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Autore: LumineNoctis    25/01/2013    4 recensioni
Zeus ha avuto figli.
Poseidone anche.
E Ade?
Questa Fanfiction è basata sui fatti, leggermente distorti, del primo libro della saga di Percy Jackson. E' la mia prima vera Fanfiction, spero di trovare il tempo necessario per dedicarmici. ^^
'Si inchinò anche alla Regina degli Inferi, e poi si bloccò. Mi aveva visto, interrompendo il suo inchino a metà. Per quanto non fosse una creatura particolarmente intelligente, capì in poco tempo chi fossi. Sarà stato per via dei miei occhi innaturalmente rossi e gialli. Fece un passo indietro, preoccupata.
- Divino Ade, chi è questa mortale? – fece, indignata.
- Non parlare così di mia figlia, Echidna. E’ mia figlia, si. E’ una semimortale, una mezzosangue. – disse annoiato Ade.
- Una semidea – sussurrò Echidna.'
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Sognai, di notte. Non sapevo dire se fosse un incubo od un bel sogno, ma avendo vissuto quattordici anni circondata dell’incubo peggiore per molti mortali, la morte, beh, avevo un concetto di ‘paura’ molto particolare.
C’era una grande distesa blu, quella che mi affascinava tanto, quella delle cartoline sgranate di Caronte. La distesa si increspava, di distendeva, si piegava su se stessa si contorceva all’infinito. C’era un suono rombante, costante, ritmato, assolutamente rilassante e fiero. C’era il sole, quella palla luminosa che non avevo mai visto, che la mia pelle non aveva mai avvertito, che mi ero immaginata tante volte dopo i racconti di Persephone. E poi c’era una cosa strana, una sorta di piacevole brivido lungo la nuca, che si inoltrava nella mente e faceva vibrare di delicato piacere tutte le membra. Arrivava ogni volta che inspiravo. Un odore. O almeno, quello che pensavo fosse un odore, dato che non ne avevo mai sentito uno in tutta la mia corta e monotona vita. Sapeva di fresco, di pulito, ed era anche pungente, salato. Aveva un pizzico di quel retrogusto che sentivo nel Nettare, ma non sapevo definirlo con nessuno dei miei sensi. Ma poi, tutto si scurì, o forse fu solo il sole che si spense. Un fulmine si abbatté sulla distesa blu, illuminandola di luce elettrica ed azzurrina. Rabbrividii nel letto. E poi, il velo si divise. Quelle pieghe schiumose che si formavano ribollirono al confine del baratro che si formò. Sul fondo dei due muri di roba blu che si erano formati, spuntò un grosso braccio, che chissà perché non riuscivo a visualizzare bene, come i morti, che li vedi chiaramente solo con la coda dell’occhio. Il braccio si alzò, sferzò la roba blu, creò altra schiuma bianca e altre increspature. Un ruggito scosse l’aria, e io mi ritrovai nel letto, i capelli incollati al collo dal sudore freddo, a fissare le venature bronzee del soffitto.
Scostai le coperte con un calcio, ed appoggiai i piedi sull’ossidiana gelida, ma non mi mossi neanche quando i polpacci urlarono per il freddo urticante che si era insinuato su per le mie gambe. Ma il dolore fisico sciacquò via l’irrequietezza strana ed indefinibile che mi stringeva le costole e lo stomaco.
Mi alzai dal letto, intorpidita. Mi sfilai la canotta e lasciai scivolare giù i pantaloni lungo le mie gambe magre. Dopo due respiri profondi, mi sentii meglio. Aspettai che il sudore evaporasse, fino a sentirmi la pelle di nuovo asciutta.
Perché questo incubo? Possibile che la consapevolezza di incontrare mia madre per la prima volta mi giocasse questi scherzi?
Scossi la testa.
Solo un incubo. Un incubo, Cinder.
Uh, quello era il giorno del mio compleanno, mi ricordai. Mi infilai una delle toghe nere, scesi le scale, ed andai a sedermi sopra il trono di ossa fuse di mio padre. Andiamo, ero, come dire, la principessa degli Inferi. Un incubo faceva quell’effetto a colei che in qualche modo era padrona della morte? Inverosimile.
-          Auguri, Cindy! – esclamò melliflua Persephone, arrivando nell’atrio. Aveva un vestito di raso grigio, con inserti di perle sullo strascico.
-          Grazie – sorrisi.
-          Uhm, si, ‘guri – grugnì Ade, arrivando poco dopo di lei e portandosi dietro una zaffata di zolfo.
Feci una smorfia.
Lui mi fissò, aspettando che mi levassi dal suo trono. Mi alzai, e mi sedetti per terra davanti al camino, acceso da poco dal servo.
-          Partirete oggi, allora – fece Ade dopo qualche minuto di silenzio, coperto dallo scoppiettio pigro del fuoco.
Colsi una minuscola punta di nostalgia e risentimento nel suo tono, che mi lasciò stupefatta.
Nessuna delle due rispose, e lasciammo regnare l’imbarazzato silenzio.
-          Cindy, chiederò alle Furie di tenerti d’occhio per me, okay? – disse mio padre, alla fine.
-          Che cosa? – chiesi, girandomi di scatto, i miei capelli lunghi che mi frustarono la spalla.
-          E’ solo per avere tue notizie, sai – si giustificò.
Sbuffai, per l’ennesima volta in dieci minuti. Avrei preferito che Ade si mostrasse più… Ade.
 
 
  
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