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Autore: Ami For a Dream    02/02/2013    3 recensioni
Con la cognizione del poi, ogni essere umano cambierebbe qualcosa della propria esistenza, una scelta sbagliata, un calcolo fatto male oppure, una semplice occasione persa.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aoi, Un po' tutti, Uruha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti, ci sono delle premesse che devo fare prima di lasciarvi alla letture di questa shot.
Niente di quello che state per leggere è reale, tranne il fatto che Aoi volesse lasciare i GazettE il giorno del live dei 10 anni. Mi ha sconvolta non poco sapere questa cosa, la prima emozione che ho provato è stata la rabbia. Poi sbollentata quella, mi sono concentrata sulle motivazioni per la quale lui avrebbe mai deciso una cosa come quella; aimè non la sapremo mai.
Detto questo, la fantasia ha fatto il resto e visto che, la parte romantica e yaoistica che mi appartiene prende sempre il sopravvento, ecco questa shot.
 
Buona lettura ^-^
I personaggi descritti non mi appartengono, tutto quello che leggerete è puro frutto della mia immaginazione e nulla è accaduto in realtà.

Love and Hate

 
Lasciò scivolare fuori dalle labbra una nuvoletta di fumo, la seguì con lo sguardo fino a che gli fu possibile, poi restò così senza muovere un solo muscolo. Tutta l’oppressione che reprimeva ogni giorno della sua vita, a volte riusciva a vincere e a quel punto non poteva fare altro che lasciarla libera di sfogarsi.
Tante cose erano accadute nell’ultimo anno, molte piacevoli, ma altrettante brutte e anche se avrebbe pagato tutto l’oro del mondo per poterle dimenticare, esse erano pronte a tornargli alla mente in qualsiasi momento.
Essere sincero come lo era lui, non sempre si dimostrava una buona cosa; spesso lo metteva nei guai come l’intervista rilasciata per quel giornale, quello che l’aveva messo in un mare di guai. Si era dovuto sorbire le ramanzine del riida e del vocalist, nonché gli sguardi contrariati di Uruha. Solo Reita non aveva detto nulla, non poteva prendergli le parti, ma nemmeno lo aveva giudicato come tutti gli altri. Eppure aveva solo detto la verità, quella verità che tutti i fan avevano il diritto di sapere.
Voleva lasciare la band il giorno del decimo anniversario?
Sì. 
Allora che male c’era metterne al corrente anche tutte quelle persone, che ogni giorno di quei dieci anni li avevano sostenuti? Si meritavano la sua sincerità, ma forse gli altri membri non erano d’accordo con lui.
Eppure quel giorno era così deciso, prima di vedere tutte quelle persone inneggiarli e donargli amore in quell’arena. Con loro a festeggiare il compleanno della band, così aveva cambiato idea, non poteva tradirli solo perché lui non si sentiva felice.
Le sue ali non si spiegavano più, strette nella morsa della casa discografica e del gruppo stesso; da quando aveva lasciato che la parola degli altri valesse più della sua?
Da quando la band era esclusivamente di Uruha e Ruki?
Tutte queste domande erano tornate a tormentarlo quel pomeriggio, all’ennesimo sguardo insofferente del primo chitarrista; davvero non capiva cosa avesse fatto per farsi odiare così tanto, eppure se ci pensava non riusciva proprio a trovare una motivazione per quel comportamento.
Da parte sua invece adorava Uruha, era così bravo con la chitarra che sarebbe stato ore ad ascoltarlo suonare. Ammirava il suo animo e anche la sua bellezza innata.
Spostò lo sguardo dal soffitto bianco del bagno alla sigaretta, che nel frattempo si era spenta tra l’indice e l’anulare. La guardò a lungo, vedendo in essa ciò che era lui, o meglio come si sentiva; oppresso, spento tra due forze che lo schiacciavano.
Sospirò e si sporse per far cadere la cicca nel posacenere posato a terra, nel movimento l’acqua che lo avvolgeva si mosse e sentì un brivido percorrere il suo corpo. Non sapeva da quanto tempo era immerso nella vasca, ma non doveva essere poco a giudicare dalle increspature dei polpastrelli; forse era arrivato il momento di uscire.
Anche se controvoglia ordinò al suo corpo di abbandonare l’acqua, quando fu in piedi uscì lentamente dalla vasca piena di acqua calda e bagnoschiuma alla vaniglia. Posò i piedi sul tappetino morbido e avvolse il corpo nell’accappatoio preferito, si chinò per togliere il tappo dalla vasca per svuotarla, dopodiché lasciò la stanza.
L’appartamento era immerso nel buio più assoluto e il silenzio faceva da padrone, ma nella sua testa cera il caos più totale. Vedeva dove  stava andando grazie alle luci che entravano dalle finestre, era proprio vero quando le persone dicevano che quella città non dormiva mai.
Sorpassò il salone ignorando En sdraiata sui morbidi cuscini di pelle nera del divano, non era il momento di suonare; anche se quando era di quell’animo gli uscivano delle belle composizioni. Magari venivano un po’ dure date dalla rabbia, o malinconiche dettate dalla sofferenza; ma ai fan piacevano quei tipi di musiche quindi sarebbero andate bene. Era solo che non voleva suonare, per quella notte aveva altri programmi che non prevedevano pentagrammi e spartiti; solo un bel bicchiere, un buon vino rosso e altre quattro o cinque sigarette.
Quel pensiero lo mise leggermente di buon umore, era quello che gli serviva; bere e fumare, da solo nel suo bell’appartamento, pensare solo alle cose belle che la sua presenza nei The GazettE gli aveva procurato e chiudere fuori tutto il resto.
Non era difficile da fare, no.
Almeno in apparenza.
Non accese la luce quando varcò la soglia della cucina, non ne sentiva la necessità sempre per la luce esterna che gli bastava per muoversi e gestire la situazione. Quindi con tutta calma, prese un calice da vino dal pensile della cucina, lo posò sul ripiano e si voltò per raggiungere il frigorifero. Aveva comperato quel vino una settimana prima, lo aveva visto in un ripiano del supermercato dove era andato a fare la spesa; lo aveva attirato l’etichetta a dire la verità, ma senza pensarci lo aveva aggiunto alle cose che aveva nel carrello. Ed ora eccolo lì, intento ad aprirla con il cavatappi e ad annusarne il sughero, dall’odore sembrava ottimo. Gli fece prendere aria e dopo lo versò nel bicchiere, lo fece roteare un pochino nel calice prima di portarlo alle labbra per saggiarne il sapore; ottimo.
Sorrise soddisfatto dell’acquisto e prendendo sia la bottiglia che il bicchiere, ritornò indietro sui suoi passi, questa volta diretto verso la camera da letto.
Quando entrò posò la bottiglia e il calice sul comodino di fianco al letto, poi accese la piccola abatjour che rifletté una fioca luce.
Prima di sistemarsi tra le coperte rosse, si tolse l’accappatoio lasciandolo cadere a terra; rimase nudo come gli piaceva dormire, l’orologio segnava appena le due di notte, cosa che gli fece capire che non avrebbe dormito molto quella notte.
Forse sarebbe rimasto sveglio fino a mattina, torturandosi la mente con quei pensieri inutili, quelli che iniziano sempre e inesorabilmente con un “e se”.
Con la cognizione del poi, ogni essere umano cambierebbe qualcosa della propria esistenza, una scelta sbagliata, un calcolo fatto male oppure, una semplice occasione persa. Lui ne avrebbe modificate un po’, iniziando da quell’intervista maledetta, avrebbe taciuto risparmiandosi tutto quello che ne era derivato.
La sincerità non serve nella vita reale, questo era il punto.
A nessun essere umano piace che gli sia sbattuta in faccia la verità,  e Ruki poteva anche inventarsi che non erano cose che si dovevano dire ai fan, ma la cruda realtà e che gli bruciava che lui volesse abbandonare il gruppo. Perché se realmente se ne fosse andato, avrebbe mandato in fumo la sua ragione di vita; quello che Ruki forse non aveva pensato era che il gruppo rappresentava anche per lui la sua vita. Non aveva riflettuto che se lui, era arrivato a una scelta simile, era stata sofferta più che mai; davvero si pensavano che per lui fosse tutto un gioco?
Finì il terzo bicchiere e se ne versò un quarto, il vino era buonissimo e leggermente forte, ma non abbastanza per annebbiargli la mente; che vivida come non mai tornava indietro a quei giorni.
Si stava assillando sapendo di farlo, ma senza trovare il modo per fermarsi.
Continuò così per le due ore successive, alternando il vino con le sigarette, fino a che la bottiglia fu vuota e le Marlboro sterminate. 
Nemmeno si accorse quando gli occhi, diventati troppo pesanti per tenerli aperti, si chiusero facendolo cadere in un sonno profondo ma tormentato.
 
I postumi di una sbronza si sa, non sono mai piacevoli e quella mattina, quando si svegliò alle dieci, non fu da meno. Gli doleva la testa e lo stomaco, aveva fatto degli incubi tremendi, che lo avevano fatto girare e rigirare tra le coperte ora finite giù dal letto. Si sentiva la bocca impastata e gli occhi gonfi, non doveva essere un bello spettacolo. Raccolse la bottiglia vuota e il bicchiere vuoto, così come il pacchetto di sigarette vuoto.
Tutto vuoto come la sua vita.
Che pensiero patetico da fare appena sveglio, ma quello gli era balzato alla mente e non poteva cambiarlo.
Nel tragitto che fece dalla camera alla cucina, si maledì mille volte per come si era ridotto e risoluto nel voler cambiare le cose, tornò indietro per farsi una doccia.
 
« Se mi dici cos’hai magari posso aiutarti » Akira parlò guardando il suo migliore amico seduto di fianco a lui. Quella mattina il loro assistente li era andati a prendere a casa e ora stavano dirigendosi verso gli studi, dove molto probabilmente sia Yutaka che Takanori erano già a lavoro da un bel po’ di tempo.
« Che? Dicevi a me? » Kouyou si voltò verso l’amico sentendosi osservato.
Un sorriso apparve sulle labbra del bassista, che scosse leggermente la testa prima di ripetere.
« Dicevo, che se mi dici cos’hai magari posso aiutarti » attese la risposta dell’amico in stretto silenzio.
« Non ho niente.. » il tono della voce, faceva presupporre tutto il contrario. Ma non era solo quello, era il silenzio protratto che non gli si addiceva, non quando era in sua compagnia. Le occhiate sfuggenti che gli aveva visto lanciare verso il secondo chitarrista, i sospiri che lo coglievano di sorpresa.
Tutto faceva presupporre che qualcosa non andava e forse, aveva anche colto di che si trattava; ma fino a che proprio Kouyou non avesse deciso di parlargliene, lui poteva fare ben poco. Conosceva alla perfezione l’amico, poteva dire prima di lui quale reazione avrebbe avuto se gli avesse detto che era preoccupato per Yuu; sarebbe andato subito in escandescenza, sentendosi colpito nel vivo.
Brutta cosa sono i sentimenti, specialmente per una persona sensibile come Kouyou. Lui era come i cani di piccola taglia, quante volte aveva visto Koron fare lo stesso? Ah, se poteva contarle sarebbero state, milioni.
Attaccare, per non essere attaccati.
Questo era il motto del suo migliore amico, comportamento che ingiungeva le altre persone a vederlo come una persona scontrosa, cose che non era più lontana dalla verità.
Quando lo si conosceva meglio, Kouyou era un ragazzo dolce e sensibile, serio nel suo lavoro sì, ma lontano dall’essere cattivo.
Purtroppo però, non concedeva a molte persone di vedere il suo vero io interiore.
Per qualche motivo, Yuu era una di quelle che non aveva questo privilegio. Lo aveva sospettato un tempo, ma ora ne era certo, il problema era solo come riuscire a parlarne con lui, per farlo sbloccare e fargli capire una volta per tutte che stava facendo male a se stesso, ma soprattutto al loro secondo chitarrista.
Perché se Yuu aveva pensato di lasciare il gruppo, per il novanta per cento era dovuto a Kouyou, perché era innamorato di lui e questo lo aveva capito da tempo ormai. Ma evidentemente dopo tanti rifiuti anche lui non poteva più sopportare quella situazione, stare al fianco di Kouyou il quale giorno dopo giorno rifiutava ogni suo gesto, doveva averlo sconfortato a tal punto da voler abbandonare tutto.
« Se lo dici tu.. » non sapeva proprio come riuscire a far aprire il suo migliore amico.
Sentì sospirare il ragazzo di fianco a lui e alzando gli occhi, dallo specchietto retrovisore si accorse dello sguardo del loro manager. Questo quando si accorse dello sguardo di Akira lo distolse guardando la strada, tutti sapevano che la situazione si trovava sul filo del rasoio. Se qualcuno non si decideva a sistemare le cose, la bomba poteva esplodere da un momento all’altro, creando una grande voragine che sarebbe stata impossibile da risanare.
Essa avrebbe previsto la fine di tutto.
La fine di ogni cosa come loro la conoscevano.
La fine dei GazettE.
No, non poteva permetterlo. Non lui che amava sopra ogni cosa esibirsi nei live, lui che sapeva con assoluta certezza che ogni membro del gruppo era d’accordo con lui. Loro respiravano grazie al gruppo.
E doveva lasciare che le cose andassero in malora, solo perché Kouyou non riusciva ad ammettere l’amore che provava per Yuu?
Assolutamente no.
Strinse il pugno sulla propria gamba, non era il luogo né il momento adatto; ma non aveva intenzione di lasciare stare per molto tempo.
L’ago della bilancia, doveva tornare al suo posto.
 
Yuu varcò la soglia dello studio con grandi occhiali sul volto e un mal di testa, che aveva del tutto le sembianze di un’emicrania bella e buona.
« Ohayou » disse senza metterci troppa enfasi, quel giorno se la sarebbe davvero risparmiata la giornata in studio.
Poi stare fianco a fianco alla causa di tutti i suoi problemi, non era affatto piacevole. Troppo spesso si ritrovava ad osservarlo mentre era intento a suonare Hellion, con il broncio sulle labbra dato dalla concentrazione, che nemmeno si accorgeva di assumere. O quando riusciva a sentire la sua voce, riprodurre le note scritte sullo sparito, quando la sua inconfondibile risata risuonava per lo studio facendogli perdere qualche battito al suo povero cuore malato.
Quanto poteva credere di riuscire a continuare in quel modo? Quanto avrebbe resistito prima di morirne del tutto? Poteva riuscire davvero a sopportare tutta quella situazione per il bene dei fan? Per quello stretto legame che sentiva dentro?
Quando si voltò per raggiungere gli altri, lo sguardo penetrante di Akira lo colse di sorpresa; non era la prima volta che capitava e si stava iniziando a chiedere come mai lo facesse.
Si andò a sedere proprio di fianco al suo amico, stanco e ancora frastornato dalla bevuta della sera precedente.
« Ohayou » sussurrò il biondo guardandolo prima di aggiungere « Non li togli quelli..? »naturalmente indicava gli occhiali rimasti al loro posto.
« Meglio di no… »rispose toccandosi una tempia, batteva forte, come se gli avessero puntato un martello pneumatico sulla fronte.  
« Hai preso qualcosa per il mal di testa? » chiese gentilmente l’amico.
« Veramente no.. » rispose sincero.
« Non bere sarebbe meglio, ma visto che ormai stai così.. ci penso io » lo vide lasciare il posto di fianco a lui per uscire dalla stanza.
Il suo posto fu preso dal riida, il quale pesantemente si lasciò cadere sul divano.
« Sono distrutto »sospirò socchiudendo gli occhi e unendo le mani sul grembo.
« Mi dispiace e scusa del ritardo riida »disse sincero, non era mai stato così tanto indisciplinato.
« Non preoccuparti Yuu, non è colpa tua che sono stanco e poi…anche tu lo sei, quindi è normale fare un po’ tardi ogni tanto » sorrideva, mostrando le fossette.
In altri tempi una ramanzina da parte del leader non gliela avrebbe tolta nessuno, ma ora le cose erano diverse. Ora erano al corrente di ciò che avevano rischiato di perdere a causa sua, quindi ora era accondiscendente, ma questo non gli piaceva. Non voleva essere trattato diversamente per quel motivo, tanto non sarebbero comunque cambiate le cose; non erano loro il problema.
Istintivamente i suoi occhi si posarono su di Kouyou, il quale di fianco a Takanori parlava indicando dei fogli; da dove si trovava non riusciva a capire cosa si dicessero, ma poco gli importava in realtà. Lui non avrebbe mai avuto una discussione come quella, con scambi di sguardi, di pacche sulle spalle e risatine complici.
Quello che il chitarrista gli riserbava erano solo parole di lavoro, semplici e patetiche conversazioni senza nulla di personale e lui non ci faceva niente; non più ormai.
In passato forse, sì certamente, in passato si accontentava di quello, bramava che quel biondo ragazzo ombroso lo prendesse in disparte per dirgli che quell’assolo era meglio se lo suonava diversamente. Ma ora basta, tutto ciò dopo dieci anni che lavoravano insieme, spalla a spalla, di cui gli ultimi tre passati a morirgli dietro, innamorato cotto, non bastava più.
Voleva di più, pretendeva i fatti.
Quello che gli bruciava dentro era  la sicurezza che non era del tutto indifferente ad Uruha, c’era qualcosa nel comportamento di quest’ultimo che lo induceva a non demordere, a continuare a sperare. Ma dopo, ogni porta gli veniva chiusa in faccia dal suo comportamento.
Quante volte era rimasto sveglio la notte, incapace di prendere sonno, pensando che forse era solo paura quello che faceva allontanare Kouyou da lui.
La paura di fare un passo falso, di rovinare il rapporto tra cui anche quello lavorativo, la paura di essere preso in giro da lui e di soffrire. Se era così che realmente stavano le cose, allora poteva fare qualcosa, poteva fargli capire che il suo sentimento era vero e puro, che l’amore che provava nei suoi confronti non sarebbe mai tramontato.
Poi cadeva nel buio più profondo, convinto che era vera e propria indifferenza la sua e che i suoi, erano puri vaneggiamenti di un uomo innamorato.
Chiuse gli occhi, stanco di star facendo di nuovo tutte quelle congetture nei suoi pensieri; con la testa martellante e gli occhi pesanti.
« Yuu.. » aprì gli occhi sentendosi chiamare.
Reita gli porgeva un bicchiere e una pastiglia « Prendi questa ».
Prese entrambi e ingoiò la pastiglia, sperando che facesse effetto e presto « Grazie »disse accennando a un sorriso.
L’amico si limitò a sospirare, sotto lo sguardo preoccupato del riida e non solo il suo; in un momento di distrazione dei tre ragazzi, anche un’altra persona li osservava con discrezione. Un ragazzo con una chitarra in mano, capelli bicolore e tanta preoccupazione da mozzargli il fiato.
Non lo avrebbe mai ammesso, nemmeno a se stesso, che quel ragazzo gli aveva aperto il cuore. Anzi, il cuore gli era stato strappato letteralmente via dal petto; dove ora risedeva solo un vuoto freddo e senza speranza.
Non riusciva a trovare il coraggio per dirgli ciò che provava, ogni tentativo che aveva iniziato era fallito miseramente; riuscendo a donare a quel ragazzo solo il peggio di lui. Forse era meglio così, si diceva, ma in cuor suo sapeva, conosceva che era solo l’ennesima bugia che si auto regalava per riuscire a ingannarsi e andare avanti nella farsa.
« Dovresti dirglielo » quelle parole lo raggelarono, era stato colto sul fatto?
Negare era l’unica via, ma come poteva negare di fronte a Takanori? Lui lo conosceva come le sue tasche, infatti si chiedeva come aveva fatto a resistere fino a quel punto, così come Akira.
Aveva temuto il peggio quella mattina sul bus in direzione dello studio, pregando che non si decidesse mai a prendere quel discorso; invece era stato preso in contropiede dal vocalist e ora si trovava spiazzato senza sapere cosa rispondere.
Gli occhi del ragazzo erano dolci ed espressivi, le sue labbra sorridevano tranquille.
«Se devi mentirmi, non rispondere affatto e fai finta che non ti abbia detto nulla. Ma non potete andare avanti così… non resisterà a lungo, non può aspettarti per sempre… » disse tutto delicatamente, usando un tono che raramente usava in pubblico. Quello dolce e premuroso che teneva in riserbo per le persone a cui voleva bene.
Rimase senza parole, boccheggiando senza riuscire ad emettere suono.
« Non posso farlo » qualcosa alla fine riuscì a dirla.
Lasciò la sua amata chitarra lì, senza pensarci due volte afferrò la giacca e uscì senza aggiungere altro. Si sentiva soffocare in quella stanza, troppe persone sapevano e sentiva che stava cedendo a un amore folle; senza speranza.
Tutto si stava sgretolando, tutto quello per cui aveva lottato in quegli anni.
In quello stesso momento gli occhi di Akira si spostarono dall’uscio dove era uscito Kouyou, agli occhi dispiaciuti di Takanori, per finire in quelli spalancati di Yuu.
« Vai..Corri! » due parole, la prima sussurrata, la seconda urlata.
Le quali diedero la giusta spinta al moro che abbandonò quel cantuccio caldo e sicuro, per prendere una strada più ardua e insidiosa.
Uscì, senza prendere nulla, nemmeno la giacca.
 
Scese le scale di corsa, senza voltarsi per non vedere se qualcuno lo stesse seguendo; sapeva che non avrebbe retto ancora. Di fronte a chiunque sarebbe crollato, tutte le maschere si stavano infrangendo; rivelando così la vera identità che si celava al di sotto.
Si era ingannato a lungo, si era veramente convinto che quello che provava per Yuu era solo indifferenza e collaborazione pacifica.
Ma quando aveva letto quelle cose, quando aveva capito che poteva perderlo, non vederlo più trecento giorni all’anno qualcosa si era spezzato dentro di lui. Si era sentito svuotato, perso, non era riuscito a quietare e gestire il terrore che aveva sentito crescere dalle viscere.
Solo a quel punto aveva capito che non poteva vivere senza il suo secondo chitarrista, accorgendosi poi di averlo trattato nel peggiore dei modi. Ora non poteva rimediare, si era fatto odiare a tal punto che preferiva andarsene e lasciare il gruppo, pur di dividere il palco con lui.
Era ovvio certo, come poteva pensarla diversamente dopo quello che lo aveva costretto a subire?
Finalmente raggiunse il parcheggio e puntò in direzione del furgoncino, non aveva le chiavi e nemmeno il manager c’era più, ovviamente. Ma doveva lasciare in fretta quel posto, prima che fosse troppo tardi.
Fu in quell’istante che si senti afferrare per un polso, non si era accorto di essere seguito. Quando si voltò e vide il volto di Yuu si paralizzò, come se tutte le forze lo avessero abbandonato all’istante. Gli occhi del moro si spalancarono accorgendosi delle righe lasciate dalle lacrime, sul volto del ragazzo. Non si capacitava di cosa stesse accadendo, del motivo per il quale Reita gli aveva gridato di seguire Kouyou e ora, perché stava piangendo?
« Lasciami, devo andare a casa » le parole uscivano distorte dal pianto trattenuto a malapena.
Invece di fare come gli era stato detto, rafforzò la presa; non voleva lasciarlo andare.
« E’ per me? » chiese con un filo di voce.
L’altro aggrottò le sopracciglia, come poteva rispondere di no a quella domanda? E come poteva d’altro canto, ammettere tutto?
Preferì tacere, strattonando di nuovo il braccio, ma senza riuscire a svincolarsi dalla presa dell’altro.
« Piangi a causa mia? Perché volevo andarmene? Perché…? »era agitato, sentiva qualcosa montargli dentro, non sapendo come definire quel sentimento si concentrò sulla persona che aveva di fronte, la quale per non scoppiare in lacrime, protraeva il silenzio ostinato.
« Non ti lascerò andare se è questo che stai tentando di farmi fare, ormai sono qui, sono nella merda fino al collo Kouyou, quindi non ho nulla da perdere… » stava confessando tutto quello che provava, quel suo lato sincero non riusciva a tenerlo a bada nonostante tutto.
«Non puoi..capire.. » parlava con tono talmente basso, che faticava a capirlo.
«Spiegami, sono intelligente a volte se mi applico.. » riusciva anche a fare lo spiritoso, bene.
Un leggero sorriso apparve sulle labbra del primo chitarrista e si senti contento di ciò, uno spiraglio di speranza era stato aperto.
« Baka.. » sussurrò l’altro tornando a guardare l’asfalto.
Era una brutta situazione quella del primo chitarrista, sentiva sempre di più la voglia di buttarsi tra le braccia dell’uomo che aveva di fronte. Chiedergli scusa per quello che gli aveva fatto patire e poi magari, implorare il suo perdono. Perché no? Per una volta poteva mettere da parte quel suo orgoglio forte, accantonarlo e dire realmente ciò che pensava.
Alzò lo sguardo su quello confuso e comunque dolce del secondo chitarrista, raccolse tutte le forze che gli occorrevano per tranquillizzarsi e riprendere un poco il contegno.
Fu proprio in quel momento che un sentimento di collera prese il sopravvento, collera verso lui stesso per come si era comportato in quegli anni e collera, verso quell’uomo che aveva osato solo pensare di andare via mollando tutto, anche lui.
« Come hai potuto? » davvero stava osando un tono accusatorio nei confronti di Yuu? Eppure non era quello il piano che aveva elaborato nella propria mente.
Da parte sua, Yuu non afferrò subito il concetto, né era preparato a un cambiamento di umore così repentino; rimase interdetto qualche secondo di troppo, tempo in cui la rabbia del biondo aumentò.
« Rispondi Yuu! Come hai potuto pensare di abbandonarci?! » gli occhi asciutti del biondo, tornarono ad umidirsi di nuovo e uno schiaffo partì insieme alle parole.
Quella domanda scese come una pioggia ghiacciata sul moro chitarrista, ma questa volta si concentrò per non ostentare nella risposta; gli doveva una spiegazione e subito. La guancia pulsava e la sentiva calda, molto probabilmente era divenuta rossa ma non gli importava.
« Perché non ce la faccio più ad andare avanti così Kou » era deciso ad essere sincero, basta bugie ne aveva dette fin troppo anche a se stesso.
Gli occhi di Kouyou si spalancarono, pensava che Yuu si sarebbe arrabbiato nell’udire il tono che aveva usato con lui; invece era stato tutto il contrario, calma e dolcezza faceva da padrone nella sua persona.
Abbassò di nuovo lo sguardo a terra, vergognandosi di com’era diventato; troppo tempo senza amore aveva passato nella sua vita, per non avere paura dei propri sentimenti.
Aveva paura di soffrire di nuovo, di essere preso in giro come nel passato. Troppe persone usavano il termine “ ti amo “ o “ ti voglio bene “ senza però crederlo veramente e lui non era più disposto a concedere la sua anima facilmente.
Ma di fronte a quegli occhi sinceri si sentì un verme, si era comportato malissimo con la persona sbagliata e solo ora comprendeva, che lui non si meritava quel comportamento da parte sua.
« Guardami Kou.. per favore » implorò il moro, comprendendo che era il momento giusto. Che quel cielo da anni nero e tempestoso si stava facendo più chiaro e libero dalle nubi.
Ora voleva il sole, lo pretendeva. Ne aveva bisogno come un uomo assetato nel deserto, ha bisogno di acqua fresca.
Lentamente il ragazzo fece come gli era stato chiesto, quando il contatto visivo avvenne lesse tutto ciò che gli occorreva nello sguardo dell’altro.
Avevano fatto tutto per nulla, sciocchi entrambi a torturarsi a vicenda. Se la situazione non fosse stata disperata perché li vedeva i protagonisti, si sarebbe messo a ridere.
Sciocchi, sì proprio così.
Non disse nulla, né volle sentire altre parole impacciate e inutili dal ragazzo che si trovava di fronte; solo un gesto, uno solo e tutto sarebbe svanito nel nulla.
Spinse un poco indietro Kouyou facendolo aderire alla fiancata del pulmino; solo in quell’istante il ragazzo comprese cosa stesse per fare l’altro. Non si scostò, non mosse nemmeno un misero muscolo facciale mentre attendeva che l’altro facesse ciò che entrambi volevano.
Le morbide labbra di Yuu si posarono delicate su quelle di Kouyou, entrambi imbarazzati ma estremamente felici; davvero tutto quel dolore poteva avere termine quel giorno?
Non appena le labbra del biondo si schiusero per approfondire il bacio, Yuu ebbe la sua risposta.
Tutto era finito.
La loro nuova esistenza partiva da lì.
Il bacio fu profondo e lento, le loro lingue piano si toccarono assaporando per bene quel momento magico e fregandosene delle persone che potevano vederli. Il loro amore era rimasto troppo a lungo celato, ora che era esploso non potevano tenersi ancora.
« Siamo salvi.. » sorrise il bassista che dalla finestra dello studio, aveva osservato tutta la scena. A volte anche pregando che quell’idiota che si trovava come migliore amico, non ne combinasse un’altra delle sue.
Quei due ragazzi avevano bombe al posto dei caratteri, non sapeva se sarebbero andati d’accordo in futuro; di certo sperava che entrambi smussassero le loro abitudini e i loro caratteri in nome dell’amore che li legava.
« Davvero? » Takanori zompettò fino a lui e affacciandosi a sua volta alla finestra, vide ciò che già l’altro stava osservando.
« Evvai!! » esultò dando il cinque all’amico « Sei un grande » sovvenne infine.
Akira sorrise « Non è che abbia fatto chi sa cosa.. ».
« L’hai aiutati no? » chiese alzando entrambi i sopraccigli il più piccolo, il tutto sotto lo sguardo del riida che era rimasto seduto al suo posto; felice come non mai di come si erano modificate le cose.
Vivere con quell’ansia non era facile, tutti loro avevano i nervi a fior di pelle non sapendo cosa gli riserbasse il domani; in ogni momento Yuu poteva scegliere di andarsene e loro sarebbero finiti. Forse era un ragionamento egoistico, anzi lo era del tutto; ma sarebbe stato ipocrita dire che non gli importava del futuro della band.
I GazettE erano la loro vita, tutta la loro essenza e senza sarebbero stati persi.
Tamburellò le dita sulla coscia destra, mentre i due ragazzi vicino alla finestra continuavano ad interloquire; ma lui non li ascoltava più perso già nei suoi pensieri.
Pensò a come si sarebbero messe le cose se il gruppo si fosse sciolto; certo nessuno di loro l’avrebbe presa bene. Perché se i fan pensavano che la loro vita senza il gruppo non fosse nulla, non si fermavano a mettersi nei loro panni. Erano loro che vivevano del respiro dei fan, del loro appoggio e del loro amore. La loro vita era basata sui fan; scrivevano per i fan, pensavano per i fan, tutto era per i fan.
Quindi tolto il gruppo, loro sarebbero crollati.
Sorrise contento che tutto ciò si era allontanato da loro, perché se tutto fosse andato bene tra i due chitarristi, niente e nessuno poteva fermarli.
 

 
 
 
 
 
 

   
 
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