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Autore: Sachi93    30/01/2013    0 recensioni
"Perché, perché, quando le cose sono necessarie fanno sempre male all'anima.
Ricorda ancora le sue lacrime, scendevano copiose, le rigavano il viso, cadevano fra le sue mani raccolte in grembo."
A volte basta un semplice frammento di un'anima a sconvolgere le nostre esistenze.
Allora devo dire che è la prima volta che pubblico un racconto su EFP, sinceramente sono molto emozionata all'idea. Ho scelto un pairing abbastanza sconosciuto, Hesse (Assia: stato federato della Germania, possiamo dire un fratello, una Germania centrale.) x Fem. Italia del Centro, oltre ad accenni a varie pairing. La storia prevede una serie di capitoli, non molti altrimenti diventerebbe troppo noioso.
Bene, detto questo vi lascio alla lettura, spero che possa piacervi!
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nord Italia/Feliciano Vargas, Nuovo personaggio, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Silvia, rimembri ancora...

Come ogni volta si sedeva su una poltrona nel suo studio, chiudeva gli occhi e la sua anima libera, vagava all'esterno di quel castello, volava su in alto, per chilometri e chilometri, attraversava intricate foreste, montagne che sfidavano il cielo, briosi fiumi, pigre colline, pianure fertili, fino al colore dorato, abbagliante di quella meravigliosa città, per arrivare a lei.
"Una piccola tecnica." Così aveva detto Norvegia.
Ma quante volte lo aveva fatto, quanti anni erano passati, forse secoli, tanti, troppi per uno come lui, ma pochi per lei.
E lui la guardava sempre da lontano, non si era più avvicinato, mai neanche per lavoro. No, sarebbe stato troppo doloroso per entrambi. 
No, solo per lui, lei non aveva colpa, come poteva, come poteva ricordare qualcosa che le è stato cancellato dall'esistenza.
Fu doloroso per tutti, ma era necessario.
Perché, perché, quando le cose sono necessarie fanno sempre male all'anima.
Ricorda ancora le sue lacrime, scendevano copiose, le rigavano il viso, cadevano fra le sue mani raccolte in grembo.
In quell'unico piccolo istante, il suo sguardo era rivolto a lui. 
L'unico che l'amava come una donna.
Lui era l'unico che amava la sua essenza, libera e selvaggia, quieta e armoniosa.
Per lui i suoi occhi erano profondi antri in cui perdeva l'anima. Non era semplice definirli, un grigio intenso quando osservava quel mare che tanto amava ribellarsi sotto il vento autunnale, un vivace azzurro quando ammirava la luce in un assolato pomeriggio estivo, velati d'ambra quando era immersa nel tepore di un inverno, un verde smeraldo quando la sua anima reclamava la primavera.
Lei era indefinibile, così come le pieghe della sua anima erano infinite, labirinti in cui lui stesso si perdeva. 
Anche se non voleva, lui riusciva a vedere dietro ai suoi sorrisi, una malinconia, che entrambi conoscevano bene.
Si amavano, questo era certo. Ma qualcosa impediva di poter assaporare il loro amore liberamente. 
Loro due erano nazioni, come potevano amarsi, come potevano soltanto sperare di poter sconfiggere la sorte.
Era semplicemente successo. In segreto lui l'aveva sempre ammirata, così lei.
E in quei solitari momenti nella sua mente riaffiorava il ricordo di un passato lontano, di uno come lui, di un bambino che si era innamorato, del suo amore che era talmente forte da sfidare le ere e che non fece più ritorno. Feliciano aveva sofferto così tanto, per tanti secoli.
Lui non avrebbe fatto gli stessi errori, per anni non si era avvicinato a lei, poi arrivò quel giorno... Ed insieme ad esso, quello che non si sarebbe mai aspettato di vedere. 
Ogni volta i suoi ricordi tornavano alle sue lacrime. 
A lei in ginocchio, a lei dentro a quel cerchio. 
E in quel momento l'unica cosa a cui riusciva a pensare era che lei che non doveva essere li, lei doveva stare al suo fianco per i secoli avvenire. 
Ma era stato necessario, per il suo bene, per il bene delle tre Italie. Così dicevano.

"Non ti dimenticare di me, ti prego." Le sue ultime parole viaggiavano come eco, nelle pareti della sua anima. Un lampo e nulla più. 
Norvegia ed Inghilterra si erano accasciati a terra ansimanti, nel cerchio le due figure erano ancora in ginocchio, tenevano in braccio una paffuta neonata, che dormiva beata. 
"Non si ricorderà niente?"
"No, nulla di ciò che è e di ciò che é stata. Non ricorderà nemmeno chi siamo stati per lei." 

"Cosa sono stato per lei..." Quelle parole non facevano altro che procurargli dolore su dolore.
Lui non fece nulla. Rimase lì a guardare quei tre. Non aveva più la forza di agire, non riusciva neanche a versare una singola lacrima per la donna che amava. Non poteva, lui doveva essere forte, doveva continuare a essere forte per lei, solo e soltanto per lei.
Lui l'impassibile germanico, guardava la sua amata, tornata bambina, esser portata via dai due fratelli, per scomparire dalle loro vite.
Lei non era più una nazione.
Le fedi nel giustacuore sul suo petto, ecco cosa stringeva fra le dita in quel momento, il loro giuramento.
Sarebbe stata in un posto sicuro dicevano, fino al momento in cui non sarebbe stata in grado di vivere di nuovo.
Perchè di quello si trattava, di vivere.

E ora sotto il suo sguardo lei viveva, passeggiava tranquilla tra i fori romani. Lei poco più che ventenne si muoveva leggiadra, come sospesa tra due mondi, assaporava ogni istante della sua vita. Quel meraviglioso sorriso che mostrava ai suoi amici, lui non l'aveva dimenticato.
Per tutto quel tempo, tutti quei anni era riuscito a mascherare il suo dolore sotto un viso impassibile, impenetrabile. 
Ora eccola lì, sotto mentite spoglie c'era la sua amata Italia del Centro, la sua amata...
"Silvia!" 
Un nome pronunciato come un sospiro, doloroso gemito d'amore.
La ragazza si girò, guardandosi attorno, come se cercasse qualcuno, come se qualcuno l'avesse chiamata, ma vide soltanto un falco librarsi nel cielo azzurro di un pomeriggio estivo romano.
Un sorriso fioriva nel suo cuore.
Hesse dall'alto la proteggeva sempre.
  
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