Autore: nakashima
Fandom: supernatural
Pairing: Destiel
Rating: PG-13
Personaggi: Dean
Winchester, Castiel, Sam Winchester, Bobby, Crowley, Balthazar,
Evil!Dean
Contesto: AU!post
quinta stagione
Genere: angst,
malinconico, introspettivo, sentimentale
Avvertimenti: pre-slash
Parole: 9552
Note: sono in pausa dallo studio (e
non me ne libererò prima del 18 febbraio, quando
avrò finito i miei tre esami)
e ho deciso di riproporvi una delle one-shot che preferisco di
più tra quelle
che ho scritto. La adoro, e spero di riuscire, un giorno, a darle una
valida
continuazione. Anche se, ora come ora, è completa. Spero vi
farà piacere
rileggerla (se l’avete già fatto) o leggerla per
la prima volta. Le recensioni
sono ben accette, mi allieteranno un po’ il peso di queste
giornate pregne di
studio. Enjoy!
Disclaimer: i
personaggi non mi appartengono, quanto
descritto è frutto della mia fantasia e non ci guadagno
assolutamente niente.
Quando
un angelo piange.
Continuò
a correre
nonostante il fiato smorzato, le gambe peanti e nessuna meta da
raggiungere. Il
dolore alla testa divenne più intenso e una fitta gli
attraversò completamente
la mente, in un attimo.
Si fermò d'un tratto nel bel mezzo di una strada di
periferia piegandosi in due
e cercando di riprendere fiato, ma tutto quello che riuscì a
inalare fu un
debole fiato di calore, un calore che gli stava facendo bruciare
l'intero
corpo.
I tendini dentro sé tremarono violentemente e i muscoli si
contrassero facendolo
muovere in uno scatto di spalle all'indietro. La testa continuava a
pulsare
mentre il respiro si appesantiva dentro il suo petto, come un macigno,
era
impossibile inalare aria, ma per una qualche strana ragione a lui
sconosciuta
non sembrava essergli di peso.
Cadde in ginocchio quando uno spasmo gli sconvolse il petto,
all'interno il
cuore pulsò velocemente e dopo un battito dannatamente
irregolare sembrò
fermarsi. Si portò una mano al collo tentando di controllare
che il cuore fosse
ancora funzionante ma non c'era alcun movimento al di sotto della
pelle, si
toccò il polso con prontezza e ansia ma la quiete al di
sotto dei suoi
polpastrelli non fece che urlargli che il cuore era
immobile. Era
dannatamente fermo. Si guardò sbalordito intorno tentando di
fare mente locale,
il nulla lo circondava, nient'altro che lande desolate che si
estendevano per
chilometri tutto intorno, il deserto sembrava circuirlo deridendolo
mentre lì
annaspante e senza battito cardiaco tentava di placare il dolore del
corpo e
della testa.
Un'altra fitta al cervello lo fece urlare, dentro sé solo il
pulsare di un
qualcosa che non riusciva a riconoscere, a definire, si
sentì avvinghiato da un
calore mai sentito prima, urlò tentando di prendere aria,
quantomeno per
sentirsi ancora vivo ma non ci riuscì e annaspò
solamente, come se non
ricordasse come si facesse a respirare.
«Che diavol...» si chiese ad alta voce, ma le sue
orecchie percepirono solo
gemiti strozzati accompagnati da una voce flebile e roca.
Gemette cadendo con il volto sull'asfalto mentre uno spasmo lo faceva
contorcere nuovamente e il dolore si acuì, la schiena
sembrò liquefarsi sotto
il tocco delle vampate bollenti che sentiva dentro. Tentò di
rimettersi in
piedi, senza successo.
Lo squillo ovattato del suo cellulare raggiunse i suoi timpani
tentandolo a
rispondere ma i suoi sensi non erano dello stesso parere,
così come le sue
membra che da quando era scivolato completamente al suolo non avevano
più risposto
a nessuno dei suoi comandi.
La suoneria si librò nel silenzio totale di quella stradina
abbandonata, si
ritrovò a pensare -nei pochi attimi di lucidità
tra uno spasmo e l'altro- che
Lisa si sarebbe preoccupata e che forse quelle chiamate arrivavano
proprio da
lei, era scappato via senza dire nulla quando aveva sentito il suo
corpo cedere
al dolore e arrendersi all'assenza di aria nei polmoni. Avrebbe voluto
cercare
aiuto, ma le sue poche forze gli impedivano di urlare.
Era nei guai.
Chiuse gli occhi cercando di concentrarsi e di riuscire a muovere
almeno un
braccio, almeno quel tanto che bastasse per raggiungere il cellulare e
chiamare
Bobby, almeno lui. Non sapeva cosa diavolo gli stesse
succedendo.
Un battito d'ali lo raggiunse e cercò di alzare le palpebre
pesanti, senza
ottenere risultati; non riuciva a vedere che una piccola parte di
ciò che aveva
accanto e solo perché non le aveva del tutto
serrate.
Dannazione, imprecò dentro di
sé sentendosi fin troppo il personaggio di
un romanzo per ragazzine¹.
Il corpo che cambiava, il bruciore dentro: si sarebbe dovuto aspettare
lunghi
capelli rossi e labbra scarlatte?
Gemette quando l'ennesima fitta risuonò nel cervello e
sembrò spaccarlo in due
tanta la sua intensità, prima che una voce sicura lo
raggiungesse «Dean» lo
chiamò e lui si sentì rilassato, al sicuro.
«Cas» gracchiò malamente tentando di
schiarirsi la gola, ma persino tossire
sembrava un'azione pressoché lasciata nel dimenticatoio.
«Stai tranquillo, Dean -mormorò l'angelo
confortandolo- adesso ti porto al
sicuro.»
Il cacciatore avrebbe sospirato di gioia se avesse potuto, si
limitò a far
vibrare leggermente le palpebre socchiuse mentre un braccio di Castiel
si
allungava sulla sua fronte e lo faceva assopire lentamente.
Quello che Dean non poté vedere, fu lo sguardo terrorizzato
che aveva macchiato
la purezza di quel profondo blu negli occhi dell'angelo.
[...]
«Cosa
diavolo stai cercando di dire?» urlò sconvolto
dopo che l'angelo del Signore
aveva tentato di spiegargli la situazione.
E davvero, lui nella sua lunga vita da cacciatore avrebbe potuto
immaginare di
tutto, ma mai la rivelazione che gli era appena stata fatta. Cosa
voleva dire
che il veleno dell'Inferno gli si stava propagando dentro? Cosa
significava la
frase "sei stato avvelenato dal dolore"? Era
assurdo, e lui
era ancora troppo intontito per poter afferrare al volo la spiegazione
dell'amico.
E il fatto che Castiel lo stesse guardando con tanta afflizione non lo
faceva
stare per niente meglio, lo faceva solamente preoccupare maggiormente.
«Può accadere, Dean. Hai torturato anime, hai
ucciso, e forse tutto il male
assimilato dall'Apocalisse ha riaperto nella tua anima una parte che
credevamo
non si sarebbe aperta.» spiegò dispiaciuto
l'angelo.
«Aspetta un attimo. Che significa che credevate
non si sarebbe aperta?
Tu sapevi che io avevo questo... questo veleno dentro me?»
chiese Dean,
sgranando le palpebre e fissando l'angelo che abbassava il capo ancora
più
afflitto.
«Cas, ehi, Cas guardami! -urlò sporgendosi un po'
verso l'altra figura-Tu lo
sapevi?»
L'angelo alzò il capo, gli occhi blu velati da un'ombra
scura, preoccupata; e a
Dean avrebbe fatto pena vedere quello sguardo mozzafiato ridotto in
quello
stato, se non fosse stato impegnato a realizzare che per due lunghi
anni il suo
angelo gli aveva mentito.
«Cas!» insistette urlando più forte.
«Si, lo sapevo -ammise colpevole- ma non potevo immaginare
che...»
«Che, cosa? Cosa non potevi immaginare? Che mi si aprisse un
cazzo di buco
dentro l'anima e cominciasse a fluirmi dentro un po' di veleno
infernale? Beh,
non dovevi 'non immaginare', Cas. Dovevi evitarlo!»
urlò di nuovo scalciando
via le coperte e mettendosi a sedere poggiando le gambe sul pavimento.
«Dove credi di andare?» chiese Castiel scattando in
piedi.
«Sono affari miei, Cas. Ha già fatto abbastanza,
ora puoi anche sparire.»
replicò acido, cercando i propri abiti.
«Mi dispiace, non posso lasciarti andare. Non
sai...-frenò le sue parole,
guardando oltre la finestra- potresti non stare bene.»
«Beh, Sherlock se non l'avessi notato non è che
sia fresco come una rosa
neppure adesso! Sai com'è, sono imbottito come un cazzo di
tacchino al
ringraziamento.»
L'angelo sbuffò portandosi una mano alla fronte, un gesto
che Dean aveva visto
imparare a fare poco alla volta quando era fustrato e irritato, e lui
sapeva di
stare lì ad irritarlo, ma tra i due sicuramente non si
sentiva di dover
biasimare qualcun altro.
«Dove pensi di andare, idiota?» lo
richiamò una voce dalla porta della camera
facendolo voltare incazzato.
Davvero, non voleva più nessuno a dirgli di tornarsene a
letto, non in quel
momento per lo meno, non con tutto che andava a puttane e suo fratello
chiuso
in un cazzo di buco con Lucifero e Michele.
«Bobby ti prego, non ti ci mettere anche tu.»
«E sentiamo, dove vorresti andare? Tornare da Lisa e Ben?
Già perché secondo te
lì saresti al sicuro vero? Non sappiamo cosa potrebbe
accaderti e per quanto ne
sai potresti anche contagiarli e peggio, ucciderli. Dove vorresti
scappare?»
affermò l'uomo guardandolo con durezza.
Dean lo fissò accigliato, seppure in cuor suo sapesse di non
potergli dare
torto, non sapeva nulla di quel veleno di cui Castiel gli aveva parlato
e
peggio ancora non voleva che qualcosa di oscuro potesse mettere in
pericolo la
sua ragazza e relativo figlio. Ma non voleva restare lì, non
voleva doversi
sentire come una cazzo di cavia da laboratorio, studiata per capire
come
funzionasse quella nuova patologia. E non voleva vedere Castiel, non
per il
momento almeno.
«Bobby dammi solo un'auto. Ho solo voglia di guidare,
tornerò prima di sera, lo
prometto.» biascicò frustrato, Dean inalando una
gran quantità d'aria, non
ricordava come fosse successo, ma semplicemente aveva ripreso a
respirare e una
volta svegliatosi nel letto di Bobby aveva sentito le proprie funzioni
vitali
tornare al proprio posto. Davvero,amava essere vivo.
Castiel continuò a guardarlo con tristezza, e se Dean non
gli fosse stato
minimamente riconoscente per averlo salvato nel bel mezzo del nulla,
gli
avrebbe volentieri spaccato la faccia.
Sentì una fitta di rabbia risalirgli lungo il petto, un
fremito che scosse i
suoi muscoli, sentì le budella tremare ma inspirò
profondamente tentando di non
dare a vedere ai due nella camera cosa gli stesse succedendo.
«Dean, non comportarti da moccioso. Cos'hai, due anni?
Tornatene a letto ed
evita di ribellarti. Chiamerò Lisa e le dirò che
starai qui per un po' di
tempo.» tuonò perentorio il cacciatore
più anziano girando sui tacchi non
ammettendo repliche. E anche se Dean aveva sempre fatto di testa sua,
capì che
non doveva essere il momento giusto per aprire dibattiti su
ciò che poteva fare
o meno. Non ne aveva neppure la forza a dire il vero, si
girò verso il letto
tornando a sedere sul materasso e prendendosi la testa tra le
mani.
«Mi dispiace, Dean.» mormorò impacciato
il guerriero divino, evitando di
guardarlo in volto.
«Castiel, dillo di nuovo e ti prendo a pugni. Non me ne
faccio niente delle tue
scuse.»
Portò le coperte fino al petto girandosi su un fianco
«lasciami dormire, Cas. E
niente mojo angelici, voglio solo restare solo.»
L'angelo lo guardò tentennando «Dean io non
posso...»
«Non scapperò Castiel. Guardami, sono una
bottiglia di veleno infernale dove
vuoi che vada? Stà tranquillo, almeno tu che puoi.»
Castiel sospirò abbattuto, prima di scomparire con un
battito d'ali che lasciò
in Dean un senso di vuoto.
[...]
Si
guardò
intorno spaesato, non ricordava come fosse finito lì,
avrebbe giurato di essere
nel letto di Bobby poco tempo prima. Ma incredibilmente quel tempo gli
sembrava
lontano, come fossero passati anni, come se tutto fosse trascorso
troppo
velocemente. Non c'era più la casa del vecchio cacciatore,
non c'era più
Castiel, non c'era più il dolore.
Il bosco in cui si ritrovò era fitto, numerosi alberi si
estendevano tutto
intorno e le fronde impedivano l'assalto al sottobosco dei raggi del
sole che
di tanto in tanto penetravano solo nei punti in cui le foglie
lasciavano uno
spazio libero perché non calasse del tutto l'ombra sulla
vegetazione.
Camminò continuando a guardarsi intorno con circospezione,
che faceva lì? Stava
cacciando qualcosa?
«Dean, da questa parte.» lo richiamò una
voce fin troppo familiare facendolo
voltare di scatto.
Sam.
Il cuore cominciò a battergli velocemente nel petto, le
labbra si schiusero e
un groppo in gola gli serrò le corde vocali impedendogli di
pronunciare parola,
gli occhi di suo fratello erano seri, i capelli più lunghi e
la barba incolta.
Il suo Sammy.
Tentò di avvicinarglisi ma il corpo si tramutò
nuovamente in un blocco di
piombo, i nervi non risposero ai suoi comandi. Sam era davanti a
sé e ora gli
sorrideva. Era tornato, era con lui, erano di nuovo una squadra, di
nuovo
insieme come i vecchi tempi; avrebbe voluto piangere ma ci
riuscì, non potendo
muoversi. Era come una bambola inanimata, un corpo vuoto.
Un groviglio di sensazioni gli annodò lo stomaco e
una di quelle gli
intimava di correre e artigliare suo fratello tra le braccia e
stringerlo,
perché anche non sapendo come né
perché, era comunque con lui, di nuovo. Ed era
ciò che aveva realmente importanza ora.
«Cosa aspetti, Dean? Dobbiamo andarcene.»
Voleva rispondergli, dirgli che era felice di rivederlo, chiedergli
come avesse
fatto a salvarsi, ma non riusciva a sillabare neppure la più
semplice delle
parole o a compiere il più banale dei movimenti. Non
riusciva a fare nulla che
non fosse guardare suo fratello e sentirsi felice per il suo
ritorno.
«Dean, non puoi muoverti non è così? Mi
dispiace.» sorrise Sam.
Il maggiore dei due lo guardò confuso, non riuscendo a
cogliere il bizzarro
ghigno che adombrò le labbra dell'altro.
Il corpo cominciò a bruciargli nuovamente, sentì
l'impulso di urlare dal dolore
ma era tutto inutile, i suoni morivano all'interno delle sue intenzioni.
«Exorcizo te, omnis spiritus immunde, in nomine
Dei²...» cominciò suo fratello
guardandolo duramente.
Dean sgranò le palpebre percependo un senso di vomito salire
dallo stomaco e
addensarsi in prossimità della gola, non riusciva
più a respirare, il groppo
gli ostruiva di nuovo le vie respiratorie, stava soffocando.
Provò ad articolare
un qualsiasi suono per far capire a suo fratello che fosse in
difficoltà, ma
nulla, era animato quanto un sasso. I suoi occhi non si mossero,
ancorati sulla
figura di Sam che semplicemente continuava a recitare l'esorcismo e
dentro sé
dilagò un senso d'oppressione, qualcosa di denso che si
propagò lungo tutta la
gola e il petto e sembrò cercare un'uscita senza, tuttavia,
trovarla. Non
arrendendosi cominciò, poco dopo, a sbattere contro il suo
stomaco. Volle
piangere, d'un tratto tentò di piangere per permettere a
quell'ammasso di
non-sapeva-cosa di scappare, ma nulla, neppure le lacrime volevano
collaborare.
Il respiro ormai aveva smesso di entrare in sé e
cominciò a sentirsi più
debole, aveva bisogno d'aria, stava morendo.
La vista si appannò per qualche secondo, ritornò
poco dopo brevemente su Sam
che lo guardò ancora una volta con un sorriso di trionfo sul
volto «adesso chi
è il mostro, eh Dean?»
Tentò di urlare, di dirgli che non sapesse minimamente di
cosa stesse parlando
ma la vista si scollegò di nuovo e quella sensazione
asfissiante si intensificò
appesantendosi e gli attanagliò del tutto i
polmoni. Stava morendo.
Suo fratello rideva, lo esorcizzava, lo chiamava mostro.
Era un mostro? Perché un esorcismo gli stava facendo tutto
quello? Era
un demone?
Ricordò d'un tratto le parole di Castiel sul veleno
infernale.
No. Non poteva essere vero. Si rifiutò di accettarlo, di
pensare che fosse
proprio quella la causa di quanto gli stava accadendo. Non avrebbe mai
ammesso
di stare morendo a causa di ciò che aveva covato dentro
durante quei quaranta
infernali anni.
D'un tratto potè muoversi di nuovo, suo fratello era
scomparso, ma riprese il
comando del suo corpo anche se stava ancora soffocando; si
portò le mani alla
gola aprendo le labbra per vomitare, ma non ebbe successo.
Tossì per rilasciare quel qualcosa che lo stava riempiendo,
uccidendo. La vista
vacillò e d'un tratto il mondo sembrò inclinarsi
su di un lato, il respiro di
nuovo inesistente.
Sam. Pensò mentre tutto cominciava a
diventare buio.
[...]
Ansimò
pesantemente mentre una mano gli dava dei colpetti sulla schiena,
tentò di
invadere le vie respiratorie con quanta più aria potesse.
«Dean, stai bene?» chiese quello che riconobbe
essere Castiel, dietro di sé che
lo aiutava a fargli riprendere fiato. L'angelo portò una
mano sulla sua fronte
e d'un tratto un senso di freschezza gli invase il petto, facendolo
sentire
subito meglio.
«Cosa diavolo -ansimò ancora per qualche secondo-
era un sogno?» chiese
guardando con terrore l'angelo che annuì gravemente.
«Hai avuto un altro attacco. Non so cosa stessi sognando ma
ti dimenavi nel
sogno, immagino che non potessi respirare, tentavi di farlo anche nella
realtà,
ma inutilmente.» spiegò la creatura celeste
allontanandosi di qualche
passo.
Il suo sguardo nuovamente triste, abbattuto. Dean
percepì quante cose non
dette celassero quegli occhi blu, cose che l'angelo non gli avrebbe mai
rivelato, non per il momento almeno, evitando di metterlo in
agitazione. Ma
Castiel era sempre stato un soldato valoroso, pronto a cimentarsi in
qualunque
battaglia e lui quello sguardo glielo aveva visto solamente una
volta, quando
aveva perso fede in Dio. E non era sicuro che non fosse
qualcosa di
ugualmente pericoloso stavolta.
«Devo alzarmi da questo letto» grugnì
togliendosi le coperte di dosso.
«Dean non credo che sia una buona idea.»
«Non me ne frega niente, Edward. Non starò qui
immobile mentre qualsiasi cosa
mi stia scorrendo in corpo mi muterà in Dio solo sa che
cosa. Ho voglia d'aria
e che tu sia d'accordo o meno, ho bisogno di uscire di qui.»
dichiarò
irremovibile, vestendosi.
«Vorrei...» annunciò l'angelo per poi
fermarsi ed abbassare di nuovo il capo.
Il cacciatore lo fissò curioso «Cosa stavi per
dire?»
Castiel scosse il capo «Nulla. Cercherò di
scoprire qualcosa.» annunciò
solenne, prima di scomparire dalla sua vista.
Dean fissò il vuoto per alcuni secondi, scacciando dalla
mente l'ultimo sguardo
dell'angelo, così diverso dai soliti, così
addolorato come se egli stesso
potesse provare le sue stesse sensazioni.
Gettò uno sguardo all'impronta nascosta in parte dalla
manica corta della sua
maglietta, forse l'angelo poteva sentire i suoi sentimenti, per via del
collegamento? Una volta gli aveva sentito dire qualcosa al riguardo, ma
non
ricordava, e sinceramente non aveva voglia di perdersi nel passato.
Qualsiasi
cosa stesse accadendo nella sua vita non lo avrebbe abbattuto, ne aveva
affrontate di peggiori, aveva sventato l'Apocalisse. Beh, tecnicamente
Sam
aveva sventato l'Apocalisse, ma di certo lui non aveva avuto un ruolo
di
contorno, e se la sarebbe cavata in un modo o in un altro anche in
questa
situazione. Un po' di veleno infernale non avrebbe di certo messo al
tappeto il
maggiore dei Winchester, no?
Ripensò a Sam, al suo sorriso trionfante, alle sue dure
parole.
Era solo un sogno, si disse, solo uno stupido sogno dettato dalla
malattia.
Scese le scale entrando nel salotto dove un Bobby curvo su dei libri si
bagnava
le labbra con un bicchiere di whiskey «Lo dicevo io, che la
roba buona la
nascondevi quando arrivavamo noi.» sorrise quando l'uomo si
voltò nella sua
direzione.
«E tu che cazzo ci fai in piedi? E dov'è
Castiel?»
«A giocare al detective, e sì sto bene Bobby non
me lo chiedere così tante
volte o mi ammalerò sul serio»
ridacchiò dirigendosi verso il frigo in cucina.
«Non fare il coglione, non puoi prendere questa cosa
sottogamba, Dean. Potrebbe
essere mortale.»
Il giovane tremò ripensando all'Inferno, aveva visto il
Paradiso poco tempo
prima, quando sia lui che suo fratello erano morti, aveva rivisto sua
madre
anche se quel figlio di puttana di Zachariah l'aveva soggiogata e usata
a suo
piacimento, era un posto che odiava e sicuramente non avrebbe voluto
rimetterci
piede, ma in alternativa all'Inferno avrebbe preferito di tutto. Non
voleva
tornarci, non voleva di nuovo bruciare, sentire quelle lingue di fuoco
sadiche
leccargli l'anima e portargli via pezzo dopo pezzo la sua
umanità. Non voleva
di nuovo torturare, sentire urla, vedere lacrime, e percepire il male
come
fosse vivo, un'essenza che non faceva altro che guizzare tra le anime
in pena,
dannati che si contorcevano nel peccato e nel dolore: nella
perdizione.
«Bobby che io stia a letto o in piedi le cose non
cambieranno, tanto vale che
ti aiuti a cercare qualcosa, no?» sbuffò poi,
prendendo una birra dal frigo e
stappandola.
Quando il liquido freddo gli raggiunse la gola, si sentì
rinascere, come se non
avesse bevuto per anni.
«Non credo ci siano stati casi come questi prima d'ora,
altrimenti ne avremmo
sentito parlare. I demoni sono stati esseri umani, ma diventano tali
all'Inferno, dopo secoli di torture e condanne. Tu non sei all'Inferno,
come è
possibile che il tuo corpo stia elaborando lo stesso processo che le
anime
peccatrici elaborano dopo secoli?» gettò fuori
Bobby guardando fuori la
finestra.
Dean allargò le braccia «cosa vuoi che ti dica,
evidentemente sono un bambino
speciale.»
«C'è poco da scherzare ragazzo. Non ci resta che
fare una cosa.» si alzò
l'anziano cacciatore prendendo una ciotola e girando per la camera in
cerca di
alcuni ingredienti.
«Che vuoi fare?»
«Chiamare Crowley, quel figlio di puttana dovrà
pur sapere qualcosa, no?»
Dean inclinò leggermente il capo «ma ti ha dato di
volta il cervello? Non
voglio richiamare un demone, non voglio il suo aiuto!»
Bobby si alzò da terra dopo aver recuperato un sacchetto
nero da un basso comò
«beh, hai qualche altra idea?»
«No! Ma preferisco il nulla piuttosto che questo.»
replicò il ragazzo alzandosi
dalla sedia.
«Oh Dean, così ferisci i miei
sentimenti» si lamentò una terza voce richiamando
l'attenzione dei cacciatori.
Il giovane serrò la mascella gettando uno sguardo veloce a
Bobby che guardò con
circospezione il demone in tenuta nera sorridere sornione di fronte a
loro
«beh, allora? Non mi chiedete come sto?» sorrise
quest'ultimo facendo
l'occhiolino al più vecchio.
«Beh sai, non mi interessa molto in questo
momento.» ringhiò Dean guardandolo
accigliato.
«Stai calmo tesorino, e porta rispetto a chi è
più in alto di te -rise il
demone avvicinandosi alla bottiglia di whiskey ed ispezionandone la
targa-
insomma Bobby, rimani ancorato a questa roba scadente? Se fai
così a breve
verrai a farmi visita agli inferi.»
«Perché, qualcuno ti ci sta per
rispedire?» rise il cacciatore più grande
guardando circospetto il demone che sogghignò apertamente di
rimando.
«No, più che altro direi che ormai ci vivo. Sai,
dopo che voi bravi ragazzi
avete rispedito Lucifero nella sua gabbietta, io ho preso diciamo... il
comando!» esultò l'uomo vestito di nero gemendo di
gioia.
Dean spalancò incredulo le labbra guardando sconvolto Bobby
«sei... cosa,
quindi?» chiese ancora l'uomo.
Crowley lo guardò ammiccante «sono il nuovo re,
caro.»
«Sei il re dell'Inferno?» ribattè
incredulo Dean «E' uno scherzo, vero?»
«Non scherzerei mai con un povero uomo con un piede nella
fossa.»
Dean stava per ribattere ma Bobby fu più veloce
«Tu sei al corrente di cosa sta
succedendo a Dean?»
Due paia di occhi si posarono sul cacciatore ed il silenzio scese nella
stanza,
il maggiore dei Winchester fece danzare lo sguardo dal vecchio amico al
demone
di fronte a sé che continuavano a gettarsi occhiate profonde.
Crowley si voltò verso di lui, e il suo sguardò
lo intimorì «se fossi in te,
preparerei il testamento e mi allontanerei dalle persone che
ami.» dichiarò
risoluto l'uomo in nero.
un mese dopo
Castiel
gettò uno sguardo disperato verso il letto del cacciatore,
ormai il sudore
imperlava completamente la sua pelle, lo aveva spogliato di tutti i
suoi
indumenti e sapeva che non appena sarebbe stato sveglio e cosciente
Dean gli
avrebbe dato un pugno, ma non gli importava molto, tutto ciò
di cui avrebbe
voluto occuparsi erano quegli spasmi sempre più frequenti
che sconvolgevano
l'intero corpo dell'umano. Gli si avvicinò poggiandogli due
dita sulla fronte
sperando di abbassare la temperatura corporea, la pelle del giovane era
diventata bollente.
Avrebbe voluto fare di più, curarlo, strappargli dalle vene
quel maledetto
veleno, ma non poteva fare nulla, non poteva intervenire in qualcosa di
così
potente; l'Inferno era stata una costruzione di suo Padre e lui non
poteva
niente contro le piaghe, i dolori e i problemi che nascevano da questo.
Poteva
solo sconfiggere demoni, ma a lui non serviva quello al momento,
sentì una
sensazione strana formicolargli nel petto, e ancora una volta in tre
anni non
riuscì a decifrare quello che stava provando, le sensazioni
umane erano forti,
alcune davano assuefazione, aveva imparato molto da loro ma era ancora
troppo
poco per riuscire a riconoscere tutte le emozioni e farle sue,
semplicemente le
provava involontariamente, nascevano nel suo petto e ci metteva un po'
di tempo
per capire se gli piacessero o meno.
Quella che provava ora, non sapeva come chiamarla, ma era qualcosa che
non gli
piaceva, lo faceva stare male, lo rendeva debole e soprattutto
scaturiva ogni
qualvolta era accanto al giovane cacciatore; sentiva solo un'amarezza
al petto,
un senso di impotenza, come se tutta la sua millenaria vita non valesse
nulla
perché in fin dei conti non poteva fare niente per il suo
protetto. E no, Dean
non aveva mai smesso di essere il suo protetto, anche dopo aver
sventato
l'Apocalisse, anche dopo essere tornato in Paradiso, non aveva voluto
rinunciare a quell'uomo. Era stato difficile per Castiel riuscire a
stargli
lontano, a dover accettare il fatto che il Winchester avesse deciso di
tenersi
lontano dalla vita in cui gli angeli combattevano contro i demoni, in
cui i
mostri uccidevano le persone, e il male era sempre dietro
l'angolo, sempre
pronto ad attaccare come una belva feroce la cui gabbia era stata
aperta.
Aveva accettato ogni cosa, ma non aveva accettato di stargli lontano, e
seppure
ai 'piani alti' -come li chiamava Dean- ci fosse bisogno di lui, non
aveva
avuto la minima voglia di abbandonarlo, lo aveva guardato da lontano
per tutto
quel tempo, ma ora non si sarebbe allontanato, si sarebbe preso cura di
lui con
tutte le sue forze.
Si sentì inutile, cosa avrebbe potuto fare per Dean? Stava
diventando un
demone.
E ancora non aveva avuto il coraggio di dirglielo. Nessuno aveva saputo
dirgli
di più su quella scomoda situazione, Crowley aveva fatto
capire all'umano che
stava per morire, il che era vero, ma la sua esistenza avrebbe preso
una piega
inaspettata, e Castiel combatteva i demoni, li distruggeva.
Ciò voleva dire che
avrebbe dovuto distruggere anche Dean? Il pensiero gli
attraversò la mente e
sentì il corpo di Jimmy rispondere all'urlo della sua Grazia
tremando
leggermente.
Non doveva pensarci ora, si disse, mentre Dean gemeva sotto di
sé reclamando
ancora un po' del contatto fresco con le sue dita.
Guardò l'uomo inerme e privo di sensi sotto quelle coperte,
ne scrutò ogni
tratto, le rughe ai lati degli occhi che seppure fossero rilassate
segnavano i
trascorsi del tempo su quel viso stanco, il rossore dato dalla malattia
aveva
reso meno visibili le lentiggini che lo ricoprivano come un velo. Le
labbra
scarlatte ora screpolate e qualche ruga a segnarne i contorni. Ogni
cosa su
quel viso, ogni tratto, ogni poro, ogni centimetro di pelle ricordava
al mondo
la stanchezza, l'orrore, il dolore di quella vita. Si sentì
mosso da un senso
di pietà; quanto ancora quell'uomo avrebbe dovuto soffrire
prima che potesse
raggiungere la pace?
«Cas» mugolò il cacciatore alzando
lentamente le palpebre, come se quel gesto
comportasse un innumerevole quantità di forza.
Ma ora come ora Dean non aveva nessuna forza, stava morendo, il suo
corpo si
stava spegnendo e Castiel poteva sentire il battito del suo cuore farsi
sempre
più debole, sempre più stanco. Dean aveva
combattuto per tutto quel tempo, da
quando aveva saputo della sua malattia aveva fatto di tutto per non
lasciarsi
sopraffare dai dolori che il veleno gli infliggeva. Ma era stato tutto
inutile,
non avrebbe resistito a lungo e lo sapevano entrambi.
Castiel avrebbe voluto urlare, non voleva perderlo, per quanto fosse
strano
ammetterlo e non sapesse perché si sentisse così
legato a quell'uomo, aveva
ormai accettato la sua immensa paura di non essere abbastanza forte da
proteggerlo, di doverlo vedere morire e diventare un essere infernale,
malefico, corrotto dal peccato.
E cosa ne sarebbe stato della sua anima? Avrebbe voluto salvarla, ma
sentiva
che in quel caos di morte era ciò che Dean stava perdendo
sempre più
velocemente, il male la stava mangiando, la divorava velocemente; Dean
non
sarebbe mai andato in Paradiso.
«Non preoccuparti, Dean. Starai meglio tra poco.»
mentì spudoratamente. Stava
peccando, ma non gli importava, non voleva più vedere la
sofferenza su quel
volto.
«Fai proprio schifo come attore, lo sai?» rise Dean
mentre una fitta al petto
lo fece gemere e inabissare ancora di più sul cuscino ormai
umido di
sudore.
«Scusami.»
«Non scusarti Cas. Non hai niente per cui scusarti, sei stato
un figlio di -si
fermò per qualche secondo per riprendere fiato- un figlio di
puttana, ma non
scusarti.»
Castiel si alzò dal letto dandogli le spalle, lo sguardo
rivolto oltre la
finestra.
Stava cedendo ai sensi umani di Jimmy e non poteva permetterselo, ma
gli era
sempre più difficile controllare il suo tramite e le
emozioni umane che
sembravano divenire più forti della sua stessa Grazia,
intensificandosi e
imponendosi. E lui non aveva la forza di combatterle, perché
era stanco. Il
Paradiso era ormai nelle mani di Raffaele, aveva abbandonato la sua
causa,
aveva mollato tutto, aveva tradito i suoi fratelli e detto addio alla
sua casa;
suo Padre non voleva ascoltare le sue preghiere, non interveniva e non
capiva
perché. Aveva sempre eseguito ogni Suo ordine, sempre
combattuto per Lui e
donatoGli tutta la sua fede e il suo amore, e ora che pregava per il
cacciatore
perché fosse salvato ancora una volta dalla perdizione,
nessuno si decideva ad
ascoltarlo: era rimasto solo; e una volta che l'uomo fosse diventato un
demone
non avrebbe avuto più niente, nessuno. Né una
ragione per combattere qualsiasi
causa, né per continuare a vivere. Come avrebbe potuto dopo
aver ucciso Dean?
«Mi ucciderai?» la voce dell'uomo lo raggiunse, era
stanca, spossata.
Castiel sentì di nuovo le sensazioni umane artigliargli il
petto, e un blocco
alla gola lo destabilizzò smorzandogli le parole mentre
qualcosa di pesante
batté dietro le sue pupille.
«Cosa mi sta succedendo davvero?»
sussurrò sfinito, Dean. Le gambe scattarono
sotto le lenzuola e si sentì come stesse ardendo. Castiel lo
guardò, non
riusciva a parlare, non riusciva a riprendere il controllo di quel
tramite,
tutta la pietà e l'amore e la fede battevano violentemente
contro di sé, ma
altri sentimenti indefiniti lo scuotevano e facevano sentire
inutile.
Qualcosa di umido gli bagnò la guancia destra, la
toccò trovando poi sul
polpastrello una gocciolina d'acqua o quello che ne rimaneva; in poco
tempo
sentì che le sue guance si bagnavano sempre più e
Dean lo guardava
sbalordito.
Aveva la testa pesante e il petto saturo di dolore, e quelle strane
gocce lo
facevano sentire male e debole.
«Stai, piangendo?» mormorò strabiliato
il cacciatore ancora ansimante.
L'angelo inclinò leggermente il capo, avvicinandosi di nuovo
al letto «cosa
significa?» chiese. scoprendo la propria voce rotta e pesante.
Dean lo guardò sbalordito, portandosi a sedere a fatica
mentre le fitte al capo
minacciavano di fargli perdere i sensi; allungando una mano
poggiò i
polpastrelli sulla pelle del tramite dell'angelo, scoprendola morbida
sotto gli
occhi, seguì come ipnotizzato una scia lasciata da una
lacrima dispettosa, e
sentì quanto tutto quello fosse incredibile, stava
vedendo un angelo
piangere. Era davvero possibile?
Il corpo continuava a bruciare, ma la vista di quegli occhi velati dal
pianto,
la profondità accentuata da quelle nubi di dolore che
rendevano il blu più
intenso, quasi nero, lo allontanarono dal senso di dolore che provava
ovunque.
Come un bambino affascinato, continuò a perdersi in quei
mari in tempesta:
quella vista era qualcosa di magnifico, di innaturale.
«Perché stai piangendo?» chiese senza
allontanare la sua mano. E forse, se
avesse avuto la forza necessaria per pensare ad altro, avrebbe notato
quanto
tutto quello sembrasse dannatamente ambiguo e poco virile. Ma l'unica
cosa che
sembrava farlo stare sveglio e non cedere alla pazzia per quei dolori
atroci, erano
proprio gli occhi di Castiel.
«Non capisco i vostri sentimenti, Dean. Lo fate quando state
male.» mormorò
l'angelo senza riuscire a staccare lo sguardo dalle iridi verdi del
cacciatore,
completamente perse nei suoi occhi, ipnotizzate. Le lacrime potevano
fare
questo effetto?
Non lo sapeva.
«Stai male?» domandò l'altro senza
perdere il contatto visivo, ma il
dolore mutò di nuovo la sua espressione rendendola ancora
una volta sofferente.
Castiel non rispose, limitandosi a guardarlo mentre sentiva che le
lacrime si
fermavano, il peso al petto non accennava a volersi placare, ma il
cuore si
calmò e scoprì di poter riprendere nuovamente il
controllo del suo corpo.
«Come ti senti?» chiese, tentando di cambiare
argomento.
Dean vibrò sotto l'ennesima fitta di dolore e
poggiò la schiena alla spalliera
del letto, ancora con gli occhi persi in quelli surrealmente blu
dell'angelo.
Un contatto che non voleva perdere, non voleva lasciar andare, quelle
iridi
sembravano porte per altre dimensioni, dove non sentiva dolore, dove le
fiamme
dentro sé venivano spente e lasciate a dormire in qualche
angolo indefinito.
Lasciare quelle iridi avrebbe significato ritornare alla
realtà, al dolore,
alla verità. E lui non voleva, non era ancora
pronto.
[…]
«Cosa
fa un demone
appena nasce?» sospirò l'uomo trangugiando una
generosa dose di whiskey.
«All'inferno comincia a mangiare le anime, si nutre, un po'
come i vampiri
appena creati.»
Sbuffò sconcertato, nutrirsi,
come avrebbe fatto a dirlo a
quell'idiota di Dean?
«Cosa farà lui quando lo
diventerà?»
L'uomo vestito di nero lo guardò ghignando
«è un evento così straordinario. Non
è mai successo prima, sarà
spettacolare.»
«Tieni per te i tuoi macabri filmini mentali -lo
richiamò il cacciatore- voglio
solo sapere cosa farà Dean.»
L'altrò sorrise alzando le spalle «non
è mai successo, non so cosa
potrebbe accadere. Per quanto ne so potrebbe andare in giro a fare
stragi e a
mangiare anime, a divorarle. La sua fame sarà implacabile.
Potrebbe essere
l'inizio di una nuova era, l'inizio di un Testamento ancora non
scritto.»
Bobby lo guardò disgustato «che
significa?»
«Che dopo l'Apocalisse tutte le scritture dovrebbero essere
state compiute. Ora
inizia una nuova era, Dio non è più al suo posto
e i suoi angeli sono
distrutti, sterminati dalla guerra. Lucifero è imprigionato
e non uscirà più
dalla gabbia ed io... io sono il nuovo Dio. E Dean è
il primo demone di
questa era.»
«Figlio di puttana, come sarebbe a dire?» si
alzò il vecchio cacciatore urlando
sconvolto.
«Dico che per quanto ne sappiamo, potrebbe diventare una
creatura leggendaria,
il nuovo male.» ghignò Crowley accavallando le
gambe e bevendo un sorso di
liquore dal suo bicchiere.
«Devi fare qualcosa! Devi impedirlo. Ti darò la
mia anima, ti darò tutto quello
che vuoi, prendi quello che ti pare ma salvalo.»
grugnì Bobby stringendo i
pugni con forza.
«Mi stai chiedendo di rinunciare a ciò che Dean
sta per diventare? Mi dispiace
caro, non vali tanto.»
Il demone si volatilizzò e Bobby rimase a fissare il vuoto,
prima che un
Castiel sconvolto entrasse nella stanza.
«Dove
è
andato?»
[...]
Come
stesse rivivendo un dejà-vu continuò a correre,
ancora una volta la meta era
indefinita, ma stavolta non gli importava. Sentiva la
volontà scemare poco alla
volta e lasciare spazio all'impulsività, all'istinto, voleva
solo seguire ciò
che il suo corpo gli stava ordinando, senza pensare.
Dopo così tanto tempo si sentiva di nuovo forte, di nuovo
padrone del proprio
corpo, si sentiva di nuovo il vecchio Dean, il cacciatore che era stato
prima
di tutta quella storia, l'uomo che aveva sventato l'Apocalisse, che
aveva
combattuto contro i demoni, contro gli angeli, contro i vampiri e
qualsiasi
altra creatura sovrannaturale. E non gli importava di nulla, voleva
solo
sentirsi di nuovo vivo, percepire il respiro entrare con forza nei
polmoni e
bruciare come carburante per la macchina che era il suo corpo, voleva
sentire
ancora suo ogni muscolo, ogni tendine, ogni singolo osso: voleva essere
di
nuovo padrone di se stesso.
Scappando dalla finestra non aveva avuto tempo per prendere un'auto
dalla
rimessa di Bobby, ma ne avrebbe sicuramente trovata una sulla strada,
non aveva
tempo da perdere, di certo sia Bobby che Cas avevano già
scoperto la sua fuga o
comunque l'avrebbero scoperta a breve e gli sarebbero stati dietro come
avvoltoi.
La strada che conduceva alla città era ancora lunga, ma non
era stanco, dentro
di sè percepiva la potenza scorrere come fosse adrenalina,
era carico e forte
ed era bello potersi sentire ancora così dopo tutti quei
giorni chiuso in casa
a subire le torture del veleno che gli scorreva dentro.
Dinanzi a sé scorse una figura, al centro di un
incrocio.
Imprecò mentalmente rendendosi conto di chi avesse davanti
«e tu che vuoi?»
L'uomo lo guardò soddisfatto «ciao anche a te, che
ci fai qui fuori? Non
dovresti stare a letto a farti accudire da bravo bambino?»
Dean ignorò la provocazione «beh, cosa
vuoi?»
L'uomo in nero ridacchiò avvicinandoglisi lentamente
«cosa voglio, mi chiedi?
Oh niente. Volevo solo scambiare quattro chiacchiere con te.»
«Certo, come se potessi credere che un figlio di puttana come
te sia venuto a
farmi una visita di cortesia.»
«Oh Dean, non dovresti comportarti sempre da spaccone, questo
tuo comportamento
a lungo andare stufa.»
Dean piegò il capo «per il momento riesce ancora a
farmi tirare avanti, quindi
grazie ma me lo tengo.»
L'altro sospirò alzando gli occhi al cielo «che
ragazzo difficile, sarà dura
farti rigare diritto.»
Il cacciatore lo fissò accigliato «che vuoi
dire?»
L'altro si limitò a fare spallucce sorridendo sadico.
«Andiamo Crowley, cosa vuoi una richiesta scritta? Che
diavolo sei venuto a
dirmi?»
Il demone sorrise mostrando i denti bianchi.
«Davvero mi sorprende, Dean. Il fatto che il tuo angioletto
non ti abbia detto
niente, e nemmeno il tuo paparino.»
Dean non rispose continuando ad ascoltarlo «Sai, molto
probabilmente hanno
paura di te, di quello che stai diventando. Perché tu sei
ingestibile. Molto
probabilmente vogliono ucciderti al momento giusto.»
«Uccidermi? Di che cazzo stai parlando?»
«Ma come, non dirmi che non l'hai capito? Non stai avendo gli
incubi
ultimamente? Non senti di nuovo l'odore dell'Inferno? Le anime
torturate, le
urla di dolore. Non stai rivedendo tutto chiaramente, come se lo stessi
rivivendo?»
Il cacciatore grugnì «e tu come fai a saperlo?
Cosa, sei diventato anche un
medium ora?»
«Oh no. Era solo una supposizione, non ci vuole molto ad
immaginare come sta
cambiando il tuo corpo e come sta morendo la tua anima.»
sorrise Crowley
infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni dal taglio elegante
«Sai, Dean,
quello che nessuno riesce a dirti è che ti si sta
risvegliando dentro la parte
demoniaca che hai creato all'Inferno. Ricordi quel misto di dolore,
rabbia,
rancore e appagamento mentre torturavi anime? E' diventata reale, ti si
è
attaccata dentro, ti ha seguito fin qui.»
Il cacciatore sgranò le palpebre, un demone?
Aveva pensato al
veleno infernale come una malattia che lo avrebbe ucciso, come un virus
incurabile che lo avrebbe consumato ma non...
Ricordò le lacrime di Castiel. Lui sapeva.
Gli aveva di nuovo mentito.
«Non diventerò come te, figlio di
puttana.»
Crowley rise divertito «e come pensi di evitarlo? Dean, non
c'è più niente di
buono in te, hai distrutto tutto quando hai perso anche Sam dopo
l'Apocalisse.
Non puoi difenderti, è inutile lottare, è quello
che sei. Quello che tu stesso
hai creato.»
«Stai mentendo.»
«Oh no, non mi dispiace dirti che non sono mai stato tanto
serio quanto ora.»
«Voi brutti pezzi di merda mentite sempre, non
diventerò come voi. Io non sono
come voi!» urlò alla creatura dallo sguardo
compiaciuto.
«Tornerò a prenderti Dean, quando sarai pronto per
essere iniziato a questa
nuova vita. Goditi l'addio, perché tutti quelli che ora ami,
non saranno altro
che carne in scatola per te.»
Lo sguardo corrucciato si dissolse nel momento in cui il demone
sparì.
La terra mancò sotto i suoi piedi, il mondo intero
sembrò crollargli addosso. Un
demone.
Stava diventando una creatura dell'Inferno.
Non poteva essere vero, non poteva essere così; e se pure
fosse stato avrebbe
dovuto trovare un modo per impedirlo.
Si voltò per tornare a casa di Bobby, ma le parole di
Crowley gli ritornarono
in mente bloccandolo al centro dell'incrocio, loro lo sapevano: Bobby e
Castiel. Loro gli avevano mentito, lo avevano tenuto all'oscuro di
ciò che gli
stava accadendo. Sentì un dolore salirgli dentro, seppur
meno forte di quello
che lo aveva colpito nei giorni precedenti, lo scosse smorzandogli il
respiro.
Castiel era un angelo, lo avrebbe ucciso? Ripensò agli occhi
in cui si era
perso giorni prima, alle sue lacrime, era stato tutto finto? Un senso
di
fastidio gli si propagò nel petto e si decise a scacciarlo,
doveva scappare di
lì. Andare lontano e cercare per conto suo una soluzione.
[...]
Sbattè
la
lampada contro il muro, in un gesto adirato. Non ce la faceva
più, non riusciva
a trovarlo.
«Vuoi distruggermi casa?» lo rimbeccò
una voce alle sue spalle e girandosi vide
Bobby guardarlo preoccupato. Gli rivolse uno sguardo frustrato, gli
occhi
piegati all'ingiù così come gli angoli delle sue
labbra serrate, tenute strette
una all'altra per evitarsi di urlare, per impedirsi di bestemmiare.
Perché in
quel momento aveva abbandonato dietro di sé tutti i suoi
innumerevoli anni di
vita e sentiva solo un'enorme frustrazione ed un senso di impotenza che
lo
piegavano in due nell'anima. La sua Grazia soffriva e la sentiva giorno
dopo
giorno perdere la sua intensità. Stava soggiornando da
troppo tempo sulla
terra, sarebbe dovuto tornare in Paradiso, ma non voleva, non gli
importava niente,
voleva solamente Dean. Voleva trovarlo, solo per urlargli quanto fosse
stato
stupido e per riportarlo a casa, per ricondurlo a sé e
confortarlo. Erano i
suoi ultimi giorni e nonostante avesse chiesto l'aiuto di Balthazar non
aveva
trovato niente che potesse impedire il processo di trasformazione,
nessuna
scrittura parlava di un evento del genere e le parole di Bobby su cosa
gli
avesse detto il nuovo re degli inferi, non facevano altro che prendere
consistenza nella mente e diventare un'idea concreta.
Una nuova era? Un nuovo primo demone? Dean?
Ringhiò irritato «Non so più dove
cercare. Ho provato in tutti i luoghi in cui
l'ho visto soggiornare in questi anni, sono andato da Lisa e Ben, ma ha
solo
preso l'auto ed è andato via.»
Bobby sbuffò «Proprio non vuole separarsi
dall'Impala.» uno sguardo malinconico
ad accarezzare le sue parole.
Castiel era un angelo, il suo compito era quello di portare pace e
conforto, e
nonostante fosse tentato di aiutare l'anima di quello stanco uomo non
riusciva
a non pensare ad altro che a Dean, e ad un modo per
ritrovarlo.
«Non c'è niente in quell'auto che possa farti
percepire i suoi
spostamenti?»
Castiel negò «Dean sta diventando un demone. Non
posso più sentirlo, non posso
più vederlo nella mente. Non posso percepirlo.»
ammise desolato. il servo del
Signore.
Un battito d'ali richiamò l'attenzione dei due che si
voltarono verso la figura
sorridente accanto a loro «dovreste avere più fede
nell'angelo Balthazar.»
ammise questi avvicinandosi frettolosamente al tavolo e svuotando dei
sacchetti.
«Cosa sono quelli?» chiese Bobby mentre sia lui che
Castiel si avvicinavano
incuriositi.
«Sangue di vergine, ossa di demone e un potente amuleto.
Datemi qualcosa di
Dean e potrò trovarlo.»
«Dove hai preso il sangue?» sbottò Bobby
non convinto.
«Vuoi ritrovare il tuo pupillo ora? Bene, non fare storie e
dammi qualcosa di
suo.»
Castiel mise una mano nella tasca del trench «Questa
è sua.»
«Hai la collana di Dean?» chiese Bobby confuso.
«Me l'aveva data per trovare mio Padre, quando gliel'ho
ridata l'ha gettata
via. Ma io l'ho ripresa.»
Balthazar si intromise smorzando l'aria tesa tra i due
«passiamo dopo alle
spiegazioni, o quell'idiota continuerà a scorrazzare libero.
E sinceramente
proprio non voglio immaginare cosa farà se
riuscirà a risvegliare
l'essere che ha dentro.»
Immergendo gli ingredienti in una ciotola vi accese una candela
gettandola
all'interno, un fumo denso si propagò dal contenitore
inabissando completamente
la stanza e circondando le tre figure.
«So dov'è!» annunciò Castiel
prima di scomparire e lasciare i due ancora
immersi nel fumo.
[...]
Continuava
ad osservare con un cipiglio esausto la casa di fronte a sé.
Di nuovo in quella
foresta, di nuovo quelle fronde imponenti che lo nascondevano dalla
luce del
sole. Aveva provato a cercare suo fratello ma di lui nessuna traccia.
Era già
stato lì prima di allora, prima di ritrovare Sam, non sapeva
come ma sentiva di
essere già stato di fronte quella casupola di legno del
tutto abbandonata e che
sembrava cadere in rovina. Il suo corpo non bruciava, riusciva a
muoversi e il
senso di oppressione che lo aveva invaso la volta prima sembrava essere
del
tutto scomparso.
Tentò di ricordare se davvero la sensazione di essere
già stato lì fosse vera o
meno, ma non riusciva a ritornare indietro con la mente, poteva
ricordare poco.
Si avvicinò con passo esitante alla struttura,
salì le scale che lo condussero
su una veranda quasi del tutto distrutta, le colonne erano crollate e
il
pavimento di legno era consumato, in alcuni punti poteva vedere persino
dei
buchi, stava cedendo.
Entrò all'interno della casa e notò come
sembrasse simile a quella di Bobby, lo
stesso salotto privo però di libri, le stesse poltrone
però impolverate e dalle
tonalità smorte, grigie. La carta da parati era stata tirata
via, strappata in
alcuni punti e le mura erano state conquistate da spessi strati di
muffa.
Camminò verso la cucina, anch'essa simile a quella di Bobby,
senza molti
mobili, solo delle dispense montate alle mura e un lavello, il tavolo
di legno
era rovesciato al contrario e le sedie erano sparse per tutta la stanza
come se
fossero state lanciate via. Qualcuno aveva lottato lì
dentro.
Sentì un rumore provenire dal piano di sopra,
alzò di scatto la testa puntando
lo sguardo sul soffitto malandato, era caduto completamente l'intonaco
dalle
pareti; si diresse verso le scale nel salotto e le percorse facendo
scorrere la
mano sulla balaustra instabile, sarebbe crollata a breve.
Si trovò in un corridoio, e se non fosse stato certo che
quella casa si
trovasse nel bel mezzo di un bosco avrebbe detto sicuramente che fosse
quella
del vecchio cacciatore, era malandata e dei piccoli particolari non
combaciavano, come la disposizione delle stanze, ma era simile in tutto
il
resto. Il rumore indefinito attirò di nuovo la sua
attenzione e camminò in
direzione di quella che sapeva, e non capiva come
fosse possibile,
essere la camera da letto.
Si affacciò e si sentì completamente nudo quando
si accorse di non avere con sè
neppure un'arma e di non era l'unico ad occupare la camera.
Suo fratello era di nuovo davanti a sé.
«Ciao, Dean.» sorrise il ragazzo incrociando le
braccia al petto.
«Sammy.» sussurrò il maggiore dei due
«Come-»si bloccò, valeva davvero il
concetto di salute in quel momento?
«Sei di nuovo qui, devo quindi immaginare che tu non sia
cambiato per nulla
dall'ultima volta.» affermò suo fratello
continuando a sorridergli sornione, e
Dean odiava quel sorriso da saccente, ma non glielo avrebbe mai detto,
Sam gli
andava bene così come era, non avrebbe voluto cambiarlo per
nulla al
mondo.
«Che significa che non sono cambiato?» chiese
invece, crucciato.
«Quello che sei Dean, quello che stai diventando. Non sei
più diverso da me.»
«Tu sai quello che mi sta succedendo? Ma dove siamo? E'
l'Inferno per caso?»
Sam rise sguaiatamente «Non è l'Inferno, fratello.
E' la tua mente.»
Il maggiore lo guardò confuso, seppure ora un vago ricordo
cominciasse a
prendere vita dentro sé. Lui ci era già stato
lì, poco prima di finire
all'Inferno, quella casa, quella sensazione, ma il suo interlocutore
era stato
se stesso, ciò che sarebbe diventato.
Tremò al ricordo del demone che aveva visto, il mostro con
le sue sembianze.
«Quindi tu non sei reale?» affermò
deluso. Cosa si aspettava? Suo fratello non
sarebbe tornato in vita, non lo avrebbe liberato dalla gabbia di
Lucifero che
molto probabilmente lo stava ancora possedendo.
«Questo non significa che io non esista, sono sempre Sam,
sempre tuo fratello,
la persona che tu conosci così bene -il minore gli si
avvicinò a grandi falcate
ghignando come una iena impazzita- lo stesso fratello a cui hai dato
del mostro
per tanti anni. E ora tu, tu sei quel mostro! Sei proprio come
me» gli occhi
verdi si offuscarono, le ombre riempirono le iridi del colore smeraldo
così
simili alle sue e il vuoto vi si propagò all'interno
rendendoli completamente
neri; gli occhi di un demone.
Scattò all'indietro senza riuscire a capire cosa intendesse
il fratello «Io non
sono come te. Non sono un demone.»
«Oh, si che lo sei. E' solo questione di tempo
perché la tua umanità venga
assorbita, e vuoi sapere la cosa divertente di tutta questa
storia?»
Il maggiore dei due deglutì pesantemente «Che sei
stato tu stesso a creare il
demone dentro di te. Modellando il male a tua immagine e
somiglianza.»
«Smettila! Non è come dici, non l'ho creato io,
non sono un mostro!» ringhiò
Dean contro l'altro mentre sentiva di nuovo le membra appesantirsi e il
suo
involucro bruciare dall'interno.
«Si che lo sei.» intervenne un'ulteriore voce tra
loro, girò il capo e rivide
lo stesso essere che aveva già incontrato in quel
posto: Dean.
«Ti avevo ucciso.» sibilò a denti
stretti.
«Come se potessi distruggere il male, sei davvero arrogante,
ma non mi
dispiace. Lo sono anch'io.» ghignò il se stesso
dagli occhi scuri girandogli
intorno e guardandolo con aria famelica.
«Presto prenderò possesso del tuo corpo, e tu non
sarai niente. Morirai, Dean.
La tua umanità verrà mangiata interamente, non
che sia molta.»
Basta, voleva svegliarsi, evitare quella conversazione senza senso,
doveva
ritornare alla realtà.
Quella in cui era un cacciatore e i demoni li combatteva, li
distruggeva.
«Andiamo Dean, svegliati» sussurrò a
bassa voce.
«Hahah, stai davvero tentando di tornare alla
realtà? E' impossibile, questo
non è un sogno, è la tua coscienza. Non puoi
svegliarti se non lo vuoi.»
Il corpo che continuava a infiammarsi dopo ogni singola parola
fuoriuscita
dalle labbra del demone «svegliati, andiamo!»
sussurrò ancora, mentre uno
spasmo lo faceva piegare sulle ginocchia.
«Sai, Dean, sei davvero uno spasso. Non capisci che alla fine
tutto quello che
ti sta accadendo lo hai voluto tu, lo hai bramato. Così come
bramavi quelle
anime che crocifiggevi su quella ruota e che torturavi, ti piacevano le
loro
urla, le amavi. Era meglio di un orgasmo, non è
così?»
«Svegliati!» si incitò tentando di non
ascoltare quelle parole maligne,
rancorose, crudeli. Un altro spasmo e le spalle sembrarono slogarsi.
«E pensare che hai avuto la possibilità di
scegliere, eppure hai preferito non
sentire dolore piuttosto che non infliggerlo. Tu sei nato per essere
questo,
quante volte hai messo la tua vita davanti a quella degli
altri?»
Gemette sentendo il respiro farsi più debole e il petto
dolere come se una
scarica di proiettili lo stesse trapassando da parte a parte
«dannazione!»
imprecò sfinito.
«Hai preferito lasciar morire così tanti
innocenti, e se le cose non fossero
andate bene pur di non sacrificarti per Michele avresti lasciato morire
tuo
fratello sotto il tocco di Lucifero, e tutto il globo. Sei
così malefico, così
egoista» sussurrò l'altro inginocchiandoglisi di
fronte.
Dean lo guardò accigliato, rabbrividendo di fronte agli
occhi intrisi di male
che incorniciavano il suo stesso volto, il petto continuò a
bruciare, sentiva
le fiamme ardere e il dolore dei muscoli tirati, del cuore che sembrava
stesse
per essere strappato via, la testa era la parte peggiore come fosse
stata
riempita con numerose schegge di vetro che la stessero tagliuzzando in
tutti i
suoi spazi.
«E che diciamo di Jo ed Ellen? Hanno dato la vita per te, e
di Lisa e Ben,
quante volte stando con loro hai rischiato di metterli in pericolo? Tu
sei
maledetto Dean, e questa è la nostra benedizione. Tu
sei nato per
essere il male.»
Il cacciatore inspirò, seppur con fatica, serrando la
mascella, le labbra
tremarono dallo sforzo di non gridare, stava per scoppiare carico di
male che
pulsava in ogni parte di sé.
«Dean, non puoi opporti.» aggiunse Sam ancora in
piedi di fronte a lui.
Alzò uno sguardo sul fratello ma lo distolse in pochi
secondi, non ce la faceva
a vedere quegli occhi privi del loro verde naturale, quegli occhi che
tanto
amava, gli occhi della sua famiglia.
«Ti sei giocato tutto Dean. Alla fine ti sei giocato anche
tuo fratello, lo hai
dato in pasto nientemeno che a Satana -rise se stesso- e ora stai
ritirando il
tuo premio. Tu vuoi essere questo, lo so. Sono te.»
Dean ansimò non riuscendo più a contenere il
dolore «Basta! Smettila! Tu non
sei niente, non sei reale, non esisti!» ululò
avvicinando di più il volto
all'altro come guardandosi allo specchio.
Il sorriso comparve così sadico e familiare sul viso del
demone, così diverso
da quello che gli aveva ornato le labbra fino a quel momento, era
freddo,
cattivo, malefico in ogni sua minima parte «tu mi vuoi,
stupido cacciatore. Mi
vuoi da quando tuo padre ti ha parlato del male, mi brami da quando
combatti
contro le forze sovrannaturali, vuoi che io ti possegga in ogni tuo
aspetto.
Vuoi che io sia te, e lo vuoi perché ti piace essere
così, speri di essere me
da tutta la vita.»
Il maggiore dei Winchester ansimò ancora mentre un brivido
di dolore gli
scuoteva il corpo e lo sfiniva «va all'Inferno figlio di
puttana.»
«Ci andremo insieme Dean. Perché ti stai
arrendendo, tu mi vuoi» il demone gli
tirò su la testa strattonandogli i capelli «e
sarà un piacere possederti. Ci
divertiremo piccolo cacciatore, sarai felice con me.»
ringhiò prima di avventarsi
sulle sue labbra e baciarlo infilandogli la lingua in bocca.
Il cacciatore rimase interdetto, il corpo stanco, completamente
sfinito, non
aveva la forza per ribellarsi da quella ferrea morsa, le labbra
dell'altro
erano amare, salate, avevano il gusto dell'Inferno.
«Lascialo stare!» urlò qualcun altro
mentre il vento cominciò ad agitare le
fronde degli alberi al di fuori della casa.
Il demone si allontanò dal suo viso e Dean poté
vedere Castiel sbattere con un
gesto della mano Sam contro una parete.
«Cas» ansimò sollevato.
«Ma guarda, il tuo principino è venuto a salvarti.
Troppo tardi angioletto,
Dean Winchester è tutto mio, ora. Ti consiglio di lasciare
la sua mente perché
ne rimarrai intrappolato se resti ancora qui.»
ghignò l'altro Dean svanendo nel
nulla.
La camera si svuotò e il cacciatore si sentì meno
addolorato dalle fiamme
dentro sé «Cas fammi uscire.» lo
guardò implorante.
L'angelo gli si inginocchiò accanto, ma i suoi occhi non
avevano la stessa
espressione combattiva di prima, erano tristi, delusi, abbattuti.
«Come faccio ad andarmene?»
Castiel continuò a guardarlo mentre la sua espressione
mutava, il suo sguardo
scioccato.
«Dean io...mi, mi dispiace. Dean»
sussurrò l'amico mentre una mano gli
accarezzava la guancia.
«Che significa? Fammi uscire figlio di puttana! Portami fuori
di qui.» tentò di
sollevarsi ma l'intero corpo sembrava di piombo.
«Cas.»
«Non voglio perderti» ammise l'angelo scuotendo il
capo «sono anni che tento di
capire cosa sia quello che sento dentro quando sono con te. E solo ora
riesco
chiaramente a capirlo, non voglio perderti Dean.»
Il cacciatore lo guardò confuso «io... ma ti pare
il caso di farmi una
dichiarazione in un momento del genere?»
Castiel annuì disperato «mi hai chiuso fuori,
Dean. Hai chiuso fuori tutti, hai
chiuso tutto il bene del mondo fuori da te stesso, ma io non voglio che
tu
rimanga barricato dentro te.»
«Ma si può sapere che stai dicendo?» il
vento si intensificò diventando più
potente, le finestre vibrarono sotto la potenza dell'aria e la casa
venne
scossa come se potesse essere scaraventava via da un secondo all'altro.
Castiel gemette frustrato alzando il capo al cielo
«perché gli hai fatto
questo? Padre, perché?»
Il vento aumentò la propria furia e le finestre scoppiarono
in tanti piccoli
pezzi di vetro all'interno, colpendo i due.
«Cas che stai dicendo?»
«E' amore Dean. Io provo amore per te, se c'è
anche solo un minimo di amore
dentro te, un minimo sentimento buono, una sola sensazione positiva,
cercala.
Liberati.»
«Ma liberarmi da cosa?» Dean urlò
adirato, non capiva le parole dell'angelo, la
testa gli scoppiava voleva tornare indietro.
«Fallo» mormorò abbattuto l'angelo
guardandolo come non aveva mai fatto prima.
Dean non capiva, continuava a guardarlo spaesato.
«Non posso salvarti io. Non posso più fare
niente.» confessò abbattuto.
«Cosa significa?» una fitta al capo lo fece urlare
e chinare in avanti,
in pochi secondi tutto divenne nero, si portò le mani agli
occhi strizzando le
palpebre con i polpastrelli, non vedeva più nulla.
«Cas? Cas! Che succede?»
Nessuna risposta.
Il cuore sembrò venir strappato via del tutto, accompagnato
da un ulteriore
urlo straziato «Cas!»
Il vento lo colpì, schiaffeggiandolo con mille pugnali di
corrente d'aria, ogni
tocco un taglio, stava per essere del tutto fatto a pezzi, lo stava
facendo a
brandelli.
Si dimenò cercando di portarsi in piedi, ma non si mosse, si
percepì come una
massa informe raggomitolata in un angolo.
E quello che non riuscì a capire, era che un corpo, non lo
possedeva più.
una settimana
dopo
Non
sapeva
più dove cercare. Lo aveva perso del tutto, non aveva fatto
in tempo a
ritrovarlo che aveva dovuto dirgli addio.
Si poggiò stancamente sul cofano dell'Impala che aveva
portato da Bobby, l'uomo
ormai immerso nel dolore aveva smesso persino di parlargli; avevano
perso. Dean
era diventato un demone, una creatura malefica, qualcosa di perverso
che non
aveva più nulla di umano, aveva perso tutta la sua
coscienza, tutta la sua
umanità. Guardò le stelle che brillavano in
cielo, tante volte si era fermato
ad ammirare lo spettacolo di quella natura che suo Padre aveva creato
in
principio, ma ora non lo sorprendeva più, non lo rendeva
più fiero; aveva perso
tutto anche lui, tutto quello che gli facesse apprezzare il fatto di
essere
stato creato e di aver vissuto così a lungo. Non era servito
a nulla, non aveva
potuto fare niente. Suo Padre lo aveva abbandonato, e Dean era
scomparso,
rapito dal male puro. Cosa poteva fare ora? Tornare in Paradiso?
Provare a
mettere le cose a posto?
«Ho fatto tutto -sussurrò guardando ancora il
cielo scuro- dal principio ho
fatto sempre quello che mi ordinavi. Ti ho giurato fedeltà,
Ti ho dato me
stesso, ho vissuto solo per Te, solo per servirti Padre.» di
nuovo le emozioni
umane di Jimmy presero il sopravvento, la pena, l'angoscia, il rancore
vivi
dentro lui.
«Non ho mai chiesto perché, non ho mai dubitato
delle Tue scelte. Ero una
creatura senza coscienza» alzò lo voce mentre una
lacrima sfuggiva via da una
palpebra «e non ho mai voluto ribellarmi, sono stato un
figlio devoto! Ho
apprezzato le Tue opere e Ti ho amato come nessun altro dei Tuoi
figli» urlò
ancora, allontanandosi dall'Impala e inveendo contro il cielo
«e ora
dimmi Padre. Dove sei? Cosa ne hai fatto del Tuo amore per me? Per cosa
ho
dovuto vivere in tutti questi anni? Per cosa Ti ho giurato
fedeltà? A cosa sono
servite le mie preghiere? A cosa Padre! Non ho più niente,
niente!» urlò con
quanto fiato avesse in gola mentre altre lacrime cadevano dai suoi
occhi
blu «Ti ho pregato! Ti ho chiesto solo di salvare
qualcosa di importante
per me! E non mi hai sentito! Se ci sei, se ci sei, se ancora provi
amore per i
Tuoi figli, se ancora sei lì per noi, aiutami! Riportamelo,
dimmi cosa posso
fare per farlo tornare da me! Ti prego, ti sto pregando, sono davanti a
te e ti
sto chiedendo di dirmi cosa fare, non lo so più, non so
più cosa dire o cosa
provare. Sto cadendo Padre, sto crollando, e Tu sei l'unico che mi
resta.» aprì
le braccia verso il cielo aspettandosi una risposta dalle stelle
luminose.
«Aiutami.» sussurrò sfinito mentre altre
lacrime seguirono la discesa delle
gemelle nate prima.
Ma fu solo il solo il vuoto a rispondergli.
Solo il vuoto, e il silenzio del nulla.
Nessuno sarebbe arrivato quella notte, nessuno avrebbe risposto al suo
pianto,
nessuno avrebbe ascoltato le sue urla strazianti.
E solo le stelle poterono avere lo stesso privilegio di Dean
Winchester: quello
di vedere un angelo piangere.