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Autore: hanaemi_    21/01/2013    1 recensioni
Berlino anni '40. Eliza, una nota cantante nei "café chantant". Roderich, suo manager nonché quasi coniuge. Gilbert, ragazzo solitario. Tre vite che si incroceranno in un unico destino.
Rating alzato da verde ad arancione, scena un po' spinta nel capitolo 10.
Pairing: PruHun, accenni di AusHun.
Vi prego di essere clementi, è la mia prima long-fic su Hetalia, quindi spero mi capiate se troverete capitoli corti!
Grazie dell'attenzione, Snowhite_Queen
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Austria/Roderich Edelstein, Prussia/Gilbert Beilschmidt, Ungheria/Elizabeta Héderváry
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Strangers in the night

 

{Fandom: Axis Powers Hetalia
Personaggi: Prussia, Hungary, Austria
Pairing: PruHun, accenni AusHun
Playing: "Strangers in the night" - Frank Sinatra-->
https://www.youtube.com/watch?v=nHuko5BCFzA }

 


Capitolo 1

Elizaveta Héderváry aveva tutto ciò che una donna potesse desiderare. Era bella, indubbiamente. Aveva una cascata di

capelli castano chiaro che le ricadevano lunghi sulle spalle, dei profondi occhi verde smeraldo e un fisico da mozzare il

fiato, che faceva girare la testa a qualunque uomo incontrasse sulla sua strada. Era famosa, in più. Era la chanteuse più

in voga negli anni '40, la sua fama era mondiale e aveva cantato perfino oltreoceano, negli Stati Uniti! Eliza, questo era

il suo nome d'arte, incantava le persone di tutto il mondo con la sua straordinaria voce. E poi aveva accanto a sé, come

manager e fidanzato, un uomo altrettanto rispettabile nel mondo dello spettacolo, Roderich Edelstein. Era di bell'

aspetto, con due occhi color ametista circondati da dei sottili occhiali dorati, e possedeva le buone maniere tipiche dei

nuovi nobili. Inoltre era colto, amava suonare il piano e la adorava, letteralmente. I due si erano conosciuti a Parigi, lei

era ancora una cameriera in un ristorante e lui, già affermato nel campo, decise di scritturarla, mettendola sotto

contratto e facendola diventare una grande star. Poi, da un semplice rapporto lavorativo, si tramutò in qualcosa di più:

scoccò la scintilla e si fidanzarono, con gran clamore dei giornali, che già da tempo rumoreggiavano su una loro

presunta relazione. E ora, a quasi tre anni dalla loro uscita ufficiale come fidanzati, avevano deciso di stabilirsi a

Berlino, dove lei avrebbe lavorato nel "Café Kranzler" come cantante, ed erano sul punto di sposarsi. Cosa poteva

desiderare di più dalla vita, dunque, Elizaveta Héderváry?



Gilbert Beilschmidt, d'altro canto, non poteva vantarsi di aver avuto una vita piena di storie da raccontare: era un

ragazzo della borghesia, nato e cresciuto nella Berlino benestante, ma nonostante ciò ribelle, diverso dai suoi coetanei

che amavano fare baldoria nei locali alla moda della città e trascorrere la serata in compagnia di allegre donnine con

cui addolcire la solitudine della notte.

Era bello, oh, se lo era. Il corpo era alto e slanciato, con un lieve accenno di muscoli, e i tratti fieri erano finemente

cesellati in un viso di porcellana, candido come la neve. In esso spiccavano due grandi occhi rossi, rossi come il fuoco,

che emanavano una luce calda ma, al tempo stesso, estremamente malinconica. Era un tipo molto solitario, infatti, e il

silenzio era ormai il suo compagno di viaggio prediletto da molto tempo, era ciò che gli faceva comprendere perché

preferiva stare a sentire lui piuttosto che le chiacchiere insensate delle persone.Il silenzio lo rendeva...vivo. Chiudeva gli

occhi e via, cominciava a immaginare ciò che esso potesse celare dietro il suo infinito mutismo. Da molti veniva

etichettato, per la sua ricerca continua di isolamento, un erede dei pensatori romantici, ma lui non amava definirsi così:

preferiva, piuttosto, considerarsi un'alternativa all'uomo moderno, l'uomo perennemente immerso nel caos, nella

confusione, incapace di ritagliarsi un attimo di tempo per concentrarsi su di sé e sul proprio io interiore. Questo

potrebbe quindi far pensare che, con un atteggiamento simile, egli non avesse amici con cui parlare e confrontarsi. E

invece no: due ragazzi, Antonio e Francis, il primo moro dagli occhi verdi e l'altro biondo dagli occhi azzurri, sebbene

caratterialmente distanti da lui, erano riusciti a diventare suoi confidenti, e con loro Gilbert trascorreva i momenti

migliori, discorrendo di tutto quello che volevano, senza timore.  Una sera, mentre stavano appunto discutendo come

loro solito, Francis propose agli altri due di passare una serata un po' diversa.

"Perché" iniziò, alzandosi in piedi come soleva fare quando aveva qualcosa di importante da dire "invece di star

qui,  con le mani in mano, non usciamo? È una bella serata, le stelle brillano luminose in cielo e

Berlino è lì fuori che ci aspetta!"

"No, non ho nessuna voglia di uscire. Se voi volete, ragazzi, potete andare, io preferisco restare qui."


"Oh, andiamo, Gilbert! Intendi davvero rimanere qui? Per una sera potresti anche provare a vedere

da vicino le luci della città. O hai paura di restarne abbagliato?"
ribatté Antonio, con una sottile malizia nella voce.

A quella risposta, Gilbert scattò in piedi, corse a prendere il cappotto, lo indossò con foga e si appropinquò alla porta di

ingresso. Spesso e volentieri, infatti, la sua vena passionale lo faceva scattare come una molla, a una qualsiasi provocazione.

"Allora, ci muoviamo?" fece, con una mano sulla maniglia e lo sguardo rivolto ai due giovani. Il moro rise, socchiudendo gli occhi e dandosi una manata sul ginocchio.

"Vedo che il mio piano  ha funzionato...andiamo, forza!"

E così  i tre uscirono nella notte berlinese, una notte che, anche se mai nessuno lo avrebbe creduto, riservava ancora molte sorprese da scoprire...
   
 
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