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Autore: Alley    20/01/2013    2 recensioni
Phil pensa con amarezza che Loki ha ragione, che gli esseri umani sono incredibilmente e irrimediabilmente sciocchi e lui ne è la prova. Non ha avuto il coraggio di dire a Clint la verità e non avrà più la possibilità di farlo. L’idea che lui resti nelle grinfie di Loki non gli passa nemmeno per la testa; i Vendicatori interverranno, schiacceranno quel verme com’è giusto che sia e com’è scritto che accada e Natasha lo farà rinsavire con i metodi che ben conosce e la cui efficacia è indubbia. E a quel punto, l’ultimo ricordo che Clint avrà di lui sarà di quella lite e di quelle parole rimaste a metà.
L’istante prima di morire, Phil Coulson non prova rabbia né timore né angoscia, ma solo rimpianto.
Genere: Angst, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Agente Phil Coulson, Clint Barton/Occhio di Falco, Loki
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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"Non posso credere che tu non abbia una lavastoviglie."

Clint afferra con uno sbuffo il primo dei piatti sporchi e prende a sfregarlo con la spugnetta umida. Phil deve fare appello a tutto il suo autocontrollo per non scoppiare a ridere.

"Sai quante volte all’anno mi capita di mangiare a casa? Non servirebbe a niente" replica, e per quanto si sforzi la voce gli trema appena.

"Non.Ridere."

Phil scoppia a ridere, portandosi una mano alla bocca com’è solito fare quando è in preda alle convulsioni. Clint adora quella risata cristallina e adora ancor di più il fatto di esserne, il più delle volte, la causa. Certo, Phil era parecchio divertito anche quando Thor s’è presentato alla base dello S.H.I.E.L.D. con due giganteschi giganteschi al guinzaglio e a Fury è quasi preso un infarto e anche quando la Hill s’è ubriacata l’ultimo dell’anno ed è saltata addosso a Fury seminuda (e anche quella volta al direttore è venuto un infarto, accidenti se gli è venuto), ma ride in quel modo così pieno soltanto quand’è.

"Perdonami, ma non credevo che avrei mai visto Clint Barton versione casalinga."

"Beh, questa è la prima e l’ultima volta "ribatte l'altro, e torna ad immergere le mani nell’acqua calda "Lo faccio soltanto perché hai lavorato tutto il giorno e come se non bastasse hai anche cucinato. In ogni caso, dirò a Stark di comprarti una lavastoviglie."

Il rumore del getto tiepido che scorre nel catino sostituisce quello della risata di Phil, cessata ormai da qualche minuto.

"Non credevo che sarebbe successo tutto questo, soltanto un mese fa lo reputavo assurdo."

Quando riprende a parlare il suo tono è molto più serio ed è realmente intriso di sorpresa, la tipica cadenza stupita di chi ha davanti agli occhi qualcosa che ha desiderato a lungo ma in cui non osava sperare davvero.

"Ammetto di essere uno scansafatiche e un piantagrane, per dirla alla Nick Fury, ma in fondo sto soltanto sciacquando un paio di-"

"Non parlo di questo."

Clint asciuga l’ultima posata e la ripone nel cassetto. Lo sa, sa che Phil non si riferiva ai piatti. Lascia che l’acqua scorra ancora per qualche secondo prima di fermare il getto e voltarsi. Quando lo fa e vede Phil seduto sulla sedia a capotavola con lo sguardo fisso su di lui pensa che, accidenti, ha proprio ragione; è incredibile che lui sia lì in quel momento, che sia stato lì la sera prima e l’altra prima ancora e quella ancora precedente e che tutte le mattine successive a quelle sere si sia risvegliato nel letto di Phil, che l’abbia osservato mentre dormiva e abbia sperato che la sveglia non rovinasse quella meravigliosa scena mettendosi a suonare.

Non aveva mai creduto che sarebbe stato possibile e, considerando quel che era accaduto quel giorno, esattamente un mese prima, era davvero incredibile. E non soltanto il fatto che fossero insieme, ma che fossero lì, vivi, e non sotto un metro di terra. Le immagini di quei momenti riaffiorano nitide e spaventose nella sua mente e Clint rabbrividisce, come se quelle due schegge di ghiaccio lo stessero osservando di nuovo.
No, non è incredibile, è un autentico miracolo.

"Credevi davvero che saresti riuscito a tenermi fuori da casa tua?" gli chiede, sforzandosi di utilizzare il tono più leggero e canzonatorio di cui disponga.

Di tutte le cose che gli erano passate per la testa prima che il ricordo oscuro di quel giorno le offuscasse non dice nulla; a Clint non piace fare il serio, non è nella sua indole. O forse semplicemente trova più semplice celare i suoi sentimenti dietro una battuta.

Phil accenna un sorriso scuotendo il capo e Clint ha la strana e inquietante sensazione che gli abbia letto nella mente. Sensazione nemmeno tanto stramba, in realtà; non è mai riuscito a nascondere nulla a Phil nemmeno quando era soltanto l’agente Coulson, figurarsi adesso che passano insieme, tra casa e lavoro, ventitre ore e mezzo su ventiquattro.

"Bene, ho finito!"

In realtà sono passati parecchi minuti da quando ha finito, ma gli occorreva qualcosa per rompere il silenzio imbarazzante piombato in cucina. Il silenzio l’ha sempre messo a disagio e quando c’è silenzio ha l’impressione che Phil riesca a leggergli dentro ancora meglio di quanto faccia mentre parlano. Purtroppo per lui, Phil non reagisce in alcun modo all'esclamazione e continua a fissarlo, proseguendo imperterrito in quel mutismo che lo mette tanto a disagio.

"Nemmeno io."

Tanto vale che si esprima, tanto quei maledetti occhi puntati su di lui come due frecce in procinto d'esser scoccate avranno già sondato la sua mente da cima a fondo. Un giorno, quando saranno troppo vecchi per lavorare allo S.H.I.E.L.D. e potranno godersi la pensione in un tranquillo paesino sperduto e Phil non sarà più tenuto a mantenere il segreto professionale, dovrà rivelargli come accidenti faccia.

"Nemmeno io mi aspettavo questo" prosegue e indica lo spazio circostante con un ampio gesto delle braccia.

"Che la mia cucina, malgrado sia vasta e confortante, non abbia una lavastoviglie?"

Clint afferra lo straccio con il quale ha asciugato i piatti, lo appallottola e glielo lancia addosso. Phil alza le mani per parare il colpo e scoppia di nuovo e ridere, ancor più forte di prima.

"Te li ha insegnati Natasha questi trucchetti psicologici?"

"No. Sei tu ad essere troppo prevedibile, non c’è bisogno di alcun trucco per capirti."

Ahi ahi. Quella frase somiglia pericolosamente ad uno dei più classici degli inizi di una delle conversazioni pseudo-pedagogiche che Phil ama da morire e Clint detesta altrettanto. Meglio cambiare subito strada.

"Quindi sapevi che mi sarei incazzato come una bestia quando-"

"Clint, non ho intenzione di ritornare su quella faccenda. È passato un mese e non è assolutamente il caso di-"

Clint esulta segretamente. Ha abboccato.

"Sai che mi hai letteralmente mandato fuori di testa? Insomma, come diavolo ti era saltato in mente di-"

"Partendo dal presupposto che, con quello che è successo dopo, non capisco come tu possa soffermarti su un dettaglio così insignificante. In ogni caso, ti ho spiegato il motivo per cui l’ho fatto."

Sul viso di Clint si dipinge un’espressione maliziosa davanti alla quale Phil ne sfodera una esasperata, adorabilmente esasperata. La sua faccia esasperata è un’altra di quelle cose che ama di lui alla follia e anche in questo caso, quando compare sul suo volto, la colpa è sempre sua, e proprio come per la risata, è questo a renderla irresistibile.

"Non me lo ricordo…Perché non mi rinfreschi la memoria?"

Un mese prima, ufficio di Phil Coulson

Quando Clint fa irruzione nel suo ufficio come una furia, Phil nemmeno solleva lo sguardo dai documenti che sta esaminando.

Sapeva benissimo che sarebbe arrivato e sapeva altrettanto bene che sarebbe stato di quell’umore. Si ritiene fortunato che abbia solo sbattuto la porta e non gli abbia piantato una freccia dritta in fronte.

"Per quale cazzo di motivo sono stato messo fuori?"

Si piazza davanti alla scrivania, rosso in viso per la collera e con l’arco saldamente stretto tra le mani. Forse gli pianterà davvero una freccia nel cranio.

"Mi dispiace, Barton, ma la decisione è irrevocabile e nulla di quello che dirai potrà-"

"Dov’è Fury?"

Phil ripone il plico che stava esaminando nel cassetto. Qualcosa gli dice che potrà riprenderlo in mano solo tra qualche ora.

"Non è qui al momento."

"Voglio che mi dica in faccia il motivo per cui non posso prendere parte alla missione."

"La decisione non è stata sua."

Il volto di Clint si contorce in un’espressione di puro stupore, con tanto di occhi e bocca spalancati.

"Cosa?! E allora chi è-?"

Si blocca, come colpito da un’illuminazione improvvisa, e se possibile i suoi occhi si sgranano ulteriormente.

"Tu?"

Phil non aveva intenzione di tenerglielo nascosto - sarebbe stato impossibile tra l’altro. Forse avrebbe dovuto comunicarglielo subito; c’era il pericolo che, impulsivo com’è, corresse a sbraitare contro Fury e rischiasse il licenziamento istantaneo, ma…Insomma, sapeva che non si sarebbe mai recato dal direttore prima di parlare con lui, per questo non s’era affannato a dirglielo. O almeno, era quello che diceva a se stesso per eludere il vero motivo.

"Perché?"

La nota di delusione che anima la sua voce lo colpisce come un pugno allo stomaco.

"La tua presenza non sarà necessaria" risponde, in modo più freddo e distaccato di quanto avrebbe voluto.

"Cazzate. Sei sempre il primo a dire che i Vendicatori sono una squadra e che-"

"Sono un tuo superiore, Barton, e non sono tenuto a darti spiegazioni."

Clint apre la bocca per ribattere, ma dalle sua labbra non affiora alcun suono. L’incredulità l’ha lasciato senza fiato e Phil si sente schifosamente codardo.

"Credevo che il grande capo fosse Fury, non m’ero accorto che t’avesse trasmesso le sue manie di onnipotenza."

Phil si alza dalla poltrona ed oltrepassa la scrivania, lanciando una fugace occhiata al cielo azzurro che si staglia dietro i vetri della finestra chiusa.

"Nessuna mania d’onnipotenza, ho soltanto fatto quello che ritenevo più gius-"

S’è appena affiancato a Clint quando questo getta l’arco per terra, l’afferra per la giacca e lo spinge con violenza fino alla parete. Quando la sua schiena sbatte contro il muro, Phil sente una fitta di dolore e prova a sfuggire alla stretta di Clint, ma qualcosa nel suo sguardo lo blocca e il Falco ha tutto il tempo di piantargli le mani sulle spalle e immobilizzarlo. Il velo di delusione - cocente, amara, rabbiosa - che gli vela lo sguardo rende ancor più pesante il macigno che grava sullo stomaco di Phil e ne acuisce il senso di colpa.

"Perché non vuoi che vada ad Asgard con gli altri?"

Un soffio di disperata esasperazione sfugge dalle labbra davanti al silenzio che riceve in risposta.

Phil distoglie lo sguardo e lo sposta sullo squarcio di cielo che brilla, terso e luminoso, alle spalle di Clint. Non ricorda di averne visto uno così azzurro in vita sua.

"Hai paura che mi faccia fregare un’altra volta, hai paura che rovini tutto? Che Loki mi usi per piantare una freccia nel cuore di uno dei tuoi amati supereroi?"

Quasi riderebbe se quel maledetto macigno non fosse così pesante, riderebbe di una risata amara e vuota. Se fosse quello il motivo sarebbe tutto più semplice, non sarebbe necessario tutto quel silenzio che adesso lo opprime più della presa ferrea di Clint.

"Se sei troppo vigliacco per dirmelo in faccia, almeno guardami."

Gli si è rivolto come se fosse l’ultima delle reclute, l’ha escluso senza fornirgli alcuna spiegazione e l’ha deluso come non aveva mai deluso nessuno in vita sua; almeno questo glielo deve.

Phil alza lo sguardo e fatica come se stesse sollevando un intero edificio.

Non c’è traccia di rabbia sul volto Clint; soltanto amarezza, infinita e dolorosa, e un punto interrogativo immenso e altrettanto penoso.

"Ho paura che ti faccia del male un’altra volta."

Le parole si formulano da sole, si mettono in fila senza il suo consenso e la voce gli trema impercettibilmente nel pronunciarle, ma in compenso il macigno diventa meno pesante, si riduce ad una pietra molto meno difficile da sostenere.

"Ho paura e non voglio assolutamente che accada. Non sapevo come altro evitarlo, è questo e soltanto questo il motivo per cui ho cancellato il tuo nome dalla lista."

Clint allenta la presa sulle sue spalle e lo fissa imperturbabile. Per la prima volta, Phil non riesce a capire cosa gli passi per la testa e questo lo manda nel panico più totale. Lo scruta, alla ricerca di un segno, di una traccia da interpretare, dell’ombra di una reazione, ma, per quanto si sforzi, gli risulta impossibile valicare quella maschera impassibile.

Finalmente, una lieve increspatura agli angoli della bocca rivela che Clint sta per parlare, ma un boato terribilmente fragoroso scoppia dal nulla come un’esplosione e sommerge le sue parole. L’ufficio trema come una foglia autunnale colpita dal vento e il capo di entrambi scatta verso l’ingresso. La porta è scomparsa, frantumata dallo scoppio, e davanti alla parete semi diroccata si erge tra i detriti ancora fumanti una figura alta e sottile, imponente come un obelisco in mezzo al deserto.

Quando il suo sguardo gelido saetta verso Clint un terrore freddo e pungente lo attanaglia, tanto denso da sembrare surreale, come se si fosse destato nel bel mezzo di un sogno e si fosse ritrovato davanti agli occhi, concreto e tangibile, ciò che lo stava perseguitando nell'incubo.

"Lieto di rivedervi, agenti."

La voce di Loki è un cristallo affilato che riluce sinistramente tra le macerie e la foschia grigia che da esse risale.

Clint indietreggia di qualche passo e Phil si allontana dalla parete, mentre il dio dell’inganno li fissa immobile dalla soglia distrutta.

"Ho saputo che desideravate farmi visita…" sibila, accarezzando la punta del suo scettro "…e ho preferito evitarvi il disturbo di un viaggio così lungo."

Avanza di qualche passo, brandendo l'arma tra le mani ossute e bianche, e il contrasto tra la sua figura scura che procede e il cielo luminoso e ridente che si staglia alle sue spalle salta all’occhio di Clint malgrado il terrore che gli opprime il cuore e gli blocca la mente.

"Agente Coulson."

Gli occhi di Clint scattano in direzione di Phil e una fitta di panico più forte delle precedenti gli morde lo stomaco. Lo sguardo di Phil è fisso su Loki e non tradisce il minimo timore, ma il tremolio delle sue mani, per quanto impercettibile, non sfugge al Falco e non fa altro che acuire la sua paura.

"Non credevo che avrei avuto il piacere di rivederla."

"Lieto di averti sorpreso."

Un sorriso aguzzo e divertito incurva le labbra del dio dell’inganno.

"Avremo fatto volentieri una gita ad Asgard, non c’era bisogno di venire fin qui."

Clint vorrebbe urlare a Phil di tacere e si sente terribilmente vigliacco nel pensarlo; “accondiscendenza” non è un termine che rientra nel suo vocabolario e preferirebbe morire piuttosto che assecondare quel verme, ma non è la morte ad atterrirlo tanto. Mentre Loki avanza verso Phil non riesce a staccare gli occhi dalla punta dello scettro e gli pare quasi di sentirla sfiorargli il petto.

"C’è una cosa che dovrebbe sapere, agente…"

Ormai è ad un passo da Phil, tanto vicino che gli basterebbe sollevare il braccio per colpirlo.

L’arco. Deve prendere l’arco.
Fa vagare freneticamente lo sguardo alla ricerca dell’arma, maledicendosi per averla gettata; dopo quella che gli è parsa un’eternità finalmente lo individua, seminascosto dalle macerie dall’altra parte della stanza. Proprio nel momento in cui si appresta a recuperarlo, la voce di Loki rimbomba nell’aria stridente e fredda, un sussurro che ghiaccia il cuore di Clint e lo blocca nuovamente. L’arco gli appare improvvisamente lontanissimo, troppo lontano.

"…nessuno può continuare a vivere, se io decido il contrario."

Nemmeno si rende conto dei passi che compie; si ritrova improvvisamente addosso a Loki e afferra il braccio che aveva appena sollevato, pronto a colpire. Il dio dell’inganno, colto di sorpresa, lancia un grido di stizza e barcolla all’indietro e Clint ne approfitta per cercare di sottrargli lo scettro. Il Falco impiega tutta la forza di cui dispone, stringe il ferro gelido e affilato a tal punto che i palmi prendono a sanguinargli, ma l’arma sembra non volerne sapere di staccarsi dalla mano del proprietario. Alla fine molla la presa, stremato, e prima che possa compiere un solo passo Loki lo colpisce alla tempia; la botta è tanto forte e il rumore che produce così inquietante che Clint teme il cranio possa spaccarglisi da un momento all’altro. Si copre la fronte con le mani insanguinate e un istante dopo riceve un’altra percossa, in pieno stomaco, e poi un’altra e un’altra ancora. Fa appello a tutta la forza che ha in corpo per non crollare, ma i colpi continuano, duri e inesorabili, e non può fare a meno di accasciarsi al suolo.

È tanto stordito che la vista gli si appanna, ma non tanto da impedirgli di vedere Loki che si cala sopra di lui e il ghigno compiaciuto dipinto sul suo volto.

"Credevo che avessi imparato la lezione."

La punta dello scettro scintilla come una stella contro l’azzurro del cielo che le fa da cornice.

"Evidentemente mi sbagliavo."

***

Phil si precipita verso l’ultimo portale in fondo al corridoio e digita freneticamente il codice per accedere ai piani inferiori.

L’ennesima luce rossa lampeggia sul display elettronico e la voce metallica ripete, ancora una volta, che le vie d’uscita sono bloccate.

Colpisce la porta d’acciaio con un gesto tanto violento che le nocche gli si arrossano dolorosamente.

Quel pezzo di merda ha mandato in tilt l’intero sistema.

Ha dovuto fare appello a tutta la sua forza di volontà per lasciare l’ufficio, ma per quanto fosse sconvolto e atterrito era ancora abbastanza lucido da sapere che restare a guardare non sarebbe servito a nulla e che da soli non avrebbero avuto scampo. L’unica cosa che poteva fare per salvarli – per salvarlo – era cercare rinforzi; per questo, anche se avrebbe preferito morire piuttosto che allontanarsi mentre Clint e Loki cercavano reciprocamente di ammazzarsi, era sgattaiolato via, ma quel bastardo è stato previdente e adesso non sa nemmeno come procurarsi un’arma. Visto com’è andata l’ultima volta averla o meno non fa tanta differenza, certo, ma…

Torna indietro, nella vana speranza di non aver controllato a dovere tutti i portali che conducono ai piani inferiori, ma nel momento in cui giunge all’inizio del corridoio sa già che nessuno di essi si aprirà.

E allora è finita, non c’è niente da fare, può solo tornare in quell’ufficio che forse sarebbe stato meglio non lasciare affatto e…

Una scia scura fende l’aria a un millimetro dal suo volto, fischiandogli nelle orecchie e interrompendo le sue riflessioni. È talmente veloce che Phil non riesce ad identificarla nel mentre viaggia fra le pareti immacolate del corridoio. Soltanto quando giunge a destinazione e si conficca nel muro di fondo scopre quale oggetto volante l’abbia prodotta e il suo cuore perde un battito.

L’istinto gli suggerisce di voltarsi, ma il pensiero di quel che potrebbe vedere gli immobilizza le gambe come una fossa di sabbie mobili.

Un altro dardo viene scoccato e questa volta Phil deve spostarsi verso destra per non essere trafitto.

Per fortuna lungo il corridoio non ci sono solo portali di collegamento ma anche uffici e ripostigli, e Phil si precipita verso il più vicino, chiudendosi dentro e bloccando alla meglio la maniglia.
Un istante dopo un rumore secco rimbomba dall’esterno e sulla superficie di legno compaiono delle sottili increspature; Phil rabbrividisce al pensiero che anche questa freccia l’ha mancato per un soffio è che è miracoloso che sia sfuggito alla mira di Occhio di falco per ben tre volte nel giro di due minuti.

S’è precipitato nella prima stanza che gli è capitata sotto mano senza nemmeno far caso a quale fosse; quando se ne rende conto, uno sbuffo esasperato gli sfugge dalle labbra e una lunga serie di imprecazioni si sussegue nella sua mente.

Tra tutte le stanze in cui poteva ritrovarsi, doveva finire proprio in quella di Harris. Il ragazzo è un caso talmente disperato che la settima prima, per evitare che si facesse del male o, ancor peggio, facesse del male a qualcun altro, Phil ha ordinato a Clint di far sparire dalla sua camera non soltanto le armi, ma ogni oggetto potenzialmente contundente. Si maledice per aver fatto piazzare la stanza di Harris accanto al suo ufficio; avrebbe dovuto relegarlo al secondo piano con tutti gli altri, ma i resoconti di Clint sugli addestramenti e le missioni a cui aveva preso parte erano stati talmente scoraggianti che aveva deciso fosse meglio tenerlo quanto più possibile sotto controllo. La decisione peggiore della sua vita.

Un altro schiocco risuona dall’esterno e Phil si scuote, prendendo a guardarsi intorno alla disperata ricerca di un’ispirazione. Passa in rassegna il letto, i due quadri appesi alle pareti e raffiguranti la madre di Harris e Cindy, il piccolo chihuahua della giovane recluta, poi la scrivania, la finestra…

Bingo

Avvicina lo scrittoio alla parete sulla quale si apre la finestra e vi sale sopra. Proprio in quell’istante, la porta alle sue spalle viene spalancata e dei passi minacciosi si susseguono a grande velocità.

Afferra le ante di ferro e si arrampica fino al davanzale, chiedendosi se sia così insolitamente in alto perché Fury teme che Harris possa suicidarsi in un momento di sconforto, dovuto alle sue continue ramanzine o alla nostalgia della madre e dell’amata cagnetta, o perché il destino quel giorno ha proprio deciso di accanirsi contro di lui.

Quando il busto ha già superato la cornice, una mano lo afferra per un piede e prende a strattonarlo per tirarlo giù.

Phil scalcia con forza, tenendosi aggrappato al marmo per non perdere l’equilibrio, ma la stretta non accenna a cessare. Istintivamente volta il capo e incrocia lo sguardo vuoto e disumano di Clint, e quegli occhi gelidi e inespressivi sono due pugni presi in pieno stomaco.

Si obbliga a riscuotersi e lo colpisce con un calcio ben assestato. Il Falco molla la presa e Phil ne approfitta per trascinarsi oltre il davanzale e sollevarsi sul sottile traliccio dell’edificio, sospeso nel vuoto a chissà quanti chilometri dal suolo. Ringrazia il cielo di aver ottenuto di recente la promozione a vicedirettore – l’ufficio del vicedirettore si trova all’ultimo piano – e raggiunge il terrazzo, servendosi delle fenditure e delle sporgenze delle mura per arrampicarsi. Giunto a destinazione, si lascia cadere sul bitume color piombo che riveste la loggia, esausto.

"Agente, quanto ardore!"

La voce di Loki, intrisa di compiacimento e di finta ammirazione, lo disgusta e lo terrorizza al contempo.

"Devo farle i miei complimenti, i vostri dipendenti sono molto ben addestrati."

I suoi occhi ghiacciati, ridenti di trionfo, sono fissi su un punto alle sue spalle; Phil si volta e vede Clint saltare oltre il recinto di mattoni che contorna la terrazza con arco e frecce in spalla.

"Efficienti ed ubbidienti, davvero un ottimo lavoro."

Phil gli lancia un’occhiata sprezzante e il ghigno soddisfatto che campeggia sul volto sottile e pallido lo manda su tutte le furie.

"Lei è un uomo coraggioso, agente Coulson…"

Loki prende a girargli intorno, come un avvoltoio pronto a scagliarsi addosso alla sua preda.

"…e io non sono così vigliacco da uccidere un uomo disarmato, soprattutto se si è rivelato un degno avversario."

Così dicendo, infila una mano sotto il lungo mantello color notte e tira fuori una pistola.

"Ne faccia l’uso che ritiene più opportuno" sibila, lanciandogliela.

Phil non distoglie lo sguardo dalla figura alta e malvagia, ignorando l’arma che è appena caduta al suo fianco.

"Non credevo avessi una considerazione così bassa di te stesso da ritenere un simile giocattolino sufficiente a fronteggiarti."

"Non sono io che dovrà fronteggiare" ribatte il dio dell’inganno, ed è pure delizia quella che impregna la sua voce.

Clint afferra l’arco e incocca una freccia con gesto secco e meccanico, come fosse un automa.

"Non se ne parla" ribatte, secco e deciso, e colpisce la pistola con un calcio per allontanarla.

Un ghigno malefico e perverso piega le labbra di Loki, che non sembra affatto sorpreso della sua reazione.

"Io non rifiuterei se fossi in lei, agente" sussurra, tentatore, facendo guizzare lo sguardo da lui a Clint.

Phil, ancora accasciato sull’asfalto, volta il capo e prega con tutto se stesso di incrociare gli occhi solari e vivi che tanto ama guardare in luogo dei due pozzi scuri e irrazionali che ha incontrato poco prima. Ma è una speranza vana e sciocca e Phil lo sa, e si rimprovera per avervi ceduto. Quei due pozzi di petrolio sono puntati su di lui, seri e concentrati, intenti a prendere la mira.

"Voi umani siete tutti così sciocchi" commenta Loki, la voce alterata dal ribrezzo, mentre Clint stende il braccio destro in avanti e tende la corda con forza, assottigliando gli occhi per inquadrare il bersaglio.

Phil pensa con amarezza che Loki ha ragione, che gli esseri umani sono incredibilmente e irrimediabilmente sciocchi e lui ne è la prova. Non ha avuto il coraggio di dire a Clint la verità e non avrà più la possibilità di farlo. L’idea che lui resti nelle grinfie di Loki non gli passa nemmeno per la testa; i Vendicatori interverranno, schiacceranno quel verme com’è giusto che sia e com’è scritto che accada e Natasha lo farà rinsavire con i metodi che ben conosce e la cui efficacia è indubbia. E a quel punto, l’ultimo ricordo che Clint avrà di lui sarà di quella lite e di quelle parole rimaste a metà. L’istante prima di morire, Phil Coulson non prova rabbia né timore né angoscia, ma solo rimpianto.

Alza lo sguardo sospirando, con un misto di sconforto e rassegnazione, e incontra l’azzurro terso del cielo; ancora una volta si stupisce di quanto sia splendente e pensa che, in fondo, è un privilegio morire con quella meravigliosa distesa di luce negli occhi. Un pensiero stupido e anche piuttosto insensato, eppure è quello che sente in quel momento.

Inspira profondamente e attende, un’attesa che, a giudicare da quanto narrato da film e libri, dovrebbe esser condita da fotogrammi e frammenti di memoria che scorrono davanti agli occhi come le immagini di un lungometraggio; ma niente di tutto questo accade, non c’è nulla oltre a quell’infinità di azzurro e al desiderio ormai del tutto dissennato di poter dire a Clint quello che non ha avuto il coraggio di rivelargli. Per quanto sia sempre stato attaccato alla vita, l’unica cosa che vorrebbe in quel momento non è scampare alla morte, ma che non fosse troppo tardi.

Uno schiocco a malapena percettibile rivela che l’attesa è giunta al termine. Il respiro diviene più affannoso e il cuore prende a battergli più forte nel petto, ma non è paura, di paura continua a non provarne; è un misto di inquietudine e ansia, è come aprire un pacco di cui si ignora il contenuto, come l’istante prima di un salto nel vuoto.

Il sibilo si propaga nell’aria, gli sbatte contro i timpani come un colpo di frusta e poi si dissolve. Phil si aspetta dolore e l’odore del sangue che sgorga, ma nemmeno questo arriva. Per adesso, la morte si è rivelata una catena di aspettative disilluse.

Un altro rumore squarcia il silenzio, un tonfo sordo e spettrale che gli rimbomba nelle orecchie come un’esplosione. Phil crede che si tratti del proprio corpo che stramazza al suolo, ma poi si ricorda di essere già disteso sul pavimento e allora abbassa la testa, confuso.

Al suo fianco, il corpo di Loki giace inerme, gli occhi sbarrati verso la distesa d’azzurro in un’espressione di puro stupore e un rivolo di sangue che scorre dal punto in cui la freccia ha trafitto la fronte, esattamente al centro. Seppur esanime, il dio dell’inganno è ancora maestoso e terrificante.

Phil sposta lo sguardo davanti a sé, incredulo. Clint è ancora nella stessa identica posizione in cui l’aveva lasciato; la mano stretta sull’impugnatura, il braccio teso come una corda di violino, le gambe leggermente divaricate. Ma gli occhi, gli occhi sono diversi, brillano di umanità e fissano sgomenti la sagoma del dio dell’inganno riversa sul pavimento. Se non fosse per il fatto che si regge in piedi, potrebbe tranquillamente esser scambiato per un cadavere; la fonte madida di sudore, il volto bianco come neve, le mani insanguinate e ogni lembo di pelle ricoperto di lividi. Dopo un lunghissimo istante sposta lo sguardo su Phil e impallidisce ulteriormente. Coulson lo conosce da una vita e l’ha tirato fuori dalle situazione più drastiche e disparate, eppure non l’ha mai visto così fragile e smarrito. Le membra del Falco prendono a tremare in maniera convulsa e irrefrenabile, tanto che l’arco gli cade di mano. Phil scatta in piedi, si precipita verso di lui e lo afferra un attimo prima che collassi al suolo.

***

"Non avevo un bell’aspetto, immagino" commenta Clint serafico, sporgendosi leggermente e allungando il braccio per accendere la lampada posta sul suo comodino.

"Spegnila."

"Non ricominciare con questa storia. Ti ho detto che ne ho bisogno per prendere sonno."

Phil rotea gli occhi al cielo, sbuffando spazientito.

"Aver bisogno della luce per addormentarsi è contro ogni logica."

Si aspetta che Clint ribatta come ogni sera che è un’abitudine che ha da quando era bambino e se non vuole esser tormentato tutta la notte dai suoi borbottii e dalle sue lamentele gli conviene non opporsi alla cosa; invece, il Falco non dice nulla e questo basta a far capire a Phil che qualcosa non va. Il suo sguardo perso e pensoso conferma i suoi sospetti.

Clint c’ha provato, s’è ripromesso un’infinità di volte che non c’avrebbe rimuginato, che questa volta non si sarebbe tormentato con domande destinate a restare irrisolte e dubbi più atroci di mille sevizie, ma lì sente dentro, radicati nel suo cuore come artigli affilati, e per quanto vorrebbe estirparli come erba vecchia e malata non ci riesce. Si sforza di rivivere quel giorno, quel preciso istante, il momento in cui la sua mente s’è ribellata e di capire cosa sia scattato, se è scattato qualcosa o se semplicemente Loki ha abbassato la guardia e lui è così debole da poter essere manovrato tutte le volte che un nemico lo voglia. Desidera esplorare e scardinare la propria memoria con tutto se stesso, ma i suoi ricordi cominciano con Loki accasciato al suolo con una freccia piantata nella fronte e Phil che lo fissa come se avesse davanti a sé un fantasma. Eppure le cose sono andate bene, quando c’è il lieto fine la gente dovrebbe smetterla automaticamente di porsi domande.

"Clint?"

Clint si scuote, si solleva e sostituisce al cuscino il petto di Phil, affondando il capo nel fresco tessuto della sua camicia. Chiude gli occhi e pian piano pensieri e timori scivolano via, scacciati dalla pace totale e perfetta che la sola vicinanza di Phil riesce a regalargli. È come un fiume che trasporta via i detriti e lascia il fondo del letto sgombro e pulito.

"Che hai per la testa?" sussurra Phil, accarezzandogli il capo con dolcezza. Il suo tocco è tanto rasserenante che Clint ha quasi dimenticato le cupe meditazioni di poco prima.

"Niente."

Phil emette un mugolio tutt’altro che convinto, continuando a passargli le dita tra i capelli.
Quello che è successo gli resterà dentro per tutta la vita, è un marchio indelebile sulla sua pelle ed è certo che, anche a distanza di anni, quella sensazione di panico e soffocamento tornerà a tormentarlo nei momenti più impensabili; continuerà a temere la propria debolezza e a tremare come se dietro ogni angolo l’attendesse un’imboscata. Non pretende di cancellare tutto questo, gli basta che esista qualcuno al mondo in grado di farglielo dimenticare, anche solo per un attimo.

"Dico davvero. Prima pensavo a quanto siamo andati vicini a perderci e a quanto avrei odiato me stesso se..."

S'interrompe e sente una stretta calda e rassicurante avvolgergli la mano. In quei pochi minuti Phil gli ha detto con i gesti più di quanto un monologo di ore avrebbe potuto comunicare e Clint pensa che mai ha avuto con qualcuno e mai avrà in futuro una sintonia così compiuta e speciale.

"…ma adesso penso soltanto che sono felice. Nient'altro."

Phil lo sposta con delicatezza, lo scavalca e spegne la lampada. Clint non protesta e dopo un istante sente le sue labbra premere contro le proprie. Infila le mani sotto il tessuto della camicia e si stringe a lui con forza, quasi con disperazione, come se temesse che possa sparire da un momento all’altro.

Non accadrà, e questo gli basta.











Note
Questa one-shot è stata scritta per esigenze personali della sottoscritta. Avevo uno sfrenato bisogno di scrivere qualcosa in cui Clint uccidesse Loki (tantissimo bisogno, un bisogno estremo e fisiologico, credetemi) e in cui ci fosse un alto tasso di Clint/Coulson. Non era previsto che le due cose si fondessero ma è quanto è successo nel mentre scrivevo ed ecco qua il risultato. È venuta fuori una cosa molto più lunga e complicata del previsto, spero di non aver fatto confusione e che un minimo di senso ci sia, anche se ne dubito fortemente.
Quella frana dell'agente Harris è stata partorita dalla mente geniale di
_Maria_. Per fare la sua conoscenza e farvi una marea di risate tanto grandi da avere poi mal di pancia, correte a leggere Il progetto viene per posta. Non ve ne pentirete, garantito.
Saluti e baci e biscotti a forma di orsi per tutti!
  
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