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Autore: Hazza_Boo    28/01/2013    4 recensioni
Perrie e Jade. Migliori amiche. Però la loro non era un'amicizia comune, la loro si era sempre basata sugli sguardi, occhiate rapide e veloci ma piene di significato, sulla speranza e sulla pazienza... su quel continuo aspettare che arrivasse il coraggio, nascosto per troppo tempo dalla timidezza.
Jade e Perrie, due ragazze un pò isolate e, spesso, fuori dalla norma, si erano ritrovate insieme. In ogni modo, qualsiasi cosa fosse successa, per quanto provassero ad allontarsi, il destino le faceva ritrovare.
E dopo essersi di nuovo perse Perrie ritrova la sua amata amica e decide di rimanerle accanto, questa volta, però, è per sempre. Dal testo:
"«Ciao» sussurrò Perrie.
«Finalmente.» sospirò Jade. Perrie chinò la testa di lato, osservandola perplessa. Jade sorrise e alzò gli occhi al cielo. «Mi chiedevo per quanto tempo avremmo continuato con questi sguardi»"
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Questa os non è nulla di speciale, non è una femslash, come quella che ho scritto precedentemente sulla coppia Jerrie. Semplicemente racconta di come queste due ragazze siano legate da una profonda amicizia. Ripeto, è una sciocchezza, ma spero che vi possa piacere lo stesso. Buona lettura.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jade Thirlwall, Perrie Edwards
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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Questione di sguardi


 
La prima volta che si erano viste era stata di sfuggita. Non come nei film, dove i due ragazzi si fissano intensamente negli occhi, nemmeno correndo di fretta e scontrandosi, e magari facendo cadere un plico di fogli per terra. Era stata solo una brevissima occhiata, la prima di una lunga serie. La prima volta in cui gli occhi curiosi e dolci di Jade avevano trafitto quelli celesti e vivaci di Perrie.
Era stato un solo istante, il tempo di aprire una porta e richiudersela alle spalle. Perrie aveva solo tre anni allora, teneva la mano della madre e si fissava le punte delle scarpe che strisciavano sul pavimento. Stavano entrando all’asilo per l’iscrizione, a settembre Perrie sarebbe stata rinchiusa lì dentro dalle otto fino alle quattro di pomeriggio, e solo perché sua madre non aveva nessuno cha badasse a lei mentre i genitori lavoravano.
La porta dell’asilo si era aperta, qualcuno stava uscendo e lasciò spazio a Perrie e la madre per entrare. Distratta e curiosa di vedere l’asilo Perrie alzò lo sguardo. Le passò accanto una bambina dai capelli abbastanza scuri, gli occhi lucidi e pieni di una strana luce. Si scambiarono un’occhiata prima che la bambina uscisse dalla porta con la donna che l’accompagnava, e Perrie entrasse nella segreteria dell’asilo con la madre.
Non diede peso a quello sguardo, a quegli occhi ipnotici e perfetti. Infondo non si aspettava di rivederla ancora. E non avrebbe mai immaginato che quella bambina dagli occhi dolci sarebbe diventata il suo ossigeno, la sua stessa vita.
 
La seconda volta fu una settimana dopo. Metà settembre, porte dell’asilo spalancate, bambini che entravano a malavoglia, alcuni piangevano, alcuni correvano dagli amici, alcuni si aggrappavano alla gamba del genitore per non lasciarlo andare, altri si arrendevano e sconfitti, testa china e spalle curve, si dirigevano nelle loro classi.
Quello, per Perrie, era il primo anno d’asilo. Con la manina tramante e sudata ancorata a quella della madre fissava il portone, i bambini entrare e pregava affinché avesse trovato qualche amico con cui parlare. Ancora era in lutto per la scomparsa precoce di Nené, la sua amica immaginaria – una bellissima cavalla bianca con gli occhi dorati-, ma aveva deciso di affrontare la realtà e farsi qualche amico reale.
La madre si inginocchiò di fronte a lei, le raccomandò di fare la brava, di ascoltare, di mangiare tutto ciò che le davano e di non fare troppe lamentele, poi frettolosamente le diede un bacio delicato sulla fronte e, alzandosi e dirigendosi già verso l’auto parcheggiata di fronte alla scuola, le disse un veloce: «Adesso devo proprio scappare al lavoro. Divertiti, Perrie»
La bambina non sprecò energie nemmeno per salutare la madre. La osservò con sguardo truce salire in auto e scappare via dal parcheggio. Poi, rassegnata, si diresse verso la sua insegnante.
Entrata in classe venne travolta dalle grida e dalla confusione di altri bambini e, inspiegabilmente, da un clima di serenità e allegria. Lei, però, non ci vide nulla di divertente. Anzi le pareva più una prigione, una punizione, anziché un momento di svago e per fare amicizie.
Pensava così, e ne era fermamente convinta, fino a che non la vide. Se ne stava lì, seduta su una sedia ad un tavolino, da sola, a fissare fuori dalla finestra le nuvole grigie sorvolare il cielo, a seguire le gocce di pioggia scivolare sulla superficie fredda del vetro. Era sicura di averla già vista … già, e quella sicurezza venne maggiormente rafforzata quando la bambina seduta da sola, forse sentendosi osservata, si voltò verso di lei. Il cuore di Perrie fece una capriola nel petto, dovette perfino ricordare a se stessa come se respira perché, proprio in quel momento, gli occhi curiosi della bambina la stavano fissando.
La seconda volta in cui Perrie e Jade si videro fu, invece, la prima e vera volta. Un momento fatto solo di magia, calore e la nascita di un nuovo legame.
Già, ma tutto andò in frantumi. Jade si voltò di nuovo dall’altra parte, dando le spalle a Perrie. E la bionda era troppo timida per andare da lei, quindi abbassò le spalle, scosse la testa per dimenticarsi quei occhi ipnotici, e prese posto al tavolo più lontano possibile da quello della bambina.
I giorni a seguire, nell’asilo, né Jade né Perrie si parlarono. Si lanciavano qualche occhiata fugace, nulla di più. Perrie se ne stava sempre con una certa Leigh-Anne, simpatica e dolce, pelle ambrata e capelli ricci e scuri, sempre profumati di fragola. E mentre era con lei cercava in tutti i modi di sorridere, cercare di essere felice, di cancellare la sensazione di chiuso e soffocamento che le provocava stare rinchiusa tra quei quattro muri, interrotti solo da un giardino in cui non potevano mai andare perché era sempre pieno di pozzanghere e fango. Eppure le era impossibile. Capiva spesso che Leigh e Perrie si sedettero vicine, la prima iniziava a parlare, le sue labbra si muovevano velocemente ma di ciò che diceva Perrie non ne capiva nemmeno una parola, ed il senso le sfuggiva sempre. Allora, incantata e sovrappensiero, d’istinto, la sua mente puntava il suo corpo in direzione di Jade, i suoi occhi cadevano inevitabilmente su di lei. Ed ecco che si ritrovava a fissarla, ad ammirare i suoi capelli lunghi e lisci, che le cadevano dolcemente sulle spalle, e le incorniciavano il bel viso tondo. E poi quei occhi dolci, caldi e luminosi. Di lei sapeva solo il nome, Jade, ma non di più. Se ne stava sempre da sola, parlava raramente con Jesy, una bambina vivace e ribelle. Capitava, di tanto in tanto, che Jade si accorgeva di essere “spiata” da Perrie, quindi si voltava di scatto verso di lei, cercando di coglierla sul fatto, ma la bionda distoglieva sempre in tempo lo sguardo.
Alla fine divenne quasi un gioco: scambiamoci sguardi di nascosto. Ed era quasi divertente, un piccolo passatempo. Forse era proprio questo che le allenò e, senza nemmeno parlarsi o presentarsi di persona, arrivarono alla fine del primo anno d’asilo che sembravano conoscersi da sempre. Non si erano mai rivolte una parola, eppure gli sguardi che si lanciavano, i sorrisi e quelle altre piccole cose parlavano molto di più di qualche sciocca conversazione.
Iniziarono le vacanze estive, la vita sembrò tornare normale senza la presenza degli sguardi di Jade. Leggera, tranquilla e … vuota. Terribilmente vuota. Senza dubbio Perrie sentiva la mancanza di qualcosa. Quindi fu felicissima di tornare all’asilo, a settembre. Purtroppo, il primo giorno, quando entrò, ritrovò i suoi amici dell’anno prima, perfino Leigh – che le venne incontro sorridendo felice e abbracciandola forte -, ma non c’era lei, Jade.
Perrie, a malincuore, venne a scoprire che la ragazza dal visino dolce si era trasferita. L’aveva persa, lei, i suoi occhi, il suo volto, i suoi capelli che tanto aveva bramato di sfiorare, la sua voce soffice ascoltata in lontananza, e i loro sguardi eloquenti.
«Pazienza,» si diceva sempre quando sentiva che la nostalgia si impossessava di lei, «la mia vita prosegue come prima con o senza lei. Chi è lei? Pft, nessuno.»
Bugiarda. Mentiva a se stessa quando diceva che Jade non le interessava. Purtroppo, però, doveva fare i conti con la sua assenza.
 
Ci fu una terza ed ultima volta in cui si videro. Insomma, che si rividero. E fu l’ultima perché poi non si lasciarono più. Fu quella decisiva.
Prima superiore. Brutta roba: in pieno dell’adolescenza, ragazzi che cercano di farsi accettare nel gruppo, cambi di moda frequenti, ormoni in subbuglio, primi amori, problemi con gli amici e nuove esperienza, desiderio di libertà e mille sogni e pensieri per la testa. Perrie attraversava una fase difficile, di chiusura verso il mondo. Tendeva ad isolarsi, a starsene da sola, ad osservare la pioggia fuori dalla finestra anziché uscire con le amiche. Viveva in un mondo tutto suo, non aveva trovato nessuno che potesse capirla. Detestava tutti. Non sognava, come le altre ragazze, una vita tranquilla, un matrimonio e dei figli, magari. Non sognava nemmeno di laurearsi e vivere felice. Nemmeno di trovare l’amore. Lei voleva solo … mah, chissà, neanche lei lo sapeva di preciso. Era certa, però, che sentiva l’irrefrenabile voglia di volare via, scappare in un mondo solo per lei, per davvero, lontano dalla gente comune, lontano dal giusto e dal perfetto. Voleva vivere, viaggiare, essere libera, trovare qualcuno che la capisse. I suoi canoni di felicità erano troppo alti per poter essere condivisi con gli altri.
Il primo giorno di superiori si era appostata dietro una colonna della scuola, con lo zaino in spalla, mani nelle tasche del giaccone nero e largo e sguardo fisso a terra. Aspettava tranquilla e silenziosa, chiusa nell’ombra e con gli auricolari nelle orecchie, che la campanella suonasse. Sapeva già la classe, avrebbe solo avuto qualche problema nel trovarla, ma c’era anche di peggio. Non si preoccupava di farsi degli amici, voleva solo andare bene in tutte le materie e finire al più presto.
Davanti al portone d’ingresso dell’istituto si stava radunando una grande folla chiassosa, la campana doveva ancora suonare, mancavano parecchi minuti, e Perrie stava davvero perdendo la pazienza. Si scostò dal suo nascondiglio dietro la colonna del portico, lanciò uno sguardo alla folla e sbuffò. Fu in quel momento che la vide per la terza volta.
Jade Thirwall non aveva più i capelli chiari bensì erano viola, mossi e lunghi. I suoi occhi, però, rimanevano sempre quelli inconfondibili di una volta. Non era cambiata molto dall’asilo, solo più alta, formosa, magra, perfetta, con il viso più affilato ed uno sguardo vacuo, triste, spento, perso nel vuoto. I suoi occhi si trovavano in un altro mondo, distante anni luce da quello reale. Ciò fece provare una strana emozione nel petto a Perrie che, senza accorgersene, era rimasta immobile a fissare la ragazza dai capelli viola tra la folla, con lo zaino in spalla che aspettava di entrare a scuola.
E in quel momento, quando Perrie si era accorta di essersi incantata, Jade sentì quello strano formicolare sotto il petto, la tipica sensazione di quando percepiva di essere osservata, da una persona in particolare, e dunque iniziò a guardarsi intorno inquieta. Non ci volle molto per fare incontrare i loro sguardi, che si trovarono e si legarono subito.
E dopo anni e anni finalmente Perrie sentì che il suo cuore aveva ritrovato la sua casa: il petto di Jade. Si sentì rinata. Dopo anni finalmente le due ragazze si scambiarono di nuovo uno sguardo veloce, eloquente e divertito come quello di quando avevano tre anni.
Finalmente si erano ritrovate. Ora il mondo pareva meno freddo e più buono e accettabile. Jade scosse la testa, abbassò lo sguardo e si disperse tra la folla. Perrie non poté fare altro che sorridere, prendere il suo zaino ed entrare a scuola.
Quando entrò in classe si sentì rabbrividire: diede uno sguardo ai suoi nuovi compagni, salutò la professoresse e poi si imbatté in Jade. La osservò, mentre tutti si sistemavano in banchi casuali. Jade si trovava in uno in ultima fila, da sola, isolata, vicino alla finestra.
«Oh, mio Dio! Non ci posso credere! Perrie Edwards» esclamò una voce allegra. Perrie non fece in tempo a dire nulla che venne travolta da due braccia l’avvolsero in un abbraccio stritolante.
Leigh- Anne era nella sua stessa scuola, nella sua stessa classe. Infondo era stata la sua unica amica d’infanzia, quindi ritrovarla la faceva sentire bene, eppure per tutto il giorno non tolse gli occhi di dosso a Jade, così come i giorni a seguire e quelli dopo ancora.
Fino a quando trovò il coraggio di parlarle.
Jade Thirwall se ne stava sempre da sola, risaputo. Non parlava con nessuno a meno che non le venisse fatta qualche domanda. Tutti sembravano quasi intimiditi da lei, ed infondo era lei  che viveva in un mondo tutto suo. Lei e Perrie avevano passato le prime settimane di scuola a lanciarsi i soliti sguardi, senza mai parlarsi. Durante la ricreazione o in altri momenti liberi la bionda veniva presa da Leigh, per parlare e passare del tempo insieme, eppure notava sempre che Jade rimaneva di fronte alla finestra della loro classe, a guardare fuori.
E finalmente, un giorno di metà febbraio, quando Leigh era assente, durante la ricreazione, quando la classe fu completamente vuota poiché tutti erano in giro per la scuola, Perrie si fece coraggio e si avvicinò alla ragazza.
La trovò, come al solito, a fissare fuori dalla finestra il giardino posteriore della scuola. Il suo sguardo sembrava immerso nei pensieri, perso in un posto migliore.
E fu quella la prima volta che si parlarono dopo la terza volta che si erano solo lanciate qualche sguardo.
«Ciao» sussurrò Perrie.
«Finalmente.» sospirò Jade. Perrie chinò la testa di lato, osservandola perplessa. Jade sorrise e alzò gli occhi al cielo. «Mi chiedevo per quanto tempo avremmo continuato con questi sguardi»
Perrie non poté impedirselo e, dopo essersi accertata che fossero sole, si avvicinò di più alla ragazza, le sorrise dolcemente, timida, e poi, con cautela e delicatezza, sfiorò con le dita i suoi capelli viola. «Finalmente ti ho ritrovata.» immersa del tutto la mano, strinse in pugno delle ciocche e gioì nel sentirle morbide, profumate e setose così come si era sempre immaginata. Era dalla seconda volta che si erano viste che voleva accarezzarle i capelli.
«Non mi lascerai più, vero, Perrie?» il tono di Jade, quando lo domandò, era quasi ironico. Però Perrie la fissò negli occhi e sotto sotto capì che la sua richiesta era un disperato bisogno di sentirsi dire: «No, non ti lascerò mai» esattamente come le mormorò un attimo dopo, sicura, convinta e sincera.
Era una promessa. E Perrie la mantenne.
 
 
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Continuo a dirmi che non voglio scrivere fan fiction sulle Little Mix, e mi ritrovo che ho cinque storielle su di loro, e tutte su Jade e Perrie. E non mi piace Perrie, adoro Jade, però… e, e, e, e uffa! Insomma, questo è un esperimento. Se ricevo almeno tre recensione bene, tengo la storia. In caso contrario la elimino dal mio account di Efp e/o dal mio pc. Scusate gli errori. Uh, e per chi è arrivato fino infondo a leggere un biscottino e tanti grazie :3
Mentre per chi recensisce c'è anche una piccola chicca:
 


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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