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Autore: nakahime    21/01/2013    2 recensioni
C'è qualcosa che si agita dentro Dean. Qualcosa che, dopo la discesa di Sam negli Inferi, si risveglia da un lungo letargo.
Riuscirà Castiel a fermarlo?
[Dean/Castiel; pre-slash; angst; AU!post season 5]
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Bobby, Castiel, Crowley, Dean Winchester
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Autore: nakashima
Fandom: supernatural
Pairing: Destiel 

Rating: PG-13
Personaggi: Dean Winchester, Castiel, Sam Winchester, Bobby, Crowley, Balthazar, Evil!Dean
Contesto: AU!post quinta stagione
Genere: angst, malinconico, introspettivo, sentimentale
Avvertimenti: pre-slash
Parole: 9552
Note: sono in pausa dallo studio (e non me ne libererò prima del 18 febbraio, quando avrò finito i miei tre esami) e ho deciso di riproporvi una delle one-shot che preferisco di più tra quelle che ho scritto. La adoro, e spero di riuscire, un giorno, a darle una valida continuazione. Anche se, ora come ora, è completa. Spero vi farà piacere rileggerla (se l’avete già fatto) o leggerla per la prima volta. Le recensioni sono ben accette, mi allieteranno un po’ il peso di queste giornate pregne di studio. Enjoy!

Disclaimer: i personaggi non mi appartengono, quanto descritto è frutto della mia fantasia e non ci guadagno assolutamente niente.

 

Quando un angelo piange.

 

 

Continuò a correre nonostante il fiato smorzato, le gambe peanti e nessuna meta da raggiungere. Il dolore alla testa divenne più intenso e una fitta gli attraversò completamente la mente, in un attimo.
Si fermò d'un tratto nel bel mezzo di una strada di periferia piegandosi in due e cercando di riprendere fiato, ma tutto quello che riuscì a inalare fu un debole fiato di calore, un calore che gli stava facendo bruciare l'intero corpo.
I tendini dentro sé tremarono violentemente e i muscoli si contrassero facendolo muovere in uno scatto di spalle all'indietro. La testa continuava a pulsare mentre il respiro si appesantiva dentro il suo petto, come un macigno, era impossibile inalare aria, ma per una qualche strana ragione a lui sconosciuta non sembrava essergli di peso.
Cadde in ginocchio quando uno spasmo gli sconvolse il petto, all'interno il cuore pulsò velocemente e dopo un battito dannatamente irregolare sembrò fermarsi. Si portò una mano al collo tentando di controllare che il cuore fosse ancora funzionante ma non c'era alcun movimento al di sotto della pelle, si toccò il polso con prontezza e ansia ma la quiete al di sotto dei suoi polpastrelli non fece che urlargli che il cuore era immobile. Era dannatamente fermo. Si guardò sbalordito intorno tentando di fare mente locale, il nulla lo circondava, nient'altro che lande desolate che si estendevano per chilometri tutto intorno, il deserto sembrava circuirlo deridendolo mentre lì annaspante e senza battito cardiaco tentava di placare il dolore del corpo e della testa.
Un'altra fitta al cervello lo fece urlare, dentro sé solo il pulsare di un qualcosa che non riusciva a riconoscere, a definire, si sentì avvinghiato da un calore mai sentito prima, urlò tentando di prendere aria, quantomeno per sentirsi ancora vivo ma non ci riuscì e annaspò solamente, come se non ricordasse come si facesse a respirare.
«Che diavol...» si chiese ad alta voce, ma le sue orecchie percepirono solo gemiti strozzati accompagnati da una voce flebile e roca. 
Gemette cadendo con il volto sull'asfalto mentre uno spasmo lo faceva contorcere nuovamente e il dolore si acuì, la schiena sembrò liquefarsi sotto il tocco delle vampate bollenti che sentiva dentro. Tentò di rimettersi in piedi, senza successo. 
Lo squillo ovattato del suo cellulare raggiunse i suoi timpani tentandolo a rispondere ma i suoi sensi non erano dello stesso parere, così come le sue membra che da quando era scivolato completamente al suolo non avevano più risposto a nessuno dei suoi comandi. 
La suoneria si librò nel silenzio totale di quella stradina abbandonata, si ritrovò a pensare -nei pochi attimi di lucidità tra uno spasmo e l'altro- che Lisa si sarebbe preoccupata e che forse quelle chiamate arrivavano proprio da lei, era scappato via senza dire nulla quando aveva sentito il suo corpo cedere al dolore e arrendersi all'assenza di aria nei polmoni. Avrebbe voluto cercare aiuto, ma le sue poche forze gli impedivano di urlare.
Era nei guai.
Chiuse gli occhi cercando di concentrarsi e di riuscire a muovere almeno un braccio, almeno quel tanto che bastasse per raggiungere il cellulare e chiamare Bobby, almeno lui. Non sapeva cosa diavolo gli stesse succedendo. 
Un battito d'ali lo raggiunse e cercò di alzare le palpebre pesanti, senza ottenere risultati; non riuciva a vedere che una piccola parte di ciò che aveva accanto e solo perché non le aveva del tutto serrate. 
Dannazione, imprecò dentro di sé sentendosi fin troppo il personaggio di un romanzo per ragazzine¹. 
Il corpo che cambiava, il bruciore dentro: si sarebbe dovuto aspettare lunghi capelli rossi e labbra scarlatte? 
Gemette quando l'ennesima fitta risuonò nel cervello e sembrò spaccarlo in due tanta la sua intensità, prima che una voce sicura lo raggiungesse «Dean» lo chiamò e lui si sentì rilassato, al sicuro.
«Cas» gracchiò malamente tentando di schiarirsi la gola, ma persino tossire sembrava un'azione pressoché lasciata nel dimenticatoio.
«Stai tranquillo, Dean -mormorò l'angelo confortandolo- adesso ti porto al sicuro.»
Il cacciatore avrebbe sospirato di gioia se avesse potuto, si limitò a far vibrare leggermente le palpebre socchiuse mentre un braccio di Castiel si allungava sulla sua fronte e lo faceva assopire lentamente.
Quello che Dean non poté vedere, fu lo sguardo terrorizzato che aveva macchiato la purezza di quel profondo blu negli occhi dell'angelo.


[...]


«Cosa diavolo stai cercando di dire?» urlò sconvolto dopo che l'angelo del Signore aveva tentato di spiegargli la situazione.
E davvero, lui nella sua lunga vita da cacciatore avrebbe potuto immaginare di tutto, ma mai la rivelazione che gli era appena stata fatta. Cosa voleva dire che il veleno dell'Inferno gli si stava propagando dentro? Cosa significava la frase "sei stato avvelenato dal dolore"? Era assurdo, e lui era ancora troppo intontito per poter afferrare al volo la spiegazione dell'amico.
E il fatto che Castiel lo stesse guardando con tanta afflizione non lo faceva stare per niente meglio, lo faceva solamente preoccupare maggiormente.
«Può accadere, Dean. Hai torturato anime, hai ucciso, e forse tutto il male assimilato dall'Apocalisse ha riaperto nella tua anima una parte che credevamo non si sarebbe aperta.» spiegò dispiaciuto l'angelo.
«Aspetta un attimo. Che significa che credevate non si sarebbe aperta? Tu sapevi che io avevo questo... questo veleno dentro me?» chiese Dean, sgranando le palpebre e fissando l'angelo che abbassava il capo ancora più afflitto.
«Cas, ehi, Cas guardami! -urlò sporgendosi un po' verso l'altra figura-Tu lo sapevi?»
L'angelo alzò il capo, gli occhi blu velati da un'ombra scura, preoccupata; e a Dean avrebbe fatto pena vedere quello sguardo mozzafiato ridotto in quello stato, se non fosse stato impegnato a realizzare che per due lunghi anni il suo angelo gli aveva mentito. 
«Cas!» insistette urlando più forte.
«Si, lo sapevo -ammise colpevole- ma non potevo immaginare che...»
«Che, cosa? Cosa non potevi immaginare? Che mi si aprisse un cazzo di buco dentro l'anima e cominciasse a fluirmi dentro un po' di veleno infernale? Beh, non dovevi 'non immaginare', Cas. Dovevi evitarlo!» urlò di nuovo scalciando via le coperte e mettendosi a sedere poggiando le gambe sul pavimento.
«Dove credi di andare?» chiese Castiel scattando in piedi.
«Sono affari miei, Cas. Ha già fatto abbastanza, ora puoi anche sparire.» replicò acido, cercando i propri abiti.
«Mi dispiace, non posso lasciarti andare. Non sai...-frenò le sue parole, guardando oltre la finestra- potresti non stare bene.»
«Beh, Sherlock se non l'avessi notato non è che sia fresco come una rosa neppure adesso! Sai com'è, sono imbottito come un cazzo di tacchino al ringraziamento.»
L'angelo sbuffò portandosi una mano alla fronte, un gesto che Dean aveva visto imparare a fare poco alla volta quando era fustrato e irritato, e lui sapeva di stare lì ad irritarlo, ma tra i due sicuramente non si sentiva di dover biasimare qualcun altro. 
«Dove pensi di andare, idiota?» lo richiamò una voce dalla porta della camera facendolo voltare incazzato.
Davvero, non voleva più nessuno a dirgli di tornarsene a letto, non in quel momento per lo meno, non con tutto che andava a puttane e suo fratello chiuso in un cazzo di buco con Lucifero e Michele. 
«Bobby ti prego, non ti ci mettere anche tu.»
«E sentiamo, dove vorresti andare? Tornare da Lisa e Ben? Già perché secondo te lì saresti al sicuro vero? Non sappiamo cosa potrebbe accaderti e per quanto ne sai potresti anche contagiarli e peggio, ucciderli. Dove vorresti scappare?» affermò l'uomo guardandolo con durezza.
Dean lo fissò accigliato, seppure in cuor suo sapesse di non potergli dare torto, non sapeva nulla di quel veleno di cui Castiel gli aveva parlato e peggio ancora non voleva che qualcosa di oscuro potesse mettere in pericolo la sua ragazza e relativo figlio. Ma non voleva restare lì, non voleva doversi sentire come una cazzo di cavia da laboratorio, studiata per capire come funzionasse quella nuova patologia. E non voleva vedere Castiel, non per il momento almeno. 
«Bobby dammi solo un'auto. Ho solo voglia di guidare, tornerò prima di sera, lo prometto.» biascicò frustrato, Dean inalando una gran quantità d'aria, non ricordava come fosse successo, ma semplicemente aveva ripreso a respirare e una volta svegliatosi nel letto di Bobby aveva sentito le proprie funzioni vitali tornare al proprio posto. Davvero,amava essere vivo.
Castiel continuò a guardarlo con tristezza, e se Dean non gli fosse stato minimamente riconoscente per averlo salvato nel bel mezzo del nulla, gli avrebbe volentieri spaccato la faccia. 
Sentì una fitta di rabbia risalirgli lungo il petto, un fremito che scosse i suoi muscoli, sentì le budella tremare ma inspirò profondamente tentando di non dare a vedere ai due nella camera cosa gli stesse succedendo. 
«Dean, non comportarti da moccioso. Cos'hai, due anni? Tornatene a letto ed evita di ribellarti. Chiamerò Lisa e le dirò che starai qui per un po' di tempo.» tuonò perentorio il cacciatore più anziano girando sui tacchi non ammettendo repliche. E anche se Dean aveva sempre fatto di testa sua, capì che non doveva essere il momento giusto per aprire dibattiti su ciò che poteva fare o meno. Non ne aveva neppure la forza a dire il vero, si girò verso il letto tornando a sedere sul materasso e prendendosi la testa tra le mani. 
«Mi dispiace, Dean.» mormorò impacciato il guerriero divino, evitando di guardarlo in volto.
«Castiel, dillo di nuovo e ti prendo a pugni. Non me ne faccio niente delle tue scuse.»
Portò le coperte fino al petto girandosi su un fianco «lasciami dormire, Cas. E niente mojo angelici, voglio solo restare solo.»
L'angelo lo guardò tentennando «Dean io non posso...»
«Non scapperò Castiel. Guardami, sono una bottiglia di veleno infernale dove vuoi che vada? Stà tranquillo, almeno tu che puoi.»
Castiel sospirò abbattuto, prima di scomparire con un battito d'ali che lasciò in Dean un senso di vuoto.


[...]


Si guardò intorno spaesato, non ricordava come fosse finito lì, avrebbe giurato di essere nel letto di Bobby poco tempo prima. Ma incredibilmente quel tempo gli sembrava lontano, come fossero passati anni, come se tutto fosse trascorso troppo velocemente. Non c'era più la casa del vecchio cacciatore, non c'era più Castiel, non c'era più il dolore.
Il bosco in cui si ritrovò era fitto, numerosi alberi si estendevano tutto intorno e le fronde impedivano l'assalto al sottobosco dei raggi del sole che di tanto in tanto penetravano solo nei punti in cui le foglie lasciavano uno spazio libero perché non calasse del tutto l'ombra sulla vegetazione. 
Camminò continuando a guardarsi intorno con circospezione, che faceva lì? Stava cacciando qualcosa? 
«Dean, da questa parte.» lo richiamò una voce fin troppo familiare facendolo voltare di scatto.
Sam.
Il cuore cominciò a battergli velocemente nel petto, le labbra si schiusero e un groppo in gola gli serrò le corde vocali impedendogli di pronunciare parola, gli occhi di suo fratello erano seri, i capelli più lunghi e la barba incolta. Il suo Sammy.
Tentò di avvicinarglisi ma il corpo si tramutò nuovamente in un blocco di piombo, i nervi non risposero ai suoi comandi. Sam era davanti a sé e ora gli sorrideva. Era tornato, era con lui, erano di nuovo una squadra, di nuovo insieme come i vecchi tempi; avrebbe voluto piangere ma ci riuscì, non potendo muoversi. Era come una bambola inanimata, un corpo vuoto.
Un groviglio di sensazioni gli annodò lo stomaco e una di quelle gli intimava di correre e artigliare suo fratello tra le braccia e stringerlo, perché anche non sapendo come né perché, era comunque con lui, di nuovo. Ed era ciò che aveva realmente importanza ora.
«Cosa aspetti, Dean? Dobbiamo andarcene.»
Voleva rispondergli, dirgli che era felice di rivederlo, chiedergli come avesse fatto a salvarsi, ma non riusciva a sillabare neppure la più semplice delle parole o a compiere il più banale dei movimenti. Non riusciva a fare nulla che non fosse guardare suo fratello e sentirsi felice per il suo ritorno. 
«Dean, non puoi muoverti non è così? Mi dispiace.» sorrise Sam.
Il maggiore dei due lo guardò confuso, non riuscendo a cogliere il bizzarro ghigno che adombrò le labbra dell'altro.
Il corpo cominciò a bruciargli nuovamente, sentì l'impulso di urlare dal dolore ma era tutto inutile, i suoni morivano all'interno delle sue intenzioni.
«Exorcizo te, omnis spiritus immunde, in nomine Dei²...» cominciò suo fratello guardandolo duramente. 
Dean sgranò le palpebre percependo un senso di vomito salire dallo stomaco e addensarsi in prossimità della gola, non riusciva più a respirare, il groppo gli ostruiva di nuovo le vie respiratorie, stava soffocando. Provò ad articolare un qualsiasi suono per far capire a suo fratello che fosse in difficoltà, ma nulla, era animato quanto un sasso. I suoi occhi non si mossero, ancorati sulla figura di Sam che semplicemente continuava a recitare l'esorcismo e dentro sé dilagò un senso d'oppressione, qualcosa di denso che si propagò lungo tutta la gola e il petto e sembrò cercare un'uscita senza, tuttavia, trovarla. Non arrendendosi cominciò, poco dopo, a sbattere contro il suo stomaco. Volle piangere, d'un tratto tentò di piangere per permettere a quell'ammasso di non-sapeva-cosa di scappare, ma nulla, neppure le lacrime volevano collaborare. Il respiro ormai aveva smesso di entrare in sé e cominciò a sentirsi più debole, aveva bisogno d'aria, stava morendo. 
La vista si appannò per qualche secondo, ritornò poco dopo brevemente su Sam che lo guardò ancora una volta con un sorriso di trionfo sul volto «adesso chi è il mostro, eh Dean?»
Tentò di urlare, di dirgli che non sapesse minimamente di cosa stesse parlando ma la vista si scollegò di nuovo e quella sensazione asfissiante si intensificò appesantendosi e gli attanagliò del tutto i polmoni. Stava morendo
Suo fratello rideva, lo esorcizzava, lo chiamava mostro.
Era un mostro? Perché un esorcismo gli stava facendo tutto quello? Era un demone
Ricordò d'un tratto le parole di Castiel sul veleno infernale. 
No. Non poteva essere vero. Si rifiutò di accettarlo, di pensare che fosse proprio quella la causa di quanto gli stava accadendo. Non avrebbe mai ammesso di stare morendo a causa di ciò che aveva covato dentro durante quei quaranta infernali anni.
D'un tratto potè muoversi di nuovo, suo fratello era scomparso, ma riprese il comando del suo corpo anche se stava ancora soffocando; si portò le mani alla gola aprendo le labbra per vomitare, ma non ebbe successo.
Tossì per rilasciare quel qualcosa che lo stava riempiendo, uccidendo. La vista vacillò e d'un tratto il mondo sembrò inclinarsi su di un lato, il respiro di nuovo inesistente.
Sam. Pensò mentre tutto cominciava a diventare buio.


[...]


Ansimò pesantemente mentre una mano gli dava dei colpetti sulla schiena, tentò di invadere le vie respiratorie con quanta più aria potesse.
«Dean, stai bene?» chiese quello che riconobbe essere Castiel, dietro di sé che lo aiutava a fargli riprendere fiato. L'angelo portò una mano sulla sua fronte e d'un tratto un senso di freschezza gli invase il petto, facendolo sentire subito meglio. 
«Cosa diavolo -ansimò ancora per qualche secondo- era un sogno?» chiese guardando con terrore l'angelo che annuì gravemente.
«Hai avuto un altro attacco. Non so cosa stessi sognando ma ti dimenavi nel sogno, immagino che non potessi respirare, tentavi di farlo anche nella realtà, ma inutilmente.» spiegò la creatura celeste allontanandosi di qualche passo. 
Il suo sguardo nuovamente triste, abbattuto. Dean percepì quante cose non dette celassero quegli occhi blu, cose che l'angelo non gli avrebbe mai rivelato, non per il momento almeno, evitando di metterlo in agitazione. Ma Castiel era sempre stato un soldato valoroso, pronto a cimentarsi in qualunque battaglia e lui quello sguardo glielo aveva visto solamente una volta, quando aveva perso fede in Dio. E non era sicuro che non fosse qualcosa di ugualmente pericoloso stavolta. 
«Devo alzarmi da questo letto» grugnì togliendosi le coperte di dosso. 
«Dean non credo che sia una buona idea.»
«Non me ne frega niente, Edward. Non starò qui immobile mentre qualsiasi cosa mi stia scorrendo in corpo mi muterà in Dio solo sa che cosa. Ho voglia d'aria e che tu sia d'accordo o meno, ho bisogno di uscire di qui.» dichiarò irremovibile, vestendosi. 
«Vorrei...» annunciò l'angelo per poi fermarsi ed abbassare di nuovo il capo.
Il cacciatore lo fissò curioso «Cosa stavi per dire?»
Castiel scosse il capo «Nulla. Cercherò di scoprire qualcosa.» annunciò solenne, prima di scomparire dalla sua vista.
Dean fissò il vuoto per alcuni secondi, scacciando dalla mente l'ultimo sguardo dell'angelo, così diverso dai soliti, così addolorato come se egli stesso potesse provare le sue stesse sensazioni. 
Gettò uno sguardo all'impronta nascosta in parte dalla manica corta della sua maglietta, forse l'angelo poteva sentire i suoi sentimenti, per via del collegamento? Una volta gli aveva sentito dire qualcosa al riguardo, ma non ricordava, e sinceramente non aveva voglia di perdersi nel passato. Qualsiasi cosa stesse accadendo nella sua vita non lo avrebbe abbattuto, ne aveva affrontate di peggiori, aveva sventato l'Apocalisse. Beh, tecnicamente Sam aveva sventato l'Apocalisse, ma di certo lui non aveva avuto un ruolo di contorno, e se la sarebbe cavata in un modo o in un altro anche in questa situazione. Un po' di veleno infernale non avrebbe di certo messo al tappeto il maggiore dei Winchester, no? 
Ripensò a Sam, al suo sorriso trionfante, alle sue dure parole.
Era solo un sogno, si disse, solo uno stupido sogno dettato dalla malattia.
Scese le scale entrando nel salotto dove un Bobby curvo su dei libri si bagnava le labbra con un bicchiere di whiskey «Lo dicevo io, che la roba buona la nascondevi quando arrivavamo noi.» sorrise quando l'uomo si voltò nella sua direzione.
«E tu che cazzo ci fai in piedi? E dov'è Castiel?»
«A giocare al detective, e sì sto bene Bobby non me lo chiedere così tante volte o mi ammalerò sul serio» ridacchiò dirigendosi verso il frigo in cucina.
«Non fare il coglione, non puoi prendere questa cosa sottogamba, Dean. Potrebbe essere mortale.» 
Il giovane tremò ripensando all'Inferno, aveva visto il Paradiso poco tempo prima, quando sia lui che suo fratello erano morti, aveva rivisto sua madre anche se quel figlio di puttana di Zachariah l'aveva soggiogata e usata a suo piacimento, era un posto che odiava e sicuramente non avrebbe voluto rimetterci piede, ma in alternativa all'Inferno avrebbe preferito di tutto. Non voleva  tornarci, non voleva di nuovo bruciare, sentire quelle lingue di fuoco sadiche leccargli l'anima e portargli via pezzo dopo pezzo la sua umanità. Non voleva di nuovo torturare, sentire urla, vedere lacrime, e percepire il male come fosse vivo, un'essenza che non faceva altro che guizzare tra le anime in pena, dannati che si contorcevano nel peccato e nel dolore: nella perdizione. 
«Bobby che io stia a letto o in piedi le cose non cambieranno, tanto vale che ti aiuti a cercare qualcosa, no?» sbuffò poi, prendendo una birra dal frigo e stappandola. 
Quando il liquido freddo gli raggiunse la gola, si sentì rinascere, come se non avesse bevuto per anni.
«Non credo ci siano stati casi come questi prima d'ora, altrimenti ne avremmo sentito parlare. I demoni sono stati esseri umani, ma diventano tali all'Inferno, dopo secoli di torture e condanne. Tu non sei all'Inferno, come è possibile che il tuo corpo stia elaborando lo stesso processo che le anime peccatrici elaborano dopo secoli?» gettò fuori Bobby guardando fuori la finestra.
Dean allargò le braccia «cosa vuoi che ti dica, evidentemente sono un bambino speciale.»
«C'è poco da scherzare ragazzo. Non ci resta che fare una cosa.» si alzò l'anziano cacciatore prendendo una ciotola e girando per la camera in cerca di alcuni ingredienti.
«Che vuoi fare?»
«Chiamare Crowley, quel figlio di puttana dovrà pur sapere qualcosa, no?»
Dean inclinò leggermente il capo «ma ti ha dato di volta il cervello? Non voglio richiamare un demone, non voglio il suo aiuto!»
Bobby si alzò da terra dopo aver recuperato un sacchetto nero da un basso comò «beh, hai qualche altra idea?»
«No! Ma preferisco il nulla piuttosto che questo.» replicò il ragazzo alzandosi dalla sedia.
«Oh Dean, così ferisci i miei sentimenti» si lamentò una terza voce richiamando l'attenzione dei cacciatori.
Il giovane serrò la mascella gettando uno sguardo veloce a Bobby che guardò con circospezione il demone in tenuta nera sorridere sornione di fronte a loro «beh, allora? Non mi chiedete come sto?» sorrise quest'ultimo facendo l'occhiolino al più vecchio.
«Beh sai, non mi interessa molto in questo momento.» ringhiò Dean guardandolo accigliato.
«Stai calmo tesorino, e porta rispetto a chi è più in alto di te -rise il demone avvicinandosi alla bottiglia di whiskey ed ispezionandone la targa- insomma Bobby, rimani ancorato a questa roba scadente? Se fai così a breve verrai a farmi visita agli inferi.»
«Perché, qualcuno ti ci sta per rispedire?» rise il cacciatore più grande guardando circospetto il demone che sogghignò apertamente di rimando.
«No, più che altro direi che ormai ci vivo. Sai, dopo che voi bravi ragazzi avete rispedito Lucifero nella sua gabbietta, io ho preso diciamo... il comando!» esultò l'uomo vestito di nero gemendo di gioia.
Dean spalancò incredulo le labbra guardando sconvolto Bobby «sei... cosa, quindi?» chiese ancora l'uomo.
Crowley lo guardò ammiccante «sono il nuovo re, caro.» 
«Sei il re dell'Inferno?» ribattè incredulo Dean «E' uno scherzo, vero?»
«Non scherzerei mai con un povero uomo con un piede nella fossa.»
Dean stava per ribattere ma Bobby fu più veloce «Tu sei al corrente di cosa sta succedendo a Dean?»
Due paia di occhi si posarono sul cacciatore ed il silenzio scese nella stanza, il maggiore dei Winchester fece danzare lo sguardo dal vecchio amico al demone di fronte a sé che continuavano a gettarsi occhiate profonde.
Crowley si voltò verso di lui, e il suo sguardò lo intimorì «se fossi in te, preparerei il testamento e mi allontanerei dalle persone che ami.» dichiarò risoluto l'uomo in nero. 


un mese dopo


Castiel gettò uno sguardo disperato verso il letto del cacciatore, ormai il sudore imperlava completamente la sua pelle, lo aveva spogliato di tutti i suoi indumenti e sapeva che non appena sarebbe stato sveglio e cosciente Dean gli avrebbe dato un pugno, ma non gli importava molto, tutto ciò di cui avrebbe voluto occuparsi erano quegli spasmi sempre più frequenti che sconvolgevano l'intero corpo dell'umano. Gli si avvicinò poggiandogli due dita sulla fronte sperando di abbassare la temperatura corporea, la pelle del giovane era diventata bollente.
Avrebbe voluto fare di più, curarlo, strappargli dalle vene quel maledetto veleno, ma non poteva fare nulla, non poteva intervenire in qualcosa di così potente; l'Inferno era stata una costruzione di suo Padre e lui non poteva niente contro le piaghe, i dolori e i problemi che nascevano da questo. Poteva solo sconfiggere demoni, ma a lui non serviva quello al momento, sentì una sensazione strana formicolargli nel petto, e ancora una volta in tre anni non riuscì a decifrare quello che stava provando, le sensazioni umane erano forti, alcune davano assuefazione, aveva imparato molto da loro ma era ancora troppo poco per riuscire a riconoscere tutte le emozioni e farle sue, semplicemente le provava involontariamente, nascevano nel suo petto e ci metteva un po' di tempo per capire se gli piacessero o meno. 
Quella che provava ora, non sapeva come chiamarla, ma era qualcosa che non gli piaceva, lo faceva stare male, lo rendeva debole e soprattutto scaturiva ogni qualvolta era accanto al giovane cacciatore; sentiva solo un'amarezza al petto, un senso di impotenza, come se tutta la sua millenaria vita non valesse nulla perché in fin dei conti non poteva fare niente per il suo protetto. E no, Dean non aveva mai smesso di essere il suo protetto, anche dopo aver sventato l'Apocalisse, anche dopo essere tornato in Paradiso, non aveva voluto rinunciare a quell'uomo. Era stato difficile per Castiel riuscire a stargli lontano, a dover accettare il fatto che il Winchester avesse deciso di tenersi lontano dalla vita in cui gli angeli combattevano contro i demoni, in cui i mostri uccidevano le persone, e il male era sempre dietro l'angolo, sempre pronto ad attaccare come una belva feroce la cui gabbia era stata aperta. 
Aveva accettato ogni cosa, ma non aveva accettato di stargli lontano, e seppure ai 'piani alti' -come li chiamava Dean- ci fosse bisogno di lui, non aveva avuto la minima voglia di abbandonarlo, lo aveva guardato da lontano per tutto quel tempo, ma ora non si sarebbe allontanato, si sarebbe preso cura di lui con tutte le sue forze. 
Si sentì inutile, cosa avrebbe potuto fare per Dean? Stava diventando un demone. 
E ancora non aveva avuto il coraggio di dirglielo. Nessuno aveva saputo dirgli di più su quella scomoda situazione, Crowley aveva fatto capire all'umano che stava per morire, il che era vero, ma la sua esistenza avrebbe preso una piega inaspettata, e Castiel combatteva i demoni, li distruggeva. Ciò voleva dire che avrebbe dovuto distruggere anche Dean? Il pensiero gli attraversò la mente e sentì il corpo di Jimmy rispondere all'urlo della sua Grazia tremando leggermente. 
Non doveva pensarci ora, si disse, mentre Dean gemeva sotto di sé reclamando ancora un po' del contatto fresco con le sue dita. 
Guardò l'uomo inerme e privo di sensi sotto quelle coperte, ne scrutò ogni tratto, le rughe ai lati degli occhi che seppure fossero rilassate segnavano i trascorsi del tempo su quel viso stanco, il rossore dato dalla malattia aveva reso meno visibili le lentiggini che lo ricoprivano come un velo. Le labbra scarlatte ora screpolate e qualche ruga a segnarne i contorni. Ogni cosa su quel viso, ogni tratto, ogni poro, ogni centimetro di pelle ricordava al mondo la stanchezza, l'orrore, il dolore di quella vita. Si sentì mosso da un senso di pietà; quanto ancora quell'uomo avrebbe dovuto soffrire prima che potesse raggiungere la pace? 
«Cas» mugolò il cacciatore alzando lentamente le palpebre, come se quel gesto comportasse un innumerevole quantità di forza.
Ma ora come ora Dean non aveva nessuna forza, stava morendo, il suo corpo si stava spegnendo e Castiel poteva sentire il battito del suo cuore farsi sempre più debole, sempre più stanco. Dean aveva combattuto per tutto quel tempo, da quando aveva saputo della sua malattia aveva fatto di tutto per non lasciarsi sopraffare dai dolori che il veleno gli infliggeva. Ma era stato tutto inutile, non avrebbe resistito a lungo e lo sapevano entrambi. 
Castiel avrebbe voluto urlare, non voleva perderlo, per quanto fosse strano ammetterlo e non sapesse perché si sentisse così legato a quell'uomo, aveva ormai accettato la sua immensa paura di non essere abbastanza forte da proteggerlo, di doverlo vedere morire e diventare un essere infernale, malefico, corrotto dal peccato. 
E cosa ne sarebbe stato della sua anima? Avrebbe voluto salvarla, ma sentiva che in quel caos di morte era ciò che Dean stava perdendo sempre più velocemente, il male la stava mangiando, la divorava velocemente; Dean non sarebbe mai andato in Paradiso. 
«Non preoccuparti, Dean. Starai meglio tra poco.» mentì spudoratamente. Stava peccando, ma non gli importava, non voleva più vedere la sofferenza su quel volto.
«Fai proprio schifo come attore, lo sai?» rise Dean mentre una fitta al petto lo fece gemere e inabissare ancora di più sul cuscino ormai umido di sudore. 
«Scusami.»
«Non scusarti Cas. Non hai niente per cui scusarti, sei stato un figlio di -si fermò per qualche secondo per riprendere fiato- un figlio di puttana, ma non scusarti.»
Castiel si alzò dal letto dandogli le spalle, lo sguardo rivolto oltre la finestra. 
Stava cedendo ai sensi umani di Jimmy e non poteva permetterselo, ma gli era sempre più difficile controllare il suo tramite e le emozioni umane che sembravano divenire più forti della sua stessa Grazia, intensificandosi e imponendosi. E lui non aveva la forza di combatterle, perché era stanco. Il Paradiso era ormai nelle mani di Raffaele, aveva abbandonato la sua causa, aveva mollato tutto, aveva tradito i suoi fratelli e detto addio alla sua casa; suo Padre non voleva ascoltare le sue preghiere, non interveniva e non capiva perché. Aveva sempre eseguito ogni Suo ordine, sempre combattuto per Lui e donatoGli tutta la sua fede e il suo amore, e ora che pregava per il cacciatore perché fosse salvato ancora una volta dalla perdizione, nessuno si decideva ad ascoltarlo: era rimasto solo; e una volta che l'uomo fosse diventato un demone non avrebbe avuto più niente, nessuno. Né una ragione per combattere qualsiasi causa, né per continuare a vivere. Come avrebbe potuto dopo aver ucciso Dean?
«Mi ucciderai?» la voce dell'uomo lo raggiunse, era stanca, spossata. 
Castiel sentì di nuovo le sensazioni umane artigliargli il petto, e un blocco alla gola lo destabilizzò smorzandogli le parole mentre qualcosa di pesante batté dietro le sue pupille. 
«Cosa mi sta succedendo davvero?» sussurrò sfinito, Dean. Le gambe scattarono sotto le lenzuola e si sentì come stesse ardendo. Castiel lo guardò, non riusciva a parlare, non riusciva a riprendere il controllo di quel tramite, tutta la pietà e l'amore e la fede battevano violentemente contro di sé, ma altri sentimenti indefiniti lo scuotevano e facevano sentire inutile. 
Qualcosa di umido gli bagnò la guancia destra, la toccò trovando poi sul polpastrello una gocciolina d'acqua o quello che ne rimaneva; in poco tempo sentì che le sue guance si bagnavano sempre più e Dean lo guardava sbalordito. 
Aveva la testa pesante e il petto saturo di dolore, e quelle strane gocce lo facevano sentire male e debole.
«Stai, piangendo?» mormorò strabiliato il cacciatore ancora ansimante.
L'angelo inclinò leggermente il capo, avvicinandosi di nuovo al letto «cosa significa?» chiese. scoprendo la propria voce rotta e pesante.
Dean lo guardò sbalordito, portandosi a sedere a fatica mentre le fitte al capo minacciavano di fargli perdere i sensi; allungando una mano poggiò i polpastrelli sulla pelle del tramite dell'angelo, scoprendola morbida sotto gli occhi, seguì come ipnotizzato una scia lasciata da una lacrima dispettosa, e sentì quanto tutto quello fosse incredibile, stava vedendo un angelo piangere. Era davvero possibile?
Il corpo continuava a bruciare, ma la vista di quegli occhi velati dal pianto, la profondità accentuata da quelle nubi di dolore che rendevano il blu più intenso, quasi nero, lo allontanarono dal senso di dolore che provava ovunque. Come un bambino affascinato, continuò a perdersi in quei mari in tempesta: quella vista era qualcosa di magnifico, di innaturale.
«Perché stai piangendo?» chiese senza allontanare la sua mano. E forse, se avesse avuto la forza necessaria per pensare ad altro, avrebbe notato quanto tutto quello sembrasse dannatamente ambiguo e poco virile. Ma l'unica cosa che sembrava farlo stare sveglio e non cedere alla pazzia per quei dolori atroci, erano proprio gli occhi di Castiel. 
«Non capisco i vostri sentimenti, Dean. Lo fate quando state male.» mormorò l'angelo senza riuscire a staccare lo sguardo dalle iridi verdi del cacciatore, completamente perse nei suoi occhi, ipnotizzate. Le lacrime potevano fare questo effetto? 
Non lo sapeva.
«Stai male?» domandò l'altro senza perdere il contatto visivo, ma il dolore mutò di nuovo la sua espressione rendendola ancora una volta sofferente.
Castiel non rispose, limitandosi a guardarlo mentre sentiva che le lacrime si fermavano, il peso al petto non accennava a volersi placare, ma il cuore si calmò e scoprì di poter riprendere nuovamente il controllo del suo corpo. 
«Come ti senti?» chiese, tentando di cambiare argomento.
Dean vibrò sotto l'ennesima fitta di dolore e poggiò la schiena alla spalliera del letto, ancora con gli occhi persi in quelli surrealmente blu dell'angelo. Un contatto che non voleva perdere, non voleva lasciar andare, quelle iridi sembravano porte per altre dimensioni, dove non sentiva dolore, dove le fiamme dentro sé venivano spente e lasciate a dormire in qualche angolo indefinito. Lasciare quelle iridi avrebbe significato ritornare alla realtà, al dolore, alla verità. E lui non voleva, non era ancora pronto. 

[…]

«Cosa fa un demone appena nasce?» sospirò l'uomo trangugiando una generosa dose di whiskey. 
«All'inferno comincia a mangiare le anime, si nutre, un po' come i vampiri appena creati.» 
Sbuffò sconcertato, nutrirsi, come avrebbe fatto a dirlo a quell'idiota di Dean?
«Cosa farà lui quando lo diventerà?»
L'uomo vestito di nero lo guardò ghignando «è un evento così straordinario. Non è mai successo prima, sarà spettacolare.»
«Tieni per te i tuoi macabri filmini mentali -lo richiamò il cacciatore- voglio solo sapere cosa farà Dean.»
L'altrò sorrise alzando le spalle  «non è mai successo, non so cosa potrebbe accadere. Per quanto ne so potrebbe andare in giro a fare stragi e a mangiare anime, a divorarle. La sua fame sarà implacabile. Potrebbe essere l'inizio di una nuova era, l'inizio di un Testamento ancora non scritto.»
Bobby lo guardò disgustato «che significa?»
«Che dopo l'Apocalisse tutte le scritture dovrebbero essere state compiute. Ora inizia una nuova era, Dio non è più al suo posto e i suoi angeli sono distrutti, sterminati dalla guerra. Lucifero è imprigionato e non uscirà più dalla gabbia ed io... io sono il nuovo Dio. E Dean è il primo demone di questa era.»
«Figlio di puttana, come sarebbe a dire?» si alzò il vecchio cacciatore urlando sconvolto.
«Dico che per quanto ne sappiamo, potrebbe diventare una creatura leggendaria, il nuovo male.» ghignò Crowley accavallando le gambe e bevendo un sorso di liquore dal suo bicchiere. 
«Devi fare qualcosa! Devi impedirlo. Ti darò la mia anima, ti darò tutto quello che vuoi, prendi quello che ti pare ma salvalo.» grugnì Bobby stringendo i pugni con forza.
«Mi stai chiedendo di rinunciare a ciò che Dean sta per diventare? Mi dispiace caro, non vali tanto.»
Il demone si volatilizzò e Bobby rimase a fissare il vuoto, prima che un Castiel sconvolto entrasse nella stanza.

«Dove è andato?»

[...]


Come stesse rivivendo un dejà-vu continuò a correre, ancora una volta la meta era indefinita, ma stavolta non gli importava. Sentiva la volontà scemare poco alla volta e lasciare spazio all'impulsività, all'istinto, voleva solo seguire ciò che il suo corpo gli stava ordinando, senza pensare. 
Dopo così tanto tempo si sentiva di nuovo forte, di nuovo padrone del proprio corpo, si sentiva di nuovo il vecchio Dean, il cacciatore che era stato prima di tutta quella storia, l'uomo che aveva sventato l'Apocalisse, che aveva combattuto contro i demoni, contro gli angeli, contro i vampiri e qualsiasi altra creatura sovrannaturale. E non gli importava di nulla, voleva solo sentirsi di nuovo vivo, percepire il respiro entrare con forza nei polmoni e bruciare come carburante per la macchina che era il suo corpo, voleva sentire ancora suo ogni muscolo, ogni tendine, ogni singolo osso: voleva essere di nuovo padrone di se stesso. 
Scappando dalla finestra non aveva avuto tempo per prendere un'auto dalla rimessa di Bobby, ma ne avrebbe sicuramente trovata una sulla strada, non aveva tempo da perdere, di certo sia Bobby che Cas avevano già scoperto la sua fuga o comunque l'avrebbero scoperta a breve e gli sarebbero stati dietro come avvoltoi. 
La strada che conduceva alla città era ancora lunga, ma non era stanco, dentro di sè percepiva la potenza scorrere come fosse adrenalina, era carico e forte ed era bello potersi sentire ancora così dopo tutti quei giorni chiuso in casa a subire le torture del veleno che gli scorreva dentro. 
Dinanzi a sé scorse una figura, al centro di un incrocio. 
Imprecò mentalmente rendendosi conto di chi avesse davanti «e tu che vuoi?»
L'uomo lo guardò soddisfatto «ciao anche a te, che ci fai qui fuori? Non dovresti stare a letto a farti accudire da bravo bambino?»
Dean ignorò la provocazione «beh, cosa vuoi?»
L'uomo in nero ridacchiò avvicinandoglisi lentamente «cosa voglio, mi chiedi? Oh niente. Volevo solo scambiare quattro chiacchiere con te.»
«Certo, come se potessi credere che un figlio di puttana come te sia venuto a farmi una visita di cortesia.»
«Oh Dean, non dovresti comportarti sempre da spaccone, questo tuo comportamento a lungo andare stufa.»
Dean piegò il capo «per il momento riesce ancora a farmi tirare avanti, quindi grazie ma me lo tengo.»
L'altro sospirò alzando gli occhi al cielo «che ragazzo difficile, sarà dura farti rigare diritto.»
Il cacciatore lo fissò accigliato «che vuoi dire?»
L'altro si limitò a fare spallucce sorridendo sadico.
«Andiamo Crowley, cosa vuoi una richiesta scritta? Che diavolo sei venuto a dirmi?»
Il demone sorrise mostrando i denti bianchi.
«Davvero mi sorprende, Dean. Il fatto che il tuo angioletto non ti abbia detto niente, e nemmeno il tuo paparino.» 
Dean non rispose continuando ad ascoltarlo «Sai, molto probabilmente hanno paura di te, di quello che stai diventando. Perché tu sei ingestibile. Molto probabilmente vogliono ucciderti al momento giusto.»
«Uccidermi? Di che cazzo stai parlando?»
«Ma come, non dirmi che non l'hai capito? Non stai avendo gli incubi ultimamente? Non senti di nuovo l'odore dell'Inferno? Le anime torturate, le urla di dolore. Non stai rivedendo tutto chiaramente, come se lo stessi rivivendo?»
Il cacciatore grugnì «e tu come fai a saperlo? Cosa, sei diventato anche un medium ora?»
«Oh no. Era solo una supposizione, non ci vuole molto ad immaginare come sta cambiando il tuo corpo e come sta morendo la tua anima.» sorrise Crowley infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni dal taglio elegante «Sai, Dean, quello che nessuno riesce a dirti è che ti si sta risvegliando dentro la parte demoniaca che hai creato all'Inferno. Ricordi quel misto di dolore, rabbia, rancore e appagamento mentre torturavi anime? E' diventata reale, ti si è attaccata dentro, ti ha seguito fin qui.»
Il cacciatore sgranò le palpebre, un demone? Aveva pensato al veleno infernale come una malattia che lo avrebbe ucciso, come un virus incurabile che lo avrebbe consumato ma non...
Ricordò le lacrime di Castiel. Lui sapeva. 
Gli aveva di nuovo mentito. 
«Non diventerò come te, figlio di puttana.»
Crowley rise divertito «e come pensi di evitarlo? Dean, non c'è più niente di buono in te, hai distrutto tutto quando hai perso anche Sam dopo l'Apocalisse. Non puoi difenderti, è inutile lottare, è quello che sei. Quello che tu stesso hai creato.»
«Stai mentendo.»
«Oh no, non mi dispiace dirti che non sono mai stato tanto serio quanto ora.»
«Voi brutti pezzi di merda mentite sempre, non diventerò come voi. Io non sono come voi!» urlò alla creatura dallo sguardo compiaciuto.
«Tornerò a prenderti Dean, quando sarai pronto per essere iniziato a questa nuova vita. Goditi l'addio, perché tutti quelli che ora ami, non saranno altro che carne in scatola per te.»
Lo sguardo corrucciato si dissolse nel momento in cui il demone sparì. 
La terra mancò sotto i suoi piedi, il mondo intero sembrò crollargli addosso. Un demone
Stava diventando una creatura dell'Inferno. 
Non poteva essere vero, non poteva essere così; e se pure fosse stato avrebbe dovuto trovare un modo per impedirlo. 
Si voltò per tornare a casa di Bobby, ma le parole di Crowley gli ritornarono in mente bloccandolo al centro dell'incrocio, loro lo sapevano: Bobby e Castiel. Loro gli avevano mentito, lo avevano tenuto all'oscuro di ciò che gli stava accadendo. Sentì un dolore salirgli dentro, seppur meno forte di quello che lo aveva colpito nei giorni precedenti, lo scosse smorzandogli il respiro. Castiel era un angelo, lo avrebbe ucciso? Ripensò agli occhi in cui si era perso giorni prima, alle sue lacrime, era stato tutto finto? Un senso di fastidio gli si propagò nel petto e si decise a scacciarlo, doveva scappare di lì. Andare lontano e cercare per conto suo una soluzione.


[...]


Sbattè la lampada contro il muro, in un gesto adirato. Non ce la faceva più, non riusciva a trovarlo.
«Vuoi distruggermi casa?» lo rimbeccò una voce alle sue spalle e girandosi vide Bobby guardarlo preoccupato. Gli rivolse uno sguardo frustrato, gli occhi piegati all'ingiù così come gli angoli delle sue labbra serrate, tenute strette una all'altra per evitarsi di urlare, per impedirsi di bestemmiare. Perché in quel momento aveva abbandonato dietro di sé tutti i suoi innumerevoli anni di vita e sentiva solo un'enorme frustrazione ed un senso di impotenza che lo piegavano in due nell'anima. La sua Grazia soffriva e la sentiva giorno dopo giorno perdere la sua intensità. Stava soggiornando da troppo tempo sulla terra, sarebbe dovuto tornare in Paradiso, ma non voleva, non gli importava niente, voleva solamente Dean. Voleva trovarlo, solo per urlargli quanto fosse stato stupido e per riportarlo a casa, per ricondurlo a sé e confortarlo. Erano i suoi ultimi giorni e nonostante avesse chiesto l'aiuto di Balthazar non aveva trovato niente che potesse impedire il processo di trasformazione, nessuna scrittura parlava di un evento del genere e le parole di Bobby su cosa gli avesse detto il nuovo re degli inferi, non facevano altro che prendere consistenza nella mente e diventare un'idea concreta.
Una nuova era? Un nuovo primo demone? Dean?
Ringhiò irritato «Non so più dove cercare. Ho provato in tutti i luoghi in cui l'ho visto soggiornare in questi anni, sono andato da Lisa e Ben, ma ha solo preso l'auto ed è andato via.»
Bobby sbuffò «Proprio non vuole separarsi dall'Impala.» uno sguardo malinconico ad accarezzare le sue parole.
Castiel era un angelo, il suo compito era quello di portare pace e conforto, e nonostante fosse tentato di aiutare l'anima di quello stanco uomo non riusciva a non pensare ad altro che a Dean, e ad un modo per ritrovarlo. 
«Non c'è niente in quell'auto che possa farti percepire i suoi spostamenti?» 
Castiel negò «Dean sta diventando un demone. Non posso più sentirlo, non posso più vederlo nella mente. Non posso percepirlo.» ammise desolato. il servo del Signore.
Un battito d'ali richiamò l'attenzione dei due che si voltarono verso la figura sorridente accanto a loro «dovreste avere più fede nell'angelo Balthazar.» ammise questi avvicinandosi frettolosamente al tavolo e svuotando dei sacchetti.
«Cosa sono quelli?» chiese Bobby mentre sia lui che Castiel si avvicinavano incuriositi.
«Sangue di vergine, ossa di demone e un potente amuleto. Datemi qualcosa di Dean e potrò trovarlo.» 
«Dove hai preso il sangue?» sbottò Bobby non convinto.
«Vuoi ritrovare il tuo pupillo ora? Bene, non fare storie e dammi qualcosa di suo.»
Castiel mise una mano nella tasca del trench «Questa è sua.»
«Hai la collana di Dean?» chiese Bobby confuso.
«Me l'aveva data per trovare mio Padre, quando gliel'ho ridata l'ha gettata via. Ma io l'ho ripresa.»
Balthazar si intromise smorzando l'aria tesa tra i due «passiamo dopo alle spiegazioni, o quell'idiota continuerà a scorrazzare libero. E sinceramente proprio non voglio  immaginare cosa farà se riuscirà a risvegliare l'essere che ha dentro.»
Immergendo gli ingredienti in una ciotola vi accese una candela gettandola all'interno, un fumo denso si propagò dal contenitore inabissando completamente la stanza e circondando le tre figure.
«So dov'è!» annunciò Castiel prima di scomparire e lasciare i due ancora immersi nel fumo.


[...]


Continuava ad osservare con un cipiglio esausto la casa di fronte a sé. Di nuovo in quella foresta, di nuovo quelle fronde imponenti che lo nascondevano dalla luce del sole. Aveva provato a cercare suo fratello ma di lui nessuna traccia. Era già stato lì prima di allora, prima di ritrovare Sam, non sapeva come ma sentiva di essere già stato di fronte quella casupola di legno del tutto abbandonata e che sembrava cadere in rovina. Il suo corpo non bruciava, riusciva a muoversi e il senso di oppressione che lo aveva invaso la volta prima sembrava essere del tutto scomparso. 
Tentò di ricordare se davvero la sensazione di essere già stato lì fosse vera o meno, ma non riusciva a ritornare indietro con la mente, poteva ricordare poco. Si avvicinò con passo esitante alla struttura, salì le scale che lo condussero su una veranda quasi del tutto distrutta, le colonne erano crollate e il pavimento di legno era consumato, in alcuni punti poteva vedere persino dei buchi, stava cedendo. 
Entrò all'interno della casa e notò come sembrasse simile a quella di Bobby, lo stesso salotto privo però di libri, le stesse poltrone però impolverate e dalle tonalità smorte, grigie. La carta da parati era stata tirata via, strappata in alcuni punti e le mura erano state conquistate da spessi strati di muffa. Camminò verso la cucina, anch'essa simile a quella di Bobby, senza molti mobili, solo delle dispense montate alle mura e un lavello, il tavolo di legno era rovesciato al contrario e le sedie erano sparse per tutta la stanza come se fossero state lanciate via. Qualcuno aveva lottato lì dentro. 
Sentì un rumore provenire dal piano di sopra, alzò di scatto la testa puntando lo sguardo sul soffitto malandato, era caduto completamente l'intonaco dalle pareti; si diresse verso le scale nel salotto e le percorse facendo scorrere la mano sulla balaustra instabile, sarebbe crollata a breve. 
Si trovò in un corridoio, e se non fosse stato certo che quella casa si trovasse nel bel mezzo di un bosco avrebbe detto sicuramente che fosse quella del vecchio cacciatore, era malandata e dei piccoli particolari non combaciavano, come la disposizione delle stanze, ma era simile in tutto il resto. Il rumore indefinito attirò di nuovo la sua attenzione e camminò in direzione di quella che sapeva, e non capiva come fosse possibile, essere la camera da letto. 
Si affacciò e si sentì completamente nudo quando si accorse di non avere con sè neppure un'arma e di non era l'unico ad occupare la camera. 
Suo fratello era di nuovo davanti a sé.
«Ciao, Dean.» sorrise il ragazzo incrociando le braccia al petto.
«Sammy.» sussurrò il maggiore dei due «Come-»si bloccò, valeva davvero il concetto di salute in quel momento?
«Sei di nuovo qui, devo quindi immaginare che tu non sia cambiato per nulla dall'ultima volta.» affermò suo fratello continuando a sorridergli sornione, e Dean odiava quel sorriso da saccente, ma non glielo avrebbe mai detto, Sam gli andava bene così come era, non avrebbe voluto cambiarlo per nulla al mondo. 
«Che significa che non sono cambiato?» chiese invece, crucciato.
«Quello che sei Dean, quello che stai diventando. Non sei più diverso da me.»
«Tu sai quello che mi sta succedendo? Ma dove siamo? E' l'Inferno per caso?»
Sam rise sguaiatamente «Non è l'Inferno, fratello. E' la tua mente.»
Il maggiore lo guardò confuso, seppure ora un vago ricordo cominciasse a prendere vita dentro sé. Lui ci era già stato lì, poco prima di finire all'Inferno, quella casa, quella sensazione, ma il suo interlocutore era stato se stesso, ciò che sarebbe diventato. 
Tremò al ricordo del demone che aveva visto, il mostro con le sue sembianze.
«Quindi tu non sei reale?» affermò deluso. Cosa si aspettava? Suo fratello non sarebbe tornato in vita, non lo avrebbe liberato dalla gabbia di Lucifero che molto probabilmente lo stava ancora possedendo.
«Questo non significa che io non esista, sono sempre Sam, sempre tuo fratello, la persona che tu conosci così bene -il minore gli si avvicinò a grandi falcate ghignando come una iena impazzita- lo stesso fratello a cui hai dato del mostro per tanti anni. E ora tu, tu sei quel mostro! Sei proprio come me» gli occhi verdi si offuscarono, le ombre riempirono le iridi del colore smeraldo così simili alle sue e il vuoto vi si propagò all'interno rendendoli completamente neri; gli occhi di un demone.
Scattò all'indietro senza riuscire a capire cosa intendesse il fratello «Io non sono come te. Non sono un demone.»
«Oh, si che lo sei. E' solo questione di tempo perché la tua umanità venga assorbita, e vuoi sapere la cosa divertente di tutta questa storia?»
Il maggiore dei due deglutì pesantemente «Che sei stato tu stesso a creare il demone dentro di te. Modellando il male a tua immagine e somiglianza.»
«Smettila! Non è come dici, non l'ho creato io, non sono un mostro!» ringhiò Dean contro l'altro mentre sentiva di nuovo le membra appesantirsi e il suo involucro bruciare dall'interno. 
«Si che lo sei.» intervenne un'ulteriore voce tra loro, girò il capo e rivide lo stesso essere che aveva già incontrato in quel posto: Dean.
«Ti avevo ucciso.» sibilò a denti stretti.
«Come se potessi distruggere il male, sei davvero arrogante, ma non mi dispiace. Lo sono anch'io.» ghignò il se stesso dagli occhi scuri girandogli intorno e guardandolo con aria famelica.
«Presto prenderò possesso del tuo corpo, e tu non sarai niente. Morirai, Dean. La tua umanità verrà mangiata interamente, non che sia molta.»
Basta, voleva svegliarsi, evitare quella conversazione senza senso, doveva ritornare alla realtà. 
Quella in cui era un cacciatore e i demoni li combatteva, li distruggeva. 
«Andiamo Dean, svegliati» sussurrò a bassa voce.
«Hahah, stai davvero tentando di tornare alla realtà? E' impossibile, questo non è un sogno, è la tua coscienza. Non puoi svegliarti se non lo vuoi.»
Il corpo che continuava a infiammarsi dopo ogni singola parola fuoriuscita dalle labbra del demone «svegliati, andiamo!» sussurrò ancora, mentre uno spasmo lo faceva piegare sulle ginocchia.
«Sai, Dean, sei davvero uno spasso. Non capisci che alla fine tutto quello che ti sta accadendo lo hai voluto tu, lo hai bramato. Così come bramavi quelle anime che crocifiggevi su quella ruota e che torturavi, ti piacevano le loro urla, le amavi. Era meglio di un orgasmo, non è così?»
«Svegliati!» si incitò tentando di non ascoltare quelle parole maligne, rancorose, crudeli. Un altro spasmo e le spalle sembrarono slogarsi.
«E pensare che hai avuto la possibilità di scegliere, eppure hai preferito non sentire dolore piuttosto che non infliggerlo. Tu sei nato per essere questo, quante volte hai messo la tua vita davanti a quella degli altri?»
Gemette sentendo il respiro farsi più debole e il petto dolere come se una scarica di proiettili lo stesse trapassando da parte a parte «dannazione!» imprecò sfinito.
«Hai preferito lasciar morire così tanti innocenti, e se le cose non fossero andate bene pur di non sacrificarti per Michele avresti lasciato morire tuo fratello sotto il tocco di Lucifero, e tutto il globo. Sei così malefico, così egoista» sussurrò l'altro inginocchiandoglisi di fronte.
Dean lo guardò accigliato, rabbrividendo di fronte agli occhi intrisi di male che incorniciavano il suo stesso volto, il petto continuò a bruciare, sentiva le fiamme ardere e il dolore dei muscoli tirati, del cuore che sembrava stesse per essere strappato via, la testa era la parte peggiore come fosse stata riempita con numerose schegge di vetro che la stessero tagliuzzando in tutti i suoi spazi.
«E che diciamo di Jo ed Ellen? Hanno dato la vita per te, e di Lisa e Ben, quante volte stando con loro hai rischiato di metterli in pericolo? Tu sei maledetto Dean, e questa è la nostra benedizione. Tu sei nato per essere il male
Il cacciatore inspirò, seppur con fatica, serrando la mascella, le labbra tremarono dallo sforzo di non gridare, stava per scoppiare carico di male che pulsava in ogni parte di sé. 
«Dean, non puoi opporti.» aggiunse Sam ancora in piedi di fronte a lui.
Alzò uno sguardo sul fratello ma lo distolse in pochi secondi, non ce la faceva a vedere quegli occhi privi del loro verde naturale, quegli occhi che tanto amava, gli occhi della sua famiglia.
«Ti sei giocato tutto Dean. Alla fine ti sei giocato anche tuo fratello, lo hai dato in pasto nientemeno che a Satana -rise se stesso- e ora stai ritirando il tuo premio. Tu vuoi essere questo, lo so. Sono te.»
Dean ansimò non riuscendo più a contenere il dolore «Basta! Smettila! Tu non sei niente, non sei reale, non esisti!» ululò avvicinando di più il volto all'altro come guardandosi allo specchio.
Il sorriso comparve così sadico e familiare sul viso del demone, così diverso da quello che gli aveva ornato le labbra fino a quel momento, era freddo, cattivo, malefico in ogni sua minima parte «tu mi vuoi, stupido cacciatore. Mi vuoi da quando tuo padre ti ha parlato del male, mi brami da quando combatti contro le forze sovrannaturali, vuoi che io ti possegga in ogni tuo aspetto. Vuoi che io sia te, e lo vuoi perché ti piace essere così, speri di essere me da tutta la vita.» 
Il maggiore dei Winchester ansimò ancora mentre un brivido di dolore gli scuoteva il corpo e lo sfiniva «va all'Inferno figlio di puttana.»
«Ci andremo insieme Dean. Perché ti stai arrendendo, tu mi vuoi» il demone gli tirò su la testa strattonandogli i capelli «e sarà un piacere possederti. Ci divertiremo piccolo cacciatore, sarai felice con me.» ringhiò prima di avventarsi sulle sue labbra e baciarlo infilandogli la lingua in bocca.
Il cacciatore rimase interdetto, il corpo stanco, completamente sfinito, non aveva la forza per ribellarsi da quella ferrea morsa, le labbra dell'altro erano amare, salate, avevano il gusto dell'Inferno. 
«Lascialo stare!» urlò qualcun altro mentre il vento cominciò ad agitare le fronde degli alberi al di fuori della casa.
Il demone si allontanò dal suo viso e Dean poté vedere Castiel sbattere con un gesto della mano Sam contro una parete. 
«Cas» ansimò sollevato.
«Ma guarda, il tuo principino è venuto a salvarti. Troppo tardi angioletto, Dean Winchester è tutto mio, ora. Ti consiglio di lasciare la sua mente perché ne rimarrai intrappolato se resti ancora qui.» ghignò l'altro Dean svanendo nel nulla.
La camera si svuotò e il cacciatore si sentì meno addolorato dalle fiamme dentro sé «Cas fammi uscire.» lo guardò implorante.
L'angelo gli si inginocchiò accanto, ma i suoi occhi non avevano la stessa espressione combattiva di prima, erano tristi, delusi, abbattuti.
«Come faccio ad andarmene?»
Castiel continuò a guardarlo mentre la sua espressione mutava, il suo sguardo scioccato.
«Dean io...mi, mi dispiace. Dean» sussurrò l'amico mentre una mano gli accarezzava la guancia.
«Che significa? Fammi uscire figlio di puttana! Portami fuori di qui.» tentò di sollevarsi ma l'intero corpo sembrava di piombo. 
«Cas.»
«Non voglio perderti» ammise l'angelo scuotendo il capo «sono anni che tento di capire cosa sia quello che sento dentro quando sono con te. E solo ora riesco chiaramente a capirlo, non voglio perderti Dean.» 
Il cacciatore lo guardò confuso «io... ma ti pare il caso di farmi una dichiarazione in un momento del genere?»
Castiel annuì disperato «mi hai chiuso fuori, Dean. Hai chiuso fuori tutti, hai chiuso tutto il bene del mondo fuori da te stesso, ma io non voglio che tu rimanga barricato dentro te.»
«Ma si può sapere che stai dicendo?» il vento si intensificò diventando più potente, le finestre vibrarono sotto la potenza dell'aria e la casa venne scossa come se potesse essere scaraventava via da un secondo all'altro.
Castiel gemette frustrato alzando il capo al cielo «perché gli hai fatto questo? Padre, perché?»
Il vento aumentò la propria furia e le finestre scoppiarono in tanti piccoli pezzi di vetro all'interno, colpendo i due.
«Cas che stai dicendo?»
«E' amore Dean. Io provo amore per te, se c'è anche solo un minimo di amore dentro te, un minimo sentimento buono, una sola sensazione positiva, cercala. Liberati.»
«Ma liberarmi da cosa?» Dean urlò adirato, non capiva le parole dell'angelo, la testa gli scoppiava voleva tornare indietro. 
«Fallo» mormorò abbattuto l'angelo guardandolo come non aveva mai fatto prima.
Dean non capiva, continuava a guardarlo spaesato.
«Non posso salvarti io. Non posso più fare niente.» confessò abbattuto.
«Cosa significa?» una fitta al capo lo fece urlare e chinare  in avanti, in pochi secondi tutto divenne nero, si portò le mani agli occhi strizzando le palpebre con i polpastrelli, non vedeva più nulla.
«Cas? Cas! Che succede?»
Nessuna risposta.
Il cuore sembrò venir strappato via del tutto, accompagnato da un ulteriore urlo straziato  «Cas!»
Il vento lo colpì, schiaffeggiandolo con mille pugnali di corrente d'aria, ogni tocco un taglio, stava per essere del tutto fatto a pezzi, lo stava facendo a brandelli.
Si dimenò cercando di portarsi in piedi, ma non si mosse, si percepì come una massa informe raggomitolata in un angolo.
E quello che non riuscì a capire, era che un corpo, non lo possedeva più.


una settimana dopo


Non sapeva più dove cercare. Lo aveva perso del tutto, non aveva fatto in tempo a ritrovarlo che aveva dovuto dirgli addio. 
Si poggiò stancamente sul cofano dell'Impala che aveva portato da Bobby, l'uomo ormai immerso nel dolore aveva smesso persino di parlargli; avevano perso. Dean era diventato un demone, una creatura malefica, qualcosa di perverso che non aveva più nulla di umano, aveva perso tutta la sua coscienza, tutta la sua umanità. Guardò le stelle che brillavano in cielo, tante volte si era fermato ad ammirare lo spettacolo di quella natura che suo Padre aveva creato in principio, ma ora non lo sorprendeva più, non lo rendeva più fiero; aveva perso tutto anche lui, tutto quello che gli facesse apprezzare il fatto di essere stato creato e di aver vissuto così a lungo. Non era servito a nulla, non aveva potuto fare niente. Suo Padre lo aveva abbandonato, e Dean era scomparso, rapito dal male puro. Cosa poteva fare ora? Tornare in Paradiso? Provare a mettere le cose a posto? 
«Ho fatto tutto -sussurrò guardando ancora il cielo scuro- dal principio ho fatto sempre quello che mi ordinavi. Ti ho giurato fedeltà, Ti ho dato me stesso, ho vissuto solo per Te, solo per servirti Padre.» di nuovo le emozioni umane di Jimmy presero il sopravvento, la pena, l'angoscia, il rancore vivi dentro lui.
«Non ho mai chiesto perché, non ho mai dubitato delle Tue scelte. Ero una creatura senza coscienza» alzò lo voce mentre una lacrima sfuggiva via da una palpebra «e non ho mai voluto ribellarmi, sono stato un figlio devoto! Ho apprezzato le Tue opere e Ti ho amato come nessun altro dei Tuoi figli» urlò ancora, allontanandosi dall'Impala e inveendo contro il cielo  «e ora dimmi Padre. Dove sei? Cosa ne hai fatto del Tuo amore per me? Per cosa ho dovuto vivere in tutti questi anni? Per cosa Ti ho giurato fedeltà? A cosa sono servite le mie preghiere? A cosa Padre! Non ho più niente, niente!» urlò con quanto fiato avesse in gola mentre altre lacrime cadevano dai suoi occhi blu  «Ti ho pregato! Ti ho chiesto solo di salvare qualcosa di importante per me! E non mi hai sentito! Se ci sei, se ci sei, se ancora provi amore per i Tuoi figli, se ancora sei lì per noi, aiutami! Riportamelo, dimmi cosa posso fare per farlo tornare da me! Ti prego, ti sto pregando, sono davanti a te e ti sto chiedendo di dirmi cosa fare, non lo so più, non so più cosa dire o cosa provare. Sto cadendo Padre, sto crollando, e Tu sei l'unico che mi resta.» aprì le braccia verso il cielo aspettandosi una risposta dalle stelle luminose. 
«Aiutami.» sussurrò sfinito mentre altre lacrime seguirono la discesa delle gemelle nate prima.
Ma fu solo il solo il vuoto a rispondergli.
Solo il vuoto, e il silenzio del nulla. 
Nessuno sarebbe arrivato quella notte, nessuno avrebbe risposto al suo pianto, nessuno avrebbe ascoltato le sue urla strazianti. 
E solo le stelle poterono avere lo stesso privilegio di Dean Winchester: quello di vedere un angelo piangere.

 

Fine.
   
 
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