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Autore: miss potter    23/01/2013    3 recensioni
"Ami come nessun essere umano potrebbe, ami come nessun essere umano dovrebbe".
Genere: Sentimentale, Slice of life, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes , Sig.ra Hudson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mosquito
 

 
Di ritorno a Baker Street, carico di borse della spesa e di stanchezza, John si domandava il motivo per cui dovesse continuare ad apparire a se stesso e agli altri così maledettamente masochista.
Lui lavorava, rischiava la vita ogni giorno alle calcagna di criminali internazionali, salvava la vita ai sociopatici, andava a fare la spesa, chiamava l’idraulico e l’elettricista, il tutto senza mai protestare né tentare di far notare al proprio coinquilino che, almeno per una volta, avrebbe potuto sacrificare giusto un po’ del suo tempo prezioso per dargli una mano.
Tuttavia, ogni eventuale dubbio e salda presa di posizione sfumava al vento non appena il medico ritornava nella realtà del proprio appartamento. Perché non si poteva certo chiedere al grande Sherlock Holmes di interrompere i propri esperimenti con l’acido solforico sul tavolo nuovo in cucina che John aveva comprato.
“Ehm… Sherlock?”
“Mh.”
“Che cosa stai facendo sul mio tavolo?” gli chiese il medico non appena fece capolino dalla porta della cucina, le braccia conserte sul petto.
“Sul nostro tavolo, John.”
“Che cosa stai facendo sul nostro tavolo, Sherlock?”
“Un esperimento.”
“Oh, questo lo vedo.”
L’aumento della voce del proprio coinquilino di una buona ottava distrasse per un momento il detective dalla macchia di acido su un campione di materiale indefinito che si andava pericolosamente ad allargare fuori dalla superficie di sicurezza, oltre la quale c’era il legno del tavolo in questione.
“E allora perché ti ostini a farmi domande idiote?”
“Perché quel tavolo mi è costato la bellezza di duecento sterline, diamine!”
“Centonovantanove sterline e novantanove, John.”
Il medico sospirò e preferì ritirarsi in soggiorno prima di dare ascolto all’incessante prurito alle mani che avrebbe volentieri scaricato su quegli zigomi appuntiti.
“Cerca solo di fare attenzione, per favore.”
Fece giusto in tempo a togliersi la giacca, sedersi sulla propria poltrona ed allungare una mano verso il quotidiano sul tavolino di fronte che, dalla cucina, provenne un ops che lo fece trasalire in ogni fibra del suo essere.
“Dio, lo uccido.”
Si alzò di scatto, dirigendosi verso la scena del crimine con una inquietante gradazione di rosso sulle guance.
“Non l’ho fatto apposta” tentò di giustificarsi il criminale in piedi di fronte al tavolo col tono e l’espressione di un bambino che ha appena rotto il vaso preferito della madre.
Fissare il piccolo buco che si era creato nel legno circa al centro del mobile fu per John come se davanti agli occhi gli si fosse materializzata la scena di lui mentre apriva il portafoglio, tirava fuori duecento sterline e le gettava nel gabinetto, il quale dopo aver tirato lo sciacquone gentilmente gli rigurgitava il centesimo.
Sherlock si preoccupò terribilmente quando John sembrò aver dimenticato come respirare.
“John?”
“COSA?”
“Mi dispiace.”
“Certo che ti dispiace! Ti dispiace sempre, Sherlock! Ma sai una cosa?” urlò il medico tornando in salotto e agguantando la propria giacca “Ho proprio bisogno di un po’ d’aria, adesso.”
“John, sii ragionevole…”
“Lo sono! Infatti, ti lascio il tempo per ripulire tutto, mettere in ordine e preparare la cena. Se quando torno a casa non hai fatto tutte e tre queste semplici cose, che di solito lasci l’immenso piacere di fare al sottoscritto, non mi disturberò a togliermi la giacca.”
Detto questo, uscì dall’appartamento sbattendosi dietro la porta ed allarmando oltre misura la signora Hudson che si precipitò nel pianerottolo prima che John uscisse definitivamente in strada.
“Che succede, caro?” mormorò facendo capolino dal 221 A.
“Nulla, signora Hudson” le rispose John trottando giù dai diciassette gradini. “Il genio che mi ritrovo come coinquilino ha di nuovo giocato al piccolo chimico rovinando l’ennesimo tavolo.”
L’aria fresca di quel tardo pomeriggio di primavera si rivelò un toccasana per Watson. S’incamminò fino al parco vicino dove prese posto sulla prima panchina libera ai piedi di una grande quercia, prendendosi dunque la testa tra le mani.
Ultimamente, vivere con Sherlock si stava rivelando più difficile del solito.
Dopo il suo ritorno, il loro rapporto si era ristabilito, aggiustato, in qualche modo. Certo, non si erano parlati per giorni quando il detective decise di riemergere dall’oltretomba e ripiombare nella vita di John come se nulla fosse. Ma poi, era tornato tutto come prima, o quasi.
John si accorse che si ritrovava a perdonargli molte più cose di come faceva prima della caduta, quasi come se avesse firmato un patto col destino affinché tutto il dolore che aveva provato per quei lunghi ed estenuanti tre anni non si ripresentasse mai più, anche se avesse dovuto sopportare una colonia di larve nella vasca da bagno, dieci teste mozzate nel frigorifero e la puzza di zolfo in salotto per altri vent’anni come prezzo per evitarsi un’altra simile sofferenza. Mai più, si era ripromesso.
Così, lui e Sherlock s’erano ritrovati a condividere molto più che l’affitto e la sopportazione dei reciproci difetti. Il loro affetto s’era enormemente dilatato, sfociando e fiorendo in qualcosa di più che il semplice apprezzamento l’uno nei confronti dell’altro, la complicità e l’amicizia già profondamente radicate.
Addirittura, una sera era capitato che John, sdraiato pigramente sul divano davanti ad un infimo programma della BBC, si fosse ritrovato il detective, tornato leggermente alticcio da una serata fuori con Lestrade, letteralmente disteso addosso.
“Sherlock, c-che fai?” gli aveva chiesto nel panico, cercando di levarselo di dosso senza tuttavia raggiungere risultati soddisfacenti.
“Sei comodo” fu l’unica risposta che ottenne, biascicata tra i denti.
In effetti, ripensandoci, non fu una sensazione così orrenda, soprattutto quando i capelli vaporosi e morbidi di Sherlock vennero a contatto con la propria guancia e il proprio petto col torace ampio e muscoloso del detective.
Rimasero così tutta la notte. Sherlock, addormentato come un bambino sopra John, e questi incapace di muoversi e di trattenersi dall’osservarlo dormire, le proprie dita tra i ricci indomabili dell’altro, in un abbraccio che di fastidioso non aveva proprio nulla, anzi.
“Non sono gay non sono gay non sono gay non sono gay!” era diventato il mantra del medico dopo quell’episodio.
Mentre rifletteva, col viso sprofondato nei palmi, il proprio udito venne risvegliato dal rumore noioso e sibilante dello svolazzare di una zanzara che, insistente, si era messa a vagabondare vicino alla sua testa provocandogli ogni tanto un leggero solletico all’orecchio dove, ad un tratto, si andò a posare, per poi sfarfallare via di nuovo quando la mano destra del medico si sollevò repentinamente per scacciarla. Ma, in meno che non si dica, eccola tornare a posarsi sul polso di John, poi sulla fronte, ed infine sul ginocchio.
John si arrese ed abbandonò i propri pensieri per osservare l’insetto: sembrava molto impegnato a pulirsi le zampette lunghe e pelose non capendo come mai non riuscisse a perforare la stoffa dei jeans della sua preda, nonostante mantenesse il controllo della situazione mediante le decine di sensori sparsi lungo tutto il corpo grigio scuro, le ali frementi, le antenne attente e mobili.

                                                                                                                                              Mosquito, mosquito
                                                                                                                                                    Buzzing around
                                                                                                                                             Landing on my knee

                                                                                                                        How can I truly be angry with you?
                                                                                                                             All you want is to be part of me

La osservò a lungo, notando come più s’impegnasse a scacciarla, più questa insistesse nel posarsi sempre da qualche parte sul proprio corpo.
E si ritrovò a sorridere senza volerlo.
                                                                                                               
                                                                                                               Now we are lying and counting the leaves
                                                                                                                                             Underneath our tree
                                                                                                                        How can I truly be angry with you?
                                                                                                                            
All you want is to be part of me
                                                                                                                               You love like no human could
                                                                                                                              You love like no human should



Scosse la testa, ridendo di se stesso e di quell’assurda contemplazione che lo impegnò per molto più tempo di quanto si potrebbe credere.
Nel momento in cui s’alzò, l’insetto volò via e sparì dalla sua vista. Nessuno può dire con certezza se sparì davvero tra le piante del parco o se lo seguì fino a Baker Street, fin su al suo appartamento.
“Sherlock?” chiamò quando John rientrò a casa, avanzando in soggiorno.
Buttò un occhio in cucina e, con sua somma sorpresa, notò come il tavolo fosse stato sgomberato dai vari becher, alambicchi, provette e quant’altro che erano stati invece sostituiti da una bella tovaglia, quella che serbavano per occasioni importanti, e da due piatti, due bicchieri da vino, le posate e una candela accesa al centro.
Quasi non si commosse John alla vista della tavola apparecchiata, e di Sherlock ovviamente, in giacca e camicia, appoggiato al piano cottura a braccia conserte.
“Mi dispiace” mormorò questi, spiando il coinquilino da sotto la zazzera di ricci bruni.
John scosse la testa sorridendo sotto i baffi ed accarezzando il detective con lo sguardo.
“Sono uno sciocco, incoerente, non programmato per restare arrabbiato con te più di dieci minuti…” riuscì a dire prima di raggiungere la tavola e sfiorare coi polpastrelli la tovaglia ricamata.
“Ho anche tentato di cucinare qualcosa, ma… ho pensato che meritassi di vivere ancora per una quarantina d’anni, dunque ho ordinato il solito al cinese.”
L’abbraccio partì spontaneo. John strinse a sé Sherlock con forza, fregandosene altamente di quello che avrebbe potuto pensare quest’ultimo, il suo lato eterosessuale e la gente.
Poi, mandando definitivamente all’aria ogni inibizione, para mentale o mantra che fosse, allontanò di poco il viso da quello di Sherlock, ma solo di poco, lo stretto indispensabile per fondere il proprio sguardo con quegli straordinari occhi verdazzurro che lo fissavano curiosi e pieni d’aspettativa, e congiungere così le proprie labbra con quelle a cuore del coinquilino.
                                                                                      
                                                                                                                   Poison, the poison, I taste on your lips
                                                                                                                                             Makes the apple red
                                                                                                             Wouldn't you love if I fell like Snow White
                                                                                                                                        Slumbered in your bed?
                                                                                                                               
You love like no human could
                                                                                                                              You love like no human should



“Il solito andrà benissimo” sussurrò John ad un certo punto, a fior di labbra, lambendo con la lingua l’arco di Cupido di un boccheggiante detective.
“Scusa John, ma vorrei assaggiare un altro po’ di quel fantastico antipasto di poco fa.”
Sorrisero entrambi, immergendosi ancora una volta in un bacio ancora più profondo ed intimo che a Sherlock fece dimenticare metà tavola periodica e a John l’odore di bruciato e l’enorme pila di pentole da scrostare nel lavandino.

                                                                                                                                        How can I truly be mad
                                                                                                           When all that you want is to be part of me?1






(1) le parti scritte in corsivo fanno parte della canzone cantata da Ingrid Michaelson, "Mosquito". L'ho scoperta per caso vagabondando per youtube tra i video a tema Johnlock. Sembra davvero scritta per loro... *vomita cuori*
Questo è il link del video in questione --> http://www.youtube.com/watch?v=A4fmgGpqeTg 
 
Author's Corner: *si nasconde nell'angolino più buio del suo Mind Palace vergognandosi a morte*
Ehm, ebbene sì. Sono una nuova arrivata e spero che siate clementi per questa... mia cosa. E' la prima fanfiction che pubblico, già perchè è da qualche tempo che le mie cartelle di Word sono letteralmente infestate da questo tipo di storie.
Che dire? Adoro questi due piccoli piccioncini pucciosi come mai avrei pensato di arrivare a fare dal primo momento in cui mi sono appassionata di questa serie TV. Mi avventuro ad occhi chiusi e con estrema umiltà in questo fandom e spero che riesca a farmi apprezzare.
Grazie se vorrete lasciare un commento (accetto critiche costruttive, frutta, vegetali di ogni tipo in faccia e consigli).
See you!

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