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Autore: SavannahQuestionable    27/01/2013    5 recensioni
Simone sa.
Bill e Tom sanno che Simone sa.
Ma nessuno ha voglia di parlarne.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Bill Kaulitz, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate
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The Kids are All Right
 

"Perché c'era qualcosa, tra quei due, qualcosa che in verità doveva essere un segreto o qualcosa di simile. Così era difficile capire ciò che si dicevano o come vivevano o com'erano. Ci si sarebbe potuti sfarinare il cervello a cercar di dare un senso ai loro gesti. E ci si poteva chiedere il perché per anni e anni. L'unica cosa che spesso risultava evidente, anzi quasi sempre, e forse sempre, l'unica cosa era che in quel che facevano e in quello che erano, c'era qualcosa di bello"

                                                                                                                                                                                                        [Alessandro Baricco]



Simone sa.
Ma non ha voglia di parlarne. Quello è uno dei segreti che si porterà nella tomba. Anzi, l'unico, perché lei è sempre stata una persona trasparente. Sono i suoi figli, sono loro, a non esserlo. I suoi bellissimi bambini.
Non c'è stato un momento preciso in cui Simone l'ha scoperto; se ne è semplicemente accorta. Non per istinto materno o particolare ingegno, ma perché i gemelli sono sempre stati poco attenti. Tralasciando tutte le stranezze della prima adolescenza - le mani intrecciate, gli sguardi complici, il desiderio patologico di compiacersi a vicenda - sono state altre le cose che le hanno fatto scattare un campanello d'allarme.
La prima volta che Simone ha avuto una brutta sensazione alla bocca dello stomaco è stato poco dopo che i Tokio Hotel avevano firmato il loro primo contratto discografico. I gemelli avevano sedici anni, erano piccoli, innocenti, e facevano finta di essere grandi. Simone aveva riflettuto molto prima di firmare quel foglio di carta: li stava affidando ad un estraneo. Ne aveva discusso con Gordon, persino con Jörg, che non sentiva da mesi. E tutti le avevano dato lo stesso consiglio: Lasciali partire. Lasciali uscire dal guscio. E lei lo aveva fatto. I gemelli erano agitati, pieni d'ansia, ma felici. Stavano bene.
Era estate. Simone era andata a fare la spesa, e li aveva lasciati dormire. Quando era tornata, era andata in camera di Bill a svegliarlo, ma non l'aveva trovato. Così si era diretta nella stanza di Tom.
Bill dormiva con la testa appoggiata al petto nudo del fratello.
Simone si era precipitata fuori dalla stanza col fiato corto e la voglia di vomitare. Aveva tentato di non farsi prendere dal panico: magari erano preoccupati per quello che li attendeva. Magari Bill aveva fatto un brutto sogno. C'erano miliardi di spiegazioni plausibili, e Simone aveva passato tutto il giorno a formularle nella sua testa, per ricacciare indietro i sospetti. Gordon le aveva chiesto cosa avesse, ma lei era stata in silenzio.
Non ne aveva parlato neppure con Bill e Tom.

Poco tempo dopo, David si era presentato da lei e Gordon con una espressione seria. Aveva chiesto loro di parlare, c'era una questione importante da discutere. A Simone era mancata l'aria, e aveva tentato di non guardare il manager in faccia. I sospetti erano tornati a galla. David li aveva scoperti, e aveva intenzione di fare qualcosa. Lui...
E invece no. David voleva solo che i gemelli andassero a vivere ad Amburgo, in un appartamento della casa discografica. Ci sarebbero stati anche Georg e Gustav. Simone aveva tirato un sospiro di sollievo, prima di capire cosa avrebbe significato tutto quello.
- David, sono dei bambini. Non possono vivere da soli -.
David aveva scosso la testa: - Io vivrò nell'appartamento accanto al loro. E poi non sono dei bambini, Simone. Bill e Tom tra poco compiono diciassette anni - le aveva ricordato.
Lei era rimasta in silenzio. Ci aveva pensato su qualche giorno, poi il manager le aveva fatto capire che non potevano più aspettare. E Simone aveva firmato l'autorizzazione, regalando i suoi bambini ad un manager.
Ma sarebbero stati bene.

I ragazzi erano partiti per il tour, e Simone si era tranquillizzata, i sospetti ormai quasi dimenticati. Leggere delle avventure sessuali di Tom la faceva stare calma.
Tom va con le ragazze, non con suo fratello. Va tutto bene.
Le telefonate dei gemelli qualche volta erano frettolose, altre restavano ore a parlare. Sembravano felici, e si comportavano come due fratelli normali. Simone aveva quasi cominciato a ridere di quello che aveva pensato, solo perchè aveva trovato Bill e Tom a dormire insieme. Sarebbe stata lei a dover andare da un medico, non i suoi ragazzi. Decise che aveva fatto bene a non parlarne con nessuno.

I gemelli erano tornati dal tour. Erano più grandi, più belli, più paraculo, ma pur sempre i suoi bambini. Quando li aveva visti scendere dalla macchina, con le valigie in mano, Simone aveva sorriso: avevano diciassette anni e sembravano degli adulti. Degli adulti maturi e responsabili.
Era tranquilla, andava tutto bene.
A cena le era crollato il mondo addosso.
Le era bastata un'occhiata per capire che tra Bill e Tom era successo qualcosa. Tom, mentre parlava, si girava verso Bill, controllando se il fratello era d'accordo. Bill non gli si sovrapponeva più, come aveva sempre fatto, ma annuiva e lo guardava, quasi adorante. Ogni tanto Tom si voltava e gli sorrideva, e quando Bill parlava lo fissava in silenzio.
Simone era rabbrividita.
Bill e Tom sembravano una coppia all'inizio della loro storia. Con una scusa, si era alzata da tavola e si era chiusa in bagno. Questa volta non poteva essere una sua fantasia, questa volta aveva visto chiaramente quello che stava succedendo.
Le storie di Tom sulle ragazze erano solo bugie.
Per Tom c'era solo Bill.
Simone si era sciacquata la faccia ed era tornata a sedersi, ma non aveva più parlato.

Quella notte, Simone non era riuscita a chiudere occhio. Non riusciva a togliersi dalla testa quelle immagini. Non erano innocenti, erano... testimonianza di qualcosa. Aveva sentito l'impulso di vomitare e si era alzata dal letto per andare in bagno, ma era rimasta impietrita sulla porta.
Bill stava uscendo dalla sua stanza in punta di piedi, e si stava dirigendo verso quella di Tom. Simone si era nascosta meglio.
Bill aveva bussato alla porta del fratello, e dopo qualche secondo la testa di Tom aveva fatto capolino. Simone aveva sentito chiaramente il dialogo tra i due:
- Bill, non qui a casa. La mamma...-
- Tomi, voglio solo dormire. Non voglio fare altro -
- Lo sappiamo come finisce quando vuoi solo dormire -
- Tomi... -.

Tom, con un sospiro, l'aveva lasciato entrare, e aveva chiuso la porta.
Simone non era riuscita ad arrivare al bagno.

Quando Bill e Tom erano tornati ad Amburgo, nel loro appartamento, per Simone era stato un sollievo. Il resto della settimana in cui loro erano rimasti da lei era stato un incubo: aveva fatto di tutto per evitarli, e i gemelli se ne erano accorti. Non sapeva come, ma se ne erano accorti. Tra loro aleggiava una patina di imbarazzo. Gordon, con la sua vita che si svolgeva prevalentemente nella sua scuola di musica, non si era accorto di nulla, ma Simone sì. I gemelli, ormai, avevano una vita loro: comunicavano solo tra di loro, avevano dei segreti di cui la loro madre non era a conoscenza. Parlavano con lei solo lo stretto indispensabile, e sembravano aver creato un muro: loro da una parte, gli altri dietro quel muro.
Simone li aveva persi, e aveva impiegato solo qualche giorno ad accorgersene.
Una volta che se ne erano andati, Simone si era ritrovata a fare i conti con quello che aveva intuito. Non ne aveva la più completa certezza, ma ormai le erano rimasti pochi dubbi.
Non sapeva cosa fare. Non sapeva se doveva parlarne con qualcuno, e soprattutto con chi. Con Bill e Tom era fuori discussione: li sentiva estranei, si erano allontanati, e per lei, nella loro vita, posto non ce n'era.
Non voleva discuterne con Gordon.
Simone aveva deciso di chiamare David. Non gli aveva fatto una domanda diretta, aveva calibrato le parole:
"David, hai notato qualcosa di strano in Bill e Tom? Sai se nascondono qualcosa?".
Il silenzio di David era stato più eloquente di mille parole. Simone aveva quasi lasciato cadere il telefono, imbarazzata, mortificata e stupita.
David sapeva. Non capiva se per convenienza o per affetto, ma li copriva. Simone si era seduta sul divano, tremante. Solo dopo un po' David aveva trovato la forza di rispondere:
"Ma no, Simone, cosa vai a pensare? Non c'è niente di strano, i ragazzi stanno bene".
Aveva esalato una risatina nervosa. Simone, però, quella risata non era riuscita proprio a digerirla.

I gemelli non erano tornati da loro per mesi. Ogni tanto chiamavano, ma erano telefonate piene di domande retoriche e superficiali. A ben vedere, erano più le cose non dette che quelle dette. Simone aveva cominciato a pensare che loro sapessero che lei aveva scoperto tutto, e che facessero finta di niente. Lei non poteva biasimarli: il silenzio faceva comodo a tutti.
In qualche modo riusciva a mantenere il controllo: loro erano ad Amburgo, lei a Loitsche con Gordon. Le loro vite erano distinte, separate da un giornale, da un televisore, da un telefono. Andava bene così.
L'ansia, però, continuava a tormentarla. Si chiedeva quanti lo sapessero. Georg? Gustav? Vivevano con loro, dovevano saperlo per forza, se lo sapeva anche David. E poi chi altro? Le guardie del corpo lo sapevano? E la truccatrice biondina? I suoi gemelli quante persone avevano coinvolto in quella pazzia?
Simone, a volte, aveva voglia di dare la testa nel muro per dimenticarsi di quello che sapeva. Avrebbe preferito rimanere all'oscuro di tutto. Ignorare quello che succedeva tra i suoi bambini.
La maggior parte del tempo, però, riusciva a restare lucida, a comportarsi in modo normale. Questo bastava per non far insospettire Gordon.
Adesso aveva anche lei un segreto.

Il suo autocontrollo era andato a puttane il giorno in cui i gemelli avevano compiuto diciotto anni. Avevano organizzato una festa bellissima; Simone non se l'era goduta per niente, con lo stomaco chiuso e lo sguardo sempre puntato sui figli, che erano felici e bellissimi.
Bill e Tom si erano accorti che lei li guardava, ma avevano fatto finta di niente.
Solo verso la fine della festa, quando Simone si era avvicinata al bancone del bar per prendere da bere, Tom l'aveva accostata.
Simone aveva deglutito e stiracchiato un sorriso, che si era spento quando il figlio aveva parlato.
- Mamma, io e Bill abbiamo preso un appartamento tutto nostro ad Amburgo -.
Lei si era girata di scatto, ma Tom non aveva abbassato lo sguardo.
- Non vivrete più con Georg e Gustav? -
- No. Saremo solo io e Bill -.
La scelta delle parole era stata accurata; Tom se ne era andato prima che lei potesse pensare di rispondere. Simone avrebbe voluto urlargli dietro qualunque cosa:
Andate a vivere da soli, Tom? Volete giocare alla coppia felice? Volete fare gli sposini? Volete... 'Fanculo, non so neanche io cosa volete. Io non vi conosco più.
Quella consapevolezza l'aveva fatta accasciare contro il bancone. Dopo qualche minuto si era diretta a passo malfermo verso i bagni, ma si era bloccata quando aveva sentito la voce di Bill.
- Tom ha detto alla mamma che andiamo a vivere da soli -
- E come l'ha presa? -.

Era stato Gustav a parlare.
- Non lo so. Tom non ha voluto ascoltare la risposta. Lo sai che noi e nostra madre non abbiamo mai parlato di questa... cosa -
- Ma sei sicuro che lei lo sappia? -.

Bill aveva esitato.
- Sì, lei lo sa. E' solo che non parlarne fa più comodo a tutti -.
Simone non aveva voluto ascoltare altro.

I mesi successivi, Simone aveva visto ben poco i gemelli, se non alla televisione. Li aveva anche sentiti meno, complice il fatto che aveva smesso di chiamarli. E quando lo faceva, le conversazioni erano brevi e imbarazzate. Si stavano allontanando sempre di più.
Loro erano sempre in tour, sempre impegnati in qualcosa. E quando il tour era finito, e loro avevano finalmente un po' di vacanza, non avevano neanche pensato di tornare a Loitsche. Si era rifugiati nel loro appartamento di Amburgo, e non si erano fatti vivi neppure una volta.
Ormai Simone non riusciva più a comportarsi come una mamma. Era sollevata dal fatto che non si facessero vedere o sentire. Senza i gemelli e il loro segreto, la sua vita scorreva tranquilla. Poteva persino fingere di non sapere nulla, dimenticarsi dell'esistenza di quel rapporto a cui non aveva saputo dare un nome.
Tom, sorprendentemente, l'aveva chiamata quattro mesi dopo la fine del tour.
- Mamma, ti devo dire una cosa -.
Simone si era seduta sulla sedia, chiudendo gli occhi, ma le parole del figlio erano state ben lontane da quelle che aveva immaginato.
- Esco con una ragazza, si chiama Ria -.
Simone non aveva risposto.
Semplicemente, non ci aveva creduto neppure per un attimo.
- Bene - aveva detto infine.
Tom, però, non aveva finito.
- C'è un'altra cosa. Io e Bill ci trasferiamo a Los Angeles. Viene anche Ria -.
E lei, a quel punto, non aveva saputo davvero cosa diavolo rispondere. Una madre normale avrebbe tentato di dissuaderli dall'andare così lontano, ma lei non ce l'aveva fatta.
Ancora una volta era rimasta in silenzio, e Tom aveva chiuso la comunicazione.

Simone non sapeva cosa ci fosse dietro la storia di Ria, ma Tom non era riuscito a dargliela a bere. Lei aveva preferito non farsi domande.
Nel frattempo, i gemelli si erano trasferiti a Los Angeles. Simone li sentiva ben poco; mentre Gordon se ne lamentava, lei era sollevata. Amava ancora i suoi figli, ma in modo diverso. Forse riusciva ad amarli sono a novemila chilometri di distanza.
Ogni tanto, sui giornali, usciva qualche foto. A volte c'era anche Ria, ma Simone non riusciva comunque a credere a quella storia.
L'ansia era tornata.
Un pomeriggio - i gemelli si erano trasferiti da poco - aveva ricevuto una chiamata da Jörg. Era furioso: "Mi spieghi perchè sono venuto a sapere dai giornali che i nostri figli si sono trasferiti a Los Angeles? Io credevo che abitassero ancora ad Amburgo, maledizione!".
Simone aveva sospirato, senza neanche la forza di litigare.
- Non lo so, Jörg. Hai provato a chiedere a loro? - aveva suggerito con freddezza. Lui aveva tirato giù una bestemmia prima di risponderle:
- Certo che l'ho fatto, ho sentito Tom. Mi ha detto che si sono trasferiti perché hanno bisogno di mettere ordine nella loro vita! Ma che cazzo c'è da mettere in ordine? -.
Simone aveva smesso di ascoltare. Non sapeva che risposta dare al suo ex - marito.
"Si sono trasferiti per scappare da me, visto che so che vanno a letto insieme"?
No, la verità non poteva proprio permettersela.

Era passato un anno e mezzo. Jörg aveva fatto un casino con la stampa, ma i gemelli si erano limitati a delegare tutto ad un avvocato. La storia di Tom con Ria - alla quale Simone non riusciva a credere - continuava. I gemelli la chiamavano il minimo indispensabile. Lei non se ne lamentava, ma Gordon sì. Gordon voleva andare a trovarli a Los Angeles.
Lei si era ritrovata costretta a chiamarli.
Bill, quando Simone gli aveva chiesto se potevano andare, aveva esitato un minuto. Poi aveva trovato la forza di rispondere.
- Ma certo, anche Tomi sarà d'accordo! -.
Si era bloccato e aveva trattenuto il fiato. Simone aveva chiuso gli occhi.
Tomi.
Aveva ingoiato quel nomignolo come fosse pietra, e aveva fatto finta di niente.
Le sembrava quasi di aver sentito Bill sospirare di sollievo.

I gemelli erano andati a prenderla in aeroporto accompagnati da Ria. Tom le aveva presentate con un po' troppe cerimonie, per poi accostarsi a Gordon. Bill aveva chiacchierato con lei per qualche minuto, prima di chiudersi in un mutismo privo di imbarazzo.
Nessuno aveva bisogno di fingere una complicità che in effetti non c'era.
Tom aveva lasciato Ria a metà strada perchè lei aveva delle cose fare. Vedendoli insieme, Simone aveva avuto l'ennesima conferma che tra quei due non ci fosse niente. Troppo distanti.
I gemelli avevano fatto veder loro la casa. Gordon era troppo abbagliato dal lusso, ma Simone aveva ancora gli occhi per vedere che quasi tutta la roba di Bill era nella stanza di Tom.
Dove troneggiava un bel letto matrimoniale.
Simone si era coperta la bocca con un mano, chiudendo appena gli occhi, e ad un'occhiata preoccupata di Gordon aveva finto un conato. Poi si era ricomposta, sentendo lo sguardo di Bill su di sé.
Suo marito si era buttato sotto la doccia, Simone era andata in cucina con i gemelli. Bill le aveva preparato un caffè, poi si era seduto a tavola, di fronte a lei. Tom aveva ordinato le pizze, e aveva imitato il fratello. Lei non aveva avuto il coraggio di alzare lo sguardo dalla tazza.
- Allora, come vi trovate qui a Los Angeles? - aveva chiesto, tanto per fare conversazione. Non sopportava più quel silenzio che era calato tra loro.
Tom aveva alzato le spalle: - Bene. Credo che ci faccia bene stare lontano da tutti -.
Accanto a lui, Bill aveva annuito.
Simone aveva bevuto un sorso di caffè.
- E con Ria? -.
Non le interessava davvero. Forse voleva solo vedere fin dove si potevano spingere le menzogne del figlio. Tom, almeno, aveva avuto il buongusto di non guardarla.
- Bene. Noi... stiamo bene. E' simpatica anche a Bill - aveva risposto lui, facendo un cenno al fratello. Quest'ultimo era arrossito:
- Sì, Ria è la persona giusta per Tom -.
Simone aveva avuto la tentazione di alzarsi e rovesciargli il caffè addosso. Si era trattenuto e aveva fatto una smorfia. I gemelli l'avevano notato, e si era scambiati uno sguardo.
Lei, intanto, continuava a chiedersi come facessero a dirle così tante bugie. O meglio: a non dirle così tante cose. Lo facevano da anni. Simone aveva chiuso un momento gli occhi: da quando, esattamente, andava avanti quella storia tra i suoi figli? Da quando l'aveva scoperta lei? O da prima? La sensazione di avere sempre avuto tutto sotto gli occhi l'aveva fatta boccheggiare, ma poi si era resa conto che anche se l'avesse sempre saputo non sarebbe cambiato niente. Lei stessa, anche quando l'aveva scoperto, aveva taciuto.
Improvvisamente si era sentita soffocare: non poteva stare più nella stessa stanza con i figli.
Non sopportava più nemmeno il loro odore.
Senza aver finito il caffè si era alzata dalla sedia e li aveva guardati: - Vado a disfare le valigie -.
I gemelli, era evidente, si erano accorti del suo stato d'animo. Bill fissava il pavimento, senza riuscire a dire una parole. Tom aveva annuito.
Simone stava uscendo dalla cucina, quando la voce di Tom l'aveva fermata:
- Mamma -.
Lei, sullo stipite della porta, si era voltata.
- Dimmi - aveva detto con tono stanco.
Tom si era morso un labbro. Poi, senza guardarla, aveva mormorato:
- Ti ho mentito. Io e Ria non stiamo insieme. David la paga per fingere di essere la mia ragazza -.
Bill si era girato verso di lui con gli occhi sgranati.
Il fratello aveva infranto l'undicesimo comandamento: non parlare di quella cosa, non accennarla neanche. Mai.
Tom, però, continuava a fissare la madre. Voleva una reazione.
E Simone, nonostante quella notizia, non aveva sentito nulla. Se lo aspettava, lo sapeva già. Ormai aveva scoperto tutto il marcio che c'era da scoprire.
Aveva scosso le spalle, e si era voltata di nuovo, lasciando i gemelli.

Dopo due giorni, Simone sentiva di avere i nervi a pezzi. Lei e i gemelli avevano parlato il minimo indispensabile, e Tom sembrava essersi pentito di quella confessione.
La distanza tra lei e i suoi figli era stata colmata dal silenzio. Ormai i suoi bambini non esistevano più, quei due uomini seduti di fronte a lei, al McDonald, erano degli estranei. Simone li aveva guardati in silenzio, mentre parlavano con Gordon.
Bill gesticolava, rideva, si puliva il sale delle patatine dal labbro superiore, ogni tanto le lanciava un'occhiata che Simone non sapeva riconoscere. Tom, invece, fissava il fratello, interrompendolo ogni tanto per correggere un aneddoto, facendo una smorfia quando Bill non gli dava retta e continuava a parlare imperterrito.
Gli sguardi dei gemelli si erano incrociati per un momento, e sui visi di entrambi si era aperto un sorriso. Tom gli aveva dato una gomitata leggera, Bill aveva riso ed era arrossito.
E Simone, improvvisamente, si era sentita impotente.
Era quella la chiave di volta: lei non poteva fare niente. Non poteva interrompere quella cosa, qualunque cosa fosse, tra Bill e Tom, non poteva, come si era riproposta milioni di volte senza successo, sedersi al tavolo con loro e parlarne. Sarebbe stato inutile.
I gemelli, ormai, avevano un mondo loro. A ben vedere, Simone non doveva neanche più sentirsi in colpa per il suo silenzio: era l'unica cosa da fare.
Qualunque cosa avesse fatto, Bill e Tom non avrebbero smesso di stare insieme. Il silenzio era stata la soluzione meno dannosa per tutti.
Con un sospiro, Simone aveva guardato fuori dalla vetrata, e aveva chiuso gli occhi, sentendosi più leggera.

I gemelli erano andati a pagare, quando Gordon si era voltato verso di lei, con una smorfia preoccupata.
- Simone, cosa c'è che non va? Non hai parlato tutta la sera - le aveva fatto notare.
Lei non aveva sentito neppure la solita stretta allo stomaco. Aveva alzato lo sguardo su suoi figli. Erano alla cassa, e stavano parlando sottovoce. Tom aveva passato dolcemente una mano sulla schiena di Bill, e poi si erano sorrisi.
Simone aveva alzato le spalle: - Niente, io... -. Non era riuscita a finire la frase. L'espressione di Gordon si era intenerita:
- Sei preoccupata per loro? - le aveva chiesto.
Lei avrebbe voluto scuotere la testa. Aveva smesso di preoccuparsi in quel momento. Ma, come al solito, aveva scelto la strada più comoda: aveva annuito.
Gordon le aveva dato un buffetto: - Non ce n'è motivo - l'aveva rassicurata, indicando i gemelli che stavano pagando. - I ragazzi stanno bene -.
Simone li aveva guardati un momento, poi aveva chiuso gli occhi.
- Sì. I ragazzi stanno bene -.




Note: Lo so che questa storia, in realtà, non ha nè capo nè coda. Però l'ho buttata giù di getto, e tutto sommato mi è piaciuto come è venuta fuori. Fatemi sapere cosa ne pensate!
  
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