Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel
Ricorda la storia  |      
Autore: Mrs Xanax    29/01/2013    4 recensioni
"Non c'era bisogno di parole. Ti ho amato perché tu mi hai amata, perché stavi più attento a me che a te, perché mi sentivo piccola tra le tue braccia. [...] Ti ho amato perché ci bastavamo l'un l'altro, perché le parole erano sempre state futili, perché a volte erano d'intralcio per esprimere ciò che eravamo, quanto eravamo."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Come si dice addio.





Sono sempre stata orgogliosa, non mi è mai piaciuto dare soddisfazioni, preferisco riceverle. Dal carattere freddo, impassibile, distante. Non mi sono mai voluta impegnare, troppo impegnativo, pensavo. Tutti i rapporti intrattenuti con individui dell'altro sesso erano sempre sfumati dopo poche settimane, pochi giorni, poche ore. Sto bene da sola, e mentre le mie amiche mi davano della frigida io ricevevo le mie soddisfazioni e loro piangevano per amore. Tanti uomini quanti numeri di cellulare cambiati, solo cinque anni fa ho smesso. Sei arrivato tu.

 
Sei entrato in discoteca non col solito atteggiamento spavaldo, eri silenzioso, indifeso, ti guardavi attorno. Ti ho seguito con lo sguardo, come tutto il resto delle presenti, fino al privé al piano di sopra. Ho visto tuo fratello sporgersi dalla ringhiera, guardare la pista, fumare una sigaretta in compagnia del castano. È tornato indietro, il castano è stato raggiunto dal biondo, sono rimasti in silenzio tutto il tempo se non per un paio di frasi scambiatesi senza guardarsi. Sono tornati ai divanetti, sospetto, perché non li ho più visti. Mi sono girata, non mi piace fissare anche se mi perdo ad osservare le movenze delle persone che attirano la mia attenzione. Ho bevuto un sorso del mio drink dopo essermi voltata verso esso, quando ho rialzato lo sguardo ho pensato che forse anche a te capita di fissare chi attira la tua attenzione. Ho subito scacciato il pensiero quando ho notato che stavi fissando me.

 
Ho bevuto un altro sorso tornando a spostare lo sguardo sul bicchiere per fare la disinvolta, sentivo il tuo sguardo su di me. Ho passato interminabili minuti a morire di curiosità imponendomi di non spostare nuovamente le iridi verso la tua figura, ma volevo sapere. Non c'eri più. 

 
Quando quel buon odore ha raggiunto e colpito in pieno il mio olfatto non ho potuto non girarmi e notarti accanto a me. Lo sguardo era affranto per chissà quale ragione e tentavi di nasconderlo, ma io lo vedevo. La modella dai capelli tinti di rosso ti aveva ferito, spezzato, calpestato il cuore. L'ho capito solo più avanti. Volevi stare solo, si  vedeva, ma quando l'unica cosa che vuoi è la solitudine e ti capita di parlare con uno sconosciuto che magari ti comprende e si limita ad ascoltare, senza interrompere né giudicare, è un po' come parlare con se stessi. E tu volevi parlare con te stesso.

 
Siamo usciti da quel luogo troppo rumoroso persino per urlarci, avevo capito il tuo nome solo perché lo conoscevo già. Tu non avevi capito il mio se non per l'iniziale, S, infatti mentre mi porgevi l'accendino me l'hai chiesto di nuovo con sguardo mortificato. Ho abbozzato un sorriso e l'ho ripetuto, ci siamo seduti sui gradini, hai cominciato a parlare. Il vuoto che ti portavi dentro era palpabile sin dall'esterno, ma lo nascondevi bene, solo tuo fratello capiva. Tuo fratello e io.
Osservavo rapita le tue labbra schiudersi, espirare il fumo, riprendere a parlare senza fretta, come se avessimo avuto tutta la notte a nostra disposizione. Non mi hai chiesto di me, avevi intuito che non avrei parlato allora l'hai fatto tu per entrambi. Non ti ho chiesto perché ti sfogassi proprio con me, una donna troppo silenziosa conosciuta poco prima, ma avvenne come se fosse normale, perché doveva avvenire. 

 
Tuo fratello ha esitato a chiamarti quando ti ha visto in mia compagnia, giuro di aver visto un mezzo sorriso ornare le sue labbra, poi ha osato e ti ha chiamato. Dovevi andare. Ti sei girato in sua direzione, Arrivo, e sei tornato ad osservare me per la quarta volta in tutta la serata. Mi hai chiesto il numero, te l'ho dato, te l'ho fatto ripetere per essere sicura fosse giusto. Non ho avuto il coraggio di chiederti il tuo in caso avessi perso il mio, in caso ti saresti dimenticato di me. Senza nemmeno accorgertene mi hai letto nel pensiero, Mi faccio vivo presto, e te ne sei andato rivolgendomi il primo sorriso. Il primo dopo mesi.

 
Ho ripreso a vivere la mia vita, la speranza era sfumata. Sfumata come i miei rapporti. È strano come la vita risulti difficile tornare ad essere com'era quando qualcosa la cambia. Tu avevi cambiato la mia. Ma le cose avvengono quando meno te le aspetti, così come arrivò quel messaggio.
Ciao, S.
 
Ciao, T.
Risposi con un altrettanto semplice saluto, non capivo se non avevamo nulla da dirci o ci dicevamo senza accorgercene. Mi sembrava di conoscerti già. Non hai risposto, io non ti ho cercato ma ho salvato il numero. 

 
Altri giorni di silenzio tranne che per quanche sporadica Buonanotte o Buongiorno. Non parlavamo oltre, ci bastavano dei semplici saluti per essere certi di non perderci di vista. Mi scrivevi sempre tu, io ero restia, avevo paura di disturbare, ero codarda. Un giorno ti sei fatto coraggio e mi hai chiesto di uscire. Mi sono fatta coraggio anch'io e ho risposto Sì.
È iniziato tutto in modo spontaneo, da quel bacio che sei riuscito a darmi solo al terzo appuntamento. Non c'era fretta, la cicatrice doveva guarire e mi sembrava di esserti d'aiuto. Io sanavo la tua e tu ne creavi una a me.

 
Ti ho amato per le piccole accortezze, perché quando mi hai proposto di venire a vivere da te ti sei presentato con una chiave e mi hai detto Tieni. Ti ho guardato, hai annuito e ti ho baciato. Non c'era bisogno di parole. Ti ho amato perché tu mi hai amata, perché stavi più attento a me che a te, perché mi sentivo piccola tra le tue braccia, perché quando ti canzonavo chiamandoti Paparino mettevi il broncio per essere baciato. Perché quando mi arrabbiavo con te mi facevi ridere e mi passava, mi stringevi e mi baciavi la fronte. Perché quando mi arrabbiavo col mondo mi afferravi per i fianchi, mi baciavi il lobo e la mia rabbia spariva. Ti ho amato perché quando il rancore era troppo forte andavi in salotto e restavi lì, poi di notte, quando non potevo vederti, tornavi a letto e mi stringevi forte. Io ti sentivo, con gli occhi chiusi per orgoglio, perché quando non dormi con me mi è difficile prendere sonno. Ti ho amato perché sapevi che ti amavo, non avevi bisogno di dimostrazioni. Ti ho amato perché ci bastavamo l'un l'altro, perché le parole erano sempre state futili, perché a volte erano d'intralcio per esprimere ciò che eravamo, quanto eravamo. Ti ho amato anche tutti i Natali, le Pasque, i Ferragosto. Ti ho amato tutte le settimane, tutti i giorni, tutte le ore.
 

Ma quando ormai la tua ferita era diventata solo una cicatrice la mia era diventata una voragine. Ti donavo me stessa, ti riempivi di me e io mi svuotavo. Non vedevo via d'uscita, i mal di stomaco aumentavano, ma sapevo fingere meglio di te. Mi ero lasciata andare, avevo fatto di te la mia ancora, il mio unico punto di riferimento e da sola mi sentivo smarrita. Io che ero sempre e solo bastata a me stessa ora non ero niente senza te.
 

Invece sapevi fingere meglio tu, perché lo sapevi e me lo tenevi nascosto.
 

Quella mattina il mal di stomaco era troppo doloroso, perforante, non riuscivo a sopportarlo. Tu eri a lavoro e io ho afferrato tutte le mie cose. Ci ho messo un po' a farle entrare nelle valigie, ma abbastanza per non provare rimpianto. Ho preso un foglio, una penna, e da brava codarda ti ho scritto un biglietto.
Addio, T.
 

Però il mondo è piccolo, si sa, e anche una città come Los Angeles ti serba delle sorprese. Ti ho rivisto stasera, sembrava quasi la prima volta, sei entrato nel locale con atteggiamento spavaldo. L'ho vista, sai? La sua mano intrecciata alla tua. Stavolta però non hai fatto in tempo ad arrivare al privé, hai inchiodato, ti sei fermato. Lei si è voltata verso di te, ti ha guardato confusa, poi ha seguito il tuo sguardo e mi ha vista. Chissà se ha visto delle mie foto per caso, chissà se le hai detto di me. Chissà se quando sfiora quella S impressa sulla tua pelle le scacci la mano infastidito come faccio io quando viene sfiorata la mia T.
 

Ci guarda smarrita, la noto, ma non distolgo lo sguardo dal tuo. Allontano il drink dalle labbra, lo tengo in mano, mi volto verso il barman per ordinarne un altro. Il secondo di una lunga serie, penso. Torno a girarmi appena in tempo. Non sai se avvicinarti, se andartene per la tua strada. Prendi la tua decisione e per un attimo mi sembra di non riuscire più a capirti con un solo sguardo. Ti volti verso la castana dagli occhi grandi e dal taglio dolce, le sussurri qualcosa e le baci la tempia, ti allontani e lei resta impalata a fissarti mentre ti avvicini a me. Tuo fratello la prende per un braccio, le fa un sorriso per tranquillizzarla e avanza con lei verso le scalette così diverse da quelle del locale di cinque anni fa. Non ho più avuto il coraggio di tornarci.
 

Sento di nuovo quell'odore mentre avverto la mia gola bruciare a causa dell'alcol appena ingerito, allontano il bicchiere dalle labbra e sei davanti a me. Non sorridi, mi guardi, resti in silenzio. Resto in silenzio anch'io. Per interminabili secondi ci osserviamo, poi prendi coraggio. Sei sempre tu quello coraggioso.
Mi chiedi come sto, ti rispondo Male, fai un sorriso amaro e scuoti la testa, non ci credi. Sei forte, tu. Sussurri più a te stesso che a me. Sì, io sono forte, ma quello che si è rifatto una vita sei tu. Non mi chiedi di uscire, come se ora sia positivo che le nostre voci non si riescano ad udire. Allora per una volta mi faccio coraggio io e te lo chiedo, mi guardi stupito, quasi incredulo ma accetti. Ci dirigiamo di fuori, restiamo in piedi, come se avessimo poco tempo a disposizione.

 
Andiamo avanti a convenevoli, Tu come stai?, mi rispondi Bene e non so se crederci o no. Ti domando di lei, mi rispondi che la ami, e non è quello che ti ho chiesto. Mi guardi afflitto, vorresti delle spiegazioni ma non le chiedi. E io come te lo dico che ho avuto paura? Come te lo dico che quando mi lasciavi sola per mesi interi a causa del tuo lavoro non riuscivo più a vivere? La nostra era diventata dipendenza e la dipendenza, è noto a tutti, è soprattutto psicologica. Mi sono allontanata, dall'Asia sei tornato negli Stati Uniti causando l'annullamento della data pechinese, hai letto il biglietto tre giorni dopo. Non rispondevo ai messaggi, alle telefonate, ma non avevo cambiato numero. 

 
Tu non lo sai, ma tuo fratello mi ha tenuta aggiornata. So come e quando l'hai conosciuta, dopo quanto le hai chiesto di uscire, che il primo bacio gliel'hai dato al quinto appuntamento. Che sei andato a vivere con lei, che l'altro appartamento l'hai venduto dopo che me ne sono andata. È troppo grande per una sola persona, dicevi, e sia io che Bill sapevamo che in realtà non riuscivi a viverci. Lei ti ha sanato la seconda ferita, ormai cicatrice anche quella. E mentre tu ti riempivi di lei io mi svuotavo anche di te.

 
Mi chiedi delle novità, rispondo che non ce ne sono ed è la verità. Sfuggo al tuo sguardo indagatore, ho paura che tu riesca a capire. Evito di nutrire speranze, mi impongo di pensare che tutto è finito, che tu sei felice con lei. È così, lo percepisco, ma te lo chiedo comunque. La amo, ripeti. Ma non rispondi alla domanda Sei felice?.
La riproponi a me, mi fisso le scarpe, ci penso su. Annuisco, ancora una volta l'orgoglio ha la meglio. Non rispondi, né mi guardi. Resti fermo a fissare qualcosa oltre le mie spalle. Per l'ennesima volta ti fai coraggio, sospiri prima di proferire parola.
 

Addio, S.
E mentre ti allontani per tornare al caldo so che questa è la risposta al mio biglietto.








Note finali: Salve! Sono nuova su questo sito, non ho mai avuto il coraggio di pubblicare le mie storie, non so perché sto condividendo con altre persone proprio questa che non è nemmeno delle migliori. Comunque sia, volevo precisare che la storia mi è stata ispirata da "perché si dice addio": il racconto, secondo il mio modesto parere, di una delle più brave scrittrici del momento. L'ho scritta oggi di getto - per cui mi scuso per eventuali errori o ripetizioni, non l'ho riletta molte volte - e in un paio d'ore l'ho terminata. E dato che mi annoio ho pensato pubblicarla qui per, magari, leggere qualche parere. Spero vi sia piaciuta, ammetto che è un po' strappalacrime ma è il genere che preferisco. Ringrazio i lettori, se ce ne saranno, ovviamente! Mrs. Xanax.
  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel / Vai alla pagina dell'autore: Mrs Xanax