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Autore: Keylovy    19/08/2007    10 recensioni
Sei cresciuto, Cloud.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Cloud Strife
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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19 Agosto

 

 

 

 

Buon compleanno, Cloud.

 

Te ne ricordi ora che il sole è quasi tramontato, così, come potrebbe venirti in mente che oggi fa più fresco, o che vorresti andare a mangiare qualcosa. E’ già quasi notte, le ventiquattro ore che il mondo dedica ad ogni essere umano per festeggiare la sua nascita fra poco scompariranno, evaporate nell’incandescenza di quest’afa estiva. Doveva far caldo quel giorno. Tantissimo, e tu ti sei trovato a vivere, privato del fresco corpo di tua madre, dovevi respirare, ma era difficile, i polmoni e il petto facevano male, e tu urlavi, urlavi come un ossesso.

 

Saranno stati ventitré, ventiquattro anni fa. Mah, forse anche venticinque. Te lo ricordi, certo, ma non ti va di pensarci, non ti va di ammetterlo. Sì, forse sono proprio venticinque. Non ci credi, eh? Passati in fretta, certo, terribilmente veloci che non ti davano nemmeno il tempo di prendere aria tra le poche frasi che dicevi. Continueranno a scorrere e a scorrere, come un treno in corsa, e di certo, tu, i treni non puoi fermarli a mani nude. Prima o poi ti ritroverai davanti ad uno specchio a vedere quello che sarai e non ti aspettavi di essere, con lo sguardo forse ancora più spento dagli anni, ti accorgerai ad un certo punto di far fatica a sollevare la spada e ancora di più le braccia ti faranno male quando tenterai di farla roteare così bene come solo tu sai fare. Allora arriverà il giorno in cui parcheggerai per l’ultima volta anche la moto, le lascerai un’ultima carezza, perché se la merita, e le butterai un telo sopra.

 

Non è ancora il momento.

 

Intanto la tua moto continua a filare liscia e leggera come fatta d’aria stessa, i muscoli nelle tue braccia sono ancora forti e allenati, pieni d’energia da sfruttare. E continui ad accelerare, è un infinità di tempo che lo fai, tutto ti scorre intorno a tale velocità che non riusciresti a distinguere una persona da un albero, ma ti fa sentire quel poco meglio con te stesso dovuto al fatto che non pensi. Dai il gas con la mano destra e intanto la tua mente si chiude a riccio, guardi la strada senza interesse, come se non fossi tu a decidere dove andare. Invece ora ti trovi questo piccolo pensiero in testa, ma tanto grande da rompere la tua perfetta armonia quotidiana.

 

Sei cresciuto, Cloud.

 

Venticinque anni, un quarto di secolo. Anche se lo ignori, anche se erano anni che non ti facevi gli auguri nel tentativo di dimenticarlo, sono passati veramente. Eccoli qui, tondi tondi, pieni di fatti e conseguenze che ti piacerebbe non aver vissuto affatto. Sì, potrebbe sembrare tanto, tutto quello che hai combattuto, tutto quello che hai fatto, tutte le volte che la tua spada si è levata in aria per prendere una decisione che avrebbe fatto oscillare l’ago della bilancia. Hai combattuto, hai vinto, hai perso, hai sofferto, hai imparato.

 

Ma per te, tutto questo, in realtà, vale niente. Cosa hai combinato in questi venticinque anni, cosa hai fatto di quello che volevi veramente fare? La vedi come un film, tutta la tua vita, eventi, ricordi, fotogrammi e scene complicate che qualche volta non riesci più ad ordinare, hai troppa confusione in testa. E ogni tanto scorgi alcuni spezzoni chiari e distinti, che squadrano la tua vita in modo perfetto, suddividendola in vari blocchi. Il primo che ti viene in mente? Tifa, Nibelheim, notte. Quella sera lontana, lontanissima, in cui le dicesti che te ne andavi a primavera, con i petali dei ciliegi che fiorivano. E lei, con quel vestitino turchese rilucente di stelle che ti chiedeva di farle una semplice promessa: salvarla, salvarla ad ogni costo se fossi diventato quel che speravi. Come avresti potuto negare? Volevi disperatamente che ti notasse, lei quella con gli occhi rosso amaranto e il sorriso sempre pronto. Era così speciale, e tu eri così terribilmente solo. L’unica persona che si fosse accorta della tua presenza, potevi dirle di no?

 

Il secondo, fortissimo, terribile, lacerante. Il corpo senza vita di Aeris tra le tue braccia. Nella tua mente sono sfumate in nebbia le cose come andarono, ma l’immagine di lei, dei suoi occhi improvvisamente così vitrei e del sangue che si allargava lentamente in acqua è rimasto stampato a fuoco. E la raccapricciante sensazione dei suoi capelli lunghissimi che ti sfioravano la pelle, unica cosa di lei che si muoveva, trasportata dalla leggera corrente. Era tutto così fermo, lei era così ferma. E silenzioso, e buio. Le tue mani che toccavano il suo corpo avevano sentito il calore scivolare via ed ogni cosa era diventata freddissima all’improvviso.

 

Terzo, il ricordo di un rosso accecante e di un caldo terribile. La stessa sensazione della morte sperimentata su di te. Il dolore improvviso al petto, l’incredulità nascosta che hai provato nel vedere che riuscivi ancora a reggerti in piedi. E per un attimo avevi pensato di poter combattere contro i due ragazzini troppo cresciuti dai capelli argentati che ti puntavano le loro armi contro, le gambe reggevano salde, anche se la fatica e il bruciore lancinante nei polmoni ti oscuravano la vista. Eri pronto, all’improvviso, volevi vivere. Dovevi vivere. Avresti combattuto, non per vincere, ma per salvarti. Ti aspettavano, a casa, avevi promesso che saresti tornato. E la morte ti sembrava così lontana e impossibile che l’esplosione arrivò inaspettata quanto violenta, e tu capivi che non avevi più tempo per pensare né combattere. Eri morto. Le voci si accalcavano dentro di te, urlavano, e tu non riuscivi a muoverti, galleggiavi nel nulla. Poi, silenzio, e luce. L’unica voce che hai riconosciuto tra mille, e tu per un attimo hai davvero pensato che fosse tua madre, la donna che ti ha messo al mondo. Ma lei negava, e ti rimandava a casa, dove tutti stavano con lo sguardo rivolto verso di te, aspettandoti.

 

Tutta la tua vita, così, la senti suddivisa in tre parti: la prima, da dove tutto è cominciato, con il sapore amaro in bocca perché non sei diventato quel che volevi né hai protetto Tifa, non perlomeno quanto avresti dovuto. La seconda, quella in cui ti sei annullato e sei scomparso, non sapevi distinguere giorno e notte, minuto e anno, volevi unicamente stare solo, dannatamente solo, ad aspettare che il Geostigma ti falciasse. Poi, nella terza, hai aperto gli occhi e hai capito che la tua vita non era un giocattolo da buttare una volta rottone un pezzo, ti sei trovato isolato e hai guardato chi avevi intorno e aspettava, hai desiderato improvvisamente di non esserlo più.

 

E ora?

 

Ora non lo sei, forse. Fisicamente, sei l’unico in una landa polverosa piena di sassi su una moto, a farti compagnia solo erbacce spinose e mostri. Ma dentro? Sei solo? Non vuoi esserlo, è già un passo in più ammetterlo. Tornerai a casa, stai solo facendo un giro, non scapperai. Vuoi compagnia, una volta tanto, non gente intorno che faccia casino, certo, solo, qualcuno che si accorga di te. O meglio, vorresti accorgertene tu stesso.

 

Sì, tornerai, non è più tempo di giocare.

 

E ti vengono in mente altri ricordi, più vaghi ma non meno importanti, spine nei tuoi fianchi che ancora sanguinano. Zack che dice di scappare, Sephiroth, la sua spada, Tifa immobile tra i fiori e il sollievo nel vederla respirare ed aprire gli occhi. Marlene, ti corre incontro, vuole che la riporti a casa. Sei affezionato a quei ragazzini, più di quanto vorresti. Riporterai te stesso, a casa, ti salteranno addosso, vorranno salire sulla moto, e vedrai Tifa sorriderti con un vago cenno di rimprovero, nei suoi occhi la calda accoglienza che ha sempre preceduto il tuo rientro. Gli anni passano e tu cambi, lentamente, ma lo fai, come tutto il resto non rimani immobile, anche la montagna più grande e solida col tempo muta la forma.

 

Vuoi stare bene, ora. Troppo tardi? Forse, allora si accelererà un po’. Pensi solo che l’importante è capirlo veramente, non come quando desideravi di star meglio per smettere di soffrire quel male atroce che ti dilaniava, ora, vuoi solo… vivere, ecco. Non sarà semplice, né tantomeno ci riuscirai di botto, ma ti abituerai, con la calma e con la volontà, scomparirà come vapore su vetro la paura di fare del male con la tua presenza, di perdere, di lasciare.

 

Hai accettato la sconfitta e ora… bhè, ora ti rimetti in gara.

 

Si può sempre riprovare, no?

 

Senti il cellulare vibrare nella tasca, e, per un attimo è ferma la decisione di continuare a correre ed ignorarlo, sfamando la tua coscienza smaniosa di compagnia solo con la semplice consapevolezza che qualcuno, chiunque sia, ti sta cercando. Ma se devi abituarti, da qualche parte dovrai pur cominciare. Così lo fai, senza pensarci troppo su, fermi la moto e afferri velocemente il telefono, prima che smetta di chiamare. Ma quello sta già in silenzio, e tu sei stato troppo lento, capisci che dovrai svegliarti, adesso, che dovrai essere veloce come la vita richiede. La prossima volta però, tanto non era nemmeno una telefonata, ma un messaggio, due parole semplicissime, e tante domande dietro.

 

Auguri, Cloud.

 

Se ne è ricordata. Certo, l’ha sempre fatto, lei stessa te lo faceva tornare in mente ogni volta che te ne sei dimenticato, il tuo regalo di compleanno non è mai stato nient’altro che i suoi auguri, il suo sorriso che si incupiva quando dicevi che non ti importava affatto di questo giorno, la sua spinta docile sulla spalla a fare da delicata ammonizione, a dire “no, Cloud, invece è importante”. E fra la miriade di ricordi che ti si intrecciano nella mente, ne spunta fuori uno che ti sembra non aver mai vissuto. Una volta aveva detto che per lei questo giorno era importante. Ed ora sei curioso, vorresti sapere quello che intendeva, certo, gliel’avresti chiesto sul momento, ma non avevi voglia di andare avanti, di parlare,  di sapere; perché sapere significava conseguenze, e non avevi voglia nemmeno di affrontarle. Ora un po’ di volontà è tornata, l’interesse mette fuori il naso dalla tana come una marmotta all’inizio della primavera. Glielo chiederai, e, sei consapevole che questa è anche una scusa per tornare a casa.

 

Via, Cloud, ammettilo.

 

Alla fine non sei poi così solo.

 

 

 

 

 

 

 

 

Scusate la brevità e l’inutilità della fic ^^. Si potrebbe considerare una drabble, ma nemmeno, dato che è superiore alle cento parole. Solo, il mio regalino di compleanno per Cloud, per il personaggio che è, in tutta la sua personalità che  io adoro alla follia (anche se sono una delle poche ç_ç). Mi reggo sull’ipotesi che la sua data di nascita sia il 19 Agosto. Ringrazio quanti hanno letto, e Lennie, per il suo gentilissimo lavoro di betaggio.  

 

 

 

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