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Autore: Reb2212    29/01/2013    2 recensioni
-Scusa?
-Hai capito bene Jade. E' finita.
Jack uscì dalla cucina con passo lungo e sbattè la porta con forza, lasciandomi impietrita.
Mi accasciai a terra e piansi, a più non posso. Non poteva essere vero. Sembrava che il mondo mi fosse crollato addosso. Invece non fu così. Quell'evento, tragico in apparenza, fu la svolta.
Genere: Erotico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Ciao a tutti, volevo solo dire un paio di cose: io amo scrivere, inanzitutto. Pur amando scrivere e leggere, avrei bisogno di consigli esterni. Se vi va, potete lasciare una piccola recensione, qualsiasi sia la vostra opignone o critica. Grazie di cuore a chiunque lo farà o che anche solo dà un'occhiata a ciò che ho buttato giù qui sotto. Un grande bacio, a presto. 
-Reb. 



''Ehi amore, sto arrivando, dieci minuti e sono da te.''
Scrissi velocemente il messaggio a Jack, presi il felpone appeso all'unico appendiabiti in camera mia e corsi verso la porta.
-Ciao mamma, io esco, dormo da Jack!
Gli mandai un veloce bacio all'aria e uscii di casa frettolosamente. Merda, le chiavi della macchina! Bussai freneticamente alla porta di casa e due minuti dopo mia madre mi sporse le chievi dell'auto.
-Dai vai, prima che tuo padre arrivi, sbrigati! 
Oh, la mia mammina, l'adoro. 
Accesi il mio piccolo rottame e mi inoltrai nelle strade buie di Seattle. La casa di Jack non era tanto lontana, un quarto d'ora in macchina con un po' di traffico, ma quella sera il traffico era esagerato. 
Ero partita di casa alle 20.10 e alle 20.40 ero ancora bloccata a cinque minuti da casa. Dovevo essere dieci minuti prima a casa di Jack e ancora nessuno si muoveva. Scesi dalla macchina e iniziai a contemplare tutte le altre persone che sbraitavano, fumavano sigarette o, meglio ancora, andavano al bar lì di fianco.  
Finalmente, dopo altri dieci minuti di tortura le macchine iniziarono piano piano a partire, la gente riprendeva le loro postazioni, e la situazione si fece meno pesante, nonostante si avanzava molto, anche troppo, lentamente. Arrivai da Jack alle 21.25. Era infuriato, a causa del mio cellulare morto non avevo potuto rispondere alle sue continue telefonate e neanche ai suoi messaggi.
Come se fosse colpa mia, quasi voleva rispedirmi a casa, dopo tutta la fatica che avevo fatto per arrivare lì. Era incredibilemente fuori di testa. Sembrava essersi calmato. Mi dava le spalle, a braccia conserte contemplava la parete davanti a sè. 
-Hai intenzione di rivolgermi la parola o me ne devo andare?
Gli chiesi dolcemente, cercando di far uscire il tono più zuccheroso che potessi tenere. 
Si voltò lentamente e piano mi si avvicinò, mi prese il viso tra le mani e mi baciò. Un bacio dolce che durò un'eternità. 
-Scusa. 
Mi sussurò vicino all'orecchio. Poi mi prese di nuovo il viso e sta volta con più foga, cogliendomi di sorpresa. La sua lingua entrò nella mia bocca selvaggemente e in meno di due minuti più tardi ero schiacciata contro il muro, con la sua erezione che premeva contro il mio ventre. Oh, lo adoro. Si eccita così facilmente.
Piano scese fino al collo, la giugulare e poi il petto. Piano scese fino la mia scollatura e prese tra i denti la mia canotta. Con le sue mani dolci me la tolse e la lasciò scivolare a terra e lo stesso fece con il mio reggiseno. 
Gli tolsi la sua maglietta, mi prese in braccio senza mai smettere di baciarmi e mi portò in camera da letto. Piano mi posò sulla superfice morbida delle lenzuola e mi denudò in un batter d'occhio.
-Come fai a essere cosi sexy?
Me lo ripeteva, sempre. Ogni volta che facevamo ''l'amore'' (se ancora così si può chiamare, perché ormai a me pareva più semplice sesso).
Stavamo insieme da ormai un anno, ma ormai niente più era come prima.
Quella sera facemmo sesso tutta la notte, lui sembrava insaziabile, come sempre. 
Il mattino alle 11.00 ero già bella che pronta per la festa di compleanno di mia sorella Vera. Compiva quindici anni, così tanto sognati da lei.
Jack ancora dormiva come al solito, ormai non tento più neanche di svegliarlo. Uscii di casa e chiusi piano la porta.
Entrai in un negozio di elettronica. Vera ha sempre sognato una Canon e io mi ero messa d'impegno negli ultimi anni per comprargliela. E' una ragazza sveglia e intelligente, pur avendo quattro anni in meno di me a volte è lei a darmi consigli, di qualsiasi genere.
Chiesi ad una commessa del negozio se potesse prestarmi aiuto, ma fece finta di seguirmi perché in realtà prestava più attenzione al suo cellulare che non smetteva di vibrare, infatti quello che riuscì a dirmi in un quarto d'ora sono stati una serie di ''Eh?'' ''Scusi, non capisco.'' Come se parlassi arabo. Comunque poco prima della mia crisi di nervi mi lasciò in sospeso con uno:
-Scusi, ho un urgente bisogno della toilette.
Come? Della toilette? Perché adesso quando uno serve un cliete lo può liquidare con la scusa della toilette?! Come se fossi cretina. 
Qualche minuto dopo mi sentii chiamare da una voce maschile alle mie spalle. Quando mi girai, non volevo credere ai miei occhi. Un ragazzo sui 24/25 anni dagli occhi color ghiaccio e i capelli di un biondo scuro, slanciato e con muscoli non troppo pompati, ma esaurienti mi stava chiedendo se avevo bisogno di una mano.
-Ehm.. Si, mi servirebbe una Canon. 
Mi fece vedere diversi modelli presentando ognuno con una professionalità impeccabile e con i sorrisi di cortesia da vero commesso. Commesso. Cosa ci faceva uno come lui, pronto per essere un modello Abercrombie, in un negozio di elettronica?
Quello fu il mio primo pensiero. Ero troppo concentrata sui suoi lineamenti scolpiti, per prestare attenzione a ciò che diceva. 
-Ehm, allora?
-Cosa? 
-Le ho chiesto quale vorrebbe prendere. 
Mi disse con un sorriso a dir poco.. Sexy. Probabilmente stava trattenendo una super-risata. Ero così buffa. Sembravo una tredicenne che vedeva per la prima volta il suo idolo.
Arrossii violentemente per la mia gran bella figuraccia, dalla sua espressione divertita credo proprio che, per mia sfortuna se ne accorse. 
Dopo qualche minuto di imbarazzo e sguardi fugaci puntai su un modello piuttosto carino, ma non troppo grande.
Pagai velocemente e mi avviai verso l'uscita, quando quel Dio greco mi rincorse per.. Oh no, lo scontrino.
-Oh mer.. ahm.. Grazie.
Gli sorrisi debolemente e lui ricambiò con un sorriso a 32 denti che mi fece sciogliere. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma la voce lontana di qualcuno lo distrae.
-Keith!
-Mi reclamano. Buona giornata, signorina. 
Keith. Che bel nome.
-Anche lei e grazie ancora.
Dissi di rimando. Ma l'unica cosa che avrei voluto dire era.. Oh, voglio baciarti, ora Keith.

 
Arrivata a casa mi nascosi nella cucina che era stata messa tutta al buio apposta per poi far la sorpresa a Vera appena alzata. Come al solito verso le 13.00 fece capolinea dalla porta della cucina assonnata e, appena accese la luce, tutti uscimmo dal nascondiglio con il nostro regalo in mano e urlammo tutti all'unisono un sonoro:
''Auguri, Vera!'' 
  
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