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Autore: StoryGirl    20/01/2013    1 recensioni
Minho è un calciatore professionista, un calciatore amato ed inviato, ma a quanto pare vi è qualcuno che non la pensa così.
Quando, come tutte le precedenti volte, il suo regalo venne respinto, Minho non ce la fece più a trattenersi. Si sollevò in piedi, guardò con orrore le patate disposte a forma di faccina sorridente nel suo piatto - quelle patatine sembravano davvero prendersi gioco di lui proprio come faceva la chef che le aveva cucinate con tanta pazienza - e se ne andò senza pagare.
Choi Minho, Lee Eunsook (fem Lee Jinki) { MinEw } .
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Minho, Onew
Note: AU | Avvertimenti: Gender Bender
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TITOLO: He's dying to become a soccer player.
AUTORE: StoryGirl.
GENERE: Oneshot. Au. Romantica. Introspettiva.
RATINGS: PG.
DISCLAIMERS: Nessun personaggio mi appartiene, purtroppo.
PAIRING: Choi Minho, Lee Eunsook (fem Lee Jinki) { MinEw } .
RIASSUNTO: Minho è un calciatore professionista, un calciatore amato ed inviato, ma a quanto pare vi è qualcuno che non la pensa così.
Quando, come tutte le precedenti volte, il suo regalo venne respinto, Minho non ce la fece più a trattenersi. Si sollevò in piedi, guardò con orrore le patate disposte a forma di faccina sorridente nel suo piatto - quelle patatine sembravano davvero prendersi gioco di lui proprio come faceva la chef che le aveva cucinate con tanta pazienza - e se ne andò senza pagare.
THANKS: A [info]yuya_lovah, perchè l'ha betata, as always.
PAROLE: 4689 on il conteggio di word.

He's dying to become a soccer player

(I)
"A dire il vero questa non è la mia ordinazione..." Il cameriere aveva annuito servendolo comunque. "Lo chef ha detto di servirlo a lei come omaggio della casa, con i suoi più sinceri complimenti per l'allenamento di oggi."
Davanti a lui vi era un piatto di verdure saltate disposte accuratamente a formare un pallone da calcio. Lui aveva sempre odiato carote ed affini, non era mica un maledetto coniglio, ma quando ne assaggiò un pezzetto, curioso del sapore, sorrise.
Quelle verdure erano davvero gustose, speziate al punto giusto. Essendogli state servite con i complimenti dello chef richiamò il cameriere. Aveva capito perfettamente che lo chef di quel ristorante doveva essere un suo fan, ma la cosa non lo metteva particolarmente a disagio, avendo sputato sangue per farsi strada nel mondo del calcio professionista, un po' di ammirazione nei suoi confronti non poteva che fargli piacere. Quando il cameriere tornò da lui, Minho gli porse un tovagliolo pulito su cui aveva scritto, con una calligrafia chiara ed elegante, il suo nome seguito dalle parole con i miei più sinceri complimenti per le tue verdure. Ridacchiò mentre diceva al cameriere di portare il suo prezioso autografo allo chef e, dopo averlo osservato sparire dietro alla porta che dava sulla cucina, tornò a mangiare. Era la prima volta che trovava un suo fan in quel club elegante e costoso: solitamente i dipendenti erano tutti troppo terrorizzati dal poter essere licenziati per aver disturbato uno dei clienti, per andare da lui a chiedergli un autografo e quindi quello chef doveva essere o molto stupido, o molto coraggioso, o consapevole di non poter essere licenziato grazie al suo lavoro più che sopraffino e lui, dopo aver assaggiato quelle squisite verdure, aveva optato per la terza opzione.
Dopo poco tempo le aveva già finite ed in bocca gli era rimasto un retrogusto che gli sembrava più che familiare. Forse, senza ricordarlo, aveva già assaggiato quel piatto particolare.
Alla vista del cameriere che tornava da lui, un ghigno gli spuntò velocemente sulle labbra: era sicuro fosse tornato per portare i ringraziamenti più che euforici dello chef. Dopotutto c'era gente che avrebbe dato un braccio pur di ottenere un suo autografo, figuriamoci uno con dedica speciale.
"E' venuto per portare i ringraziamenti dello chef? Non ce ne è bisog..."
Nel vedere il suo tovagliolo firmato essere nuovamente posato accuratamente sul tavolo di fronte a lui, gli morirono le parole in gola. Da quando era diventato un calciatore professionista e famoso, non aveva mai ricevuto un "rifiuto", soprattutto non per un suo autografo e non da un suo fan!
"Mi dispiace Mister Choi... Lo chef non è interessata al suo autografo e mi ha chiesto di riportarglielo."
Minho sbattè per un paio di volte le ciglia prima di riuscire a metabolizzare del tutto quelle parole. Per prima cosa era scioccato dallo scoprire che lo chef era una ragazza, fino a poco tempo prima aveva sempre notato un ragazzo basso ed abbastanza tarchiato uscire dalla cucina per ricevere i vari complimenti per i propri piatti, dovevano, quindi, aver recentemente cambiato personale e quello che gli risultava ancora più sorprendente da accettare era che una ragazza, per giunta sua fan, aveva rifiutato un suo autografo con dedica speciale. Sul tovagliolo vi era anche un messaggio vergato con una calligrafia lineare e minuziosa Tenta ancora. Cosa intendeva dire con quelle parole?
"Potrei vedere lo chef? Vorrei sapere se per caso si sta divertendo. Io non ho tempo da perdere con questi giochetti!"
Il cameriere aveva scosso timidamente la testa, desideroso di potersi allontanare da quel tavolo il più velocemente possibile. Chiunque seguiva il mondo sportivo sapeva che Choi Minho poteva diventare irritato e nervoso a seguito di un rifiuto o di una sconfitta.
"A dire il vero non può signore. Ora... Ora mi scusi, ma devo tornare al mio lavoro."
Minho aveva stretto il tovagliolo incriminato tra le mani talmente forte da fargli diventare le nocche di un inquietante colore bianco, una smorfia irosa che gli imbronciava le labbra. Se quella ragazza non voleva il suo autografo scritto su di un tovagliolo forse era perché si aspettava qualcosa di meglio come ringraziamento  per il suo piatto speciale. Beh, a lui questo non interessava molto, Choi Minho era abituato a vincere e non avrebbe iniziato a perdere proprio in quel momento! Una scintilla pericolosa illuminò i suoi occhi prima che si alzasse, dimentico della sua reale ordinazione, ed uscisse dal locale diretto probabilmente a casa sua.

Una ragazza con lunghi capelli neri racchiusi in una treccia elegante, riposta con cura sotto il suo cappello bianco da chef, sorrise nel sentire il cameriere riferirle che il signor Choi Minho se ne era appena andato.
"Se lo conosco bene, la questione non finirà qui..."

Una volta a casa, Minho si buttò seduto sul suo costoso divano di pelle nera sospirando esasperato non sapendo bene come avrebbe dovuto comportarsi. Certo, poteva considerare l'opzione di non mangiare più nel ristorante del club, ma sarebbe stato come ammettere una sconfitta. La ragazza si sarebbe sentita potente, in grado di far star male un calciatore come lui.
"No, non posso permetterlo..."
Il suo orgoglio in quel momento stava letteralmente bruciando: quella ragazza non avrebbe giocato da sola.

(II)
Fu per il suo orgoglio che la sera dopo si ritrovò nuovamente seduto al tavolo di quel ristorante, un ghigno soddisfatto sul volto. Quella volta sarebbe sicuramente riuscito a prendere in contropiede quella ragazza: nessuno poteva resistere ad una sua foto autografata. Stava gongolando così tanto, perso nei suoi stessi miraggi di gloria, che se il cameriere non si fosse schiarito rumorosamente la gola per ottenere la sua attenzione non si sarebbe sicuramente accorto del piatto posato di fronte ai propri occhi. Erano nuovamente verdure, stavolta tutte quelle di colore verde, tagliuzzate a formare una buffa ranocchia nell’atto di saltare via. Quello lo fece sorridere: erano in molti a paragonarlo a quell’animale per colpa dei suoi enormi occhi e succedeva fin da quando era un bambino. Prima che il cameriere se ne andasse, gli allungò la fotografia autografata che si era portato a posta con sé.
“Devo consegnarla allo chef come ringraziamento per il piatto speciale che ha preparato per lei, signor Choi?”
Minho annuì vittorioso, facendogli segno con la mano di modo che capisse di poter andare e poi cominciò ad assaggiare la rana. Dopo essersi portato alla bocca una generosa porzione di quel piatto, comprese all’istante che il modo di cottura doveva essere sostanzialmente diverso dal pallone da calcio composto da verdure saltate. La rana sembrava essere stata bollita e lui non poté fare a meno di congratularsi mentalmente con quella ragazza per essere riuscita, ancora una volta, a speziare le verdure in modo sopraffino. Non gli sembrava neppure di stare mangiando verdure ed erano passati diversi anni da quando era riuscito a trovare delle verdure così gustose. Stava considerando l’idea di chiamare lì lo chef per farle personalmente i suoi complimenti, crogiolandosi all’idea di avere una fan (sicuramente innamorata di lui) arrossire vistosamente per le sue parole, quando il cameriere tornò nuovamente da lui senza recare con sé la sua reale ordinazione, bensì la sua speciale fotografia autografata rendendolo particolarmente nervoso.
“Ora non mi venga a dire che quella fotografia non è ancora abbastanza! Chi diavolo si crede di essere per trattarmi in questo modo?!”
Il cameriere era abbastanza spaventato da quella domanda e quando notò che Minho aveva visto la risposta vergata dalla ragazza Chi pensi di essere per credere che una fotografia del genere possa essere abbastanza? desiderò possedere dei poteri magici per poter così scomparire, trasportando il suo corpo al sicuro dalla collera del calciatore più irritabile dell’intera nazione od anche dell’intero pianeta.
“Ah, è così, eh? Oh, ma non è finita qua! Le dica pure che non è finita qua! Sono sicuro di riuscire a farle ammettere che l’unica cosa che vuole davvero è la mia attenzione!”
Minho desiderava essere l’ultimo a finire un discorso, desiderava poter avere l’ultima parola per poter così gridare a pieni polmoni vittoria. Non sarebbe stata una ragazzina, sua fan, a metterlo in crisi. Non importava se sembrava sempre essere in grado di leggergli nel pensiero e di poter così prevedere le sue mosse, lui non avrebbe mai ammesso la sconfitta perché quella parola non rientrava nel suo vocabolario.
Irritato per la seconda volta in soli due giorni, se ne andò dal locale dimentico, nuovamente, di aspettare la sua ordinazione.

Nel frattempo la ragazza in cucina si era messa a ridacchiare divertita: sapeva perfettamente che Minho avrebbe reagito in quel modo pronunciando quelle esatte parole.
“Oh, smettila di tremare in quel modo! Non ti ha mica mangiato vivo!”
Il cameriere sospirò esasperato fuggendo lontano dalla ragazza: lei sicuramente doveva essere pazza per non capire il guaio in cui si stava cacciando. Non bisognava mai mettersi contro ai clienti, soprattutto non contro ad uno come Choi Minho.

(III)
"Non posso ancora credere che quella ragazza continui a rimandarmi indietro tutto ciò che le porto con tanto affetto."
A dire la verità non c'era nessun affetto in quello che faceva ma Choi Minho, campione della nazionale di calcio sud coreana, non lo avrebbe mai ammesso nemmeno sotto tortura.
Tutti credevano che provasse affetto per i suoi fan, ma in realtà non provava nient'altro che orgoglio. Quelle persone lo ammiravano per ciò che era riuscito a fare, non di certo per la sua gentilezza o per le emozioni che sapeva far provare agli altri, e quella chef sicuramente non era diversa.
“Forse si sente tanto potente ora che mi sta rifiutando. Crederà di essere chissà chi, ma io non le lascerò più questo potere nelle mani. Lei non è che una mia fan e io sarò sicuramente in grado di piegarla al mio volere. Chissà… potrei anche degnarla di un mio bacio se lei mi mostrasse tutto il desiderio di volermi conoscere.”
Il cameriere guardò con malcelato orrore il calciatore che parlottava tra sé e sé, mentre osservava con sguardo spento il menù che, sicuramente, non stava leggendo in quel momento.
“Signore, ha scelto?”
Minho si era riscosso dai suoi pensieri solamente quando la voce di quel ragazzetto gli era arrivata alle orecchie e con lentezza disarmante aveva sollevato lo sguardo su di lui gratificandolo così di tutta la sua attenzione. Quel cameriere avrebbe dovuto ringraziarlo in ginocchio per lo sforzo che aveva fatto nel portare la sua considerazione su di lui, un misero impiegato in quel ristorante. Una formica che lui avrebbe potuto schiacciare in pochi secondi se solo avesse osato parlare al direttore. Ovviamente non era così crudele.
“Sì, ho scelto. Vorrei una bistecca al sangue e delle patatine fritte e cerchi di non metterci troppo.”
Il ragazzo aveva annuito inchinandosi verso di lui ma, prima che se ne andasse, Minho lo bloccò nuovamente con uno sguardo lampeggiante di sfida.
“Per caso c’è sempre lo chef delle altre volte?”
Quasi non aveva aspettato la risposta del cameriere prima di tirare fuori una sua maglietta autografata. Se anche quello non fosse stato abbastanza, allora avrebbe dovuto parlare con quella ragazza a quattrocchi.
“Gliela porti per favore e, mi raccomando, cerchi di farle contenere la sua gioia. Non vorrei che iniziasse a saltellare o a correre come una trottola in giro per la cucina. Insomma, potrebbe farsi molto male, chissà quante padelle vi sono sul fuoco e lei potrebbe inavvertitamente rovesciarne una.”
Il cameriere si era ritirato velocemente cercando di non mostrare al calciatore il fatto che aveva roteato gli occhi verso il cielo a quelle parole, non aveva mai visto qualcuno così pieno di sé. Certo, la chef si stava forse divertendo troppo alle sue spalle e quello era un errore perché se il direttore ne fosse venuto a conoscenza, lei avrebbe anche potuto rischiare il posto nonostante fosse una delle migliori del paese.
Quando, come tutte le precedenti volte, il suo regalo venne respinto, Minho non ce la fece più a trattenersi. Si sollevò in piedi, guardò con orrore le patate disposte a forma di faccina sorridente nel suo piatto - quelle patatine sembravano davvero prendersi gioco di lui proprio come faceva la chef che le aveva cucinate con tanta pazienza - e se ne andò senza pagare.

La ragazza in cucina rise divertita e come ogni altra sera terminò il suo turno di lavoro con un sorriso soddisfatto sul volto prima di uscire dal ristorante diretta a casa.
“Ehi! Aspetta un attimo, devo parlare con te… E-Eunsook?”
Nel sentire quella voce, la ragazza si era voltata senza riflettere trovandosi di fronte proprio Minho in persona che, quella sera, troppo sconvolto dall’andarsene come faceva di solito, era rimasto ad aspettare la chef fuori dal ristorante per poterle così parlare. Certo, non era preparato dal ritrovarsi di fronte proprio a lei.
Una ragazza dai lineamenti fini, lunghi capelli neri che gli incorniciavano il volto, labbra rosse e gonfie che nascondevano dei denti non propriamente perfetti ma che gli conferivano sicuramente un aspetto dolce. Minho si era divertito spesso a dirle quanto somigliava a un coniglio, già, perché quella ragazza era la sua migliore amica, era la ragazza di cui si era innamorato, ma che aveva letteralmente abbandonato solamente per potersi così concentrare sulla sua carriera.
“Non ci posso credere! Sei tu la chef?! Perché ti sei divertita in quel modo alle mie spalle? Perché mi hai rimandato indietro tutti i regali? Non capisco…”
La ragazza aveva scosso la testa cercando di riscuotersi dal torpore in cui era caduta alla vista del suo, ormai ex, migliore amico. Quel ragazzo che l’aveva lasciata sola, che non l’aveva più voluta tra i piedi perché era un ostacolo.
“Uhmphf. Volevo solamente controllare se fossi o meno cresciuto e noto con dispiacere che non è così. Sei ancora il solito bambino, quello che se non ha tutto ciò che vuole piange disperato. Ricordi, Minho? Mi avevi detto che potevo fare qualsiasi cosa… e ti ho dimostrato di poterlo fare. Sono una chef, una delle migliori ormai, ed è stato divertente farti notare che sei ancora quel bambino troppo orgoglioso di se stesso, troppo pieno di sé per capire che nel mondo esiste anche qualcos’altro.”
Ora Minho capiva perché quelle verdure gli erano sembrate così familiari. Era stata proprio Eunsook a trovare i pochi modi per fargliele mangiare senza che gli venisse voglia di vomitare tutto.
“Non è così. Sono un calciatore molto famoso! Sono il capitano della nazionale. Non sono più un bambino, sono cresciuto. Sono un uomo ora.”
Eunsook aveva ridacchiato divertita prima di dargli le spalle avviandosi alla sua auto. Minho non sarebbe mai cambiato, ma purtroppo il gioco che aveva ideato per fargli capire che doveva cambiare atteggiamento era ormai finito.
“Se lo dici tu, Minho, sarà vero. Dopotutto quello che dici o fai è perfetto, no? Sei Choi Minho, il famoso calciatore, tutti dovrebbero prostrarsi a te.”
Con una risata la ragazza se ne era andata, lasciandolo da solo. Minho aveva guardato a terra, le mani strette a pugno ed il suo orgoglio ferito fin nel profondo. Come si permetteva Eunsook di dirgli questo? Non si vedevano da anni! Non poteva sapere come era diventato! Non poteva saperlo! In realtà quello che più gli faceva male era il fatto che Eunsook fosse rimasta l’unica ragazza per cui aveva provato qualcosa di sincero ed ora si era reso conto che l’aveva realmente persa per sempre. Certo, prima si poteva struggere in romantici viaggi mentali in cui lui e la ragazza si ritrovavano dopo anni e scoprivano di amarsi a vicenda, si sposavano ed avevano un sacco di bambini.

(IV)
“Eunsook, ti è arrivato un mazzo di rose rosse.”
La ragazza, che in quel momento stava indossando la retina per i capelli che doveva tenere sotto il cappello da chef, si era voltata osservando i fiori che il cameriere teneva tra le mani. Incredula, aveva aperto il biglietto che essi recavano con sé e sorrise leggermente nel notare la calligrafia un po’ scoordinata di Minho. No, non era cambiato nemmeno in quello.
Non so cosa ti abbia fatto credere che io non sia diventato un uomo, ma voglio porre rimedio a tutto ciò. Incontriamoci stasera, ti vengo a prendere al ristorante dove lavori e ti porterò in un posto speciale. Fatti trovare vestita adeguatamente. A presto, Minho.
Eunsook aveva sospirato capendo che dietro al consiglio di vestirsi adeguatamente ci stava sicuramente qualcosa come: ”Non posso farmi vedere in giro con una stracciona, sono pur sempre Choi Minho, io”. Scosse la testa capendo che anche se Minho stava cercando di andarle incontro, non aveva ancora capito quale fosse il modo giusto per farlo. Certo, le rose e l’invito erano stati apprezzati, ma avrebbe dovuto abbassare la cresta ed ammettere i suoi errori piuttosto che cercare di impressionarla con i suoi soldi o la sua fama. Avrebbe dovuto sapere che lei non era quel tipo di ragazza. E dire che un tempo non era così, non del tutto almeno.

(Flashback Start)
“Eunsook, guarda! Guarda cosa ho imparato!”
La ragazza aveva sorriso osservando il suo migliore amico palleggiare con insistenza il suo bel pallone da calcio finché non arrivò a battere il suo famoso record.
“Bravo, Minho-ssi, ma ora che ne diresti di venire in casa? Dobbiamo ancora finire i compiti di storia, ricordi? Dopotutto mi hai chiesto tu di darti ripetizioni ed io non intendo sprecare il mio tempo guardandoti giocare.”
Minho aveva messo il broncio lasciando cadere il pallone per terra prima di seguire la ragazza in salotto e rimettersi chino sui libri: aveva solo sedici anni ed Eunsook era la sua migliore amica, una ragazza speciale che lui non riusciva a conquistare qualunque cosa facesse.
“Volevo solo mostrarti quanto sono diventato bravo…”
Eunsook aveva guardato il ragazzo e si era lasciata andare ad un sospiro stanco, sapeva che Minho non si meritava risposte acide da parte sua, ma  sapeva anche che se non l’avesse spronato in quel modo il suo migliore  amico non sarebbe mai riuscito a farsi promuovere e lui aveva bisogno di quella promozione!
“Lo so, e sei davvero bravo Minho-ssi, te l’ho sempre detto, ricordi? Sono stata una delle prime a confidare in te e nella tua bravura, ma devi studiare o non potrai mai entrare nella squadra che desideri. Sai che accettano solo coloro che hanno completato gli studi, lo sai bene.”
Minho aveva annuito mordicchiandosi un labbro: Eunsook era bellissima, davvero. Intelligente, colta, raffinata… tutti pregi che lui non possedeva. Non era intelligente, né colto o raffinato, a dire la verità l’unica cosa che sapeva fare bene era calciare un pallone ed era per questo che stava dedicando corpo ed anima a quella passione. Se solo fosse diventato un calciatore professionista, allora avrebbe potuto avere tutto ciò che voleva, compresa Eunsook, perché sarebbe stato al suo livello.
“Sì, hai ragione. Eunsook, grazie di aiutarmi.”
La ragazza gli aveva accarezzato dolcemente la mano osservandolo arrossire sulle gote. Minho era sempre stato un ragazzo timido, un po’ chiuso in se stesso, che si apriva solamente nelle competizioni diventando un ragazzo che odiava perdere, un ragazzo che ce la metteva tutta per arrivare a destinazione.
“Lo sai che lo faccio volentieri. Siamo migliori amici, ricordi?”

“Eunsook, devo parlarti… Puoi venire un attimo con me, per favore?”
La ragazza aveva annuito guardando con preoccupazione l’espressione del migliore amico: sembrava così triste in quel momento e lei si chiedeva che diamine fosse successo per renderlo a quel modo. Solo il giorno prima aveva ricevuto la convocazione della squadra dei suoi sogni, quindi perché ora sembrava così spaesato, così addolorato?
“E’ successo qualcosa, Minho?”
Il suo tono era incerto mentre si sedevano sul terrazzo di casa sua e il ragazzo prendeva la parola.
“D’ora in avanti non potremo più vederci, mi spiace, ma non posso avere nessuna distrazione in questo momento. La mia carriera è molto importante e quindi devo concentrarmi unicamente sul calcio, sul pallone, sul sogno di tutta una vita. Ti prometto, però, che quando diventerò un grande calciatore, tornerò da te perché allora sarò degno di essere al tuo fianco.”
La ragazza non aveva capito molto a dire la verità, non capiva perché Minho dovesse rinunciare alla sua amicizia o come mai potesse tornare solamente una volta diventato famoso, ma prima di potergli rispondere, di spiegargli che a lei non importava niente se non era ancora un campione, il migliore amico si era alzato, i pugni stretti al lato del corpo.
“Addio, Eunsook.”
Lei era rimasta lì a guardarlo andarsene, senza trovare la forza di urlargli che era innamorata di lui da sempre, senza avere il coraggio di esprimergli i suoi sentimenti ora che lui l’aveva abbandonata.
“E dire che mi avevi detto che potevo fare tutto, a quanto pare non è così se non sono in grado di dirti due semplici parole.”
Minho da quel giorno non rispose alle sue chiamate, non volle più vederla, né incontrarla e se la incrociava per strada faceva dietrofront. Eunsook perse la pazienza e dopo qualche mese perse la voglia di cercarlo e con essa la speranza di poter tornare ad essere con lui quelli che erano una volta.
(Flashback End)

“Eunsook… non avevi un abito da sera da metterti?”
La ragazza aveva ridacchiato coprendosi la bocca con la mano mentre guardava i vestiti che aveva addosso in quel momento. Non aveva dubitato neppure per un secondo che Minho le avrebbe fatto notare che non era vestita adeguatamente.
“Certo che ce l’ho, ma non l’ho indossato questa sera perché non l’avrei mai messo per te. Non mi sono presentata all’appuntamento perché ho accettato di uscire con te, ma solo perché volevo restituirti il tuo mazzo di rose rosse. Sono stanca di doverti mostrare i tuoi sbagli, Minho, ma dovresti saperlo che non è grazie a questo che tornerai ad avere con me il legame che avevi una volta. Ti ricordo che colui che ha spezzato il filo che ci legava senza provare neppure un po’ di dispiacere sei stato tu, non di certo io. Ora prenditi le responsabilità del tuo gesto.”
Dicendo questo, Eunsook gli aveva rimesso in mano il mazzo di rose rosse, ancora intatto, e se ne era andata lasciando vicino all’auto un Choi Minho vestito di tutto punto, pronto a portarla nel miglior ristorante della città solo per dichiararle il suo amore e spiegarle perché quel giorno di tanti anni prima aveva fatto ciò che aveva fatto.

V
“E’ con grande dispiacere che devo annunciarvi che Choi Minho, capitano della squadra nazionale di calcio sud coreana, stella su cui tutti noi avevamo puntato i nostri sogni, ha dato forfait poche settimane prima dell’inizio del campionato mondiale di calcio…”
Eunsook non aveva finito di ascoltare ciò che il conduttore televisivo stava dicendo, si era bloccata nel bel mezzo della cucina di casa sua con un’espressione sconcertata sul volto chiedendosi se fosse stato possibile che Minho avesse di nuovo lasciato tutto perché non sapeva gestire i problemi. Afferrando la sua borsetta ritrovò con facilità il biglietto che lui le aveva fatto recapitare, tramite il cameriere del ristorante, su cui vi era segnato il suo nuovo indirizzo ed una semplice scritta Vienimi a trovare, per favore. Vorrei solo mostrarti quanto sono cambiato. Lei non c’era mai andata ovviamente e così le settimane erano passate senza più avere notizie di lui, senza più incontrarlo al lavoro, o da qualsiasi altra parte. Minho aveva persino smesso di andare al centro per allenarsi, ma Eunsook non se ne era preoccupata, aveva pensato che avesse semplicemente fatto ciò che gli riusciva meglio: scappare. Solo in quel momento si era resa conto che, forse, Minho aveva avuto bisogno del suo aiuto ed aveva tentato di farglielo capire senza però riuscirci.
Quando arrivò di fronte a casa sua, restò in auto per diversi minuti chiedendosi se fosse la decisione più adatta piombare lì in quel modo, senza nessun preavviso e senza, in verità, niente da dirgli. Era preoccupata. Eunsook non l’avrebbe mai ammesso con nessuno, neppure a se stessa, ma era ancora innamorata di Minho, di quel ragazzo caparbio e fin troppo pieno di sé, di quel ragazzo a volte timido, che dimostrava la sua forza e la sua tenacia solo di fronte ad uno stupido pallone da calcio.
Trovando una forza che non sapeva di avere dentro di sé, bussò alla sua porta attendendo che l’ex migliore amico venisse ad aprirle.
“E-Eunsook?”
Minho aveva la barba incolta, era vestito con una semplice tuta da ginnastica e puzzava. Non doveva essersi lavato e dalle sue condizioni Eunsook non credeva neppure avesse mangiato regolarmente, ma solo bevuto. Possibile che le sue parole lo avessero indotto a tanto? Possibile che senza volerlo gli avesse fatto più male di quanto credeva possibile?
“Minho… ho sentito alla televisione. Che diavolo è successo? Perché…”
Minho l’aveva fatta entrare per poi sedersi sul divano prendendosi il volto tra le mani, guardando a terra, sconvolto. Non avrebbe mai voluto farsi vedere da lei in quelle condizioni ma sapeva bene di non poterla chiudere fuori casa come se niente fosse.
“Non ho più voglia di fare il calciatore professionista. Non ho più voglia di niente, a dire il vero.”
Eunsook aveva sbattuto più e più volte le lunghe ciglia nere cercando di comprendere che diavolo stesse dicendo il suo migliore amico, ma purtroppo non ci era riuscita. Solo quando si fu avvicinata a lui dall’ingresso, notò ciò che era disposto senza nessuna accuratezza un po’ sul divano ed un po’ per terra. Vi erano un sacco di lettere e fotografie, tutte riguardanti loro due.
“M-Minho? Cosa… spiegami…”
Minho aveva mugugnato appena e Eunsook seppe, con assoluta precisione, che stava piangendo. Anche quando era più giovane faceva quell’esatto verso prima di scoppiare in violenti singhiozzi e lasciarsi stringere da lei. Solo con lei, infatti, Minho si lasciava veramente andare.
“Minho!”
Andando ad abbracciarlo, Eunsook sospirò sentendo qualcosa dentro di lei rompersi per sempre. Erano anni che aveva dimenticato quelle sensazioni, era da una vita che aveva rinchiuso dentro di sé, in uno spazio angusto e freddo, l’amore che ancora provava per lui ma ora che lo aveva tra le braccia, ora che poteva sentire nuovamente il suo corpo caldo accanto al suo, la sua fortezza era caduta rivelando un cuore frastagliato che aveva unicamente bisogno d’amore.
“Ti ho sempre amato Eunsook. Quando sono diventato un calciatore professionista sono tornato a cercarti, ma non ti ho trovata. Non eri più a casa tua e i tuoi genitori non hanno voluto darmi il tuo numero di telefono e li capisco. Ti avevo trattata male, ma… l’avevo fatto solo perché non ti meritavo! Dovevo diventare un uomo migliore e così ho fatto… volevo solo… recuperare il nostro rapporto quando ti ho vista, ma ho fatto un errore dietro l’altro e tu mi hai odiato, mi hai odiato così tanto!”
Eunsook aveva scosso piano la testa sollevandogli il volto fino a che Minho non si fu fatto guardare dritto negli occhi, mentre piangeva. Era così bello in quel momento, e lei si sentiva così in colpa ad averlo trattato a quel modo. Certo, Minho doveva imparare la lezione, doveva migliore davvero e diventare più adulto, ma forse lei poteva farlo in un altro modo, poteva aiutarlo davvero con l’amore.
Baciandolo comprese che, fino a quel momento, era stata spinta in avanti solo dal desiderio di poterlo rincontrare. Ora capiva perché aveva accettato senza indugi quel posto in quel ristorante: una parte dentro di lei sapeva che lì avrebbe potuto ritrovare il suo Minho.
“Ti amo anche io, stupido, ma d’ora in avanti dovrai migliorare non solo nel pallone, Minho. Devi migliorare ad esprimere meglio ciò che senti qui dentro…”
Gli posò una mano sul cuore guardandolo e Minho seppe, in quel preciso momento, che la cosa più importante della sua vita non era mai stata il calcio, non era mai stata la fama, o i soldi, ma Eunsook e lui non avrebbe più commesso l’errore di lasciarla credendo fosse per il suo bene.

  
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