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Autore: Amy Tennant    27/01/2013    7 recensioni
Il Dottore porta Rose in un posto particolare. L'idea è svagarsi e trascorrere qualche ora in allegria. Il luogo è un pianeta dove si può trovare di tutto.
Soprattutto quello che non si cerca e ciò di cui si ha bisogno.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor - 10, Rose Tyler
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Quando uscì dal Tardis, con la salopette e la maglietta a maniche corte, il vento la scosse come le bandiere multicolori che vide sui tetti di quell’agglomerato di costruzioni orientaleggianti che aveva davanti.
Sembrava il set di un colossal di Bollywood e Rose non si sarebbe meravigliata di vedere spuntare dal nulla cento ballerine in costume pronte a dare inizio ad una scenografia corale alle spalle del protagonista cantante. Pensò che era il genere di spettacolo che avrebbe divertito da matti il Dottore.
Si guardò intorno. Era circondata da gente di tutti i tipi, di ogni specie. Come sempre ma più di qualunque altra volta. C’era un certo caos che stranamente le ricordò il periodo dei saldi nel negozio di abbigliamento dove lavorava.
Una vita fa, pensò.
Guardò le tegole dei portici che come scaglie ricoprivano le costruzioni, tutte basse. Nessuna torre. Le pareti degli edifici sembravano fatte di un materiale simile alla sabbia rossa e alzando gli occhi notò una quantità esagerata di lanterne coloratissime, galleggiare per aria a suon di musica.
La luce che splendeva attorno era dolce ma molto fredda, il vento correva per le strade in senso opposto alla gente che vedeva muoversi. Rose rabbrividì portandosi le mani al corpo e sfregandosi le braccia. Il Dottore sorrise guardandola.
-          Allora, che te ne pare? – chiese trionfante.
-          Continuo a trovare pazzesco che il Tardis appaia dal nulla in una strada e nessuno ci faccia caso – disse guardandosi in giro. Nella confusione tutti sembravano abbastanza indifferenti alla loro presenza. Lui continuava a guardarla con espressione divertita – insomma, che c’è?
-          Hai di nuovo la maglietta degli Shawan’Sonti addosso.
-          Ovviamente, Dottore! La adoro.
-          Dovresti metterti una giacca…
-          Ma così non si vede!
-          Ah, certo… - annuì gravemente.
-          Dottore, tu dovresti portarmi ai concerti più spesso. Quel gruppo vesian era spettacolare!
-          Niente male, sì…
-          F a v o l o s o – scandì lei.
-          Vorrà dire che andremo anche alla seconda tappa del tour – rise e Rose avrebbe anche sorriso, se l’espressione non le si fosse congelata sul viso in una smorfia – niente giacca? Sei ancora in tempo – indicò la porta del Tardis. Rose alzò il mento con aria sdegnata – ok, come vuoi. Poi non lamentarti perché ti senti male…
-          Io non sono lagnosa come te! – il Dottore la guardò con espressione finto offesa. Ma mentre lei si guardava ancora in giro, cercando di capire perché fossero giunti in quel posto, le si avvicinò un po’ di più – dove siamo e…quando?
-          Secondo il calendario umano… anno 5160 circa o giù di lì – disse guardandosi intorno con la fronte aggrottata.
-          Non lo sai esattamente?
-          Mi piace essere impreciso, a volte.
-          Ah, certo… – Rose guardò ancora le bandiere colorate sui tetti e il vento che le faceva arrotolare le une alle altre. Il Dottore seguì il suo sguardo.
-          Quelle sono le insegne commerciali. Indicano che è una zona neutrale e che chiunque può giungere qui, su Galek Olis, uno dei più forniti mercati dell’universo. Il luogo dove puoi trovare incredibili cose, nascoste praticamente ovunque... – aggiunse con sguardo eccitato.
-          Quindi questo è…?
-          Un pianeta integralmente dedicato allo shopping! Ce n’è per tutti i gusti. Anche per i più particolari – aggiunse più piano seguendo con lo sguardo perplesso un tizio con tre teste che stavano litigando tra loro in due dialetti differenti – beh, aem… decisamente… sì.
-          Aspetta… tu mi hai portato su un pianeta… di negozietti! – lo guardò con occhi sgranati e un largo sorriso – santo cielo, Dottore!
-          Mi avevi detto che per Natale volevi portare a tua madre qualcosa di speciale, no? – lei assottigliò lo sguardo.
-          Non farla passare per una gentilezza verso di lei, so che tu in questi posti impazzisci! – con le mani in tasca e lo sguardo un po’ perso per aria, il Dottore sorrise a Rose senza guardarla negli occhi. Poi la circondò con un braccio e la spinse più vicino a sé. La sentì rabbrividire. Rose lo guardò un po’ sorpresa.
-          So di non essere molto… caldo  - le sussurrò - ma…almeno stammi più vicino, visto che non vuoi la giacca – il suo tono la fece un po’ arrossire. Il Dottore cercò di non concentrarsi sulla cosa perché il profumo che aveva addosso lo stava distraendo dal resto. Era decisamente preoccupante, visto che si trovavano in uno dei posti più divertenti dell’universo. Con una certa difficoltà si scosse – Rose Tyler, prevedo grandi cose per questa giornata. Non perdiamo altro tempo… Allons-y! – disse forte con il tono di chi si preparava quasi ad una carica militare.
La trascinò quindi sotto i portici, tra la gente. Lei gli prese la mano e lui le sorrise.
Era stata una buona idea non mettersi la giacca, pensò.
 
Pur avendo girato in vari posti, Rose non aveva mai visto tanta calca ed era sempre più evidente.
Sulla Terra probabilmente qualcosa del genere si sarebbe potuta vedere nei mercati orientali di cui parlava Marco Polo, più che in quei luoghi visti nei documentari alla tv.
Anche lì c’erano montagne di polveri colorate vendute in sacchetti, strano cibo di strada cotto in pentole dalle forme assurde. Non indagò su quei cestini che alcuni divoravano avidamente, visto che li aveva notati muoversi.
Gli odori in giro quasi la stordivano e così la musica. Il Dottore le aveva spiegato che le lanterne facevano pubblicità ad altri negozi e varie merci. Concentrandosi aveva ascoltato più di uno spot e capito che la musica in sottofondo era quella di molti gingle. Dopo il trentesimo, di cui spesso non afferrava il senso, si era decisa ad ignorarli, cosa che sembravano fare quasi tutti.
Sotto i portici si susseguivano piccoli negozietti con vetrine ingombre di oggetti di cui non riusciva a capire neanche la funzione e il materiale dal quale erano costituiti.
Aveva scambiato un bicchiere per un cappello e un pettine per una sega. Non si era azzardata a chiedere altro perché l’aveva fatto troppo ridere di lei.
Passando da una strada all’altra, il Dottore aveva indicato sulle loro teste e lei sollevato lo sguardo trovando rotoli di tessuti avvolti in enormi rocchetti che sembravano appesi al nulla.
Urtava la gente non volendo, aveva anche smesso di chiedere scusa visto che veniva travolta lei stessa con indifferenza. Il Dottore però stava attento a non perderla e Rose trovava il tutto divertente. Anche l’espressione incantata di lui, con gli occhi persi ovunque ma la mano ben stretta alla sua.
 
Finalmente il Dottore si era deciso ad entrare in un negozio con almeno quattro pareti e per Rose fu un sollievo, visto che la temperatura si stava ulteriormente abbassando. La giornata era volata via ed era stata davvero bella, come le aveva promesso. Accarezzò la sciarpa che lui le aveva comprato perché non prendesse freddo alla gola. Premure da “dottore” le aveva detto avvolgendole il collo come fosse una bambina.
Adorava quando si chinava su di lei facendola sentire piccola. Ed era certa che gli piacesse tanto, sovrastarla a quel modo.
-          Stupenda, grazie!
-          L’ho presa perché è molto calda.
-          Bellissimo il colore – la guardò.
-          Sai, a ben pensarci queste sciarpe hanno differenti significati in base ai toni.
-          Tu l’hai presa rosa…
-          È il tuo colore.
-          Ha un significato preciso?
-          Se non sbaglio dovrebbe essere promessa sposa – aveva detto allegramente ma senza guardarla negli occhi. Rose sgranò gli occhi ma già lo sguardo del Dottore vagava altrove, curiosamente. Non si fermava mai.
Avevano assistito ad un gioco di prestigio finito male, visto che il Dottore aveva sbugiardato il mago spiegando a tutti il trucco, e quindi erano dovuti scappare per un’altra via, correndo; poi avevano giocato a leggere il futuro dai fondi della zuppa di pesce che avevano mangiato in piedi vicino ad un gruppo di appassionati di doffik, un gioco d’azzardo di cui non aveva compreso le regole e il senso, visto che si perdeva sempre, e quindi dovuto leggere anche le loro venti zuppe perché da loro presi sul serio e poco raccomandabili da contraddire. Giunti ad una piazzola, si erano tuffati nei cesti del bazarthel e si erano ritrovati a contrattare per un minuscolo oggetto che il Dottore aveva trovato in una montagna di minuterie e che poi aveva preso per poco, indovinandone la provenienza. Pensava fosse una rarità, visto il suo entusiasmo, e invece si trattava solo di una parte di un gioco da tavolo che lui non poteva usare da duecento anni, visto che aveva perso nel Tardis uno dei pezzi fondamentali.
Entrati in quel negozio, dopo quel primo momento di sollievo, Rose aveva però notato che diversamente da tutti gli altri era vuoto. Guardò il Dottore un po’ stupita.
-          Non c’è gente – mormorò.
-          Solo perché vende cose più particolari  – il Dottore le indicò degli scaffali pieni di scatole chiuse e una quantità impressionante di bottiglie di ogni forma. Dentro ciascuna di esse c’era qualcosa che Rose non riusciva a definire. Alcune sembravano contenere dei fumi arricciati che si muovevano come nubi inquiete, altre invece colori liquidi che si rifiutavano di aderire completamente alla bottiglia che li tratteneva.
-          Che cosa sono? – chiese stupita.
-          Dai un’occhiata da sola – le disse con un sorriso.
Rose non sapeva dove dividersi. Ogni scatola sembrava chiederle di aprirla e ogni contenitore la incuriosiva oltremodo. Le bottiglie però erano gli oggetti più appariscenti. Si rese conto che in alcune vi erano addirittura dei paesaggi e stupita si avvicinò incollando gli occhi alla boccia sul bancone, nella quale aveva notato una nave galleggiare sottosopra, con la chiglia immersa in un cielo che sembrava gocciolare sul mare rosa sottostante. Il Dottore si avvicinò a lei e girò la boccia. Tutto parve mescolarsi e perdere senso ma poco dopo la nave riprese a galleggiare in un normale mare al tramonto. Rose lo guardò stupita e delusa insieme.
-          La gente mette sempre disordine nella merce – disse un po’ seccato.
-          Era molto più bello prima…! – quasi protestò Rose guardando la boccia.
-          Beh, è solo… l’equivalente di una cartolina – disse senza badarci più di tanto. E si allontanò da lei continuando a guardarsi in giro. Rose lo guardò dirigersi dietro uno scaffale più in fondo.
Attorno avevano talmente tante cose che iniziava a sentirsi confusa.
-          Buongiorno, futura signora – Rose si voltò sorpresa dalla voce e vide dietro di sé una donna. Sembrava molto anziana, gli occhi molto grandi color miele truccati di violetto. Un colore che dominava sulla fantasia del lungo vestito che indossava.
-          Salve – rispose Rose un po’ intimidita.
-          La futura signora è qui per un qualcosa di speciale per il matrimonio? – la guardò un po’ stupita da come la chiamava. Poi ricordò la sciarpa.
-          Ah, no…! E’ per questa, vero? – disse toccandola – il colore era bello e così… Io non sono una futura signora – aggiunse imbarazzata. La donna la guardò con un sorriso.
-          Quindi lei pensa che non si sposerà mai? – Rose si irrigidì. Il suo sguardo scivolò verso il fondo del negozio e per un momento incontrò quello del Dottore. Deglutì un po’ a fatica, forse per il mal di gola che già stava arrivando. C’era stato troppo freddo, quella giornata.
La signora le sorrise ancora e andò dietro il bancone. Sistemò la boccia che prima Rose osservava mettendola su uno scaffale con altre di analoghe dimensioni poi, iniziò a cercare qualcosa in alcuni cassetti mentre Rose la guardava ancora più imbarazzata. 
-          Lei è molto giovane ed è una viaggiatrice… - disse la donna mettendo sul bancone alcune scatole e due bottigliette più piccole – i viaggiatori sono curiosi, sognano molto…
-          Io sono molto curiosa, questo sì – Rose già guardava gli oggetti davanti a sé con interesse.
-          La curiosità è sintomo di intelligenza.
-          Questo è certo. La persona più intelligente che conosca è anche un fastidioso impiccione – disse con un sorriso che la donna ricambiò.
-          L’uomo in fondo, signora? – Rose arrossì. Non avrebbe voluto ma arrossì di colpo. La donna rise – è una persona molto speciale, questo è evidente.
-          Già…
-          Ma tutti coloro che entrano qui sono speciali. Lo è anche lei.
-          Non abbastanza – Rose si sorprese di averlo detto, quasi tra sé. La donna le sorrise ancora e con un cenno indicò gli oggetti che aveva davanti – che cosa sono?
-          Le cose che qui potrebbe volere.
-          Ma io non ho chiesto nulla… - mormorò confusa. Ma forse non era vero.
Ormai sapeva che poteva averlo fatto senza essersene resa conto. Probabilmente la donna che aveva davanti aveva percepito qualche suo sottile pensiero, qualche cosa di cui lei non era stata consapevole. Provò un senso di vergogna estrema perché già le sue parole tradivano qualcosa che dentro era estremamente più intesa. E difficile da tenere a bada. La donna la guardò con gentile comprensione e Rose si sentì un po’ meglio.
-          Mi dica, cerca qualcosa per sé o un regalo per qualcuno?
-          Per… mia madre – disse Rose un po’ dubbiosa – vorrei un regalo particolare… - prese in mano una delle scatole.
Era abbastanza grande e le ricordò per forma un portagioie. Sembrava di legno ma non poteva esserne sicura ed era nera con dei bordi argentati. La osservò girandola da ogni lato. La chiusura era a scatto. La donna intrecciò le dita in attesa e Rose allora la aprì.
Era vuota. Rimase delusa.
Dopo un attimo però si accorse di essersi sbagliata. La scatola aveva dentro il vuoto. Stupita mise una mano sul fondo e si accorse che non lo toccava. Sembrava non esserci. Guardò la donna interrogativamente.
-          È un cassetto – spiegò l’anziana – un profondo cassetto per le cose più care.
-          Ma è enorme!
-          Molto grande, sì. Tiene nascosti i preziosi. Qualunque cosa al suo interno vi rimane. Non vi è modo di tirarla fuori per sbaglio.
-          Neanche mettendola sottosopra e scuotendo per bene, eh? – Rose rise divertita.
-          L’unico problema con questo cassetto è che bisogna ricordare tutto quel che si mette dentro e non è fatto per chi non ha buona memoria. Ciò che si dimentica dentro… è perduto per sempre – il sorriso di Rose si spense. Improvvisamente la cosa le parve quasi tragica – però la scatola restituisce quel che si cerca, lo si cercasse – aggiunse la donna con tono incoraggiante. Rose poggiò la scatola con aria dubbiosa. E rivolse l’attenzione agli altri oggetti.
La bottiglietta rosso porpora era davvero bella. La prese in mano con cura, vista che sembrava molto fragile.
-          Cosa contiene? – chiese.
-          Una voce del passato – gli occhi color miele della donna si fecero più attenti guardando Rose esitare.
-          Per passato intende dire…?
-          Anche chi non c’è più – Rose fece un lungo sospiro e poggiò la bottiglia scuotendo il capo. Era ancora più triste – questa è una rarità, ne sono rimaste poche. Ci viene chiesta da chi soffre molto per la mancanza di qualcuno. Qualcuno che magari si è perso improvvisamente, che non ha avuto il tempo di dirci qualcosa di importante…
-          È una forma di illusione – disse Rose con tono amaro. E la donna scosse il capo.
-          Non si ascolterà mai qualcosa che la persona non avrebbe voluto dire. La voce del passato dice sempre la sua verità e non la nostra – Rose rivolse lo guardo alle altre cose.
-          Questa boccetta bianca invece?
-          Un raro profumo. Su un pianeta molto lontano da qui c’era una spiaggia particolare, molto aspra, dove la roccia bianca si sbriciolava sulla riva in pareti verticali, rendendo l’acqua di riflessi argentati. Era un luogo di nuvole e onde e l’odore di questo posto restava attaccato all’animo di chi vi si recasse. Questo profumo fa piangere alcuni, per altri è indifferente – Rose fece per aprire la boccetta ma la donna scosse il capo – no, non si può sentire o svanirebbe. Lo può tenere solo la persona a cui è dato.
-          E come posso capire di cosa si tratta?
-          Probabilmente non è la cosa per lei adesso – disse la donna con un sorriso e Rose lasciò la bottiglietta perplessa. Restavano due scatole. Una ricoperta di tessuto chiaro e grande quanto il suo palmo. L’altra stretta e lunga, metallica. Rose aprì la scatola di tessuto e vide quel che le parve una grande biglia di vetro. Qualunque cosa fosse era di una bellezza assoluta. Il colore era perfetto, stupendo. Fissò incantata quello strano oggetto e poi guardò la donna.
-          È bellissima – mormorò – ma non so cos’è…
-          È il desiderio – disse l’anziana con un sorriso dolce – per ciascuno che lo guardi è diverso. Non ne esistono due uguali.
-          È una…
-          Una sorta di specchio  dell’anima che ci dice cosa vogliamo. Lei cosa vuole, giovane signora? – Rose guardò turbata quel meraviglioso oggetto dal colore assurdo, un colore commovente. Un blu profondo che risplendeva sopra ogni cosa, tanto da far sembrare grigio il mondo in cui si trovava, tanto immerso nei colori appena un attimo primo. Sentì i suoi occhi diventare umidi, come di pianto. Non avrebbe saputo dire cosa vedeva perché non era qualcosa che stava guardando, piuttosto sentendo dentro – il desiderio è qualcosa di forte, ci vuole coraggio per desiderare… - le sussurrò la donna.
-          Perché mi sento triste e felice insieme? – mormorò Rose asciugandosi le lacrime prima che fossero tali sulle sue guance.
-          I desideri sono così. Si soffre e si gioisce immensamente. Ma non sono per tutti – l’anziana prese dalle mani di Rose la scatola e la mise da parte. Le porse invece quella metallica, l’ultima rimasta – ecco, questo è il regalo per sua madre – sorrise. Rose la guardò sorpresa.
 Aprì l’astuccio e vide un meraviglioso bracciale. Le pietre brillavano come stelle dai riflessi cangianti e la maglia in cui erano incastonati era di un metallo dai riflessi rosa. Era molto bello e stranamente Rose ricordò che tempo prima la madre si era incantata davanti alla vetrina di una gioielleria guardando qualcosa di simile. Forse più che simile, addirittura un oggetto identico.
Ormai aveva visto troppe cose per stupirsene profondamente ma restò ugualmente turbata.
-          È… esattamente quel che avrei voluto regalarle – si limitò a dire con un sorriso – ma perché mi ha mostrato prima quelle cose? – la donna sorrise.
-          Le ho mostrato tutto quello che avrebbe potuto volere, in questo posto – ripeté con voce rassicurante.
-          Un rarissimo desiderio! – Rose si voltò e vide che il Dottore si era avvicinato a lei e stava guardando la scatola che la donna aveva messo da parte – lo specchio di noi stessi. Sempre diverso… - aggiunse con aria pensierosa e affascinata. Rose vide che gli occhi profondissimi del signore del Tempo, brillavano come aveva visto poche altre volte. Ma nessuna ombra di pianto.
La donna al bancone lo guardò e sorrise.
-          Mio signore, lei cosa desidera? – il Dottore sorrise.
-          Ciò che più desidero non è una cosa – disse e il suo tono fu molto dolce. Ma non l’espressione che ne seguì subito dopo, eccitata, con gli occhi spalancati in quelli dell’anziana signora – io desidero l’avventura, superare i limiti, la scoperta! Amo le complicazioni e le complicazioni amano me.
-          Lei è un esploratore! – rise l’anziana.
-          Viaggio. E durante il viaggio tutto quel che deve essere… semplicemente accade - il loro sguardo si incontrò un momento un po’ più lungo. Rose fissò appena la scatola con il desiderio, aperta davanti a lui.
-          Di che colore lo vedi? – gli chiese piano.
-          Un profondissimo e meraviglioso blu che mi tocca dentro – rispose il Dottore e Rose lo fissò stupita. Lui non la guardò, le prese dalle mani l’astuccio e lo aggiunse a quel che aveva sottobraccio – bene, prenderemo queste due cose – si allontanò dal bancone e andò verso un’altra persona che Rose non aveva minimamente notato prima nel negozio, un uomo anziano come la donna che aveva davanti e che stranamente sembrava somigliarle molto.
Rose guardò la scatola aperta davanti a sé e la donna.
-          Mi aveva detto che è diverso per tutti.
-          Lo ha detto anche il signore – sorrise l’anziana.
-          Ma lui ha visto quel che… - Rose si fermò. Aveva guardato quell’oggetto e visto la stessa cosa, era evidente e quindi voleva dire che…
La guardò quasi stravolta e la donna le prese una mano fissando il suo sguardo color miele negli occhi scuri di Rose.
-          La sciarpa che indossa, giovane signora, gliel’ha donata il suo amico?
-          Sì…
-          Il colore che ha scelto è particolare.
-          Mi ha detto cosa significa. Anche lei ha detto che…
-          Io le ho chiesto se era una futura sposa.
-          Ha detto che questo rosa significa promessa sposa, lo so – disse Rose - ma lui lo ha scelto perché è il mio colore, mi piace molto e…
-          Non significa quel che le ha detto, giovane signora – disse la donna con un sorriso. Lei la guardò indecisa e poi guardò un momento il Dottore che ancora stava parlando a quell’uomo.
-          Allora, cosa…?
-          Non posso dirglielo perché è una cosa rara, più rara di qualunque altra cosa che ci sia qui dentro – Rose la fissò interdetta – è una cosa rara come due desideri identici, giovane signora. E… sarà lei a dare la risposta – l’anziana signora la lasciò mentre il Dottore con un sorriso soddisfatto si avvicinava.
-          Bene, abbiamo trovato quel che cercavamo.
-          Ne sono lieta – disse con un sorriso l’anziana.
-          Dovrei passare da queste parti più spesso – disse il Dottore rivolgendo un altro sguardo a ciò che li circondava.
-          Per questo c’è sempre… tempo – mormorò la donna. Lui sorrise e Rose le rivolse un’occhiata indecisa. La donna e l’uomo, che intanto si era avvicinato anche lui alla porta, li salutarono con un cenno della mano e un inchino.
Uscendo dal negozio Rose fu investita dal vento.
Doveva essere freddo ma non lo sentiva più tale.
Il Dottore la guardò quando lei aveva gli occhi rivolti altrove e le prese la mano.
Rose la strinse forte.
 
L’anziano uomo li seguì con lo sguardo perdersi tra la moltitudine di persone che ancora erano per la strada e poi si rivolse alla donna con un sorriso.
-          Un signore del Tempo, Mihala.
-          Un signore del Tempo e la sua compagna – aggiunse lei pensierosa.
-          Che cosa hai visto? – la donna fece un sospiro.
-          Lei lo perderà. Ma non smetterà di cercarlo. Succederà perché deve. Succederà vicino ad un vecchio mare.
-          E poi come andrà a finire? – chiese ansioso. La donna lo guardò e gli fece una carezza sul viso.
-          Non finirà. Sarà… un inizio.
 
Il cielo sfumava in un giallo e un verde meraviglioso. Era il tramonto di quella bella e strana giornata, diversa da come avrebbe creduto. Le parole di quella donna l’avevano toccata profondamente. I suoi pensieri erano confusi. Ma Rose non era triste. Non del tutto.
-          Hai fatto sparire i nostri acquisti nelle tue profonde tasche, Dottore? – gli chiese con un tono allegro vedendo che la fissava impensierito.
-          Sono al sicuro.
-          Cosa hai trovato?
-          Non lo hai visto? Eppure lo avevo in mano, prima.
-          Ho paura di chiederti se una cosa con una rilegatura e delle pagine sia effettivamente un libro… qui non si sa mai – lui la guardò e rise. Rise anche lei con lui – per come leggi tu, avresti potuto anche sfogliarlo in negozio e lasciarlo lì.
-          Conosco la storia, io volevo il libro – mormorò – a volte qualcosa può valere per quel che è. E molto più di quanto non sembri – Rose sorrise appena, poi rivolse lo sguardo attorno.
La gente era sempre molta ma decisamente meno di quando erano arrivati. Osservò le prime luci accendersi ovunque e pensò che in fondo sembrava quasi come una bella serata sulla Terra. Solo molto più rumorosa, un po’ più strana.
E per mano teneva un uomo che aveva più di novecento anni.
-          Sei triste? – le chiese impensierito.
-          No, affatto.
-          I tuoi occhi sono lucidi, Rose. Se non sei triste hai preso troppo freddo. Ti avevo detto di mettere la giacca…
-          Avevi ragione – sorrise. Strinse la sciarpa che le avvolgeva il collo.
-          Almeno quella è servita – mormorò pensieroso rivolgendo lo sguardo al cielo mentre lei guardava lui – il tramonto è bellissimo, non trovi? – Rose pensò che non lo era quanto lui e così nessun cielo stellato. Niente era come guardarlo negli occhi, niente era bello se lui non era vicino. Il Dottore le rivolse un’occhiata strana – Rose Tyler, sei troppo silenziosa…
-          E tu troppo chiacchierone – lui sbuffò con un sorriso.
-          Forse hai ragione. Almeno in questo momento – Rose accarezzò di nuovo quella sciarpa e le dita di lui con le sue. Le sue mani, così fredde.
Le mani che avrebbe stretto fino alla fine.
-          Sì – sussurrò.
Lo disse a qualunque cosa le avrebbe chiesto in futuro. Ed anche a quel che non le diceva nel presente.
Quando lo fece Rose lo sentì irrigidirsi. Ne fu sicura, per un istante; ma lo sentì.
Sentì che aveva fatto un respiro più lungo e poi l’aveva stretta più forte.
-          Sì… - ripeté pianissimo lui con voce sospesa. Poi la guardò – è stata una bellissima giornata. Una delle migliori da tanto tempo. Ora è il momento di tornare a casa, che ne dici?
-          Te l’ho detto prima: sì! – disse lei con un larghissimo sorriso e sorrise anche lui.
Tornando verso il Tardis iniziarono a ridere, riconsiderando le cose ridicole che avevano visto e quel che avevano fatto e non fatto. Vennero loro in mente una serie di cose demenziali, ricordi di altre giornate. Per una volta non avevano corso troppo ma il Dottore le ricordò che dovevano stare ancora attenti al mago incontrato prima di pranzo. Si presero in giro, come al solito, e Rose gli disse per l’ennesima volta che lo odiava e lui la canzonò ripetendole che non era vero.
Ad un tratto lei si fermò e lo guardò fisso negli occhi in un modo che fece sussultare i suoi cuori. Non gli disse nulla; ma prima che potesse farlo lui Rose cercò le sue braccia poggiando il capo sul suo petto e allora il Dottore la strinse teneramente a sé.
Più che poteva.
Ma molto meno di quel che desideravano entrambi.
  
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