Giorni,
mesi,
stagioni
sono passate.
Il pensiero
torna a te,
è
inevitabile.
Poco so di te,
ricordo il
profumo,
il
calore
della tua casa.
I viaggi fatti
fino al tuo bel
giardino.
Pioggia o bel
tempo,
poco importava,
contavano solo
le persone,
le parole,
le risate.
Poco ricordo
delle serate,
pochi discorsi,
ma tante
immagini.
Tanti oggetti,
memento di
luoghi lontani.
Sempre un
profumo particolare.
Un pomeriggio,
al parco.
Ancora non ho
capito dove si trovi
quel parco,
ma ricordo le
tue risate,
il tuo sorriso,
che denti
bianchi.
Nel tuo
giardino,
il primo,
forse unico,
insetto stecco
che abbia mai visto.
Casa tua era
una continua sorpresa.
Cose esotiche,
sapori
esotici.
E lui,
sempre pronto a
scherzare,
a disegnare.
Un giorno,
ricordo
qualcosa da dipingere,
una staccionata?
Un cancello?
Dove non
ricordo.
In
città ero stata poche volte,
persa la
fermata ero perduta ance
io.
Telefono alla
mano,
mi guardo
intorno,
l’area
è familiare,
ma non sono
sicura.
Persa,
nel panico,
quando vedo lui.
Raggiungiamo il
tuo giardino,
quel bel
cancello avvolto nel verde.
La porta sembra
diversa,
di giorno.
Dentro
è sempre tutto uguale invece,
il solito
profumo,
ma tu sei
diversa,
il tuo volto
è più cupo.
Che succede?
Sei molto
dimagrita,
non era mai
successo…
non capisco.
Il ritorno
è sempre stato
bellissimo,
uscire nel
freddo notturno,
fare nuvolette
col respiro,
addormentarsi
cullata dal motore,
e riapparire a
casa.
Del tempo
è trascorso,
non siamo
più venuti da te,
siamo andati da
lui,
sembravi debole,
che ti succede?
Nei tuoi occhi
il riflesso è meno
intenso,
cosa
c’è che non va?
Un giorno,
il telefono,
La notizia.
Su quel letto,
la tua pelle
così scura,
ora si confonde
con quel triste
muro.
Cammini a
fatica,
ma vuoi
arrivare alle poltroncine,
sgranchirti le
gambe.
Lui scherza,
ti strappa a
stento un sorriso,
anche a noi.
Quel giorno,
quel viaggio,
l’unico
in cui il motore non è stato
sufficiente,
perfettamente
lucida sedevo
mentre
ascoltavo.
Quanto manca?
Giorni?
Mesi?
Sempre troppo
poco.
Squilla il
telefono,
ma la mia giornata deve continuare.
No,
tu hai la scuola.
Un saluto
negato.
I tuoi occhi,
il tuo sorriso,
ancora vividi
nel mio pensiero.
Forse anche la
tua voce…
Sì,
eccola!
Squillante,
ma non acuta,
calma
e dolce.
I ricordi si
accavallano,
troppe cose,
poche parole,
troppe immagini.
Ricordo la mia
prima reazione.
Le parole nella
mia mente
si erano
frantumate,
lasciando solo
uno schermo bianco,
privo di
immagini.
Non ricordo il
nostro primo
incontro,
probabilmente
ero troppo piccola,
chissà
cosa pensai.
Un giorno siete
venuti voi a casa
nostra.
Dopo pochi
minuti una nebbia bianca
ci avvolgeva.
Ci hai regalato
momenti stupendi,
forse in quel
parco ci siamo state
più volte.
Maschere,
utensili,
e quello
cos’è?
Che strano,
con quei
tubicini.
Poi scoprii che
si chiama narghilè.
Quanti posti i
tuoi stanchi occhi
devono aver visto,
quante persone
devi aver conosciuto.
Tanti, tanti
accendini,
di tutte le
forme.
Uno persino a
forma di bici,
e quello a
pesce, in metallo.
I tuoi occhi.
Grandi,
un
po’ sporgenti,
buoni.
Il sorriso
sempre stampato sul tuo
volto.
In quel
giardino ci contendevamo
l’amaca.
Che cosa
difficile starci stesi.
Un giorno sono
passata davanti a
casa tua,
di giorno.
Che strano,
tutta la magia,
la
particolarità di quella casa,
di quel
giardino,
svanita,
con te.
Hai mai avuto
un gatto?
Forse mi
confondo col suo cane,
e tutte quelle
statuine.
Prima che
abbattessi la parete di
mezzo,
nella stanzina
sempre buia,
ricordo quel
gatto azzurro,
con le righe e
le orecchie lunghe e
strette.
Ho sempre
pensato che era strano,
lì,
al buio,
forse alla luce
sarebbe stato
diverso.
Chissà
dov’è finito,
ora.
Avevo fatto
amicizia con qualche
bambino,
in quel parco,
strano per me.
Strano era
anche quel parco.
Quasi solo
ghiaia e terra,
pochissima erba,
e uno scivolo
nero bellissimo,
anche se in
estate rischiavi di
lasciarci la carne attaccata.
Sì,
dobbiamo
esserci state più volte,
forse dopo la
piscina.
Ricordo quasi
solo quello scivolo,
parte di una
struttura più grande,
i paletti rossi,
una staccionata
in cima ad un…
o forse era da
un’altra parte?
La mia prima
passeggiata in notturna
per la città,
quante luci,
quante persone.
Solo qualche
tempo fa ho capito dove
eravamo,
su quelle strisce pedonali.
Sembrava tutto
così grande, allora.
Un giorno
verrò a trovarti,
appena
scoprirò dove sei,
nel frattempo
conservo il tuo
ricordo,
con affetto.