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Autore: MikaMika    26/01/2013    8 recensioni
Questa storia ha partecipato al "The Klaroline Contest" indetto da Alex96_ ed ErikaconlaK!
Caroline e Klaus.. in un futuro, cinquant'anni dopo che lei se ne è andata con la volontà di cambiare vita.
Qualcosa li fa incontrare di nuovo.
è una OS senza troppe pretese, spero vi piaccia almeno un po'...
Genere: Romantico, Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline Forbes, Klaus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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TITOLO: Il mio nome sussurrato dal vento.
AUTORE: MikaMika
RATING: Arancione
GENERE: Romantico/Sentimentale/Sovrannaturale
 
Londra era una città meravigliosa sempre. Ma durante il periodo di Natale diventava qualcosa di magico.
Era il secondo Natale che trascorrevo in quella città. Mi ero trasferita poco più di un anno prima e lavoravo per una rivista di moda importante.
Erano più di cinquant’anni che facevo quel lavoro, dovevo solo stare attenta a non apparire troppo, per il resto era un giusto compromesso tra la mia voglia di stare sotto i riflettori e il mio bisogno di non farmi notare.
Avevo lasciato Mystic Falls molti anni prima, senza mai farvi ritorno con la speranza di lasciarmi tutto alle spalle.
Ricordo con precisione la mattina in cui partii.
Dopo la morte di mia madre, prematura neanche a dirlo. Lasciai un biglietto a Bonnie e subito dopo il funerale decisi che avrei proseguito la mia vita altrove.
Durante quei lunghi anni non avevo più né visto né sentito nessuno dei miei amici. Non ero ancora pronta.
In realtà non era completamente vero, una presenza aveva continuato a seguirmi con discrezione continuando a ricordarmi di tanto in tanto cos’ero e da dove venivo. Ogni anno per Natale e per il mio compleanno ricevevo qualcosa da “un ammiratore misterioso” .  Gioielli, fiori, cioccolatini, capi firmati. Lui era sempre presente, sapeva sempre dove mi trovassi e non lasciava mai un biglietto,  non che ne fosse bisogno. Dentro di me sapevo chi fosse, ne riconoscevo lo stile.
Non potevo fare a meno di perdermi nei ricordi mentre lentamente addobbavo il mio appartamento.
Durante la mia vita umana avevo adorato quel periodo dell’anno, ed era una cosa mi ero portata dietro anche dopo la morte. Sistemavo in modo maniacale le decorazioni in ogni angolo della casa: fili blu ed argento andavano ad impreziosire il tutto rendendola un’adorabile bomboniera.
Mi piacevano le luci, mi piaceva l’atmosfera, mi piacevano i regali, adoravo il clima delle feste anche ora che ero sola.
Il suono del cellulare mi strappò brutalmente dai miei pensieri –Pronto!- risposi senza neanche leggere il nome sul display.
-Care, buonasera!!!- la voce squillante di Dana mi fece sorridere.
Dana era una mia collega, eravamo immediatamente diventate amiche. Lei si occupava della rubrica sui fenomeni paranormali, la qual cosa mi divertiva moltissimo, soprattutto perché tendeva a vedere stranezze ovunque ma non notava quelle che aveva sotto gli occhi, me per esempio.
Era una tipa strana, con la testa perennemente tra le nuvole, ma sempre di buonumore. Sognava una famiglia, dei figli, un marito e non perdeva mai occasione per spingere anche me in quella direzione.
-Sei una così bella ragazza Care, dovresti trovarti un uomo!-
-Ma non vorresti qualche bel bambino un giorno?-
Sì che lo avrei voluto. Ma non potevo. Non avrei mai potuto. Questa possibilità mi era stata strappata via, anni fa, senza che neanche io me ne accorgessi.
Nonostante tutto però, non potevo lamentarmi. Con il tempo mi ero arresa alla mia natura, avevo imparato a gestirla a modo mio ed ero cresciuta, ero diventata la donna che avrei sempre voluto essere: bellissima, forte, indipendente, decisa e soprattutto equilibrata. Una sola debolezza: un ammiratore misterioso che non riuscivo a togliermi dalla testa.
Per quel che riguardava gli uomini, dopo Tyler non avevo più voluto una relazione seria. Non che fossi vissuta nella castità, ma mi limitavo ad assecondare i miei istinti senza legarmi troppo, anche perché altrimenti non avrei potuto nascondere la mia natura in eterno. L’unica soluzione sarebbe stata trovare un compagno il quanto più possibile simile a me, ma per il momento era un’ipotesi che volevo scartare.
-Care!!! Mi stai ascoltando???- la voce esasperata di Dana mi costrinse a ricordarmi dove fossi e cosa stessi facendo.
-Scusami Dan!! Il Natale mi rende terribilmente distratta e pensierosa, stavi dicendo?-
-Siamo state invitate ad una festa!!!- mi ripeté allegra con entusiasmo.
-Una festa? Dove? Di chi?- chiesi elettrizzata portandomi immediatamente nella cabina armadio e cominciando a passare in rassegna i miei vestiti.
-Oh, un nuovo azionista di maggioranza del giornale! Ha una strepitosa villa fuori città e ha invitato tutti per Natale, che ne dici? Ci sarà tutta gente che conta!-
Mi ritrovai a saltellare sul posto come una pazza. Adoravo le feste, ero drogata di gente, di party e tutto il resto.
-FAN-TA-STI-CO!- sillabai estasiata lasciandomi andare poi ad un gridolino.
Grandioso. Una festa era proprio quello che ci voleva per scacciare via la leggera malinconia di quei giorni.
-Allora shopping pre-festa domani in mattinata? Ti passo a prendere alle dieci!- propose ed attaccò senza attendere una risposta, non che ce ne fosse bisogno, in pochi secondi avevo già constatato che tra i miei 123 vestiti non c’era niente di adeguato per l’occasione.
Trascorsi la serata in modo estremamente piacevole. Accoccolata sul divano bianco a guardare pigramente un vecchio film in tv, sorseggiando vino rosso e sangue B negativo, il mio preferito!
Nonostante la crescente eccitazione per la festa, il clima Natalizio non smise di sortire i suoi soliti effetti su di me.
Che fine avevano fatto tutti? Non passava anno che non me lo chiedessi. Ogni volta dovevo lottare contro la nostalgia che prepotente avrebbe voluto spingermi a cercarli, almeno a Natale, almeno solo per sapere se stavano bene.
Chiusi gli occhi e provai ad immaginarli.
Immaginai Bonnie, Matt e Jeremy ormai anziani, circondati da figli e nipoti.
Immaginai Tyler in giro chissà dove a fare il rivoluzionario.
Immaginai Elena, Damon e Stefan. Chissà come stavano le cose tra loro. Chissà se la mia amica aveva finalmente fatto la sua scelta. Sorrisi mentre la immaginavo ancora indecisa a barcamenarsi tra l’uno e l’altro. Una volta mi sarei arrabbiata, le avrei urlato di scegliere Stefan, ma ormai quei tempi erano così lontani che sorrisi ancora con affetto, ripensando all’ostinazione con cui un’appena adolescente bionda tentava di obbligare la sua migliore amica a fare la scelta più facile.
Forse lo facevo perché Stefan era il mio migliore amico, o forse perché di facile a quei tempi per noi non c’era niente.
La stanchezza ed il vino mi intontivano mentre continuavo a viaggiare con la mente, a ricordare quegli anni terribili ed incantati insieme. I volti di tutte quelle persone cominciarono a scorrermi davanti sempre più velocemente. Ora questo, ora quello s’imponevano nella mia memoria, talvolta in maniera confusa, fino a che un volto rimase immobile e fermo. Non avrei saputo dire da dove lo avessi tirato fuori, se da un sogno, oppure da un incubo, semplicemente quel sorriso e quelle fossette all’apparenza innocenti mi riempirono la mente, e così mi lasciai andare, cullata dai ricordi, tra le braccia di Morfeo.
 
La luce debole che dalla vetrata del salotto invadeva la stanza mi svegliò delicatamente. Mi stiracchiai cercando di scacciare il torpore che mi aveva invasa e aprii gli occhi pigramente.
Immediatamente mi resi conto che qualcosa non andava. Un odore familiare ma che non riuscivo a riconoscere mi colpì prepotentemente facendomi stare all’erta.  Qualcuno era entrato a casa mia.
Ad una velocità umanamente impossibile feci una rapida ricognizione, sembrava tutto apposto. Nessun intruso, niente che non fosse esattamente come lo avessi lasciato la sera prima.
Il bicchiere di vino ancora abbandonato sul mobiletto accanto al divano, le pantofole rosa di pelo a terra, ordinate, la televisione dimenticata accesa blaterava l’oroscopo.
Nuovamente rilassata entrai in cucina pigra e mi concentrai sul caffè da preparare.
Dovevo sveltirmi, mi attendeva un’estenuante battuta di caccia al vestito perfetto.
Quando mi voltai verso il tavolo però la tazza fumante quasi mi cadde dalle mani. Un enorme mazzo di rose rosse giaceva magnifico sul legno bianco.
Mi guardai intorno confusa, come se mi aspettassi di veder improvvisamente sbucare qualcuno ma ero sola.
Titubante mi feci avanti ed afferrai i fiori, erano bellissimi.
Sapevo che avrei dovuto preoccuparmi, chiunque avesse portato lì quel mazzo era riuscito ad introdursi nel mio appartamento senza che me ne accorgessi, solitamente i regali misteriosi mi arrivavano per posta o tramite fattorini.
“Non ho sentito niente..” ripetei a me stessa. Questo poteva significare solo una cosa.
Chiunque fosse entrato non era umano. Rabbrividii al sol pensiero. Non avevo più incontrato nessuno di sovrannaturale da quando mi ero lasciata la mia vecchia vita alle spalle. Avevo evitato stranezze come la peste consapevole che avrei potuto trovare serenità solo lasciando tutto quello fuori dalla mia vita, era quello il motivo per cui avevo tagliato i ponti con tutti i miei amici.
Annusai i fiori senza neanche accorgermene e, nonostante mi turbasse quell’incursione in casa mia, mi ritrovai a sorridere come una sciocca.
-Maledetta vanità- dissi mentre una voce nella mia testa mi accusava di essere una bugiarda, la mia vanità non c’entrava niente con il mio buon umore.
Avrei dovuto gettare quel mazzo di fiori e far finta di niente sperando che il mio maleducato corteggiatore capisse che non ne volevo sapere, sarebbe stata la cosa migliore, me lo ripetevo dalla prima volta che era successo.
Il suono del cellulare mi avvisò del messaggio “Tra due minuti arrivo, comincia a scendere. D.”
Mi preparai in un batter d’occhio ed uscii lasciando la casa nel solito ordine maniacale, al centro del tavolo nella cucina bianca e immacolata un vaso antico ospitava un magnifico mazzo di rose rosse.
 
-Wow, sono stremata! Dimentico ogni volta che cosa voglia dire andare a fare shopping con Caroline Forbes!- si lamentò Dana mentre si lasciava cadere stanca sul mio divano.
-Oh, smettila di lamentarti! Senza di me non avresti trovato, come ogni volta, il vestito perfetto per questa sera!- ridacchiai mentre posavo le buste ordinatamente.
-Te ne do atto! Ma sei ugualmente massacrante!- mi fece l’occhiolino sbucando aldilà del divano.
Dana era molto carina.  Poco più bassa di me ma comunque proporzionata. I capelli erano una cascata mogano di ricci indomabili e gli occhi grandi e verdi. Soprattutto era un peperino. Sempre allegra, sempre divertente, sempre pronta a lanciarsi in qualche pazza avventura. Decisamente Dana era la migliore persona che avessi incontrato da quando avevo lasciato Mystic Falls.
Sorrisi ed andai in cucina per prepararle il caffè, la sentii alzarsi e venirmi dietro.
-E questi?????-mi voltai confusa, richiamata dall’allegra nota di curiosità della sua voce, non capendo a cosa si riferisse. Non appena la vidi indicare il mazzo di rose però realizzai immediatamente quale fosse la fonte della sua curiosità.
-Non lo so..- dissi sinceramente scrollando le spalle.
-Come non lo sai? Qualcuno è entrato in casa tua di nascosto e li ha posati qui?- chiese retorica inconsapevole di quanto si fosse avvicinata alla verità.
-Ovviamente no!- mentii –Li ha portati il postino stamattina!- spiegai.
-E chi li manda? Sempre il corteggiatore misterioso?- incalzò.
Non risposi e mi limitai a guardarla scrollando le spalle –Sai che è solo un’ipotesi che sia sempre la stessa persona!-. In tutti quegli anni mai una volta avevo ammesso ad alta voce di sapere chi fosse, forse perché così sembrava reale o forse perché avevo paura di sbagliarmi. Quella volta poi avrebbe significato averlo avuto accanto mentre dormivo. Nonostante non avrei voluto immagini di lui che silenzioso si muoveva nel mio appartamento m’invasero la mente. Lo immaginai venirmi accanto e guardarmi dormire, magari con la mano seguire il mio profilo senza toccarmi realmente, magari sorridere..
-Sveglia Care! C’è un biglietto!- mi fece notare lei porgendomi una bustina bianca che fino a quel momento non avevo notato, né cercato. Anche se volevo negarlo, la convinzione che fosse sempre lui mi aveva spinta a non cercare un biglietto, non ne lasciava mai.
La presi tra le mani tremante e mi fermai a guardarla.
-Che c’è? Speri sia qualcuno in particolare?- mi canzonò Dana. Incrociai il suo sguardo e scossi la testa. La verità era che da quella persona soltanto da cui mi sarei aspettata un gesto del genere. Ma non poteva essere e non volevo che lo fosse, giusto? E allora perché la mani non smettevano di tremare? Perché quel volto era indelebilmente scolpito nella memoria e veniva prepotentemente fuori? Perché quella voce rimbombava nella mia testa come se l’avessi ascoltata l’ultima volta solo il giorno prima?
Non mi ero mai realmente fermata ad indagare, come se una parte di me sapesse con certezza che fosse lui, e non ne avevo mai voluto una conferma, forse perché scoprire di sbagliarmi mi avrebbe ferita troppo oppure perché sarei stata costretta ad affrontare la cosa, o semplicemente temevo che dandogli importanza sarebbe sbucato davanti a me all’improvviso.
-Coraggio apri!!!- mi incitò Dana accanto a me divorata dalla curiosità.
Non sapendo trovare altri motivi per temporeggiare aprii la busta e tirai fuori il biglietto.
La scrittura era ordinata ed elegante, aveva un gusto antico e raffinato. Lessi ogni parola più volte e nella mia testa quella voce ripeteva dolcemente ogni sillaba.
“ C’è un mondo intero là fuori che ti aspetta: grandi città e arte e musica..vera bellezza. E tu..puoi avere tutto. Forse è arrivato il tempo, lascia che ti mostri quello che il mondo ha da offrire. K.”
Passai le dita sul leggero solco che la penna aveva lasciato sul cartoncino. Riconoscevo quelle parole. Mi lasciai cadere sulla sedia mentre continuavo a fissare quel pezzo di carta. Era stato in casa mia, dunque ora era una certezza. Era sempre stato lui. Ogni anno, ogni volta sapeva dove trovarmi e vegliava su di me come un angelo o forse come la più terribile delle guardie del corpo.
Lo avevo odiato più di ogni altro forse, avevo congiurato per la sua morte talmente tante volte che non avrei saputo contarle, me ne ero andata da casa mia per dimenticare ogni cosa riguardasse lui e tutto era stato inutile.
Inutile perché tenendo in mano quel cartoncino, mentre sentivo gli occhi riempirsi di lacrime, per quanto tentassi di ignorarli gli unici ricordi che mi affioravano alla mente erano quelli legati al suo corteggiamento.
La nostalgia di casa era talmente forte che pur di tornarvi sentivo la mancanza anche di lui, o almeno questo era quello di cui avrei voluto convincermi.-Tutto bene?- la voce preoccupata di Dana mi costrinse a soffocare tutte quelle sensazioni.
-Sì, sì, scusami..- dissi rimettendomi in piedi e concentrandomi nuovamente sul caffè.
-Allora?-
-Allora cosa?- chiesi facendo finta si nulla.
-Chi è K??- feci per risponderle ma lei mi interruppe immediatamente –Non provare a dire che non lo sai perché non me la bevo!-
Arrendendomi all’evidenza sospirai –Una vecchia conoscenza!- ammisi con noncuranza.
-Un vecchio amante, vorrai dire!- mi rimbeccò  maliziosa.
-No, non c’è stato mai niente tra noi..-
-Qualcosa c’è stato, non si mandano fiori del genere a chiunque e non sia ha una reazione come la tua per chiunque..-
-Mi ha solo colta di sorpresa!- risposi seccamente troncando il discorso.
Fortunatamente era tardi e dovevamo iniziarci a preparare per la serata, così Dana desistette e smise di tartassarmi di domande.
Alle otto in punto eravamo pronte per la festa.
Cominciavo a sentirmi in ansia.
Un misterioso uomo ricco aveva comprato molte quote del giornale lo stesso giorno in cui io avevo ricevuto un enorme mazzo di rose profumato di passato.
Che fosse lui?
Non riuscire a soffocare quella speranza mi infastidiva. Già, perché per quanto avrei voluto negarlo era una speranza e non un timore. Sentivo le mani sudarmi per l’agitazione che mi provocava la possibilità di trovarmelo nuovamente davanti, elegantissimo nel suo smoking impeccabile.
-Ehi il tuo bracciale è meraviglioso, quando lo hai comprato?- mi chiese Dana sul taxi afferrandomi il polso.
-è un regalo..- dissi vaga.
-K.?- chiese lei furba, era decisamente troppo perspicace quella sera per i miei gusti .
La guardai esasperata e le sorrisi –Sei invadente!- rimproverai dandole un buffetto leggero.
Scendemmo dal taxi all’indirizzo stabilito e mi trovai di fronte una villa megagalattica.
-Wow! Si tratta bene il nuovo capo!- sentenziò Dana ammirata.
-Già..- dissi semplicemente guardando il vialetto illuminato che portava alla villa.
Davanti alla porta ci guardammo –Come sto?- mi chiese agitata.
-Molto bene!- le sorrisi sincera. Ed era vero. Il vestito verde le cadeva addosso perfettamente ed era in tinta con i suoi occhi. Mi specchiai nella vetrata cercando di soffocare l’ansia. Il mio vestito era morbido, di un celeste molto chiaro. I capelli mossi erano lasciati sciolti e mi cadevano sulle spalle delicatamente. Sorrisi al mio riflesso intenerita dall’espressione insicura che avevo dipinta in volto che tanto mi ricordava la ragazzina di diciassette anni che ero stata un tempo.
-Pronta?- mi chiese Dana prima di bussare ed io annuii. Forse lo avrei rivisto, pochi secondi e l’avrei rivisto.
Un ragazzo vestito di bianco ci aprì la porta e prese i nostri copri spalle facendoci poi strada nel salone enorme. Mi ricordava molto casa Loockwood. Mi guardai intorno sorridendo e facendo cenni ad amici e colleghi che erano già arrivati ostentando una sicurezza che almeno in quel momento non sentivo mi appartenesse.
-Salve!- mi voltai verso il richiamo alle mie spalle e mi ritrovai davanti un uomo sconosciuto.
-Salve- salutai educatamente.
-Sono Thomas, il padrone di casa, tu devi essere Caroline!- si presentò educatamente tendendomi la mano.
La afferrai tentando di non far trasparire la delusione e di mandare giù il groppo che mi si era formato in gola. E così non era Klaus. Non lo era. E io avrei dovuto esserne sollevata, e invece non ci riuscivo e questo mi fece infuriare. Erano passati cinquant’anni e dovevo essere onesta con me stessa. Tra le tante cose che mi spaventavano c’era Klaus. E non perché fosse un assassino, un pazzo, un mostro ma perché lo sentivo vicino, perché qualcosa mi attraeva in lui, mi mandava in confusione. Erano passati cinquant’anni e nulla era cambiato.
Educatamente cercai di sorridere a Thomas che continuava a parlare con me e a riempirmi di complimenti.
-Mi avevano detto che eri bella, ma non immaginavo così tanto!-
-Esageri!- mi schernii appena.
In quel momento l’orchestra iniziò a suonare una canzone lenta e Thomas mi tolse il bicchiere di mano posandolo su un tavolo lì accanto. –Mi concede questo ballo?- mi chiese porgendomi la mano. Sorrisi divertita sinceramente. Era un bell’uomo. Alto con gli occhi profondi verdi e i capelli leggermente spettinati. Annuii ed lui mi afferrò saldamente per la vita tirandomi a sé.
Dovetti trattenermi dal ridere quando scorsi Dana aldilà della sua spalla farmi evidenti cenni di incoraggiamento.
Danzammo a lungo fermandoci solo per riprendere fiato e per bere champagne. Leggermente brilla, allegra e dimentica delle mie speranze disattese continuavo a volteggiare tra le sue braccia. Era divertente e mi faceva ridere, oltretutto sapeva essere galante, un gran gentiluomo ed aveva un adorabile accento inglese.
Cercai di non pensare quanto c’entrasse il fatto che mi ricordasse Klaus con il mio trovarlo affascinante, anche perché il pensiero di lui avrebbe finito per rovinarmi la serata e non ne avevo decisamente voglia.
-Erano secoli che cercavo una donna come te!- mi disse lui stringendomi di più in vita mentre ballavamo al centro della pista.
Io per tutta risposta ridacchiai vivacemente. –Mi sembra esagerato, ci siamo appena conosciuti!-
-Capisco in fretta le persone, capisco molto di più di quanto loro vorrebbero che io sapessi..- mi sussurrò all’orecchio suadente senza più l’ombra di uno scherzo.
-Davvero?- gli chiesi inarcando il sopracciglio –E di me? Cosa hai capito di me?- suggerii maliziosamente.
-Sei bellissima, forte e determinata, solare ma potresti essere terribilmente spaventosa e letale se solo lo volessi..- mi sussurrò all’orecchio lasciandomi interdetta.
-Perché dici questo?- mi costava fatica mantenere la mia voce ferma, non mi piaceva la piega che la conversazione stava prendendo.
-Perché capisco la tua vera natura..-
-Non sai di cosa parli…-
-Oppure tu non sai con chi stai parlando..- mi sussurrò ancora all’orecchio, allusivo. Che fosse un vampiro? O uno stregone, o una qualche altra creatura sovrannaturale?
Non riuscivo a capire, ma la piacevolezza della sua compagnia andava scemando velocemente. La sua stretta m’infastidiva e il suo sguardo mi metteva in difficoltà.  Cercai di liberarmi ed ebbi subito la conferma del fatto che il mio compagno di danze non fosse un umano. Per quanto cercassi di allontanarlo la sua presa era troppo forte per permettermelo.
Non volevo essere scortese, non aveva fatto nulla, ma mi inquietava, avevo bisogno di aria.
-Dovresti lasciarmi andare, ho bisogno di fermarmi un attimo!- mi lamentai ma lui non accennava a mollare la presa.
-Sarebbe un peccato, ci stiamo divertendo così tanto!- sussurrò lui baciandomi lascivo la guancia. Stavo per parlare di nuovo quando una voce, una voce che avrei riconosciuto tra mille nonostante gli anni passati lontani, si intromise tra noi.
-Posso portargliela via per un ballo?- chiese educatamente, ma io riconobbi la nota minacciosa celata nella sua voce. Thomas si allontanò da me guardando il ragazzo alle mie spalle e rivolgeva a lui tutta la sua attenzione –Non è educato che il padrone di casa trascuri a questo modo gli ospiti..- proseguì mentre io restavo impalata di spalle.
Ero lì immobile. Fissavo Thomas davanti a me respirando affannosamente. Era lui, ne ero certa. Potevo riconoscere la voce, l’accento, potevo immaginare il suo profilo delicato ed il sorriso strafottente appena accennato sulle labbra.
Perché non mi voltavo a guardarlo? Ero impaziente ed immobile. Ogni singola cellula del mio corpo mi urlava di gettarmi tra le sue braccia. Il mio cervello, la mia morale, la mia coscienza stavano lottando in una battaglia impari. Avrei dovuto urlargli di andarsene. E allora perché il mio cuore faceva le capriole?
-E sia.. ma solo una canzone, poi me la riprenderò. Con la forza, se necessario!- minacciò Thomas allontanandosi dopo avermi carezzato la guancia. Ma la sua minaccia non mi spaventò, niente avrebbe potuto spaventarmi ormai.
In quel momento, tutto mi sembrava immobile, fermo, paralizzato. Lentamente mi feci violenza e assecondando il suo sguardo che sentivo perforarmi la schiena parzialmente nuda mi voltai.
Incrociai i suoi occhi e mentre dentro di me tutto sembrava muoversi io rimasi impassibile. Nessun’espressione sul volto, niente. Lui fece un passo avanti e si fermò  senza mai staccare gli occhi dai miei.
Lentamente mi porse la mano, mentre la musica dolcemente invadeva la stanza. Mossi lo sguardo dai suoi occhi alla mano e poi tornai a concentrarmi sul suo volto mentre meccanicamente facevo un passo in avanti a mia volta deglutendo a forza.
Quando con l’altra mano mi avvolse la vita le gambe si fecero molli e quasi immediatamente mi cedettero, tanto che probabilmente se non ci fosse stato lui a sorreggermi sarei caduta.
-Questo vestito ti sta incantevolmente..- mi disse, come se non fossero passati più di cinquant’anni dal nostro ultimo incontro.
-Che ci fai qui?- dissi il più freddamente possibile stringendo le labbra.
-Potresti anche ammettere di essere felice di vedermi, soprattutto dopo essermi caduta tra le braccia!- sorrise accarezzandomi affettuosamente la schiena.
-Non lo sono..- dissi scocciata dal suo sentirsi così importante.
-I tuoi occhi non mentono Caroline!- rispose lui sorridendo divertito. –Confessa senza di me la tua vita è noiosa!-
Alzai gli occhi al cielo e sbuffai scocciata prima di incrociare i suoi occhi ridenti e non riuscii a trattenere un sorriso. Era più forte di me, mezzo secolo non ci aveva cambiati, riusciva sempre a strapparmi un sorriso ed un ballo.
-Nessuno che conosco è morto per cause violente da quando sei uscito dalla mia vita!- gli dissi cercando di ricordare più a me che a lui tutte le mostruosità che aveva compiuto.
-Mi sei mancata..- sussurrò al mio orecchio. Lo sentivo sorridere ma era serio.
-Tu no!- risposi polemica, ma era una bugia e lo sapevamo entrambi. Era evidente dal modo in cui lasciavo che mi stringesse e dalla pelle d’oca che seguiva ogni sua casuale carezza.
-Perché solo ora?- sussurrai mentre mi guidava elegantemente per la sala.
-Cosa?- chiese lui interdetto.
-Perché hai aspettato cinquant’anni e più per venire da me?Tu hai sempre saputo dove fossi…- chiesi sfuggendo il suo sguardo.
L’avevo aspettato a lungo, non potevo negarlo. Non perché lo amassi o qualcosa del genere, ma perché per quel poco che lo conoscevo mi sembrava difficile credere che avesse deciso di lasciarmi andare così.
-Pensavo avresti preferito… e pensavo ti servisse del tempo- sussurrò al mio orecchio facendo sì che un brivido mi percorresse tutta la schiena. –Speravi d’incontrarmi..- osservò carezzando appena il bracciale che avevo indossato.
Non risposi. Mi mancava l’aria. Cosa stavo facendo? Perché mi stavo comportando così? Era Klaus accidenti. Lui faceva il carino, provava ad incantarmi e poi uccideva le persone. Il solito Klaus. Ed io? Non ero la solita Caroline? Cosa mi stava accadendo? Perché mi beavo del suo tocco? Perché mi perdevo nei suoi occhi?
Il sorriso sul mio volto si congelò.
Dovevo riflettere un momento e per riflettere avevo bisogno di stargli lontana.
-Vado a prendere un po’ d’aria..- dissi interrompendo bruscamente il contatto tra di noi.
-Ti accompagno?- chiese titubante e appena confuso dal mio cambio d’umore.
-No..- dissi secca facendo qualche passo verso il balcone. Sentii la sua mano afferrarmi il braccio e costringermi a voltarmi. Improvvisamente la frustrazione ebbe la meglio ed una rabbia cieca s’impadronì di me.
-Lasciami subito!- sibilai portandomi più vicina –Non puoi comparire dopo più di mezzo secolo e fare come se non fosse successo niente!-
-Fammi capire Dolcezza, adesso sei arrabbiata con me perché non ti sono venuto a trovare prima?- chiese mettendosi sulla difensiva ma non riuscendo a trattenere un sorriso.
-Hai ucciso molti dei miei amici Klaus, non sono cose che si dimenticano queste..-  sibilai piccata sentendomi, per qualche ragione a me sconosciuta, colta in fallo e vidi la sua espressione indurirsi e la mascella serrarsi.
-Pensavo che dopo tutti questi anni tu avessi imparato qualcosa dell’essere un vampiro!- mi disse lui ferito.
-Non significa per forza essere come te!- alzai la voce con disprezzo e lui assunse quell’aria ferita che più volte gli avevo visto dipinta in faccia. Mi voltai e feci nuovamente per andarmene ma lui una seconda volta mi afferrò il braccio impedendomi i movimenti –Lasciami- dissi di nuovo quando lui tirandomi indietro mi fece scontrare con il suo petto.
-Sono qui per un motivo..Elena si sposa..- mi sussurrò all’orecchio. Il tono completamente diverso da quello di poco prima. Era freddo, e sembrava stesse facendo qualcosa contro voglia, stesse portando a termine un compito.
Sentivo le lacrime spingere per uscire e la confusione di poco prima non accennare a diminuire.
-Non ora Klaus, dammi un minuto..- sospirai stancamente evitando i suoi occhi e liberandomi dalla sua presa, riuscendo finalmente a raggiungere il balcone.
Mi appoggiai alla balaustra guardando l’orizzonte nero di notte.
Che serata incredibile! Non potevo farcela stavo sentendo talmente tante cose dentro di me. Guardai le stelle e sospirai profondamente. “Ok, Caroline! Datti una calmata!- mi dissi.
-Care! Che ci fai qui fuori???- Dana salterellando veniva verso di me.
-Avevo bisogno di un po’ d’aria!- dissi voltandomi nuovamente cessando di guardarla.
-Sembri sconvolta!-  osservò e si mise al mio fianco senza chiedermi altro. Spostai solo un momento gli occhi su di lei, messa nella mia stessa posizione. Eravamo amiche, e forse ora di questo avevo bisogno, di un’amica. Non dovevo per forza raccontarle tutto, potevo limitarmi alle cose semplici, potevo semplicemente sfogarmi.
-Sono sconvolta e confusa!- dissi sentendo i suoi occhi su di me.
-Per il ragazzo con cui ti ho vista poco fa?- annuii senza parlare.
-è K.?- chiese. Cavolo Dana era davvero una tipa sveglia non c’è che dire. Anche questa volta rimasi in silenzio limitandomi ad annuire.
-Vi vedete allora!- affermò ed io sospirai.
-Ci conosciamo da moltissimi anni Dana!- ammisi.
-Credo sia innamorato di te, si vede da come ti guarda!- suggerì lei.
-Non sono convinta che sia in grado di amare!- sospirai prima di voltarmi verso la vetrata. Klaus parlava con degli uomini lanciando ogni tanto qualche sguardo verso di me.
-Ha fatto cose orribili, è una persona orribile!- dissi più a me stessa che alla mia amica.
-Quanto tempo fa?- chiese. La guardai e scossi la testa. – Non c’entra, non cambierà mai!- dissi secca.
-Caroline, si vede che provi qualcosa per lui! Lo avevo capito da subito che sapevi chi fosse a mandarti quei regali, ed oggi, la reazione che hai avuto davanti al suo biglietto, quando hai avuto la conferma che fosse lui insomma Care, staresti meglio se lo ammettessi ad alta voce!- mi disse seria.
Io strinsi le labbra e chiusi gli occhi. –Ho sempre provato qualcosa per lui Dana. Lo vedi?- chiesi indicandolo un po’ in imbarazzo quando la fossetta e il sorriso stampato sul suo volto mi confermò che non gli era sfuggita neanche una parola della nostra conversazione. –è bellissimo, ed elegante, e galante. Ma è sbagliato.- terminai guardandolo. Era a lui che lo stavo dicendo utilizzando Dana come tramite. –Non posso fidarmi di lui..- sospirai.
-Non potrai combatterlo per sempre Care. Lui ti ama e tu lo ami. Non c’è niente di sbagliato.- mi disse ancora. -Ora però vado dentro a prendere da bere! Ti lascio un minuto per cancellare quell’espressione depressa dal tuo splendido faccino, al mio ritorno rivoglio la mia amica, quella simpatica!- sorrise stringendomi la mano.
Rimasi a guardarla mentre spariva nella sala, oltre le tende, verso il bar.
-Eccoti qua!- mi voltai e trovai Thomas davanti a me. Sentii un brivido di inquietudine sulla schiena ed automaticamente cercai Klaus con lo sguardo ma lui non c’era.
-Scusami ho freddo, vorrei rientrare- tentai con un sorriso forzato ma Thomas fu più veloce mi venne vicino e un dolore che avevo quasi dimenticato m’invase. Verbena.
Quando riaprii gli occhi mi sentii completamente dolorante.
Ci misi un po’ ad abituarmi al buio nella stanza e differentemente da quello che avrei potuto aspettarmi non mi trovavo in una cella.
La stanza era comoda ed io ero adagiata su di un letto morbido. L’arredamento intorno era impeccabile e nonostante le tende tirate potevo distinguere chiaramente l’ammobiliamento classico.
Tentai di alzarmi ma mi resi conto che la mia capacità di movimento risultava profondamente limitata da una catena che mi legava la caviglia.
-C’è qualcuno?- urlai innervosita e confusa per l’assurda situazione nella quale mi trovavo.
Passai ancora qualche minuto sola, in silenzio. Piano, piano cominciavo a ricordare cosa fosse successo.
Ricordai Klaus e poi Thomas. Era evidentemente anch’egli un vampiro e mi aveva rapita. La testa mi faceva male, cosa cavolo voleva questo tipo da me? Non riuscivo a darmi risposte ma cominciavo ad essere spaventata. Ero sola. Nessuno mi avrebbe cercata, nessuno in grado di trovarmi almeno.
Dana ed i miei amici e colleghi umani si sarebbero preoccupati ma non sarebbero mai riusciti a trovarmi tanto meno a portarmi in salvo.
I miei amici non li sentivo da una vita.
-Klaus- quel nome come un sussurrò uscì prepotentemente dalla mia bocca senza che neanche me ne accorgessi. Era un’invocazione disperata ed intrisa di rimpianto. Non appena formulai il suo nome una leggera speranza mi invase. Lui mi avrebbe trovata e portata in salvo. Lo faceva sempre. Nonostante la speranza fosse flebile, nonostante per l’ennesima volta lo avessi respinto e scacciato Klaus mi avrebbe trovata. E se invece si fosse stancato? E se invece avesse deciso di andarsene, fregandosene di me?
No, non volevo nemmeno pensarci, non potevo considerare l’ipotesi di non uscire da quell’assurda situazione, di non vederlo più, di non sentire più la sua voce.
I miei pensieri furono interrotti dalla porta della stanza che si apriva. Thomas fece il suo ingresso ancora elegantemente vestito, con un sorriso dal sapore dolciastro stampato sulla faccia.
-Ben svegliata Caroline!- mi salutò avvicinandosi.
-Stammi lontano!- lo ammonii rannicchiandomi addosso alla testata del letto.
-Non essere spaventata..- mi rassicurò facendosi più vicino e venendosi a sedere sul letto affianco a me
-Non ho alcuna intenzione di farti del male, sei al sicuro!-
Il suono della sua voce m’infastidiva. –Chi sei? Perché mi hai portata qui? Cosa vuoi da me?- la voce mi uscì tremante ma forte. Quasi urlavo.
-Calma tesoro! Risponderò a tutte le tue domande .. prima però dovresti nutrirti!- mi invitò accarezzandomi la guancia. Mi ritrassi indietro ma lui non smise di sorridere. Schioccò le dita e istantaneamente tre donne bellissime entrarono nella stanza trascinando una ragazza evidentemente spaventata. Mi si gelò il sangue nelle vene quando la riconobbi e quando l’odore chiaro ed invitante del sangue vivo mi colpì le narici provocandomi un forte bruciore alla gola.
-Dana!- strillai ignorando la fame.
-Care! Che succede? Chi sono queste persone?- la sua voce era intrisa di vero terrore. –Lasciala andare!- ordinai a Thomas senza rispondere alle domande di lei.
-Calma principessa! – scherzò lui andando a prenderla e trascinandola al mio fianco. –Non vuoi nemmeno un assaggio? Dovresti essere affamata!- voltai immediatamente il viso dall’altra parte per nascondere a Dana le mie reali sembianze che prepotentemente spingevano per venire fuori, era già abbastanza preoccupata così.
-Allontanala, mettila in salvo, farò quello che vuoi!- soffiai tra i denti cercando di trattenere il respiro quanto più possibile. Lui sospirò pesantemente, come se avesse a che fare con una bambina capricciosa.
-Anita, riportala nelle segrete, di lei ci occuperemo dopo!- ordinò ed immediatamente vidi una splendida donna portare Dana lontana da me fuori dalla stanza.
-Cosa vuoi da me?- chiesi ancora incrociando gli occhi dell’uomo che avevo davanti.
-Innanzitutto io sono Thomas ed ho 350 anni!- disse ridendo. Era chiaramente pieno di se. –Sono un vampiro, proprio come te..ma con qualche aiutino sovrannaturale in più!-
Rabbrividii per il modo con cui parlava e per il suo atteggiamento sicuro di se.
-Diciamo che sono riuscito a persuadere una strega a concedermi un potere che all’epoca credevo magnifico ma che in realtà ha i suoi lati negativi! Posso asservire a me qualsiasi donna, trasformandola in un vampiro!- spiegò tronfio.
-Ed io che c’entro in tutto questo?- chiesi –Sono già un vampiro, non puoi asservirmi!-
-Con calma- mi invitò lui. –Vedi?- chiese indicando le donne che erano rimaste immobili sulla porta –Loro sono le mie mogli!-
Impietrita mi voltai a guardare quelle donne senza volontà. –Ne ho 25!- proseguì fiero.
-Sono tutte bellissime, ma tu… tu le superi di gran lunga tutte quante!- cantilenò carezzandomi la guancia.
-Non sono interessata!- risposi seccamente allontanando la sua mano.
-Pensaci bene Caroline, insieme saremo magnifici, posso darti tutto quello che desideri, posso mettere il mondo ai tuoi piedi!- rabbrividii ancora. Quelle parole mi ricordarono terribilmente quelle che Klaus mi aveva rivolto molte volte, ma mi suonavano terribilmente diverse.
Non era affascinante, non mi tentava come Klaus faceva ogni volta. L’unica cosa che provavo era un folle senso di repulsione.
-Non sono interessata!- ripetei ancora decisa e tagliente fissandolo negli occhi.
-Beh in questo caso dovrò costringerti!- mi disse noncurante scrollando le spalle.
-Non potrai farlo..-
-Vedremo..-
-Verranno a salvarmi!- obiettai cercando di mostrarmene certa.
-Chi?- disse ridendo. –I tuoi conoscenti umani non verranno e comunque non avrebbero speranze. E da quando ti tengo d’occhio nessun vampiro si è avvicinato a te!-  scrollai la testa sorridendo a mia volta.
-Forse non sei stato abbastanza attento … - incalzai.
Per un momento lui rimase colpito dalle mie parole ma poi sorrise –Anche se fosse, in 350 anni non ho mai conosciuto qualcuno più forte di me, e poi ho un esercito di 25 vampire ben addestrate pronte a morire per ogni mio desiderio, non c’è vampiro che possa battermi!- disse gongolando afferrandomi le braccia e stringendo forte.
-Klaus verrà!- urlai in preda al dolore e alla paura.
Lo vidi sbiancare in volto. –C..cosa?- chiese titubante.
Intravedendo un barlume di speranza ripresi a parlare più decisa. –Klaus verrà e ti ucciderà!- minacciai.
-Klaus non esiste ragazzina! È una leggenda!- il suo tono si era fatto cauto, ancora tracotante  ma sulla difensiva.
-Ti sbagli!- dissi decisa ma lui non mi lasciò proseguire.
In un lampo fu sopra di me, era ovviamente più forte e mi sovrastò in un attimo.
-Basta parlare cara, lasciami dimostrare quanto io ti desideri!- sussurrò al mio orecchio quel complimento che sapeva di condanna.
La stanza continuava ad essere in penombra ma potevo vedere benissimo il suo volto deformato dall’anelito di possesso. Mi costrinse a spalancare le gambe e si posizionò in mezzo iniziando ad armeggiare con la mia gonna. Le lacrime iniziarono incontrollate a rigarmi il volto –Lasciami..- implorai mentre mi dimenavo cercando di rendergli l’impresa più difficile ma lui non desisteva.
-Sarai mia- continuava a ripetere mentre andava via, via lacerando la stoffa del mio vestito.
-Klaus ti troverà..- biascicavo tra le lacrime.
-Klaus non perdona..- ripetevo mentre lui preso dalla foga sembrava non prestare più attenzione alle mie parole.
-Taci, sarai mia!- ripetè ancora mentre palpava i miei seni ormai nudi e si avventava sul mio collo mordendolo.
-Non sarò mai tua. Klaus mi salverà..- dissi ripetendo il suo nome come un mantra.
Parlare mi risultava difficile i singhiozzi m’interrompevano e le sue mani sempre più audaci e irrispettose esploravano ogni punto del mio corpo.
-Io appartengo a Klaus..- dissi infine più per ammetterlo a me stessa che per spaventare Thomas, prima di lasciarmi andare alla disperazione.
PoV Klaus
Mi ritrovai a setacciare tutta la villa come un pazzo, non poteva essere svanita nel nulla, l’avevo persa di vista solo un momento.
Non appena avevo sentito la sua conversazione con Dana avevo raggiunto la ragazza al banco degli alcolici. Avevo intenzione di “convincerla” a perorare la mia causa, Caroline si sarebbe arrabbiata da morire se lo avesse scoperto, quella ragazza non ne voleva proprio sapere di approvare i miei metodi. Poco male, mi avrebbe urlato un po’ contro ma alla fine mi avrebbe perdonato, avevo fatto cose peggiori.
Provava qualcosa per me. Lo avevo sempre saputo, ma ora, dopo la sua ammissione, era una certezza sulla quale avrei potuto contare. Non sarei mai cambiato, lo sapevo io e lo sapeva lei, ma questo non le impediva di provare qualcosa per me.
Fatto sta che quando ero tornato per cercarla lei era sparita e anche Dana sembrava essersi dissolta nel nulla.
Cercai per tutta la villa ma nessuna traccia di lei era rimasta, anche il suo profumo era andato perso tra le cento persone che affollavano la festa. La cosa che però mi preoccupava di più era che nemmeno il damerino con cui stava ballando era presente. Agitato uscii sul balcone guardandomi intorno.
Magari se ne era solamente andata, ma non riuscivo a soffocare l’apprensione. In quei lunghi anni avevo sempre saputo dove si trovasse.
L’ansia crebbe ed ebbi la prova che ci dovesse essere qualcosa di sbagliato quando, mentre stavo per rientrare, uno scintillio di prezioso attirò la mia attenzione.
Tornai indietro e mi chinai a raccoglierlo e in quel momento, come poche altre volte nella mia vita, sentii il sapore della paura. Avrei riconosciuto quel bracciale ovunque, ricordavo precisamente in che occasione glielo avevo regalato, era stato il primo regalo, e significava molto per me e anche per lei, sebbene non lo avrebbe ammesso mai.
Lo misi in tasca ed iniziai a guardarmi intorno. Scesi le scale, incurante della velocità alla quale mi muovevo.
Avrei setacciato tutta Londra se necessario. Passai un’ora a cercare tracce di lei e del suo odore ma tutto sembrava inutile. Mi fermai nel parco mentre la pioggia battente mi scendeva sugli occhi. Urlai il suo nome nella notte e lasciai andare la furia in me sfogandola sull’albero che avevo più vicino, sradicandolo mentre maledicevo il mio nome. Ero la creatura più potente della terra e non ero stato in grado di proteggere la donna per la quale avevo un’ossessione. Mi sedetti su una panchina e mi diedi dello sciocco, l’avevo rincorsa per anni, mi stavo disperando per averla perduta senza che realmente fosse mai stata mia e ancora non trovavo il coraggio di chiamare quello che provavo per lei con il nome che gli spettava.
-Io la amo..- dissi a me stesso in un sussurro tanto lieve che non fui neanche sicuro se davvero avessi pronunciato quelle parole o piuttosto non le avessi solo pensate.
Chiusi gli occhi mentalmente distrutto, cercando in me la speranza di ritrovarla nei giorni che sarebbero seguiti, giurando che chiunque quella notte l’avesse portata lontana da me sarebbe morto per mano mia.
Un rumore di passi mi mise all’erta. Una giovane coppia allegra mi sorpassò senza far troppo caso a me, ridevano, erano ubriachi e felici. Serrai la mascella ispirando il loro odore. Una cieca fame s’impadronì di me. Lentamente, silenzioso e letale, li seguii. Puntai alla gola di lui, lo avrei ucciso, avevo bisogno di calmarmi. Stavo per avventarmi sul collo scoperto quando sentii la sua voce.
Il mio nome sussurrato dal vento mi costrinse a stare all’erta. –Klaus..- nient’altro.
 Era un’invocazione disperata ed intrisa di rimpianto.
-Caroline..- risposi dimentico del mio pasto. Mi voltai verso la voce e cominciai a seguire quell’impalpabile brezza che chiamandomi mi indicava in qualche modo la direzione da prendere. Dopo pochi minuti mi ritrovai fuori Londra. Non ricordavo di essere mai stato così veloce. La pioggia continuava a cadere ed io mi fermai davanti una casa rispettabile, da borghese qualunque.
Rimasi a guardare il palazzotto interdetto, senza sapere che fare. Che fossi impazzito? Ricordavo fin troppo bene l’ultima volta che avevo avuto le allucinazioni e sembrava qualcosa di diverso. Insomma quella voce non potevo averla inventata. Rimasi in silenzio cercando di carpire qualche rumore all’interno dell’abitazione, ma tutto sembrava estremamente tranquillo.
-Klaus verrà!- un urlo terrorizzato mi colpì come uno schiaffo in pieno viso.
-Care..- sussurrai e silenziosamente cercai di entrare. Oltrepassata la soglia della porta mi ritrovai davanti una ragazza discinta evidentemente più che umana che trascinava Dana. In un secondo le fui dietro e le strappai il cuore dal petto liberando la ragazza.
-Aiutami- sussurrò lei spaventata e le feci cenno di tacere. “Klaus verrà e ti ucciderà” la voce di Care mi mise fretta di agire–Adesso esci da qui, dimentica tutto. Eri ubriaca e ti sei sentita male, fermati a tre isolati da qui, ti verremo a prendere io e Care!- le ordinai fissandola negli occhi. Con espressione vacua annuì lasciando la casa.
Silenziosamente oltrepassai il salotto passando inosservato.
L’ambiente orientaleggiante era pieno di ragazze giovani e semivestite, un harem in piena regola.
-Klaus ti troverà- la voce di Caroline tra le lacrime mi attirò verso una scala che portava al piano superiore, i rumori che provenivano da lì mi fecero stringere il cuore. Vedevo rosso. Una voglia folle e inarrestabile di morte si faceva largo in me.
-Klaus non perdona..- “Hai ragione dolcezza!” pensai tra me ridendo sadico mentre mi avvicinavo alla stanza dalla quale provenivano i rumori.
-Taci sarai mia!- la conversazione incalzante dava il ritmo ai miei passi decisi e silenziosi. Quelle parole bramose e disgustose mi costrinsero a scuotere la testa. Mi guardai intorno, due ragazze notarono la mia presenza ma non lasciai loro nemmeno il tempo di dire una parola.
-Non sarò mai tua. Klaus mi salverà..- gettai i loro cuori a terra e raggiunsi la porta da dove provenivano quei rumori di violenza.
-Io appartengo a Klaus…- quelle quattro parole mi incatenarono davanti alla porta. Mi riebbi in un istante, il tempo di assimilarle, il tempo di assaporarle e respirarle e goderne.
Chiusi gli occhi beandomene per un solo istante poi buttai giù la porta. 
PoV Caroline
Un rumore secco, assordante mi fece saltare su me stessa. Thomas si staccò da me continuando a mantenere salda la sua stretta e si voltò a guardare la porta.
Immediatamente i corpi delle due ragazze che ancora erano nella stanza caddero a terra come sacchi vuoti mostrando cosa o meglio chi si nascondeva dietro di loro.
Il mio cuore perse un battito, era bellissimo e terribile. Mi guardò per un solo secondo ma bastò a farmi sentire al sicuro.
Il volto di Klaus era una maschera di rabbia. Lo sguardo omicida puntato su Thomas mentre gettava a terra i due cuori che aveva appena strappato dal petto alle due giovani vampire.
Singhiozzai più forte sollevata senza riuscire a dire una parola, cercavo di coprirmi quanto più possibili con i lembi del mio vestito mentre Thomas si alzava in piedi per fronteggiare l’ibrido inconsapevole di avere i minuti contati, inconsapevole di aver davanti la creatura più potente della terra.
-E tu chi saresti ragazzino?- disse arrogante. Effettivamente dall’aspetto Klaus sembrava molto più giovane di Thomas e forse più innocuo. Lo vidi rilassarsi forzatamente e sorridere. Conoscevo quel sorriso e di solito era il preludio di un bagno di sangue.
-Hai fatto piangere Caroline- osservò facendo un cenno nella mia direzione senza staccare gli occhi da Thomas.
-Ti ho chiesto chi sei!- ripetè quello facendo un passo in avanti.
-Mi irrito terribilmente quando qualcuno fa piangere Caroline!-  proseguì noncurante.
La risata maligna di Thomas mi raccapricciò. Lo odiavo, volevo vederlo morto e Klaus lo avrebbe ucciso. Ero stata sempre contraria agli omicidi ma sentivo una terribile parte di me venir fuori in cerca di vendetta, una vendetta terribilmente dolce il cui sapore ferroso mi solleticava la gola.
-Fatti da parte, lasciaci andare e ti risparmierò la vita!- sorrise. Era un bluff, lo avrebbe ucciso lo stesso. Era crudele e stava giocando giusto per il gusto di procrastinare il momento che più gli avrebbe dato soddisfazione, quello in cui avrebbe visto la vita lasciare gli occhi del suo nemico.
Thomas per la seconda volta rise in faccia alla morte –Chi ti credi di essere?- gli chiese di nuovo.
E Klaus rise ancora. La tenera fossetta sul viso accentuata, gli occhi vispi e attenti, strinse appena le labbra prima di pronunciare il suo nome  come fosse una sentenza di morte. –Klaus-
Thomas fece un passo indietro perdendo parte della sua sicurezza. –Klaus non esiste!- gli urlò in faccia non appena si riebbe.
-Considerati pure un ateo nel giorno del giudizio!- fece lui facendo un passo avanti.
-Tu menti!- strillò più forte, ma la voce rotta tradiva la sua reale preoccupazione. Klaus fu rapido a prenderlo e sbatterlo al muro, lo guardò negli occhi, la furia che aveva soffocato fino a quel momento venne nuovamente a galla. Gli infilò una mano nel petto e prese il cuore –è la mia donna- sibilò solamente prima di strapparglielo via e lasciarlo cadere a terra senza vita.
Vidi il corpo di Thomas afflosciarsi e lo seguii con lo sguardo. Nonostante tutto rimasi zitta, con i brandelli del vestito stracciato a coprirmi, mentre Klaus restava appoggiato al muro sporco di sangue.
Lentamente si voltò verso di me, alzai lo sguardo sbattendo lievemente le palpebre prima di incrociare i suoi occhi.
-Come stai?- mi chiese mentre con una lentezza esasperante raggiungeva il mio letto.
-Grazie..- dissi semplicemente guardandolo, senza aver la capacità di rispondergli.
Quando finalmente mi raggiunse e si sedette al mio fianco mi gettai tra le sue braccia incapace di trattenermi oltre. –Va tutto bene, sono io, sei salva!- mi disse. Erano parole familiari che mi strapparono un sorriso tra le lacrime. Annuii perdendomi nei suoi occhi.
-Hai perso questo..- mi disse dolcemente legandomi al polso il bracciale che mi aveva regalato molti anni prima. Ero stufa di scappare, ero stanca di combattere, reprimere e giudicare quello che sentivo. Avvicinai la mia bocca alla sua mentre lui restava immobile, come in una paralizzante attesa. Mi fermai ad un centimetro dalle sue labbra, confusa dal suo mostrarsi quasi una statua e facendomi violenza alzai lo sguardo  dalle sue labbra per incontrare i suoi occhi, come a chiedere un permesso che già sapevo mi era stato accordato anni prima.  Socchiusi gli occhi per cercare il coraggio di portare a termine il mio proposito ma prima che potessi riaprirli le sue labbra si incollarono alle mie. Fu un bacio prepotente, a tratti arrogante, un bacio che parlava di Klaus. Ma andava bene così, perché c’era dell’altro ed io lo sapevo. Ero stata una sciocca a rifiutarmi di vederlo fino a quel momento, ma non avrei più commesso lo stesso errore. Ormai mi ero arresa e mai resa fu più dolce.
-Torna a casa con me..- mi sussurrò quando ci staccammo per prendere aria. Sorrisi ed annuii baciandolo di nuovo –Non potrei mancare al matrimonio della mia migliore amica..- risposi –A proposito, con chi si sposa?- chiesi curiosa.
Klaus non rispose e sorrise prendendomi in braccio e portandomi via.
 


ANGOLO DELL'AUTRICE:
Allora, non so quanti leggeranno questa storia...( e probabilmente dopo vorranno lanciarmi pomodori!) ... ma è parecchio che non scrivo e non aggiorno, perchè purtroppo ho moltissimi impegni di studio!
Spero di liberarmi al più presto e aggiornare la mia ff in corso, sperando che ci sia ancora qualcuno disposto a leggerla :P
Per il resto appena avrò un attimo di tempo leggerò anche le storie che seguivo e che ho un po' lasciato e recensirò sicuramente!!!
Baci a tutte ragazze!!!!
Grazie e daiiii recensite!!!!!!!
 
 
 
 
  
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