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Autore: Honodetsu    31/01/2013    6 recensioni
"...Non seppe come, ma quel momento di leggerezza, di tranquillità, sembrò dissolversi in un attimo. L'assurda idea che potesse essere finita si sgretolò al vento.
L'agitazione e la preoccupazione per l'italiano furono ingogliate da un qualcosa di più profondo, di più intenso. E mai avrebbe immaginato che si potesse provare una cosa del genere e che, un essere umano, potesse sopportare un simile dolore..."
E' con piacere che vi presento questa mia seconda fanfiction su Hetalia; dove amori, passioni, gioia e lacrime non mancheranno di certo.
...Se siete interessati, leggete...
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Francia/Francis Bonnefoy, Prussia/Gilbert Beilschmidt, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
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Romano finì di sistemare le sue cose. Continuava a sentire rumori sospettosi provenire dal salone, ma cercò di ignorarli. Mise l'ultimo vestito nell'armadio. Non era brutta la sua camera, per nulla. Sorrise tra sé, compiaciuto. In fin dei conti non sembrava tanto male, almeno per ora. Certo, quei tre tipi erano parecchio strani, ma lui tanto doveva convivere con quello meno strano del gruppo.

O almeno sperava.

Prese il libro di chimica. Mancavano poche settimane al suo prossimo ed ultimo esame, doveva studiare. Si mise a sedere sulla sua bella e ordinata scrivania, con il libro in mano.

Guardò il tavolo liscio e pulito sorridente. Sapeva perfettamente che non sarebbe durato molto in quello stato, almeno non con lui. Sicuramente già dopo un paio di settimane la scrivania ne sarebbe uscita completamente in disordine.

Sospirò rasserenato. Finalmente aveva un letto dove dormire, un lavoro, una sedia comoda e del tempo per studiare.

Ma non appena posò lo sguardo sul suo bel capitolo, di chissà quante pagine, si sentì un rumore assordante, seguito da un gemito, provenire dal salone. Si irrigidì.

Cosa...?!

Aprì la porta della camera e rimase ammutolito nel vedere quell'Antonio fissare come un ebete i pezzi di vaso rotti ai suoi piedi.

Lo spagnolo vide Romano, sorrise appena.

-”Mi è scivolato...”-fece come per scusarsi, poi sorrise. L'italiano sembrò piccato da quel suo continuo sorridere.

Che cavolo hai da essere tanto allegro?

Guardò con sofferenza il libro che aveva lasciato sul letto. Sbuffò. Addio momento di pace, avrebbe studiato dopo.

-”Ti sei fatto male?”-gli chiese richiudendo la porta della sua camera dietro di sé.

-”Oh, no, sto bene.”-fece-”Mi sa di essermi graffiato.”-disse tenendosi la mano in questione. Romano gli si avvicinò.

-”Ma sei scemo o cosa?!”-gli fece nel vedere la mano sanguinare-”Ma quale graffio, qui ci stavi per rimettere la mano!”-fece prendendogli la mano e guardando attonito lo squarcio sanguinolento che gli si era delineato sul palmo. Antonio continuava a sorridere tranquillo.

-”Non è niente, mi capita spesso di tagliarmi così...”-disse ritirando la mano e dirigendosi in cucina. L'italiano lo seguì un po' preoccupato. E lui doveva essere il più normale del gruppo?

Si misero seduti intorno al tavolo della cucina. Antonio cominciò a medicarsi sotto lo sguardo stufo di Romano. Che stava facendo lì?

Lo spagnolo sembrava cavarsela benissimo da solo. Ma sì, era meglio andare a studiare. Fece per alzarsi quando Antonio gli porse la mano. Romano la guardò con un sopracciglio inarcato.

-”Bhè?”-chiese guardandolo ironico. Antonio gli fece vedere le bende sul tavolo.

-”Non ci riesco da solo. Non è che puoi...”-fece sempre con tranquillità. L'italiano prese le bende senza staccare gli occhi da dosso quel ragazzo.

Aveva una strana tranquillità. Era troppo calmo, sorridente. Nonostante i suoi comportamenti freddi quello spagnolo non sembrava esserne infastidito. Anzi, sembrava quasi cercasse la sua compagnia.

-”Allora... Che cosa fai nella vita?”-chiese Antonio mentre l'altro lo fasciava.

Romano avrebbe preferito non parlare.

-”Sono uno studente. Lavoro in un bar.”-fece lapidario. Sperò che la conversazione finisse lì.

-”Studente, eh?”-disse pensieroso l'altro-”Cosa studi?”-

Ma perché insisteva nel volergli parlare?

-”Chimica.”-disse infastidito mentre girava la benda intorno alla sua mano.

-”Chimica.”-ripeté l'altro sorridente-”Ah, non ci capisco molto.”-fece ridacchiando-”Io e le materie scientifiche non ci capiamo proprio.”-

Romano alzò le sopracciglia.

Ah, sì? E cosa capisci?

-”Da quanto hai iniziato l'università?”-riprese imperterrito. Romano strinse, senza rendersene conto, la mano ferita dello spagnolo.

-”Ah! Piano!”-fece lui lamentandosi. L'altro si morse un labbro imbarazzato.

-”Oh, scusa!”-fece tornando a fasciargliela bene.

-”Allora? Da quanto?”-riprese l'altro. L'italiano sbuffò.

-”Questo è l'ultimo anno. Ma perché ti interessa tanto, scusa?”-sbottò.

Antonio non sembrò scomporsi.

-”Bhè, da oggi cominceremo una convivenza, quindi credevo...”-non riuscì a finire che Romano partì in quarta.

-”E credevi male!”-disse alzandosi di scatto dalla sedia-”Non è così importante che tra noi due nasca un'amicizia, chiaro? Viviamo sotto lo stesso tetto ma facciamo cose diverse. Io ho i miei studi e tu...”-rimase per qualche secondo a guardarlo nevrotico-”Tu...”-

Già, lui cosa faceva?

-”Già, io lavoro in un pub e non vado all'università.”-lo spagnolo sorrise per poi chiudere gli occhi ed alzare le sopracciglia-”Sì, insomma, cose che a te non interessano, due vite completamente diverse...”-

Romano lo guardò piccato.

-”Certo che sei fastidioso. E' inutile che insisti...”-fece guardandolo irritato.

-”Visto? Già sai una cosa del mio carattere, sono fastidioso. Tremendamente ed irritantemente fastidioso.”-fece sorridendo ammiccante. Aveva un tono scherzoso, un tono che parve amichevole alle orecchie dell'italiano e che, perciò, lo prese alla sprovvista-”Ecco, un'altra cosa che devi sapere su me è che sono insistente. Parecchio insistente.”-

Romano sbuffò.

-”Immagino che devi avere molti amici, allora.”-fece sempre più irritato, cercando di dare una risposta secca e di andarsene lasciandolo solo.

-”Non sai quanti.”-fu la risposta pronta dell'altro. Romano, più che dal senso delle parole, fu infastidito dalla risposta di per sé. Nessuno gli aveva mai tenuto così testa.

Di solito rinunciavano a parlare con lui o finivano per alzare le mani.

-”...”-avrebbe voluto rispondere ma non gli venne niente in mente. Divenne rosso per la rabbia. Gli puntò un dito contro-”Questa volta hai vinto tu! Ma non temere, ho molto tempo per gustarmi la mia rivincita.”-fece rancoroso. Nel vedere quel sorriso calmo e divertito dello spagnolo la rabbia sembrò straripare violenta.

O-di-o-so!

-”Vado in camera mia!”-fece uscendo irritato dalla cucina-”Muori dissanguato, idiota!”-

Antonio lo seguì con lo sguardo.

-”Hai ragione!”-strillò mentre l'altro apriva la porta della sua stanza-”Abbiamo molto tempo per conoscerci, amigo!”-

La risposta fu lo sbattere della porta. Antonio ridacchiò.

Francis aveva ragione: era una tipo interessante quel Romano. Si guardò la mano fasciata.

Avrebbe fatto di tutto pur di farselo diventare amico. Si stiracchiò per bene mentre si dirigeva verso il salone. Era un tipetto al quanto ostile ma Antonio, in quel suo modo di fare disinteressato, aveva intuito qualcosa. Un qualcosa che, però, faceva trapelare un lieve interesse.

 

Che si credeva quel dannato spagnolo?

Non lo sopportava, era odioso, impiccione ed anche cocciuto.

Fantastico, come primo giorno già aveva fatto il pieno. C'era qualcosa in lui che lo attirava ma che, anche, lo rendeva insopportabile.

Maledetto, maledetto, maledetto!

Non sopportava l'idea di aver perso contro di lui. Fino ad allora non gli era mai capitato di perdere: se l'era sempre cavata bene con le parole, aveva una lingua molto tagliente; ma, a quanto sembrava, ne aveva trovata un'altra come la sua.

Sempre diretta, come la sua, ma meno rude. Dannazione, con quelle parole così strafottenti, e quel tono divertito e diplomatico, aveva vinto su tutta la linea.

Lo aveva del tutto spiazzato.

Mai, davvero, mai gli era capitato davanti un tipo del genere. Romano affondò il libro di chimica sul viso. Mai nessuno gli aveva parlato così rimanendo, ai suoi occhi, in qualche assurdo modo attraente. Già, perché nonostante tutto, nonostante quel dannato carattere luminoso e quelle parole aspre, quel “qualcosa” c'era ancora.

Quel “qualcosa”, a confondere i suoi sentimenti di odio verso Antonio, c'era ancora. E la cosa gli bruciava ancora di più. Strinse con fastidio il piumone sulla quale era steso.

Ma perché si scaldava tanto?

Sospirò e posò il libro sul ventre.

In fondo che gli importava, non era nessuno. Non voleva conoscerlo e non voleva essere suo amico. Lui stava meglio da solo, come era sempre stato.

Con lo sguardo fisso sul soffitto si scoprì triste. Stranamente e dolorosamente triste. Non c'era un motivo per esserlo, giusto? Aveva trovato un appartamento, quello che smaniava tanto di possedere.

Si riscosse portandosi una mano sul viso. No, probabilmente lui confondeva la stanchezza con la tristezza. Ma sì, era solo stanco.

Dalla posizione supina si mise seduto, portandosi le gambe al petto. Strinse le braccia intorno alle ginocchia, quasi stesse cercando di proteggersi da qualcosa. Chiuse gli occhi e sospirò.

Posò la fronte sulle ginocchia.

Sono solo stanco, solo stanco...

 

Antonio si buttò sul letto disordinato. Cacciò un enorme sospiro e sorrise soddisfatto. Quel giorno si era divertito. Era stato per tutta la mattinata a lavoro, con Gilbert che continuava a bere come un assatanato. Lo spagnolo sorrise ricordando l'ubriacatura del tedesco.

Quando era ubriaco diventava ancora più euforico di quello che era normalmente. Si stiracchiò sul letto e ringraziò mentalmente Francis, il suo amico francese non ché suo capo, di avergli fatto fare un cambio turno. Non gli sarebbe per niente andato di alzarsi, in quel momento, dal suo bel letto per andare in quel locale da matti. Non che odiasse il suo lavoro, anzi, si divertiva molto lì. Il fatto era che, superato un certo “tot” di ore, non ne poteva più.

Tutto quel casino era troppo, alla lunga, persino per uno come lui. All'improvviso gli tornò in mente il nuovo inquilino.

C'era un qualcosa di tremendamente divertente nel farlo arrabbiare. Ridacchiò fra sé. Era un tipo scontroso, se ne era accorto, proprio il tipo di persona che lui non aveva mai sopportato.

Ma quell'italiano sembrava in qualche modo diverso, non sapeva ancora bene in cosa di preciso, ma era diverso.

Si alzò dal letto e cominciò a svestirsi. Voleva conoscere meglio Romano, anche se dentro di sé non si aspettava di trovare qualcosa di speciale in lui.

Era solo curioso di scoprire il perché di quella corazza, di quella corazza che indossava per nascondere i suoi sentimenti al resto del mondo.

Probabilmente era solo una persona timida forse aveva difficoltà a socializzare con persone nuove, a fare amicizia. Magari con il tempo si sarebbe aperto di più.

Ma già così, visto a colpo d'occhio, non si diceva per niente una persona amichevole. Anzi, non sembrava una di quelle persone con molti amici.

Si chiese perché fosse così scontroso. Si infilò la maglietta del pigiama e si sdraiò di nuovo sul letto.

Aveva così tanto tempo per conoscerlo in fin dei conti.

Guardò il soffitto ed attese che il sonno lo stringesse nelle sue spire.

 

Teneva convulsamente le mani strette intorno alla tazza. Guardò più volte l'ora sull'orologio attaccato alla parete davanti a sé.

Perché quello spagnolo non la finiva mai di parlare?

-”Hai detto di essere all'ultimo anno, vero? Quando darai il prossimo esame?”-

Romano sospirò. Si era svegliato da poco, era venuto in cucina solo per fare colazione, non per rispondere all'ennesimo interrogatorio.

-”Tra poche settimane.”-rispose irritato.

Antonio si mise seduto davanti alla sua tazza di caffè fumante.

-”Sembra stressante.”-fece guardandolo comprensivo.

-”Tu lo sei di più.”-

-”Sei crudele.”-rispose guardandolo contrito.

L'altro sbuffò.

-”Non devi andare a lavorare?”-chiese amareggiato.

Antonio sorrise.

-”Ce l'hai ancora con me per ieri?”-fece divertito. Romano lo guardò in cagnesco. Si alzò di scatto.

-”Come non ti sopporto!”-sbraitò. Antonio ridacchiò.

-”Ma dai che in fin dei conti ti piaccio!”-disse sorseggiando il suo caffè. Per l'italiano quelle parole furono il colmo.

-”No! Non mi piaci! Non ti sopporto e non voglio essere tuo amico, chiaro?”-fece sbattendo le mani sul tavolo e guardandolo esasperato. Per un attimo Antonio sembrò preoccupato. Spalancò la bocca e si alzò di scatto.

-”E' tardi, dannazione!”-esclamò guardando l'orologio.

Romano rimase per qualche secondo a guardarlo basito mentre andava cercando, avanti ed in dietro, per tutto l'appartamento.

-”Dannazione non trovo le chiavi del pub.”-brontolò mentre cercava sotto i cuscini del divano.

Ben presto lo stupore di Romano venne rimpiazzato dal sadismo. Si mise seduto sul divano a guardarlo divertito. Antonio increspò le labbra in una espressione che doveva essere piccata.

-”Certo, potresti anche darmi una mano...”-fece fissandolo.

-”Scherzi?”-chiese l'altro-”Dove sarebbe il divertimento, se no?”-ammiccò un sorretto fastidioso. Antonio era troppo in ritardo per permettersi di rispondere. Sbuffò e ritornò alla sua ricerca.

-”Seriamente, dove potrebbero essere?”-chiese disperato mentre cercava nella sua stanza. Romano, che intanto se ne stava sbracato sul divano, sbuffò.

-”Hai guardato in cucina?”-chiese.

-”Sì...”-fece tra i rumori sospetti.

-”E lì, in camera tua, non ci sono?”-chiese poco interessato mentre si grattava la pancia.

-”No...!”-disse comparendo alla porta già esausto. L'italiano si alzò dal divano e si diresse in cucina.

-”Questo è perché sei disordinato.”-disse provocatorio-”Dovresti essere un po' più come me.”-

Antonio lo guardò ironico.

-”Vorresti farmi credere che sei ordinato?”-

A quella domanda, detta con tanta ironia, Romano non seppe che rispondere. Grugnì.

-”Ma non hai niente da fare?”-fece mentre apriva il frigo alla ricerca di qualcosa da mangiare-”Mi sembra che stessi cercando le...”-non riuscì a finire la frase che rimase di sasso. Guardò inabilito il contenuto del frigo. Antonio si avvicinò frettoloso.

-”E ora che ti prende?”-gli chiese agitato-”Oh...”-fece capendo.

-”Già... Oh...”-disse l'altro schifato e scioccato-”Che cavolo ci fanno nel frigo le chiavi del pub?! E queste...”-fece terrorizzato-”Queste sono mutande?!”-

Già, sotterrate sotto uno strato ben congelato di mutande si trovavano le chiavi. In quel frigo tutto c'era a parte che cibo o, per lo meno, cibo sano.

Romano guardò lo spagnolo negli occhi, alla ricerca disperata di un qualcosa che potesse dare un senso a quello che aveva appena visto.

Lo vide sorridere divertito.

-”Chissà come ci sono arrivate...”-fece grattandosi il capo. Romano perse un battito.

-”Dimmi che il latte che mi hai fatto bere non l'hai preso da questo contenitore degli orrori!”-urlò esasperato. Antonio afferrò le chiavi e se le infilò in tasca.

-”Roma,”-fece guardando l'orologio e controllando se aveva tutto-”è tardi, devo andare.”-sorrise appena-”Continueremo dopo, ci vediamo sta sera. Ah, comunque quelle mutande non sono mie, chiaro?”-ci tené a precisare.

L'italiano era ancora sotto shock.

-”Tu vuoi uccidermi, dì la verità...”-fece sperduto e con lo sguardo ancora fisso su quello strato congelato di biancheria-”Oddio... Mutande!”-fece portandosi le mani sul viso incredulo.

Antonio lo guardò con un sopracciglio inarcato.

-”Così mi preoccupi, Roma...”-fece fissandolo. L'italiano posò uno sguardo omicida su di lui.

-”Non dirlo come se fossi matto, non sono io quello con le mutande nel frigo!”-disse nevrotico. Lo spagnolo ridacchiò.

-”Ci vediamo sta sera!”-

Dicendo così, finalmente, riuscì ad uscire dall'appartamento.

Oh, mio Dio! Ci morirò qua dentro... Mutande... Santo cielo...

 

La musica era alta ed assordante ma ormai Antonio c'era abituato. Così come era abituato a quelle luci fioche del locale e a quello strato di fumo perenne, a quell'odore di alcool.

Era più affollato del solito e pensare che erano solo le cinque del pomeriggio. Preparò l'ennesimo cocktail e lo posò sul bancone, davanti al cliente.

-”Battiamo la fiacca, oggi, eh?”-fece Gilbert urlando allo spagnolo, cercando di sovrastare la musica e il chiacchiericcio della gente che ballava e che parlava.

L'altro gli sorrise.

-”Sono un po' stanco, tutto qui.”-disse mentre ripuliva il bancone dai bicchieri sporchi. Il tedesco sorrise mentre preparava degli alcolici.

-”Se continui così vincerò io. Cosa che accade sempre, però...”-fece porgendo distrattamente i bicchieri ai clienti mentre guardava ammiccante l'amico. Già, facevano questo stupido gioco: chi serviva più clienti vinceva. Un gioco che, di solito, divertiva entrambi.

-”Oggi non ho le forze per concentrarmi... Seguo i miei tempi.”-fece continuando a sorridere.

Gilbert sbatté distrattamente altri alcolici sul balcone, facendoli quasi cadere e meritandosi un paio di linciaggi da parte di alcuni clienti.

-”Diamine, quel tuo nuovo inquilino già ti sta prosciugando le energie?”-fece sghignazzando. Antonio sospirò e scosse la testa.

-”Ah, quello là proprio non lo capisco.”-fece mentre prendeva l'ordinazione di un gruppo di ragazze -”Arrivo subito.”-disse loro con un largo sorriso. Loro ridacchiarono.

-”Che ha che non va?”-continuò Gilbert alzando un sopracciglio vedendo quel gruppetto di ragazze fissare Antonio interessate.

-”Davvero me lo stai chiedendo?”-fece mentre preparava l'ordinazione-”E'... E' irritabile, troppo irritabile. Davvero non riesco a capire il suo distaccarsi continuo. Non riesco ad avvicinarlo a me, mi capisci?”-disse posando i primi bicchieri davanti alle ragazze che intanto, sentendo le sue parole, si guardarono sorprese.

Gilbert guardò prima Antonio poi le ragazze. Scoppiò a ridere. Lo spagnolo, rendendosi conto che le tre avevano frainteso, arrossì.

-”Non è come sembra. A me piacciono le donne!”-fece ridacchiando nervoso. Le tre lo guardarono e sorrisero un po' a disagio.

-”Non sono affari nostri, grazie, ciao...”-fece una per tutte, svignandosela e portandosi via i drink.

Antonio rimase ammutolito mentre Gilbert continuava a ridere.

-”Sei davvero un'idiota!”-gli sbatté una mano sulla spalla mogia-”Stai cominciando a perdere già colpi, Antonio?”-

Lo spagnolo si riscosse e lo guardò placido.

-”Che figura del cavolo...”-farfugliò.

-”Eh?”-chiese Gilbert continuando a ridacchiare-”Non riesco a sentirti con questa musica.”-

L'altro sbuffò e si lasciò andare sul bancone.

-”Dio, come sono stanco!”-esclamò depresso-”Voglio tornare a casa!”-

-”Sì, dal tuo Romano.”-lo provocò l'altro.

-”Falla finita, Gil!”-fece esausto.

-”Non chiamarmi così!”-fece mentre sorrideva concentrato e preparava più drink-”Questa sera, più che mai, sono il Magnifico!”-

-”Sì, certo...”-brontolò Antonio.

E, nonostante tutto, si ritrovò a pensare all'italiano. Di sicuro era a casa a studiare. Sbuffò. Possibile che non avesse amici da invitare per far vedere il nuovo appartamento?

Gli sembrava un ragazzo così solo.
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Note

Salve! Ecco a voi il secondo capitolo. Antonio sembra parecchio interessato alla vita di Romano ma, l'italiano, non sembra molto ricambiare la sua premura... Cosa sarà nascosto dietro al suo caratteraccio ed al suo, apparente, disiteresse?
Un bacione a tutti ed al prossimo capitolo! :D

  
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