24/01/2013
3 recensioniQui nel Distretto 13 la vita non è facile, ma io riuscirò a superare tutto finché avrò Finnick accanto. Già immagino la sua reazione quando saprà che avremo un figlio, insieme. I suoi occhi si illumineranno di una nuova luce raggiante. Le sue labbra si allargheranno in un sorriso caloroso e perfetto. Le sue braccia mi solleveranno da terra per stringermi al suo corpo. Ogni singola parte di lui esprimerà gioia, e la rivoluzione sarà finita. Nostro figlio vivrà in un mondo senza sofferenze, senza Hunger games. Ho già scelto il nome: se sarà un maschio voglio chiamarlo Angel, perché è come un angelo piombato nella nostra vita; se sarà una femmina voglio chiamarla Destiny, perché è stato il destino che per una volta ci ha voluto graziare. Immagino le sue manine stringersi intorno alle mie, immagino il magnifico momento in cui pronuncerà la parola “Papà”, perché sono sicura che quella sarà la prima. Immagino Finnick chinato sul nostro bambino che lo fa divertire giocherellando con lui. Immagino il giorno in cui gli insegnerà a nuotare, stando bene attento a non perderlo mai di vista. Immagino il momento in cui Katniss e Peeta lo vedranno… con loro si troverà bene, e saranno loro il padrino e la madrina. Sì, è tutto deciso fin nei minimi dettagli. E in tutto ciò, io starò a guardare per imprimere questi momenti nella mia memoria. Che poi, cosa potrei dare al nostro bambino se non ci fosse Finn? Niente, ecco la verità. Io sono pazza, io non ce la farei da sola. Probabilmente dovrebbe subire i miei continui momenti di trance, in cui mi estraneo dal mondo e ritorno nell’arena per vedere ancora una volta troppo sangue che schizza fuori da corpi innocenti. Finnick, invece, sa controllarsi. Lui sa essere più forte di tutto questo, lui non è diventato pazzo dopo aver vinto gli Hunger games. Lui è rimasto forte ed è diventato la mia colonna, costretto a subire non solo i suoi di incubi ma anche i miei. Solo che stasera ho un brutto presentimento… non del genere “sto per avere un altro attacco di pazzia” ma di quelli “Perché non ho ancora notizie di lui?” così spalanco la porta e mi catapulto nell’ufficio della Coin.
-Dov’è lui?-
-Annie stavo venendo a dirti che mi hanno appena comunicato che Finnick sta bene…-
-Lei mente!- sento la rabbia montare sempre di più. -MI DICA SUBITO DOV’È FINNICK!-
-Annie, cara… mi dispiace così tanto. Era un ragazzo così speciale, quel Finnick.- e così scopro che anche la Coin, molto infondo, ha un cuore. In ogni caso non le lascio continuare la frase. Sento la terra mancarmi sotto i piedi, mi butto su una sedia e inizio a piangere rannicchiandomi sempre di più. No, non come quando ripenso all’arena, ma come quando la tristezza mi sta consumando dentro. Adesso quale sarà la prima parola di nostro figlio? Chi gli insegnerà a nuotare? E chi darà a me la forza per andare avanti? In un attimo riprendo il controllo, pur continuando a piangere. Voglio uscire in superficie, voglio sentire l’aria che cerca di rimarginare inutilmente le ferite troppo profonde. Mentre cammino per i cunicoli del Distretto un’idea da pazza si fa spazio nella mia mente: io non posso continuare a vivere, non senza Finnick. Accelero il passo, mentre una serie di pensieri contrastanti fa una lotta tremenda nella mia testa. Ma è proprio mentre sto per salire che qualcuno mi sussurra di rimanere per nostro figlio. Riconosco la voce di Finnick, non è morto, è qui! Mi volto, ma sono completamente sola. Dove sei Finnick? Dove ti stai nascondendo? Ancora in preda a pianti isterici sento di nuovo mancare la terra sotto di me e questa volta svengo, sentendo come ultima cosa una voce che mi dice addio e delle labbra che si posano sulle mie.