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Autore: Maya98    20/01/2013    7 recensioni
John non ha modo di affrontare il dolore. Così ne inventa uno tutto suo.
Ma poi Sherlock torna. E lui non può permettere che i cocci della sua vita si frantumino nuovamente.
" Sono un nuovo John Watson, ora, e il nuovo John Watson non ha più niente a che fare con Sherlock Holmes "
- C'è stato un momento in cui John ha pensato di non potercela fare. [...] Ma ora quel momento è passato e il soldato in lui ha imbracciato il fucile e trovato un modo di reagire.
Ha sparato a Sherlock Holmes. -
Note:
Chiedo perdono per John. Credo sia OOC. Se lo è, segnalatemelo che lo aggiungo tra gli avvertimenti.
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altro personaggio, John Watson , Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'Each time I fell, I fell for you'
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NOTE DI INIZIO STORIA CHE NESSUNO LEGGE MAI:

John è spaventosamente OOC. Chiedo umilmente perdono per questo. Ah! Giusto: non è betata. La mia beta è impegnata, quindi se ci sono errori di battitura...segnalateli pure. Vi sarò grata anche se decidete di commentare. Positivamente, negativamente. Le critiche sono ben accette!

 

 

 

C'è stato un momento in cui John ha pensato di non potercela fare.

 

HAVE NOTHING TO DO WITH

C'è stato un momento in cui John ha creduto davvero di non riuscire a continuare a vivere dopo di lui. E una parte nella sua testa non faceva altro che ripetergli quanto avesse ragione.

La sua giornata iniziava al mattino, alle sette in punto, con una tazza di caffè amaro e una doccia che durava due minuti-e-trenta-secondi-esatti con un’acqua fredda da star male. Quei gesti erano il suo inizio.
Erano una colazione consumata in fretta, guardando l'orologio sulla parete, in una solitudine che anche ad osservarla attraverso il vetro della finestra faceva male. Erano una valigetta medica preparata senza voglia, con il proprietario che sentiva di non farcela ad andare in ambulatorio. Erano una giacca, infilata senza l'aspettativa di andare a fare qualcosa di cui si ha la vera voglia. Erano un'occhiata allo specchio, ma non per controllare la propria immagine nel riflesso: per cercare di scorgere qualcuno che non c'era. Erano un taxi preso senza voglia, pagato con un gesto e nemmeno una parola cortese, perché lui l'avrebbe deriso. Erano il mondo che scorreva fuori dal finestrino, che lui non riusciva davvero a guardare. Erano l'aria pungente fredda, e il ricordarsi di aver dimenticato la sciarpa — di nuovo — perché è il solo pensiero di una sciarpa a fare male al cuore. Erano lo sguardo di Sarah, colmo solo di pietà, quando trascinava i piedi fino dentro allo studio, aspettando il primo paziente. Erano i messaggi che sentiva il bisogno di scrivere, nonostante sapesse che nessuno avrebbe mai risposto.

Mon 24/11 08:12 a.m.
To: 7544680989

Basta. Per favore. JW

Mon 24/11 08:15 a.m.
To: 7544680989

Non ce la faccio. JW

Mon 24/11 08:32 a.m.
To: 7544680989

Esci dalla mia vita. JW

Mon 24/11 08:43 a.m.
To: 7544680989

Smettila di manipolare i
miei pensieri anche da
morto, ipocrita!
Sto impazzendo — JW

Mon 24/11 09:01
To: 7544680989

Oddio scusa. JW

Mon 24/11 09:21
To: 7544680989

Non volevo. JW

Mon 24/11 09:43
To: 7544680989

È che mi manchi. JW

Mon 24/11 09:44
To: 7544680989

Fin troppo. JW

Erano i pazienti che ormai non ascoltava più, perché non avevano la voce giusta, né l'intonazione. Erano i minuti contati all'avvicinarsi della pausa pranzo, e poi quelli in attesa dell'inizio del nuovo turno, sconvolto ugualmente. Erano le gocce di pioggia che osservava cadere sulla finestra, senza in realtà vederle. Erano le occhiate di compassione lanciate dai colleghi, che lui evitava come la peste. Erano la camminata fino alla prossima fermata della metropolitana, senza accorgersi di aver sbagliato strada e aver puntato verso il Barts o il cimitero. Erano ancora le gocce di pioggia che si infrangevano su quella lapide nera incisa con caratteri dorati, che lui riusciva solo a stare lì a guardare, senza portare fiori o altro perchè non ce ne sarebbe stato motivo. Erano l'abbraccio della signora Hudson appena tornato, che lui le dava solo per non cacciarla in malo modo. Erano i diciassette gradini che saliva uno ad uno, soffermandosi su ognuno di quelli come se fossero i diciassette passi che lo avrebbero portato alla forca. Erano le occhiate che lanciava al tavolo della cucina, occupato dal microscopio ma sgombro dalla sua presenza. Erano il frigorifero, che apriva verso le sei per sbirciare qualcosa di commestibile, che non aveva più al suo interno pezzi di cadaveri. Erano le rom-com stupide che davano sulla BBC la sera, e lui non riusciva a cambiare canale. Erano i passi strusciati verso la sua stanza, quando la certezza che non sarebbe riuscito a dormire non poteva essere più palese. Erano la sveglia che suonava, la mattina dopo, obbligandolo a rincominciare la spirale di cui era prigioniero.
Quelli erano i gesti che componevano la sua giornata.

E ad un certo punto, John Watson si è chiesto davvero se non sia meglio farla finita.

 

                                                     ···

 

Poi, improvvisamente, decide.

Ha amato così tanto Sherlock Holmes durante la sua vita, che non riuscirà a non farlo anche nella morte.
Ma se, da romantico quale è, dicesse che è morto nello stesso istante in cui Sherlock gli ha detto addio, la parte ragionevole e veritiera di sé stesso ribatterebbe che in realtà sta morendo adesso.
Si sta uccidendo lentamente, senza fare assolutamente nulla per impedirlo. Si lascia deperire, appassendo come un fiore privato del suo nettare da un'ape laboriosa, senza più voglia e motivo di mostrare i suoi colori sgargianti nel prato. Sta svanendo, vivendo nell'ombra di un fantasma che lo segue peggio del miglior stalker in circolazione.
E non può finire così. Non lui, che è un maledetto soldato, il maledetto Capitano dei Fucilieri di Northumberland. È stato in Afghanistan, ha superato una guerra. Ci deve essere un modo anche per superare Sherlock Holmes.

Ha amato così tanto Sherlock Holmes durante la sua vita, che non riuscirà a non farlo anche nella morte.

Così, John decide.

E lo rinnega.

 

John Watson è un maledetto soldato. Così imbraccia il fucile e spara a Sherlock Holmes.

 

                                                   ···

 

Giovedì mattina, si alza alle sei. Si concede una doccia lunga e rilassante, lasciando scorrere l’acqua calda al posto di quella fredda. Si fa la barba con più calma, indugiando davanti allo specchio per essere sicuro di averla fatta bene. Nel caffé, mette due cucchiaini di zucchero, e mangia meno biscotti del solito.

All’uscita, si ricorda la sciarpa. Si accorge che il cappotto ormai gli è diventato stretto, e si appunta mentalmente di andare a comprarne uno nuovo. Si avvia verso la porta senza guardarsi allo specchio, e quando oltrepassa la porta si sente diverso.

Decide di non prendere il taxi, e si incammina con un buon passo verso l’ambulatorio. Si sofferma ad osservare il mondo intorno, con sguardo quasi pigro e soddisfatto. Ci sono milioni di persone ovunque, che si avviano per andare al lavoro. Per una volta, non si chiede chi siano e che facciano e soprattutto come potrebbe capirlo solo guardando i loro vestiti, si limita a vederli come abitanti di Londra. Della fumosa e grigia Londra in cui è nato.

Quando arriva all’ambulatorio, saluta Sarah allegramente, e non si sofferma sul suo sguardo stranito. Non accende il cellulare e non guarda nemmeno una volta l’orologio, mentre i suoi pazienti gli parlano allo sfinimento di malattie che sono convinti di avere. John vorrebbe dirgli che le malattie ce le hanno nel cervello, ma non è mai stato cinico, così le rassicura con un sorriso e le scorta alla porta.

Durante la pausa pranzo, al posto che prendere il suo solito cheesburger, opta per qualcosa di meno sostanzioso. Prende un’insalata mista, e ancora una volta non guarda l’ora.

Quando torna a casa, si dirige subito verso la metropolitana. Sta bene attento a dove cammina, e riesce addirittura a trovare posto. Arriva a casa con largo anticipo, e la signora Hudson non c’è nemmeno. Sale correndo i diciassette gradini, spalanca la porta dell’appartamento e si butta sul divano senza togliersi la giacca. Dopo dieci minuti si fa un tè, e decide di mettere su un po’ di musica.

Alle sei e mezza si sveglia con una gran fame. Afferra il telefono e ordina una pizza. Nell’attesa, non accende la televisione: si avvia verso la libreria e recupera il suo libro preferito, decidendo che è tornato il momento di rileggerlo.

Sposta il microscopio dal tavolo ad uno scatolone. Dirà alla signora Hudson di darlo a qualche laboratorio. Chiama Harriet, e le chiede come procede il divorzio, dicendo che forse uno di quei giorni passerà a farle visita. Va a letto presto, stanco morto. Dorme come un ghiro fino alle cinque del mattino successivo. Alle sei suona la sveglia, e lui si sente un uomo nuovo.


John Watson ha iniziato una nuova vita, rinnegando Sherlock Holmes. Rinnegando Sherlock Holmes ha dovuto rinnegare sé stesso, e sembra che cambiare sia la chiave di tutto.

La settimana va avanti a gonfie vele. John fa tempo a riordinare l’appartamento e a buttare tutte le cose inutili. Ammucchia tutte le proprietà di Sherlock in alcuni bauli e manda un messaggio a Mycroft per farli venire a prendere. Quando arriva, non si fa trovare in casa. Modifica anche l’ordine dei mobili e cambia il tavolo ormai completamente rovinato. Si compra un giubbotto nuovo, si fa crescere i capelli e dà vita ad una nuova routine. Venerdì legge il giornale, e salta la parte di cronaca nera in favore degli scandali e della politica. Sabato fa ricerche su Google e si impara a memoria tutti i dettagli possibili sul Sistema Solare. La domenica accende il computer e aggiorna il blog, scrivendo una sola frase.

Sono un nuovo John Watson.

Due ore dopo ancora non ci sono commenti. Tre ore dopo nemmeno. Quattro ore dopo, una certa “sorrisino.bic” scrive “E quindi?”, e lui non risponde. Sei ore dopo, “welovethehatman” ribatte piuttosto crudamente “Allora non ha più senso seguire il tuo blog”.

John si chiede se nella frase che ha scritto si noti troppo il sottointeso “E il nuovo John Watson non ha più niente a che fare con Sherlock Holmes”.

 

···

Tre settimane dopo, invita a cena una ragazza che ha conosciuto sulla tube. L’appuntamento va a gonfie vele, o almeno fino a che lei confessa di essere sposata. John dimentica il suo nome.

Quattro settimane dopo, la nuova assistente di Sarah gli chiede di uscire. Dopo le prime due volte, tuttavia, ammette di essere appena uscita da una brutta relazione e di star solo cercando di distrarsi. John cancella il numero dal cellulare.

Sei settimane dopo, sua sorella Harry gli presenta Annica, e tutto sembra funzionare. Poi scopre che è ossessivo-compulsiva e che non riesce ad avere relazioni stabili. John chiede ad Harriet di non presentargli più nessuno.

Dieci settimane dopo, incontra una tipa molto carina da Tesco. Si scontrano al reparto ortofrutticolo e si scambiano due parole. John spera di ri-incontrarla, ma non la vede più.

Dodici settimane dopo è Sarah a presentargli una ragazza. Tuttavia lei fa capire piuttosto bene di essere sull’altra sponda, e sotto lo sguardo deluso di Sarah, John deve fare una fuga improvvisata.

Cinque mesi dopo, John passa nei pressi di una scuola, nella sua passeggiata mattutina. Urta per sbaglio una donna e le fa cadere la cartelletta piena di fogli dalle mani. Si scusa numerose volte, e lei dice che non importa. Per farsi perdonare, John la invita a cena.

···

Si chiama Mary Morstan, e fa l’insegnante di matematica. Ha sei anni in meno di lui, i capelli riccissimi e biondissimi e due occhioni verdi molto vivaci. Parla come se vivesse nell’epoca vittoriana e sembra entusiasta della vita. Sa chi è lui, ma non dice nulla in proposito. Sembra che voglia essere sicura qualcosa prima di affrontare certi argomenti. Si lasciano con la promessa di prendere un caffé insieme. Per una volta, John non esce con qualcuno in speranza di una relazione, ma solo perché quella persona gli sta simpatica.

Il giorno dopo prendono il caffè in un bar tra la scuola e l’ambulatorio. John ride così tanto che gli fa male una mascella. Poi lei deve scappare per i corsi di recupero, ma il sorriso che ha sulle labbra non svanisce per tutto il pomeriggio.

Una settimana dopo, John la chiama ancora.

Due settimane dopo lei lo invita a casa sua. Non succede niente: rimangono solo a parlare fino all’una di notte. È bello: a John sembra di aver trovato un’amica.

Tre settimane dopo, è lui ad invitarla al 221b. Passano la notte guardando un film strappalacrime, e loro sghignazzano come pazzi alle battutacce di quarta categoria che fa Mary. La signora Hudson non commenta, ma sembra che ci sia qualcosa nei suoi occhi di diverso dal solito.

Un mese dopo, Mary ha il coraggio di chiedergli di Sherlock. John, inaspettatamente, alza le spalle. Lei dice che non pensa a tutte le sciocchezze sul falso genio, e gli posa una mano sul braccio. John ribatte che non importa più.

Io sono un nuovo John Watson, ora, e il nuovo John Watson non ha più niente a che fare con Sherlock Holmes

 

Sei mesi dopo, John dopo il lavoro fa un salto a casa di Mary per due chiacchiere. La trova seduta in bagno in lacrime. Suo nonno è appena morto per lo scoppio della carotide. John si siede sul bordo della vasca, la abbraccia, e piange con lei.

Nove mesi dopo, di domenica, Mary suona il campanello alle cinque e mezza del mattino. John, ancora addormentato, le va ad aprire. Lei è ancora in camicia da notte, ma sembra abbastanza agitata. John la fa entrare e la fa accomodare, preparandole un tè. Mary confessa di non riuscire a dormire.

John la ospita nella vecchia stanza di Sherlock.

Quella stanza era un santuario. Un santuario.
Nei primi tempi non ci entrava nemmeno lui, per paura di violarlo. Nei primi tempi si era promesso di non fare entrare nessuno in quella stanza che simboleggiava una persona così speciale.

Ma ora lui è un nuovo John Watson, e il nuovo John Watson non ha più niente a che fare con Sherlock Holmes.

Undici mesi dopo, John trova il coraggio di baciare quella che ormai è diventata la sua migliore amica. Mary sorride e lo tiene abbracciato tutta la notte.

È così calda, è così donna. John si chiede se la loro relazione sarebbe andata avanti così bene anche se si fossero incontrati quando c’era ancora Sherlock. Poi scuote la testa, scacciando il pensiero, e torna a baciare Mary.

Lui è un nuovo John Watson, ora, è il nuovo John Watson non ha più niente a che fare con Sherlock Holmes.

Un anno dopo, la loro relazione va ancora a gonfie vele. Non hanno mai litigato, e John si accorge che si è dimenticato di andare al cimitero il giorno dell’anniversario della morte di Sherlock. 

O forse l’ha ignorata di proposito, perché è un uomo nuovo e Sherlock è finito nel dimenticatoio.

···

Un anno e mezzo dopo, John sposa Mary. Lei diventa ufficialmente Mary Morstan-Watson e i due si trasferiscono in Stanhope Gate. Non fanno la luna di miele perché entrambi devono lavorare.

Un anno e otto mesi dopo, Sherlock Holmes bussa alla sua porta e distrugge completamente l’illusione del nuovo John Watson.

 

···

 

-Tu.

-Io.-ribatte Sherlock, stringendosi addosso il cappotto, ciondolando sulla porta della nuova casa di John:-Se abbiamo finito con i pronomi personali, potresti farmi entrare?

John gli chiude la porta in faccia.

 

Il giorno dopo, quando John finisce il turno, Sherlock è fuori dall’ambulatorio. Lo aspetta all’uscita con uno sguardo indecifrabile, attirando lo sguardo delle persone lì intorno. Fissa John speranzosamente e gli viene incontro.

John lo sorpassa senza nemmeno guardarlo, si infila in un taxi e torna a casa, lasciando Sherlock basito in mezzo alla strada.

La settimana dopo, sul cellulare gli arriva un messaggio.

Mon 09/10 10:15 a.m.
From: 7544680989

Upper Street. Uomo morto
trovato senza braccia.
Vieni. SH

Lo fissa per qualche secondo, poi lo cancella. Scrive a Mary chiedendole se le va di uscire a cena. Il telefono trilla di nuovo.

Mon 09/10 10:19 a.m.
From: 7544680989
 
Ho bisogno di parlarti.
Avrai le tue spiegazioni.
Ma dammi l’opportunità.
SH     

John ignora e cancella anche quello. Ma non si è dimenticato della testardaggine del detective.

Mon 09/10 10:19 a.m.
From: 7544680989

Per favore. SH

John arriccia le sopracciglia, perplesso. Poi cestina nuovamente e spegne il cellulare. La sera, esce con Mary e non ci pensa.

···

Due settimane dopo, la cosa compare sui giornali. Il Daily News recita a titoli giganteschi “Sherlock Holmes ritorna dall’oltretomba come eroe: la sua morte era solo una finta”.

Il London Bus che compra Mary, invece, urla “Ripristinato il suo nome: è il ritorno dell’eroe del Reichembach”.

John li guarda tutti e due, senza leggerli, per un paio di secondi. Senza cambiare espressione, getta entrambi nel camino e guarda carta e inchiostro bruciare.

Non vuole neanche sapere il perché.

Perché lui è un nuovo John Watson, ora, e il nuovo John Watson non ha niente a che fare con Sherlock Holmes

···

Quella sera, Mary gli chiede se l’ha saputo. John dice che ha incontrato un morto, e che evidentemente sta impazzendo, poi scoppia a ridere.

Mary lo guarda con una strana espressione preoccupata, ma non dice nulla. 

Tre settimane dopo, Sherlock bussa di nuovo alla porta di casa. Questa volta, ad aprigli, è Mary.

-Buona sera.-dice Sherlock, sbrigativo:-Lei deve essere Mary Morstan. C’è John?

-Sono Mary Morstan-Watson, adesso.-dice lei, inclinando il capo e studiando Sherlock con occhi curiosi:-Tu sei Sherlock Holmes, il consulente investigativo, vero?

-Mi sembra di non aver cambiato né nome né lavoro, quindi sì.-ribatte Sherlock, tagliente, trapassandola con il suo sguardo ghiacciato:-Ho chiesto se John è in casa.

-John non vuole parlare con te, Sherlock.-mormora Mary, abbassando gli occhi con fare sconfitto:-Mi ha proibito di farti entrare, nel caso ti fossi presentato. Mi dispiace tantissimo, davvero, non sai quanto vorrei che si riappacificasse con te. Da ciò che scriveva sul blog, si vedeva che siete molto legati. Mi piacerebbe conoscerti, in qualità di migliore amico di mio marito.

In qualità di compagno, anche se platonicamente. Pensa Sherlock. -Le parole non mi interessano.-dice, altezzoso:-Voglio solo sapere se ha letto i giornali e se sa perché ho fatto quel che ho fatto.

Mary scuote la testa, facendo ondeggiare i suoi capelli biondi. Sherlock non abbassa lo sguardo, ma lei è certa di avergli visto negli occhi la sconfitta quando si volta per andarsene, senza neanche un cenno.

 

In casa, John, sdraiato sul divano, le chiede:-Chi era?

-Sherlock.-risponde lei, sedendosi sul tavolo e incrociando le braccia in un gesto quasi stanco.

-Nessuno di importante, quindi.-ribatte John con un sorriso, alzandosi e baciandole la guancia:-Giusto?

-Non capisco perché non fai pace con lui.-risponde la maestra, piccata, aggrottando le sopracciglia:-Era il tuo migliore amico.

-Il mio migliore amico è morto.-dice John, alzando le spalle, e salendo lentamente le scale verso la loro camera da letto.

Lui è un nuovo John Watson, adesso, e il nuovo John Watson non ha più niente a che fare con Sherlock Holmes.

···

Un mese e mezzo dopo, Sherlock si presenta sulla sua porta di casa con una gamba sanguinante e il volto tumefatto.

John lo fissa qualche secondo, sulla porta.

-Una rissa. Aveva un coltello. La mia gamba...-mormora Sherlock, mentre si tiene l’arto con entrambe le mani, coperte di sangue rosso e viscoso.

John continua a fissarlo.

Sherlock alza lo sguardo, e l’espressione nei suoi occhi cangianti è totalmente implorante:-John.-dice, con la voce che trema:-Ti prego...

-Vai al pronto soccorso.-lo liquida John, chiudendogli ancora una volta la porta davanti al naso.

 

Quella notte, John non riesce a dormire. Fuori dalla porta Sherlock urla e dal tono della voce sembra quasi che stia piangendo. John lo penserebbe, se quello fuori dalla sua porta non fosse Sherlock Holmes. Ma se quello fuori dalla sua porta non fosse Sherlock Holmes, non sarebbe una maledetta faccenda personale e lo farebbe anche entrare.

Ma lui è un nuovo John Watson, adesso, e il nuovo John Watson non ha più niente a che fare con Sherlock Holmes.

Lo trova la mattina dopo, mentre esce per andare al lavoro. È addormentato in ginocchio, con la fronte appoggiata alla porta e un lago di sangue sul pavimento. È pallido come un morto.

John chiama un’ambulanza, poi se ne va all’ambulatorio.

···

-John, caro, ho saputo che è successo...-sta dicendo la signora Hudson, nell’ingresso di casa sua:-Come sta?

John fissa la sua ex-padrona di casa (e non la governante) con aria impietosita. Sa che non dovrebbe pensarlo, ma l’unica cosa che gli viene in mente è che sembra invecchiata e che non stia molto bene di salute. Forse, è solo la solitudine dell’appartamento che dopo loro due non ha più affittato.

-Non ne ho idea.-dice John, accompagnandola all’interno:-Non sono stato all’ospedale. Vuole una tazza di tè? Mary, puoi prepararla tu?

-Certo, tesoro!-esclama la donna, dirigendosi verso i fornelli con un sorriso accogliente.

-Co...non sei stato all’ospedale?-balbetta la signora Hudson, incredula:-John? Come mai?

-Non è stata colpa mia se si è fatto quasi ammazzare un’altra volta.-dice tranquillo, costringendo la donna a sedersi su una sedia della sala da pranzo:-Io ho già passato una guerra, non è il caso di mettermi in mezzo ad altri guai.

La signora Hudson lo fissa con gli occhi spalancati ed increduli. Beve il tè con piacere, ma quando lascia la casa diretta all’ospedale si dimentica di salutarlo.

···

-John.-dice Mary un giorno:-Penso che dovresti andare a parlargli. Oggi lo dimettono, ha chiamato l’Ispettore Lestrade per dirtelo.

-Sono occupato, ho gli straordinari.-replica John pigramente, stiracchiandosi nel suo pigiama:-E poi, non ne ho voglia.

Mentre sente lo sguardo deluso di Mary sulla schiena, John ha bisogno di ripeterselo l’ennesima volta.

Sono un nuovo John Watson, e il nuovo John Watson non ha più niente a che fare con Sherlock Holmes

Il giorno dopo, il suo cellulare suona e sullo schermo compare un numero sconosciuto.

-Pronto.-dice John, portando l’affare all’orecchio:-Chi parla?

-L’ha fatto per salvarle la vita, dottor Watson.-dice Mycroft Holmes con voce melliflua:-Se non si fosse buttato, ora lei avrebbe la pallottola di un cecchino in testa.

John chiude la chiamata senza nemmeno rispondere.

 

Sei settimane dopo, è quasi stupito quando apre la porta dopo che hanno suonato il campanello, e non trova nessuno. Solo un biglietto.

John lo legge d’un fiato. Poi lo brucia.

Non so più che fare per fartelo capire.

Dimmelo tu, sai che non ci so fare con queste cose.

Hai chiesto un miracolo, e sono vivo.

Perché non mi lasci spiegare?

Lasciami spiegare.

Non è per il mio ego, John. Sai che sono alla ricerca della verità.

E voglio capire perché non riesci ad accettarlo,

voglio capire questo, va bene?

Sarò al Barts domani alle nove. Chiedi a Molly.

Dammi un’ultima possibiltà.

SH

La bolla in cui è racchiuso John si frantuma guardando quella carta bruciare, e sopra la testimonianza che anche Sherlock Holmes ha un cuore.

Il giorno dopo, non va al Barts.

···

-Greg.

-John.

Gregory Lestrade è davanti a lui, nel suo ufficio, in piedi. Sembra molto più consumato del solito, e soprattutto stressato. John si chiede come sia finita con sua moglie.

-Che ci fai qui?

-Io...io devo dire una cosa.

John, da dietro la scrivania, arriccia le sopracciglia. Gli fa cenno di accomodarsi, e Lestrade prende un gran sospiro.

-Si tratta di Sherlock.

-Non lo voglio sapere.

Greg lo fissa senza capire. Scuote la testa, per un momento:-Questa volta è importante. Davvero.

-Non mi interessa.

-John.-insiste l’Ispettore, poggiando le mani sul tavolo:-Fidati di me. È una cosa importante.

John non ha mai visto gli occhi castani di Gregory così seri, così sospira, e cede:-D’accordo, sentiamo un po’.

-Sherlock è partito ieri sera, su un aereo diretto in Australia.-mormora Lestrade, fissandolo negli occhi e senza abbassare lo sguardo:-Doveva trasferirsi. A Parigi. Ha detto che a Londra non c’è più niente per lui.

John fissa il bianco sterile del tavolo al quale è appoggiato:-Bene.-dice, senza inflessione della voce.

-John.-dice Lestrade, calcando il tono della voce:-L’aereo è disperso. Non si sa che fine abbia fatto. Sembra che sia stato dirottato da una tempesta. Non si pensa ci siano sopravvissuti.

John continua a fissare il tavolo, senza una parola.

-Sherlock probabilmente è morto.

John alza le sopracciglia, e anche i suoi occhi azzurri su Greg. Sa che lo ferirà, dicendo ciò che ha intenzione di dire. Ma non si ferma:-Greg.-dice, scuotendo la testa:-La cosa non ha importanza.

-Non ha importanza?-ripete l’uomo, incredulo, rizzandosi in piedi e facendo cadere la sedia:-Non ha importanza?!?

-Sherlock Holmes, per me, è già morto.-dice John, con calma:-È morto due anni fa. Suicidatosi. Sotto i miei occhi. Ho già pianto per lui, ho già portato il lutto. Non lo farò di nuovo solo perché questa volta è morto davvero.

Lestrade non dice più una parola. Rialza la sedia con lentezza inesorabile, poi si avvicina alla porta. Si gira l’ultimo secondo a guardarlo, poi sparisce. John non lo rivedrà mai più, ma quell’occhiata gli rimane impressa nella mente per tutto il resto della sua vita.

Lui è un nuovo John Watson, ora, e il nuovo John Watson non ha più niente a che fare con Sherlock Holmes.

 

 

FINE

 

Note della Skizzata:

Ebbene, ho finalmente finito questo obbrobrio. Sì, avevo voglia di farlo finire male. Sì, sono totalmente OOC. E sì, sono pazza da legare *ride isterica* chiamate il manicomio.
Se mi lasciate una recensione che sia anche un “Che schifo!” sono contenta. Sono contenta anche solo se leggete. O se mi segnalate errori. Grazie a tutti. Sì, lasciamo perdere, sono esausta. Ah giusto. Il numero di Sherlock è vero, ho bloccato l'immagine del Pilot quando lo hanno fatto vedere e salvato in rubrica. :D:D:D

PS Lo slash alla fine era implicito.

  
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