Places
“We
chase misprinted lies
We face the path of time
And yet I fight, and yet I fight
This battle all alone
No one to cry to
No place to call home
My
gift of self is raped
My privacy is raked
And yet I find, yet I find
Repeating in my head
If I can't be my own …“
[Nutshell
– Alice in Chains]
- “Mi annoio.” Sentenziò Yotsuya, accarezzando svogliatamente Soichiro. Si sedette a terra, guardando il cielo. La giornata era calda e primaverile e la Maison Ikkoku era deserta. Guardò al bicchiere accanto a sé e con la punta delle dita ne tratteggiò indolente il contorno.
“Yotsuya, sempre a ciondolare, eh?”
- “Akemi.” Rispose, inespressivo. E
inespressiva era anche la donna dalla chioma fulva che gli si era parata
innanzi. Rimase per un po’ a fissarle gli occhi enigmatici e perennemente
socchiusi. “Sei vestita, ecco perché stentavo nel riconoscerti.”
- Akemi si sedette, bofonchiando. Era
stranamente ben vestita. Sembrava cresciuta
d’un colpo.
- “È tutto così silenzioso oggi.”
Sentenziò, piatta. “Deduco che ci sia solo tu in casa.”
- “Ottima osservazione,” rispose Yotsuya,
“anche Ichinose è uscita.”
- “Le cose cambiano anche qui…” Disse la
donna. “Da quando Godai e Kyoko hanno messo la testa a posto non c’è più
gusto nel prenderli in giro.”
- “Tu non corri questo rischio.” Affermò
l’uomo. “Di mettere la testa a posto, intendo. Solo un pazzo potrebbe
sposarsi con te!” E rise sguaiato, forzatamente.
- Akemi si irrigidì. Un brivido le percorse la
schiena e quasi spalancò gli occhi.
- Vide una bottiglia di birra alle spalle di
Yotsuya. La prese e la stappò.
- Yotsuya prese due bicchieri. Si infilò delle
bacchette nel naso e, mentre la donna versava la birra, asserì: “Sono un
tricheco.”
- Akemi sorrise. Dove
avrà preso quelle bacchette… Levò in alto il bicchiere e brindò con
il suo strano coinquilino: “Allegria, Yotsuya. Anche io ho messo la testa
a posto!”
- Yotsuya digrignò i denti, ma non parlò.
Abbassò per un attimo lo sguardo e poggiò il bicchiere per terra.
- “Il capo del Chachamaru…” Soffiò,
fissando Akemi dritta negli occhi.
- “Sì. Mi ha chiesto di sposarlo. Andrò a
vivere lì, infatti. Non nel bar, eh. Al piano di sopra, nel suo
appartamento…”
- “Perché.” Chiese l’uomo, senza
intonazione.
- “Perché non posso vivere in un bar,
Yotsuya. Va bene, non sono moralmente irreprensibile, ma…”
- “No, Akemi.” Yotsuya scosse la testa e
sfilò le bacchette dal naso. “Non intendevo questo. Perché… Lui. Perché
lo sposi.”
- La donna si alzò in piedi, il bicchiere
stretto in una mano. L’altra era in tasca e il vento le scompigliò i
capelli.
- Bevve un sorso, guardando il cielo: le nuvole
erano poche e bianchissime. I panni stesi da Kyoko erano asciutti e si
gonfiavano a causa della brezza come vele di una nave.
- Yotsuya bevve d’un sorso la sua birra e si
alzò. Stette in silenzio vicino ad Akemi.
- “Siamo qui da tanti anni e non abbiamo mai
parlato seriamente. Tante feste, tanti scherzi, tante bevute. Eppure… Non
so nulla di te. E tu… Tu cosa sai? Che ho avuto molti uomini e molte
delusioni? Che sono una sgualdrina che lavora in un bar?”
- “NO!” Yotsuya quasi urlò.”No.”
Abbassò la testa. “Non ho mai pensato che tu sia una sgualdrina. E anche
se non abbiamo mai parlato, come dici tu, in te non ho visto solo quello che
mi dicevi o quello che facevi…”
- Akemi sospirò.
- Poggiò il bicchiere ormai vuoto e si parò
dinanzi quell’uomo enigmatico.
- “Tu non troverai mai il coraggio di
fermarmi. Hai criticato Godai per così tanto tempo, eppure i suoi vizi non
sono così lontani dai tuoi. Chi sei? Cosa vuoi da me ora? Forza,
rispondimi.”
- Yotsuya strinse i pugni, violentemente.
Strizzò gli occhi e desiderò che tutto ciò che gli stava inaspettatamente
accadendo fosse un brutto incubo dovuto al sake. Guardò dinanzi a sé e
scoprì invece che era tutto vero. Si sentiva bloccato da un anestetico
potente.
- Akemi avvicinò le labbra al viso di Yotsuya.
Sfiorò col naso le sue guance.
- Stette lì per molti secondi, pensando ai
tanti anni vissuti nell’Ikkoku-kan.
- Mi
sveglierò di mattina e non sarò più nella mia stanza… Nella stanza
numero sei. E non vedrò Ichinose, né prenderò in giro Godai. Non sarò
rimproverata da Kyoko per il mio abbigliamento. Non berrò più all’ingresso, né
architetterò più scherzi sadici con…
- Poggiò infine un piccolo bacio all’angolo
della bocca di Yotsuya e sorrise amaramente.
- L’uomo era rimasto fermo per tutto il
tempo, le braccia rigide lungo i fianchi e lo sguardo fisso davanti a sé.
- La fulva cameriera si allontanò di poco e
prese a fissarlo di sottecchi. Si accese una sigaretta, lentamente.
- “Se è questo che hai scelto… Buona
fortuna, Akemi.”
- “Grazie, Yotsuya. Buona fortuna anche a te.
Ci vedremo spesso, però. Non cadiamo nella trappola di quei patetici addii,
ti prego.” Eppure Akemi sentiva di non credere del tutto alle parole che aveva appena pronunciato.
- L’uomo sorrise a bocca chiusa. Riprese le
bacchette e, senza infilarle nel naso, disse: “Sono un tricheco…”
- Le fece cadere a terra.
- “Versiamoci da bere, sono sicura che
Ichinose stia tornando.”
- Yotsuya si infilò il cappello. “Mi
dispiace. Devo andare a lavorare… Ci vediamo.”
- E si incamminò.
- “Yotsuya, aspetta!”
- “Dimenticavo. Hai ragione su tutto quello
che hai detto. Credo. Ti bacerei ancora, probabilmente, ma non posso. Non si può.”
Non si voltò mentre parlava. Akemi rimase a fissargli la schiena e si sentì
minuscola. La sigaretta si stava consumando a causa del vento.
- “Sarai felice, Akemi. Quell’uomo ti ha
sempre voluto bene.”
- Quando voltò l’angolo, Akemi si sedette
vicino a Soichiro e iniziò ad accarezzarlo. Il cane guaì.
- “E tu sarai felice?”
- Sbuffò, alzandosi e sistemandosi la gonna.
Buttò la cicca a terra e la calpestò.
- “Aspetterò che rientrino tutti.”
Rassettò l’ingresso raccogliendo la bottiglia e i bicchieri.
- “Chi se la sente Kyoko, altrimenti.” La
sua bocca si piegò in un sorriso stentato.
- C’erano anche due bacchette. “Che
schifo.” Rise. E rimase a guardarle per un po’, prima di dirigersi nella
sua stanza per impacchettare le sue cose.
- Fu avvolta da un insolito silenzio. Quando
inserì la chiave nella toppa, la serratura della sua stanza scattò,
risuonando metallica.
- ***
- Qualche piccola nota su questa One Shot.
- Ho sempre sognato di scrivere qualcosa su
Maison Ikkoku. È un manga che adoro e avrò riletto non so quante volte.
*__*
- E gli inquilini strampalati dell’Ikkoku-kan
hanno sempre destato in me una curiosità infinita!
- Partiamo dal presupposto che il capo del
Chachamaru è per me grandioso, e che quindi non ho nulla contro lui.
Partiamo poi dal presupposto che credo che Akemi dopotutto gli voglia un
gran bene.
- Ma… Ho provato a scribacchiare qualcosa sul
momento in cui Akemi avrebbe annunciato questo matrimonio. E non riuscivo ad
immaginare altro interlocutore al di fuori di Yotsuya.
- Akemi, così disinibita e complessa. Yotsuya,
così misterioso e scroccone.
- Ho rischiato l’OoC? Non lo so,
probabilissimo. Ma io questi due li vedo così…
- A un certo punto faccio dire ad Akemi “Allegria!”.
Non è per darle un tono da presentatrice televisiva xD, ma perché
adoravo come la seconda doppiatrice della signorina Roppongi lo diceva
nell’anime.
- Era così mellifluo e cantilenante!
- Grazie a chiunque abbia letto!
- Buon tutto,
- Kuroi