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Autore: serelily    22/01/2013    5 recensioni
1802
Cos’altro poteva desiderare un uomo come lui? Niente, si disse. Aveva ventisette anni, era un avvocato stimato e apparteneva ad una importante famiglia nobile. Stava per sposarsi con Therese, la donna più ambita di tutta Londra.
Eppure Benedict Tyler sentiva che gli manca qualcosa.
Vincitrice del contest "Torneo a colpi di slash" di SNeptune84 e del "Contest azzurro" di http://giusyblogstory.blogfree.net/
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sovrannaturale
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IL RACCONTO DEI PRIGIONIERI DEL TEMPO











1802
Cos’altro poteva desiderare un uomo come lui? Niente, si disse. Aveva ventisette anni, era un avvocato stimato e apparteneva ad una importante famiglia nobile. Stava per sposarsi con Therese, la donna più ambita di tutta Londra.
Eppure Benedict Tyler sentiva che gli mancava qualcosa.
Ci rifletté mentre passeggiava per le strade e osservava i mendicanti che chiedevano la carità. A volte credeva che fossero più liberi di lui.
Sua madre e suo padre erano così entusiasti all’idea del matrimonio, che Ben si era convinto di esserlo pure lui. Così non era, però.
Voleva bene a Therese, l’aveva vista crescere, ma non provava per lei null’altro che affetto. Non sentiva alcun desiderio che lo spingeva a voler fare l’amore con lei, e già temeva la prima notte di nozze, due mesi più tardi.
Come avrebbe potuto fingere di provare desiderio per lei?
Non lo sapeva, ma avrebbe dovuto architettare qualcosa entro il matrimonio. Con una camminata lenta arrivò nella via di casa sua e scese da cavallo.
Tutti i giorni non si faceva mancare la sua solita cavalcata, era un modo per sfogarsi e allontanare da sé la tensione che questo matrimonio gli stava causando.
Fu lì che lo vide per la prima volta.
Era seduto all’angolo della strada, rannicchiato per il freddo e per la fame. Di lui riuscì a notare solo il ciuffo rosso che spiccava, in contrasto con gli abiti troppo leggeri con cui cercava di coprirsi alla bell’e meglio.
Non sapeva perché, ma quel ragazzo lo aveva attirato dal primo istante.
Aveva le braccia esageratamente magre e le gambe piene di ferite e di lividi. Si copriva il volto con le mani e piangeva, quasi disperato.
Ben sentì il suo cuore tremare per i singhiozzi che scuotevano il ragazzo.
Cercò di avvicinarsi a lui, ma quello dovette sentirlo e alzò gli occhi. Due fari color nocciola lo osservarono, terrorizzati. Forse si aspettava di venire punito per aver osato sostare davanti ad un palazzo nobiliare, oppure temeva di averlo in qualche modo offeso, perché deglutì sonoramente e cominciò a chiedere scusa a voce bassissima.
Con le poche forze che ancora aveva, si tirò su malamente e cominciò a camminare veloce per allontanarsi il prima possibile da lui.
Ben era rimasto immobile, completamente sconvolto, nella mente impressa a fuoco l’immagine del ragazzo che fuggiva.
Ricordava tutto di lui: le lunga ciglia rosse che carezzavano le guance quando aveva chiuso gli occhi, le lentiggini che gli spruzzavano il naso e le guance scarne.
Con orrore si accorse di averlo lasciato andare prima di avergli chiesto il nome o qualunque altra cosa. Era un idiota.
Non l’avrebbe ritrovato facilmente, soprattutto viste le condizioni in cui versava il ragazzo. Ogni notte che superavano era un miracolo, per quelli come lui. La mattina dopo sarebbe potuto essere morto per il freddo o per la fame, e lui non era stato capace di aiutarlo, completamente rapito dalla sua bellezza da non riuscire a muovere un singolo muscolo.
Se ne sarebbe amaramente pentito, ma ormai non poteva più far nulla.

La seconda volta che lo vide, era molto più malconcio della prima. Stava seduto sul ciglio della strada, una ferita sul sopracciglio destro sanguinava copiosamente, mentre l’occhio sinistro aveva un colore violaceo.
Ben non voleva assolutamente perdere la sua occasione, non questa volta.
Il ragazzo sembrava troppo stanco per fuggire, così lo raggiunse con calma, fermandosi proprio davanti a lui e inginocchiandosi per essere più vicino.
Il giovane aprì debolmente un occhio ed emise un lamento strozzato. Aveva ancora paura, ma non aveva davvero le forze per muoversi e fuggire.
«Ce la fai ad alzarti in piedi?» la voce di Ben era autoritaria.
Il ragazzo lo guardò perplesso, non riuscendo a capire dove volesse arrivare.
«Allora, ragazzo, ce la fai ad alzarti in piedi?»
Il rosso annuì lentamente, ma quando fece leva con le mani per tirarsi su, cedette e finì di nuovo schiacciato contro il marciapiede.
Ben sospirò e allungò le sue mani per prenderlo sotto le ascelle e aiutarlo, ma quello squittì come un topo in gabbia a cercò di allontanare quelle mani.
«Non voglio farti niente, testardo» disse Ben, contrariato. «Fidati.»
Il ragazzo continuava a scuotere la testa e cercare di allontanarlo, così Ben decise di provare almeno a dimostrargli che poteva fidarsi di lui.
«Freddy» chiamò il suo cocchiere, «va’ a prendere qualcosa di caldo da una locanda e torna qui il prima possibile.»
Il ragazzo era sempre più perplesso e guardava Ben come se fosse un mostro o un alieno.
«Come ti chiami?» chiese intanto il nobile, ma quello rimase muto e intimorito.
Freddy ci mise relativamente poco a tornare, tirando fuori il suo signore dall’imbarazzo più totale, visto che non avevano detto nessuna parola entrambi.
Passò al giovane una tazza di tè caldo e un tozzo di pane, che quello divorò in pochi secondi. Rischiò persino di ustionarsi la lingua nella fretta che mise nel bere il suo tè.
Dopo essersi rifocillato, sembrò in grado di alzarsi e reggersi in piedi da solo. Dovevano essere molte ore che non metteva qualcosa tra i denti, se era bastato quel semplice pezzo di pane per farlo alzare.
«Jamie Campbell» disse all’improvviso.
«Cosa?»
«Jamie Campbell, è il mio nome.»
Ben gli sorrise, contento. Il ragazzo era chiaramente irlandese, non soltanto per il nome ma anche per l’accento che aveva. Sembrava molto giovane, non gli avrebbe dato più di diciotto anni, ma la sua eccessiva magrezza poteva anche averlo ingannato.
«Bene, Jamie» disse allora Ben. «Vieni con me, se lo desideri. Posso darti un alloggio per questa notte e qualcosa di più sostanzioso da mangiare. Non devi temere nulla.»
Jamie lo guardava dubbioso. Sicuramente l’atteggiamento di Benedict non era normale: quale nobile si ferma nel bel mezzo della strada per soccorrere un ragazzo malconcio e decisamente povero?
Non che Benedict si potesse considerare un comune nobile. Questo, Jamie non poteva saperlo, però. L’unica cosa che gli fece accettare di seguirlo era il desiderio di dormire in un letto caldo, almeno per una notte in vita sua.
Lo portarono nell’appartamento da scapolo di Benedict, lo lavarono e lo nutrirono, per poi portarlo in una delle camere degli ospiti.
Lo lasciarono solo, lì, con un prezioso pigiama di seta che Jamie indossò, sorpreso di scoprire che era proprio della sua misura.
Benedict intanto si era rintanato in biblioteca a leggere, convinto di non rivedere il ragazzo fino alla mattina dopo.
Fu sorpreso quando Jamie entrò nella stanza, vestito solo con il pigiama.
«Ti serve qualcosa?» chiese, perplesso.
Jamie scosse la testa, mordicchiandosi il labbro.
«Volevo sapere… se c’era un modo per sdebitarmi» disse, titubante.
«Non c’è niente di cui sdebitarsi» disse l’uomo. «L’ho fatto volentieri, Jamie, sul serio.»
«Ne sono sicuro, solo che…» non aggiunse altro, e arrossì all’improvviso.
Senza parlare, si avvicinò alla poltrona dove Benedict stava leggendo e fece una cosa assolutamente sconvolgente.
Alzò una gamba, scavalcò quelle di Ben e si sedette sopra di lui.
«Ma cosa…?»
«Shhh» fece Jamie, mettendogli un dito sulle labbra. «So esattamente cosa fare per farmi sdebitare da te.»
Baciò le labbra con le sue, in un tocco leggerissimo.
Benedict non poteva credere a quello che stava vivendo. Si ritrovò di nuovo immobile, completamente rapito dal ragazzo di fronte a lui. Jamie aveva il potere di annullare completamente ogni suo tentativo di agire.
Il giovane spostò le labbra dalle sue per posarle dolcemente sul collo.
La lingua di Jamie era calda, mentre tracciava un percorso che dal suo collo andava alla sua guancia e poi alla sua bocca.
Il ragazzo, ancora a cavalcioni su di lui, aveva preso a baciarlo più intensamente, quando Ben mise le mani sul suo petto, cercando di fermarlo.
«No, Jamie, basta, basta» lo allontanò quel tanto che bastava a guardarlo in viso. Il giovane pareva parecchio confuso.
«Non devi farlo, Jamie.»
Gli occhi del ragazzino si riempirono di lacrime.
«Io pensavo che voi voleste…»
«No, Jamie» gli accarezzò dolcemente una guancia.
Il ragazzo si morse il labbro tremante, non si aspettava proprio questo.
«Non voglio approfittarmi di te» continuò Ben. «Io sentivo il bisogno di aiutarti, non ho mai pensato di avere qualcosa in cambio… qualcosa di questo tipo.»
Jamie era confuso e imbarazzato. Senza aspettare altro, si alzò e scappò via dalla stanza, rifugiandosi nella camera da letto che gli era stata assegnata.

Il giorno dopo, entrambi chiarino il malinteso. Jamie sembrava più tranquillo, mentre Ben non poteva fare a meno di ricordare la consistenza delle sue dolci labbra.
Therese era stata tenuta all’oscuro di tutto, e Ben non poteva che esserne felice. Soprattutto perché l’affetto che lo legava al piccolo Jamie cresceva ogni giorno di più. Sapeva di amarlo, anche se non poteva assolutamente fare nulla per cambiare le cose tra di loro.
Rifiutarlo era stato difficile, ma era stato per il suo bene e non si pentiva di quella scelta.
Purtroppo, anche Jamie stava cominciando a provare qualcosa per lui. Vivevano vicini, fianco a fianco, e ben presto cedettero alla passione.
Era una sera fredda, e Jamie aveva cercato rifugio tra le braccia di Ben dopo un terribile incubo. Il più grande l’aveva accolto nel suo letto, sapendo già in partenza che non avrebbe resistito.
Quando Jamie aveva poggiato le labbra sulle sue, non l’aveva fermato questa volta. Come poteva?
Fecero l’amore quella notte stessa, e molte altre notti.

Quando Ben gli disse che stava per sposarsi, il mondo crollò addosso a Jamie.
«Io pensavo che…» singhiozzò il ragazzo.
«Jamie, ero fidanzato con Therese da molto tempo e… »
«Molto tempo? Come hai potuto? Sei venuto a letto con me, mi hai amato e ora vieni a dirmi che sei promesso? Come hai potuto fare una cosa simile?»
Era veramente disperato, e Benedict provò in tutti i modi a consolarlo, dicendo che non era necessario che le cose tra di loro cambiassero.
Ma Jamie era inconsolabile. Credeva che Benedict lo amasse, che lo avrebbe protetto e che sarebbe stato suo per sempre. Si era illuso così tanto che il suo salvatore avrebbe sfidato la società per amarlo apertamente come tanto lui avrebbe desiderato.
Invece Benedict era di Therese, non sarebbe mai stato suo.
Il giorno delle nozze, Ben e Jamie fecero l’amore per l’ultima volta. Mentre Ben stava sposando la sua promessa, Jamie si era fatto preparare un bagno caldo e, con la lama che usava per tagliarsi la barba, si era reciso i polsi e aveva lasciato che il sangue scorresse, mentre la vita scivolava via da lui.
Era così che Ben l’aveva trovato al suo ritorno.

Benedict si svegliò con il fiatone e gli occhi fuori dalle orbite. Terrorizzato mise la mano di fianco a lui, sentendo le lenzuola fredde.
La sveglia accanto al comodino diceva chiaramente che erano le 5.57 della mattina del 13 marzo 2002.
Si alzò di scatto, correndo per raggiungere la piccola cucina e… lo trovò lì.
Jamie era seduto sullo sgabello intento a bersi una cioccolata calda e a leggere la sua rivista preferita. Erano soltanto le sei di mattina e tra poco meno di un’ora sarebbe uscito per andare al lavoro.
Non svegliava mai Ben, che iniziava a lavorare non prima delle nove.
«Jamie» disse sollevato, correndo ad abbracciarlo.
«Ehi, ehi, cos’è tutta questa voglia di coccole di prima mattina?»
«Ho solo avuto un brutto sogno» sospirò Ben.
Era un paio di notti che sognava quelle cose, e forse era dovuto al libro che stava scrivendo. Avrebbe dovuto darci un taglio al più presto.
«Sono qui, amore mio» disse il ragazzo, «non preoccuparti.»
Non si accorse che sui polsi di Jamie vi erano piccole cicatrici che il ragazzo nascondeva con orologi e bracciali.
Jamie sorrise e lo abbracciò stretto a sé.
«Non preoccuparti, amore mio, è stato solo un sogno».

«Un sogno…»

Benedict non capiva. Perché aveva sognato quel mondo dove scatole di metallo trasportavano le persone senza cavalli e il suo Jamie era ancora vivo?
La sua mente gli giocava forse brutti scherzi?
Sbuffò, e non si accorse che nella tasca della sua veste da camera era rimasto un piccolo oggetto di metallo che non aveva assolutamente senso, nel tempo in cui si trovava.
Un cellulare… L’ultimo messaggio era proprio di Jamie.
Ti amo, diceva.

 



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