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Autore: lulubellula    02/02/2013    4 recensioni
"Il pavimento è freddo e bagnato, c’è un sottile strato d’acqua che lo ricopre e che ti fa bagnare i piedi, alla tua destra e alla tua sinistra ci sono file e file di porte, alcune chiuse a chiave, altre aperte, ma che non portano da nessuna parte".
Nessuno può aiutarti, Angeline, sei sola, sola con te stessa
Genere: Dark, Horror, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gli incubi che tormentano le mie notti

Lasci che Mabel, la cameriera, chiuda le persiane di camera tua e tiri le tende di seta tinta di blu, dono di tuo padre, del suo ultimo viaggio in Oriente, portandoti le lenzuola e le coperte sin sopra le orecchie e fingendo di dormire per ingannare lei e Geneviève, la tua istitutrice francese.
Aspetti che lei esca dalla tua stanza e accendi la fiammella della lampada ad olio sul tuo comodino, poi ti alzi in piedi e vai a sollevi un asse del pavimento, sotto al quale hai nascosto una copia di “Jane Eyre”, che la tua amica Alice, ti ha prestato la settimana scorsa.
“Devo riuscire a dormire – pensi – andiamo, Angeline, non può essere così complicato restare sveglia tutta la notte, il libro mi terrà compagnia, il libro mi salverà da Loro, dagli incubi che tormentano le mie notti e che mi tolgono il sonno da molto tempo”.
La lettura del romanzo ti tiene sveglia per diverse ore, il pendolo segna le tre del mattino e tu sei perfettamente sveglia o almeno è ciò che tu credi.
Ti alzi dal letto e percorri in punta di piedi i corridoi grigi di casa tua, anche se non te li ricordavi così tetri e anonimi, senza dipinti o arazzi, vasi di fiori profumati.
Sei a piedi scalzi, eppure eri così sicura di aver indossato le tue calzine di lana, che la nonna aveva amorevolmente lavorato a maglia per te.
Il pavimento è freddo e bagnato, c’è un sottile strato d’acqua che lo ricopre e che ti fa bagnare i piedi, alla tua destra e alla tua sinistra ci sono file e file di porte, alcune chiuse a chiave, altre aperte, ma che non portano da nessuna parte.
Cammini per una manciata di minuti, finché non trovi Alice, la tua migliore amica, non riesci a capire il motivo per cui lei sia a casa tua, alle tre di notte, ma non ti preoccupi di ciò, dopotutto questa è solo una della lunga serie di cose che non ti riesci a spiegare.
Ti avvicini a lei e la saluti, indossa un abito azzurro che le sta d’incanto e ha i capelli biondi perfettamente arricciati grazie al ferro caldo con cui sua madre usava acconciarla come una bambolina.
Tu indossi un pigiama, anonimo, scialbo e non hai nemmeno delle scarpe ai piedi, perciò le chiedi aiuto, ma lei non sembra accogliere il tuo appello disperato, anzi ti schernisce, sorride in modo beffardo e si allontana da te, lasciandoti sola, impaurita, in un angolo.
Continui a camminare per non morire assiderata, il freddo ti è entrato sin dentro le ossa, il corridoio sembra non finire mai, è infinito sconfinato e buio, ti mette i brividi e tu non sai come uscirne.
Sei sola e senza via d’uscita, niente e nessuno sembrano disposti ad aiutarti, a salvarti da questa situazione angosciosa.
Continui a camminare per quella che ti sembra un’eternità finché trovi una rampa di scale a pioli, in legno, così ti decidi a salire, come se avessi altre scelte, un gradino dopo l’altro, una rampa dopo l’altra.
Le gambe ti fanno male, i piedi ti dolgono terribilmente e sono indolenziti per il freddo e la fatica, tuttavia continui a salire imperterrita, ignorando la sofferenza che provi.
In cima alla scala, riesci a vedere Nonno Jacques, il tuo amato nonnino che ti ha lasciato ormai da tre anni e sei euforica all’idea di poterlo vedere, stringere, abbracciare, di poter parlare di nuovo con lui.
Fai ancora uno sforzo e lo chiami, ma i suoi occhi e il suo sorriso si spengono e le sue ginocchia cedono e lui cade, rotolando rovinosamente lungo gli scalini.
Lo raggiungi e raccogli le ultime forze che ti restano, lo carichi sulle tue spalle, le sue braccia ciondolano nell’aria pesantemente, percorri con uno sforzo immane gli ultimi gradini che ti separano dal pianerottolo.
Il suo peso è greve, le tue ginocchia si piegano e fatichi a restare in piedi, la fatica e il dolore ti si leggono negli occhi colmi di lacrime.
Stringi i denti e respingi le lacrime che sono prossime a rigarti il volto e, un passo dopo l’altro, riprendi a salire la scala, aggrappandoti al muro per non cadere.
Riesci ad arrivare in cima, non sai come, non sai dopo quanto tempo, la scala si è ristretta, la porta è una sola, la apri, cercando di restare in equilibrio e scopri di essere giunta nel tanto famigliare salottino nel quale hai trascorso molto tempo con Nonno Jacques, a leggere, parlare, giocare a carte.
Ti avvicini al divano e lasci cadere sul tessuto morbido il tuo amato nonno, poi ti alzi e porti una mano alla schiena che ti duole terribilmente.
Ti volti e il nonno si è alzato in piedi e ti sorride per un istante, cerca di parlarti, ma i suoi occhi si spengono.
Si avvicina a te con gli occhi vitrei e senza espressione, ti abbraccia e si accascia morto tra le tue braccia.
I suoi occhi sembrano appartenere ad un altro mondo, freddi, distanti, vuoti.
E sono l’ultima cosa che ricordi prima di svegliarti di soprassalto, come la notte prima e le notti precedenti, prigioniera di un incubo senza fine.
Accendi il lumicino e corri a scostare le tende e aprire le persiane.
Le prime luci dell’alba stanno timidamente facendo capolino all’orizzonte e tu tiri un timido sospiro di sollievo, sapendo che, questo è il lasso di tempo più lungo prima del prossimo incubo.
 
NdA:
Primo tentativo di storia horror, ispiratomi da un incubo, spero di essere riuscita nel mio intento.
Fatemi sapere se vi è piaciuta oppure cosa c’è che non va
lulubellula
   
 
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