mr. Downy» esordì Regina avvicinandolo sul marciapiede dove l’aveva scorto «Ho provato a chiamarla più volte ma era sempre irraggiungibile»
  L’albino alzò lo sguardo su di lei di malavoglia «Mi spiace ma, purtroppo, il mio cellulare si è rotto, non ho ancora potuto comprarne uno nuovo»
  «Capisco» pronunciò l’altra a labbra quasi serrate portando le mani in tasca «Ho bisogno che lei faccia una consegna per me» spiegò porgendogli ciò che aveva appena recuperato dalla sua lunga giacca.
  Alec prese ciò che gli veniva porto e guardò: era una carta da gioco, probabilmente un jolly, raffigurante un coniglio bianco dalla giacca rossa, un lungo ombrello e un grosso orologio da taschino. Le sue sopracciglia s’inarcarono «Mi sta prendendo per il culo, per caso?»
  Il sindaco rimase interdetto per un attimo dalla sua reazione. Pensare che aveva provato una soddisfazione perversa al solo immaginare di dare proprio a lui quel compito. Che avesse esagerato così da arrivare a sollecitare la sua memoria? Impossibile.
  «Perché dovrebbe buttare i suoi soldi per farmi consegnare questa misera carta da gioco?» continuò, infatti, quello.
  «Non mi pare che i miei soldi l’abbiano mai disgustata prima d’ora...» gli rispose lei alzando un sopracciglio piccata.
  Il ragazzo valutò la situazione in silenzio «Voleva vedere se sarei corso ad esaudire il suo desiderio, anche adesso che le cose sono cambiate...» comprese «Beh, se lo scordi: non ho intenzione di continuare a farlo»
  La mora finse indignazione «E’ così che si trattano gli amici?»
  «Amici?» ripeté l’altro ironico «Mi ha sempre dato compiti che non condividevo approfittandosi del mio bisogno di denaro: sapeva benissimo che detestavo quelle cose ma, allo stesso tempo, era sicura che non le avrei detto di no... anche se per farlo avessi dovuto mettermi contro tutta Storybrooke. Questo non è essere amici»
  «Mi pare che abbia chiarito il suo punto di vista» constatò quella «Spero per lei che riesca a tenersi il suo nuovo posto di lavoro alla scuola, non vorrei vederla tornare da me strisciando quando Gold la sbatterà fuori dal suo appartamento»
  «Mi sta minacciando per caso?» sostenne il suo sguardo l’altro.
  «Non mi permetterei mai Mr. Downy» gli rispose Regina rilassando il viso «Volevo solo ricordarle chi è il sindaco di questa città... mentre lei, mio caro, non è nessuno» e, senza aggiungere altro, se ne andò con un sorriso di soddisfazione sulle labbra.
  Quando fu abbastanza lontana il piede di Alec batté violentemente a terra mentre il suo proprietario, quasi, ringhiava a denti stretti. L’aggettivo che gli passò per la testa, però, se lo tenne per sé.


  Le cose non potevano mai andare bene troppo a lungo, era di questo che il Bianconiglio si stava convincendo sempre più. Aver ritrovato le sue due amiche era decisamente un fatto positivo, soprattutto se ci si aggiungeva la piena consapevolezza di Red del suo essere lupo e l’amore che Snow sembrava aver trovato nel principe James. Non c’era voluto molto, però, perché si vedesse l’insorgere delle prime incrinature: re George, più che mai intenzionato ad avere un’abbondante fetta delle ricchezze di re Midas, aveva costretto la principessa, con un vile ricatto, a rinunciare a Charming e quella, affranta, si era convinta su suggerimento di Red a chiedere aiuto ad un potente stregone il quale le aveva fornito una pozione per dimenticare. Quando il giorno delle nozze era arrivato, non aveva fatto in tempo a gioire della fuga del principe che dai nani gli era arrivato un messaggio dove gli veniva spiegato che Snow non aveva retto al dolore e aveva bevuto, dimenticandosi non solo di James ma anche di tutta la bontà che aveva nel cuore.
  Era proprio da loro che stava correndo, infatti, quando si era imbattuto nel primo drappello di guardie nere: l’inseguimento era scattato.
  Scartò l’ennesima rete che gli venne lanciata contro e saltò agilmente su una piana più bassa del bosco ma, proprio in quel momento, altri soldati uscirono dalle frasche e dovette, per forza di cose, bloccarsi: era stato circondato.
  «Certo che corri davvero molto coniglietto» esordì un soldato smontando da cavallo, probabilmente il comandante in carica «Ma immagino che l’idea di batterti con noi non ti abbia nemmeno sfiorato, giusto? Il tuo coraggio non ti è di certo venuto in aiuto» lo prese in giro provocando una grossa risata nel resto dei suoi compagni.
  White fremette, non era di certo per la paura che non li combatteva ma perché sapeva di essere solo un coniglio disarmato contro una discreta quantità di uomini equipaggiati dal più piccolo stiletto al più pesante spadone. A ben vedere non era davvero lui il codardo «Che cosa volete da me?»
  «Sua maestà ti vuole al castello, a quanto pare sembra che tu stia dando il tuo aiuto a persone sbagliate e non è per niente contenta di questo» spiegò l’uomo il cui volto era nascosto completamente dall’elmo che indossava «Sfortunatamente per te non ha specificato di volerti vivo... immagino che la pelliccia di coniglio parlante abbia un alto valore di mercato» concluse sfoderando la sua spada.
  Il bianco tese i muscoli pronto a scattare nel momento in cui si fosse avvicinato abbastanza: voleva guadagnare sulla sua pelle? Allora era il caso che si sudasse un po’ il suo compenso. Giusto nel momento in cui l’altro scoprì la guardia, alzando il braccio per calare il primo fendente, il Bianconiglio saltò e lo colpì in pieno petto con le possenti zampe posteriori facendolo sbattere violentemente a terra. Ci volle solo un battito di ciglia prima che anche il resto degli uomini partisse all’attacco, era una battaglia persa in partenza. Giusto un attimo prima che venisse sopraffatto, però, accadde qualcosa d’incredibile: ogni singolo soldato che aveva attorno caracollò a terra completamente privo di sensi, non era più in pericolo.
  White alzò di colpo il capo, per nulla rilassato da quell’aiuto inaspettato «Che diavolo è successo?» chiese a nessuno in particolare.
  «Magia...» gli rispose una voce divertita alle sue spalle «Uno strumento davvero potente non trovate, dearie? In grado di fare anche questo...»
  Il Bianconiglio si girò verso colui che stava parlando appena in tempo per vederlo chiudere teatralmente una mano a pugno: tutti i corpi dei soldati sparirono in un sol colpo «Chi siete?» chiese intimorito.
  «Rumpelstiltskin...» si presentò quello roteando un braccio prima di prodigarsi in un profondo inchino «Per servirvi»
  L’altro riconobbe il nome «Voi avete dato la pozione a Snow...» pronunciò sospettoso «Perché mi avete aiutato?»
  «Questa diffidenza mi ferisce» si finse offeso l’Oscuro portando una mano al petto «Mi aspettavo più un... grazie» sghignazzò alzando un dito verso il cielo.
  «Grazie...» concesse l’animale, in fin dei conti era una parola più che doverosa da dire a chi gli aveva appena salvato la vita... quale che fosse lo scopo per cui l’avesse fatto, perché sapeva essercene uno.
  «Molto meglio» batté le mani quello mentre spariva e riappariva alle sue spalle facendolo sussultare «Ora che siamo tranquilli possiamo parlare di affari»
  «Affari?» inarcò le sopracciglia il bianco, non si era sbagliato.
  «Sì, sì...» confermò Rumpelstiltskin «Voi possedete qualcosa che mi interessa e sono ragionevolmente sicuro di potervi dare in cambio ciò di cui avete bisogno» gli spiegò divertito.
  «E di cosa avrei bisogno?» volle sapere l’altro.
  «Non avete, forse, degli amici in difficoltà?» gli suggerì.
  Il suo pensiero andò subito alla principessa «Voi avete cambiato Snow, potete farla tornare com’era prima?»
  L’Oscuro sghignazzò «Vi ho praticamente detto che potrei esaudire ogni vostro desiderio ed è questo quello che mi chiedete? Davvero ammirevole... ma dovreste aver più fiducia»
  L’altro scosse il capo «Non capisco»
  «Non credete nel vero amore, dearie? La principessa risolverà i suoi problemi senza il vostro aiuto...» gli spiegò «Per quanto vi riguarda, invece... non avreste voluto le capacità per poter competere con quei soldati?» gli chiese riferendosi ai suoi inseguitori «Non vorreste avere la forza per difendere voi stesso e i vostri amici? Magari dimostrandolo ad un lupo di vostra conoscenza?»
  «Mi state dicendo che potete farmi diventare umano?» comprese White senza riuscire a fermare un movimento incontrollato del proprio naso.
  «Esattamente quello che intendo, senza perdere i vantaggi della vostra specie ovviamente» confermò quello con un sorriso inquietante «Ma ogni magia ha un prezzo e questa non è diversa da tutte le altre... »
  «E quale sarebbe questo prezzo?»
  «Un piccolo prezzo...» precisò Rumpelstiltskin avvicinando un pollice e un indice «Il vostro orologio» rivelò alzando un palmo di una mano e disegnandovi un cerchio con un dito dell’altra.
  «L’orologio di mio padre?» chiese conferma il bianco non capacitandosi di quella strana richiesta «E a cosa vi servirebbe?»
  «Sono piuttosto interessato al tempo in questo periodo inoltre sono un inguaribile collezionista» spiegò l’uomo allargando le braccia «Il vostro orologio non ha mai perso un secondo, sarebbe davvero sciocco lasciarselo scappare non credete? E prima che mi chiediate perché allora dovreste consegnarmelo, permettetemi di farvi notare che a voi non serve più» lo ammonì «Sarebbe solo un legame con la vostra vecchia vita: ogni volta che lo guarderete vi ricorderà che voi, in realtà, siete solamente un coniglio» sghignazzò.
  White soppesò le parole che gli erano appena state rivolte, infine decise: portò una zampa al panciotto e dal taschino ne tirò fuori l’orologio, lo guardò ancora un’ultima volta e poi lo sganciò dal bottone.
  L’Oscuro saltellò gioioso tamburellando le dita delle mani fra loro «Allora affare fatto?»
  Il Bianconiglio gli porse la catenella «Affare fatto»
  Non appena ebbe l’orologio fra le sue mani, Rumpelstiltskin gli puntò un dito sul muso «Benvenuto nel mondo degli uomini, White Rabbit»
  Ma quello non riuscì a rispondere perché scivolò all’istante nel mondo dell’incoscienza.

  «Ehi, ragazzo! Tutto bene?» fu la prima cosa che udì dopo un tempo che gli parve infinito «Svegliatevi, ragazzo!» si sentì picchiettare sul muso, perché diavolo lo stavano chiamando ragazzo? Alzò le palpebre e per poco non rimase accecato dai raggi del sole, li richiuse all’istante con un gemito di dolore.
  «I vostri occhi sono davvero chiari» sentì dire nuovamente da quella voce «Aggrappatevi a me, vi porto in un posto più ombreggiato»
  Allungò le zampe anteriori per fare come gli era stato suggerito e arrivò a destinazione molto prima del previsto, cercò di camminare per stare dietro all’altro ma gli risultò stranamente difficoltoso, tanto che lo sentì sussurrare «Manca poco» fecero ancora alcuni passi e, finalmente, si fermarono. Che diavolo gli stava succedendo?
  Decise di riaprire gli occhi, questa volta con calma: nella penombra del bosco ebbe meno difficoltà a farli riabituare alla luce. Di fronte aveva un giovane cavaliere dall’armatura lucente, dai corti capelli castani e occhi dall’espressione buona e coraggiosa... non era molto alto, però, dato che non doveva nemmeno sollevare lo sguardo per vederlo in viso.
  «Va meglio adesso?» gli chiese.
  Lui annuì stupendosi di non avvertire il dondolio delle orecchie.
  «Lasciate che mi presenti» interruppe il flusso dei suoi pensieri l’altro «Sir Frederick. Vi ho trovato svenuto in questo bosco, ho pensato che potevate aver avuto un malore o essere stato aggredito dai briganti»
  White rifletté sul nome che aveva appena udito «Voi siete uno dei cavalieri di re Midas?»
  «Esatto» confermò quello «E se voi conoscete il mio nome dovete essere un messo... o un araldo» constatò.
  «Non più, ormai» gli rispose l’altro portando una mano alla tempia che aveva iniziato a pulsargli leggermente... una mano? Sgranò gli occhi e, per la prima volta da quando si era risvegliato, abbassò lo sguardo su se stesso: erano veramente mani quelle che stavano all’estremità delle sue braccia, le gambe erano lunghe e tese, il muso era diventato un viso e le orecchie non erano più grandi e ritte sulla sommità del capo ma piccole e ai lati. Non era il cavaliere ad essere basso ma era lui ad essersi alzato: indossava morbidi pantaloni blu, una camicia bianca, panciotto e giacca lunga dello stesso colore dei pantaloni. Era così strano sentire la stoffa a diretto contatto con la pelle. Finalmente comprese perché l’altro continuava a chiamarlo “ragazzo”: era esattamente quel che era diventato.
  Frederick classificò il suo momento di smarrimento come conseguenza del probabile colpo che aveva preso, o che gli avevano dato, perciò non vi si soffermò a lungo «Coraggio» disse quindi «Vi scorterò fino al prossimo villaggio. Mi rincresce ma poi dovrete cavarvela da solo, purtroppo non posso riaccompagnarvi al reame da cui venite»
  L’ex coniglio, dal canto suo, sembrò ricordarsi della presenza dell’altro solo in quel momento «Sarebbe più che sufficiente, avete già fatto molto per me» ringraziò «Se potessi esservi utile in qualche modo, mi piacerebbe aver l’opportunità di sdebitarmi con voi»
  Il cavaliere si prese qualche secondo per pensare «In effetti credo che voi possiate... ma prima ditemi, di chi eravate l’araldo?»
  «Di re Leopold...» lo informò il ragazzo, se re George voleva garantirsi le ricchezze di re Midas era davvero improbabile che gli avesse riferito della fuga del figlio «Alla sua morte, però, la regina mi ha dispensato da ogni compito»
  «Eravate amico di Snow White, quindi?»
  «Perché volete saperlo?» si mise in guardia il più giovane sospettoso.
  Frederick sorrise «Dalla vostra reazione, immagino di sì e probabilmente lo siete ancora adesso. Non temete, non ho niente contro Snow, anzi. E’ solo grazie all’amore che il principe James prova per lei, se io ho potuto riavere il mio»
  «Non credo di capire...»
  «Io amo la principessa Abigail e lei ama me, ma a dividerci non c’erano solo le diverse classi sociali. Conoscete il dono di re Midas?» lo vide annuire «Ebbene, per colpa di quel dono, sono stato trasformato in una statua d’oro. E’ stato il principe a spezzare la mia maledizione»
  Anche sulle labbra dell’altro si dipinse un sorriso «Questo significa che neanche la principessa Abigail intendeva sposarsi, è una notizia davvero meravigliosa» Peccato che il dolore di Snow fosse troppo pesante per riuscire ad aspettare ma, secondo l’Oscuro, tutto si sarebbe risolto nel migliore dei modi e se per lui aveva fatto questo, poteva davvero dubitare delle sue parole? «Bene» affermò deciso «Abbiamo appurato che stiamo dalla stessa parte. Quindi, in che modo pensate possa esservi utile?»
  «Come vi ho detto, grazie a James ho potuto riunirmi alla mia amata ma la nostra felicità non è durata a lungo, perché Abigail è sparita» gli spiegò il cavaliere affranto «Voi viaggiate molto, avete sentito qualche notizia a riguardo? Sto cavalcando in lungo e in largo per i regni da giorni ma senza alcun risultato»
  White scosse il capo «Mi dispiace ma non ne so nulla. Se volete, però, posso accompagnarvi: voi siete solo e i reami sono vasti inoltre cercare le persone, per fargli avere i messaggi del re, era il mio lavoro. Potrei esservi utile»
  «Questo sarebbe più di quel che speravo… ma non posso chiedervelo, la vostra principessa avrà bisogno di voi»
  «In realtà questa proposta non è proprio disinteressata» confessò il giovane «Da quel che ho udito sul vostro conto, siete un valoroso cavaliere e, sinceramente, credo che potrei imparare molto da voi. Mi piacerebbe poter essere utile a Snow su ogni campo, anche in prima linea se necessario»
  «Allora l’accordo è fatto» confermò Frederick «Prima di partire, però, visto che collaboreremo assieme, vorrei sapere il vostro nome: voi conoscete il mio ma io non posso dire altrettanto»
  «Mi chiamo White» si presentò.
  Un sorriso increspò le labbra del cavaliere «Un nome piuttosto azzeccato…»




Come di rito, ecco le note di fine capitolo :)
Come vi avevo anticipato in quello precedente, è in questo modo che ho deciso di far iniziare il viaggio di Red e Snow che poi sfocerà negli eventi della 2x07.
Il patto che White fa con Rumpel: può sembrare un accordo poco fruttuoso un orologio in cambio della possibilità di diventare umano (mantenendo i vantaggi della specie di appartenenza), tuttavia la maledizione che è stata lanciata nell'Enchanted Forest e su Storybrooke ha bloccato il tempo per 28 lunghi anni... un orologio che non ha mai perso un secondo, non trovate possa essere un interessante ingrediente? ;)
Infine ho trovato ragionevole la scomparsa di Abigail: Regina a Storybrooke aveva il suo cuore, in qualche modo deve averlo pur preso e, così, ne ho approfittato :D
Concludo con la speranza che il capitolo vi sia piaciuto e con il ringraziamento speciale ad _Eterea_ che mi lascia sempre un suo pensiero.
All'ultimo capitolo!
  
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