Quella
telefonata Mike la riceva in piena notte.
Sono le 4.52 di un
Sabato mattina, è in camera sua, completamente abbandonato
tra le
lenzuola gialle che Quinn gli ha scelto un pomeriggio di molti giorni
prima.
Ma quell'assurda suoneria continua a cinguettare nella
stanza, con l'intenzione di non smettere molto presto. Allora si
alza, cercando di allungare le braccia verso il comodino dove tiene
il cellulare, ma finisce inevitabilmente per capitolare a terra,
sbattendo con poca grazia contro il legno del pavimento.
Borbotta
qualcosa e si passa una mano sugli occhi stanchi e assonnati che
fatica a tenere aperti.
Ma
è quando vede il numero sul display che quelli si aprono
definitivamente, come se avesse appena visto un fantasma.
Quinn
non lo chiama mai.
O meglio lo fa, ma non dal suo telefono. Usa
una carta prepagata, in modo da non spendere una fortuna per quella
chiamata oltreoceano.
Mike si schiarisce la voce e risponde.
Il
primo sospiro gli annuncia che Quinn sta piangendo.
E lui vorrebbe
prendere il primo volo disponibile, arrivare in Inghilterra, entrare
dentro casa di Frannie e stringere Quinn tra le braccia
perché non
sa cosa sta succedendo ma sa che la sua migliore amica non
può
sopportarlo.
Il respiro pesante della bionda si fa strada
nell'apparecchio e Mike rimane in silenzio, aspettando una qualche
tipo di spiegazione che però non arriva.
Quello
che sente sono altri singhiozzi ed altre lacrime e si sente
così
inutile in quel momento, che vorrebbe scalciare qualsiasi cosa nel
raggio di chilometri.
Si stringe nelle spalle e poggia la schiena
al materasso, passandosi una mano tra i capelli disordinati.
«Quinn?
Per favore, dimmi che succede.»
Un
singhiozzo più forte. Uno più piccolo.
Poi
uno sbuffo.
E
la voce di Quinn roca e spezzata comincia a parlare.
«Sono
andata al colloquio stamattina.»
Oh,
allora è questo il problema.
Mike riflette sul discorso da fare.
Pensa che potrebbe dirle che avrà altre mille occasioni e
che
sicuramente quelli della casa editrice non hanno capito nulla.
Che
un giorno rimpiangeranno di non averle dato l'opportunità
che
merita, e che si ritroveranno a doverle chiedere scusa per quel
rifiuto.
Ma
poi la sua amica continua a parlare e allora capisce che non
è
quello che pensa.
«Mi
hanno
chiesto di trasferirmi qui, Mike. Vogliono offrirmi un contratto
triennale, e vogliono che inizi immediatamente. Il direttore ha detto
che può parlare con il rettore dell'Università, e
avviare il
trasferimento. Non perderò gli esami dati e potrò
finirla qui, a
Londra.»
E il cuore di Mike si
stringe così tanto a sentirla parlare, con quella vocina
piccola e
impaurita, quando in realtà il suo sogno si è
realizzato e dovrebbe
essere felice.
Ma Mike lo sa.
L'ha sempre saputo.
Lo sa da
quando le ha viste parlare per la prima volta che per Quinn non
sarebbe stato facile lasciarla andare.
«Quinn.»
La
voce di Mike trema un po'.
Il pensiero di stare lontano da lei per
così tanto tempo gli fa tremare le ginocchia. Sono cresciuti
insieme, in quella piccola periferia di Lousiville, con i loro grandi
sogni. E si dicevano che il primo dei due capace di sfondare, avrebbe
aiutato l'altro a farcela.
E
che entrambi sarebbero rimasti amici per sempre e avrebbero preso una
casa e i figli di Mike l'avrebbero chiamata zia Quinn e
viceversa.
Quella lacrima gli scivola involontaria sulla guancia
mentre stringe con più vigore l'apparecchio tra le dita.
«Non
voglio lasciarvi Mike. Non voglio lasciarla.»
Mike
sospira e a denti stretti pronuncia quella frase che nessuno dei due
vorrebbe sentire.
«E'
la tua occasione Quinn, non puoi lasciartela scappare.»
Santana
si sveglia, quella mattina, senza il peso di Quinn che preme sulla
sua spalla.
E' quasi impossibile sopportare quella mancanza.
Stringe il lenzuolo tra le mani e sbuffa, ricordando che quello
è il
grande giorno di Quinn e pregando che vada tutto come
previsto.
Perché, insomma, solo un deficiente si rifiuterebbe di
darle un lavoro.
Così sospira e cerca di riaddormentarsi, ma il
profumo di Quinn è quasi troppo inebriante perché
possa riuscire a
chiudere gli occhi e dimenticare di essere nel suo letto.
Nella
casa di sua sorella, dall'altro lato del mondo.
E l'ultima
immagine nella sua mente sono quelle labbra attaccate al suo
orecchio, che sussurrano il suo nome, mentre i loro corpi si muovono
in sincrono ed è tutto troppo per Santana.
Si muove
istintivamente fino a raggiungere il bagno in fondo al corridoio, e
quando si assicura di essersi chiusa la porta alle spalle, rilascia
una boccata d'aria.
Entra nella doccia, il getto dell'acqua che
le colpisce le spalle in maniera quasi violenta.
E sente una voce.
Quella voce.
E il sorriso sulle sue
labbra si apre involontariamente. E comincia a lavarsi via la
stanchezza e tutti i pensieri, perché vuole solo sbrigarsi e
scendere le scale e lanciarsi tra le braccia di Quinn e sperare di
vedere quel sorriso sulla sua faccia. E magari prenderla un po' in
giro, perché , deve ammetterlo, è oltremodo bella
quando si
arrabbia.
Ma qualcosa va storto.
Quando scende le scale, Quinn
è raggomitolata sul divano tra le braccia di Frannie e si
tiene la
testa tra le mani.
Le spalle scosse dai singhiozzi.
Sua sorella
incrocia i suoi occhi e Santana è talmente paralizzata che
teme di
dover passare il resto della vita lì, su quella scala,
issata su
quell'ultimo gradino.
Frannie sta mormorando qualcosa all'orecchio
di Quinn, mentre le accarezza i capelli, spazzolandoglieli con le
mani. Le sfiora la fronte con le labbra e la tiene stretta.
Santana
se ne accorge dopo, che anche lei ha gli occhi lucidi.
Dave arriva
nella stanza con due tazze bollenti che poggia sul tavolo e anche lui
guarda preoccupato Santana che ancora non accenna a muoversi.
Le
sembra che il tempo si sia fermato e che il mondo abbia smesso di
girare su sé stesso. Che tutti abbiano deciso di mettersi in
pausa,
senza avvertirla.
E
poi Quinn alza lo sguardo ed è talmente triste e rotta che
Santana
vorrebbe piangere a sua volta, senza un vero e reale motivo.
Si
schiarisce la voce, e si avvicina con le mani tremanti.
Guarda
Quinn e allarga un po' le braccia, fingendo un mezzo sorriso.
Quinn
si lancia su di lei, affondando il viso nell'incavo del suo collo e
bagnandole la pelle. Santana la stringe, una mano sul fianco e
l'altra tra i capelli. Le labbra che sfiorano ogni punto di pelle che
riescono a raggiungere.
«Mi
dispiace Santana, mi dispiace.»
«Dimmi
cosa succede, Q.»
Ma quella
scuote la testa e si stacca, le labbra che impattano violentemente su
quelle di Santana.
E c'è passione e amore e dolore, e Santana
sente i denti affondare nella carne del suo labbro inferiore e geme
senza riuscire a controllarsi.
Chiude gli occhi e quando li riapre
Quinn prende il cappotto.
E Santana non si muove.
Neanche
quando sente la porta d'ingresso chiudersi violentemente.
«Le
hanno offerto un lavoro, ma deve trasferirsi qui.»
Le
parole di Frannie le risuonano nelle orecchie con la stessa forza di
una cannonata. Ha la testa che le scoppia e le mani che non accennano
a fermarsi.
Si stringe nella giacca e osserva fuori dalla
finestra, mentre sul tavolo della cucina il pranzo si fredda. Frannie
ha cucinato per tutti e quattro, ma Quinn non è tornata e ha
il
telefono staccato. Sua sorella non sembra preoccupata, o forse
è
brava a nasconderlo, perché sta seduta lì e sta
sbocconcellando la
sua fettina di carne senza problemi.
Santana, d'altra parte, non
riesce a stare seduta. Non riesce a non pensare. Vorrebbe solo
spegnere il cervello per qualche minuto, senza aver voglia di
vomitare.
In un modo o nell'altro si rimprovera di essersi
lasciata andare ancora una volta.
Lo sapevo che finiva
così.
Idiota.
Continua a ripeterselo senza sosta,
le unghie che graffiano il bancone della cucina. Dave sta
sparecchiando, e Santana sente Frannie spostare la sedia e camminare
fuori dalla sala da pranzo e andare in soggiorno.
«E'
preoccupata quanto te, Santana.»
E
per la prima volta Santana si volta a guardare qualcosa che non sia
l'albero al di fuori della finestra.
Incontra gli occhi scuri di
Dave, e capisce immediatamente che anche lui è preoccupato
per
Quinn, ma c'è qualcosa, nei suoi occhi, che le rivelano che
non lo è
solo per Quinn.
«Frannie
e Quinn sono cresciute con un padre che le voleva perfette. Non sono
abituate ad esternare i problemi. Ho imparato a conoscerla e credimi,
è preoccupata.»
Santana
annuisce e si morde le labbra, il senso di colpa per aver pensato il
contrario a macerarle lo stomaco.
«Ascoltami.»
Dave
le prende le mani tra le sue a la invita a sedersi intorno al tavolo.
Sposta la sedia e si accomoda di fronte a lei, le mani grandi e
bianche a contrasto con quelle piccole e ambrate della latina.
«E'
l'occasione della vita, lo sai. E tu probabilmente sei l'amore della
sua, di vita.»
Santana manda
giù difficilmente, tremando un po' per quella definizione e
facendo
sorridere l'uomo davanti a sé.
«Perderà
in entrambi i casi qualcosa di profondamente importante. E tu puoi
aiutarla a scegliere. Devi solo dirle di restare, Santana. »
La
mora tira su col naso, passandosi la manica della giacca sugli occhi
gonfi.
«Chiedile
di restare, e lo farà. Ma assicurati che ne valga la pena»
E
poi fa qualcosa che Santana non si aspetta.
La stringe tra le
braccia forti e le bacia la fronte, con fare paterno. E Santana
capisce subito che il bambino non ancora nato nel soggiorno,
sarà un
bambino molto fortunato.
Quando Quinn rientra, è tardo
pomeriggio e fuori piove.
E' bagnata fradicia, e il viso è
completamente zuppo dall'acqua e dalle lacrime che non ha ancora
smesso di versare.
Santana la guarda, seduta sul divano a gambe
incrociate e con un libro tra le mani. Alza gli occhi e accarezza con
lo sguardo quelli di Quinn e sussurra nella sua direzione.
«Mi
hai fatto spaventare, Fabray.»
La
bionda annuisce e appende il soprabito, strofinando le mani tra di
loro ed evitando accuratamente di guardare la donna a qualche passo
da lei.
Santana le fa cenno di sedersi e Quinn vorrebbe dirle di
no, vorrebbe dirle che non ce la fa a starle vicino sapendo di dover
fare quel discorso con lei, ma gli occhi della mora le rivelano che
sa già tutto.
Frannie, pensa Quinn.
Gliel'ha detto
lei.
Si lascia cadere sul divano, il corpo che sfiora
impercettibilmente quello più caldo dell'altra ragazza che
posa il
libro sul tavolino e si volta a guardarla.
Ha gli occhi gonfi e
rossi, e Quinn vorrebbe prendersi a pugni e urlare per averle fatto
del male.
«Non
è colpa
tua.»
Le mani di Santana le
sfiorano il viso, accarezzandole le guance.
Il pollice che le
lambisce il labbro inferiore. Quinn sta per scoppiare nuovamente, ma
la bocca di Santana è sulla sua, impedendole di piangere.
«Non
è colpa tua.»
Sussurra di
nuovo.
«Santana
io
non...»
«Devi
farlo Quinn.»
E quelle parole
le dice prima di ripensarci. Le dice prima di accorgersi di averle
dette davvero. Le dice perché non
può fare altro.
Perché
è convinta di non meritarla, una come Quinn.
Perché non può
impedirle di realizzare un sogno solo per stare con una stupida come
lei.
«Non
voglio San.»
«Certo
che vuoi.»
Se lo bisbigliano
sulle labbra, come un segreto, mentre le loro mani cercano
più pelle
da accarezzare, sfiorare, toccare.
«Non
posso permetterti di lasciartela scappare. Perché ti amo,
Lucy Quinn
Fabray.»
Quinn geme e
singhiozza nello stesso tempo quando Santana le fa quella
confessione, mettendosi su lei e facendo aderire la schiena della
bionda alla pelle del divano.
La mano di Quinn scivola sotto la
sua maglia, accarezzandole il ventre e accoglie nella sua bocca i
lamenti di Santana quando le sue unghie le raschiano gli
addominali.
«Ti amo
Quinn. E
voglio vederti felice.»
La
mano di Quinn le risale la coscia, ancora coperta dalla stoffa dei
jeans, e si ferma a slacciarle il bottone e la cerniera.
«E
se questo è il prezzo che devo pagare per vederti felice,
non posso
fare altro che accettarlo.»
Angolo
degli alcolisti anonimi.
Io
vi prego di non insultarmi. Lo so, lo so. Ma io sono immersa
nell'angst in questo momento e non ho potuto fare altro.
Per cui
il prossimo è l'ultimo capitolo.
Spero che la storia non deluda
le aspettative. Ci tengo molto perché è la prima
long che riesco a
portare a termine, e sono affezionata a queste due dementi e in
generale a tutti i personaggi.
Per
cui ringrazio tutti quelli che leggono, seguono, recensiscono e tutta
l'allegra compagnia.
Siete bbbbelli.