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[N.B: Il frammento da me tradotto costituisce il proemio della tragedia di Ennio, in cui la nutrice di Medea ricorda l'impresa di Giasone e degli Argonauti.]
Ma vorrei in cuor mio che gli alberi
non fossero crollati
tra le scuri e tra le fronde del Pelio,
quanta gioia se quel legno
non avesse preso il largo
- che a gran voce come Argo era invocato -,
con cui Argivi tra i migliori
si recavano in Colchide
per sfiorare l’aureo vello di un ariete;
ma così ordinò Pelia,
re di Iolco e dell’inganno:
e infatti mai la mia signora
di sua sponte avrebbe smesso
di calcare con il piede la sua patria –
la mia Medea dolente, e
senza meta errante,
trafitta da un amore avvelenato...
Metto qui il testo originale, casomai qualche latinista disperato come me volesse confrontare i due testi:
"Utinam ne in nemore Pelio securibus
caesa accidissent abiegnae ad terram trabes,
neve inde navis incohandi exordium
coepisset quae nunc nominatur nomine
Argo, quia Argivi in ea delecti viri
vecti petebant pellem inauratam arietis
Colcis imperio regis Peliae per dolum;
nam numquam era errans mea domo efferret pedem
Medea animo aegro amore saevo saucia. "
Fatemi sapere che ne pensate. :)