A Francesca.
Perché
dopo ventisei episodi l’ assenza di Graham fa ancora male.
A
Francesca perché rimane con me, sempre.
Where is the hope in a world so cold?
«Nothin' goes as planned.
Everything will break.
People say goodbye.
In their own special way»₁
Ad occhi chiusi
può fingere- può fingere di stare bene,
può fingere che non sia successo nulla, che la sua vita sia
sempre uguale. Ad occhi chiusi può fingere ciò
che vuole, può illudersi che vada tutto bene. Non
è mai successo nulla, non ha mai impugnato una spada contro
una creatura mostruosa che tentava di ucciderla, non ha mai salvato
nessuno: è ancora quella donna davanti ad una sola
candelina, il giorno del suo ventottesimo compleanno, ad occhi chiusi,
ad immaginare un mondo diverso.
È il telefono
che la risveglia. Riapre gli occhi Emma, si costringe quasi, torna al
mondo reale, fuori dalle sue elucubrazioni, dentro al suo ufficio.
È distratta Emma, e non dal cellulare che squilla, e le voci
che sente non sono quelle concitate nel corridoio. Le voci –
la voce di suo figlio, che irrompe, “ci hai salvato
tutti” dice. Mente Henry, perché lei non ha salvato tutti,
non ha fatto tutto ciò che avrebbe potuto fare.
Doveva, il suo destino
era scritto e nascosto negli anfratti di una cella lontana in altri
mondi, il suo nome ripetuto decine di volte, marchiato da inchiostro
magico e sangue, nelle vene di Snowhite, e invece aveva
fallito, come sempre, anche allora.
Dice “Ho
fallito”, e ci crede, perché quello che le rimane
è una giacca abbandonata in un angolo nell’ufficio
dello sceriffo.
Da sempre, Emma
è realista, e non crede. Non ha mai creduto ad una parola di
ciò che la gente dice, ha sempre dovuto vedere le cose,
accertare fatti e situazioni, sbatterci contro, farsi male,
perché di fidarsi non
ne ha il coraggio lei- per poi illudersi, perché? La vita le
ha insegnato che nascondersi nelle crepe del muro che erige contro le
persone brucia meno, è sopportabile, almeno così;
ha imparato a difendersi, spesso da lei stessa.
Si nasconde, Emma, dai
suoi sentimenti, perché la rendono vulnerabile, si stringe
un po’ più vicino alle macerie che rimangono delle
sue, ormai inutili, difese; si stringe fra le braccia ma si avvicina
all’appendiabiti, non riesce a farne a meno, non riesce a
sopportare il peso di quello che è accaduto ma si costringe
un po’: trema.
Trema la mano che si
avvicina a sfiorare la giacca, un po’ sgualcita, ormai
inutilizzata, a sentire sotto i polpastrelli la pelle fredda della
manica, e trattiene il respiro Emma, perché il profumo di
Graham arriva fin lì, dal fondo della sua memoria di quei
pochi giorni passati a perdersi e ritrovarsi, e i suoi occhi diventano
lucidi a guardare la spilla da sceriffo, eco ormai remoto di lacrime di
sere passate.
Avrebbe potuto salvarlo
e non l’ha fatto. Lei è la salvatrice,
e per lui non lo è stata.
Ha fatto in modo che
ricordasse il suo passato, che ritornasse in possesso della propria
identità.
“Ho spezzato
la sua maledizione” dice sottovoce, ma non gli ha restituito
il cuore strappato ormai anni –o mondi?- prima, e ora
capisce: i tasselli confusi di quel puzzle, di quel gioco troppo grande
per lei, tornano faticosamente al loro posto.
“Un
bacio di vero amore può spezzare ogni maledizione”
dice Henry.
“Mente”
pensa Emma, perché lei non lo ha salvato, perché
lei doveva proteggerlo e non l’ha fatto: Graham non
è il suo vero amore.
La consapevolezza di
questo pensiero la colpisce in pieno, come uno schiaffo: trema Emma, di
rabbia e “Perché?” si chiede.
Distoglie lo sguardo, si
allontana da tutto, dai pensieri che fanno male; si lascia scivolare
sulla sedia girevole dietro la scrivania, accasciandosi sui verbali non
scritti e penne che, oggi, rimarranno inutilizzate.
“È
morto” sussurra, “è morto, morto,
morto” ripete come una litania “e io non
l’ho salvato”.
Era il suo vero amore
Emma: ciò che cercava da sempre, la speranza di ritrovare il
suo cuore, di poter vivere, di sentire qualcosa- e urlare, infine,
“Finalmente!” e baciarla fino a non aver
più fiato, e guardarla negli occhi, e amarla come nessuno
avrebbe mai fatto.
Si addormenta Emma,
anche se non vuole abbandonarsi agli incubi che la tormentano, e dietro
la porta dell’ufficio, Mr. Gold schiocca le dita e –
“Te lo devo, Emma Swan” sussurra-
sorride in silenzio e si allontana lungo il corridoio ora deserto.
Quando apre gli occhi,
Emma è all’aperto. Nelle narici odore di erba
bagnata, e terra soffice sotto le dita e fra i capelli.
È
disorientata e “Dove sono?” si chiede. Ha solo il
tempo di rialzarsi, e “Una foresta” realizza, che
qualcuno le viene incontro, un elmo e un pugnale stretti in mano.
Rabbrividisce fin dentro le ossa, e sicuramente non solo per il freddo
che penetra da sotto la maglietta leggera che indossa.
Il freddo, in
realtà, è l’ultima cosa a cui pensa. Il
cuore perde un battito, e due e tre, e riprende a battere velocemente,
schizza fuori dalla gabbia toracica, perché riconosce la
figura che avanza, sicuro il passo, a testa bassa. Sente la sua
presenza, più che vederla chiaramente, e
d’improvviso sa- “Sono nella foresta
incantata” sussurra.
Il cavaliere alza la
testa, strizza gli occhi e la osserva attentamente, si ferma.
Si avvicina Emma, non sa
cosa dire, in silenzio gli rivolge un mezzo sorriso, aspetta.
“Salve? Ha
bisogno d’aiuto?” le chiede, e un fiume di parole e
ricordi le si riversa nei pensieri, perché la sua voce
l’avrebbe sempre riconosciuta, anche a migliaia di mondi di
distanza dal suo.
Sta zitta Emma, e tutto
attorno l’aria sembra mancare, perché ha bisogno
di fare un profondo respiro prima di parlare, ma è comunque
in un sussurro che dice “Sei tu?”
“Ci
conosciamo?” la interroga l’uomo, ed Emma, dentro
di sé, un po’ muore quel giorno, di nuovo come
allora, insieme alla scintilla di speranza che aveva preso vita nel
disperato desiderio di rivederlo- e capire.
“Non mi
riconosce, non so chi sono” pensa e fa male tutto, si spezza
qualcosa nel suo equilibrio, e “Credo di aver sbagliato
persona” dice: crolla tutto.
Ha il folle bisogno di
toccarlo, di capire e sentire di nuovo gli occhi dentro i suoi, le mani
sul suo viso- ha il disperato, folle bisogno di sentire il cuore
batterle contro le costole, perché quella sera, ora lo sa,
il suo cuore si è fermato insieme a quello di Graham,
stritolati entrambi nella stretta feroce di Regina.
Ora lo sa, mentre si
avvicina –“Non mi importa” si ripete- e
lui sorride illuminato dal sole, e scendono le lacrime sulle guance di
Emma, la mano di Graham a scacciarle via, finalmente.
“Non
piangere” le dice, ed è ancora quel sorriso, meraviglioso sorriso
che le rivolge e poi, inevitabilmente, diventa tutto buio.
«You better shut your mouth
And hold your breath and kiss me now
And catch your death»₂
«Now
that I know what I'm without
You can't just leave me
Breathe into me and make me real»₃
Si risveglia nel suo
ufficio, sulla poltrona e fra le sue cose, ed “Era un
sogno!” sussurra e ancora le lacrime scendono, ed un pensiero
le ingombra la mente, non può fare altrimenti.
Ora lo sa, se non
è amore il suo cos’è?
Non è amore
forse passare le notti insonni, la giacca ancora appesa, il
caffè alla cannella sempre al solito posto, le ciambelle e
la spilla al petto, e tutto perché i gesti quotidiani le
ricordano un po’ di lui? Se
non è amore vederlo in ogni persona che incontra per le
strade di Storybrooke, sperare con tutte le sue forze che sia lui
–e illudersi, perché sa che non tornerà
più, “È morto, morto, morto”
sussurra sempre e si convince che va tutto bene, che
andrà tutto bene- , se non è amore
sentire un cratere all’altezza del petto, e una mancanza
assurda, come se fosse aria, se non è amore questo, allorache
cos’è?
Non ha più
dubbi Emma, e quando si ravviva i capelli dietro l’orecchio
tutto si fa più chiaro.
Ora sa cosa deve fare, e
lo farà. Perché glielo deve, perché
è sempre stato il destino a mescolare le carte, incrociando
le loro vite a pezzi e perse e insicure, e ora, per sempre,
dipenderanno una dall’altra.
Lo ama,
-“Ti amo” dice- ed è il motivo
più chiaro e semplice, il più bello che potesse
trovare.
Stringe nelle mani la
foglia rimasta impigliata nei suoi capelli, respira forte
–“È successo davvero” dice e
ora non deve stare più in silenzio, può gridarlo
forte al mondo- ed esce dal suo ufficio.
Dietro di sé,
lascia ancora il profumo di bosco e di Graham.
«All is lost but hope remains and this
war’s not over »₄
Note.
Non ho
nient’altro da dire, solo che la
storia è dedicate alla Frà,
perché Graham ci manca da morire e perché fra un
po’ è il suo compleanno e io dovrei studiare per
il mio primo esame (che devo fare proprio lo stesso giorno, argh) e mi porto in anticipo:
goditi la storia darling, sperando che ti piaccia
davvero, è tutta tua.
Fremme is my neverending OTP,
don’t forgive that ❤
₁ In my veins, A. Belle
₂ My skin, N. Merchant
₃ Bring me to life, Evanescence
₄ Shattered, Trading Yesterday