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Autore: xxbiebersvans    02/02/2013    0 recensioni
"-sono Justin- sorride con un cenno della mano.
-sì, so chi sei- rispondo quasi acidamente.
-e...tu sei?- sembra quasi deluso dal mio comportamento.
-Madison- dico secca.
-oh! Piacere Madison- sorride, ancora. Tiene sempre le sue labbra piegate in un sorriso, quasi per dire “sono un ragazzo gentile”.
Mi ero già persa nei suoi occhi, nelle sue labbra perfette, nei suoi capelli scompigliati, che la luce rendeva di un color intenso, dorato.
Ero rimasta incantata dalla sua voce, ieri sera, mentre cantava e anche ora, mentre mi parla, semplicemente. Non volevo capisse che quel suo modo di fare mi aveva fatto effetto. Cercavo di mantenere le distanze, era solo un ragazzo montato, probabilmente drogato, che si lamenta della sua fama e della sua popolarità. Lo sentivo dire spesso dalle ragazze della mia classe, su alcuni siti venivano scritte queste cose in continuazione."
madison scoprirà qualcosa di importante solo credendo in quel "never say never" anche se a volte le risulterà difficile.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Apro piano gli occhi.
La prima cosa che sento è il dolore.
Dolore alle braccia, alle mani, ma soprattutto alle gambe, al ventre e al basso ventre.
Ora sento qualcosa sul viso, come una ferita.
Provo un dolore fortissimo, atroce, crudele.
Sento addosso una paura agghiacciante, terrificante.
Mi ritrovo su un letto, comodo, soffice, con la testa su un cuscino alto e confortevole.
Un filo di luce entra dalla porta socchiusa e sento delle voci.
Non sono per niente chiare, nulla è chiaro nella mia mente.
La vista è confusa e vedo solo della luce penetrare dalla porta.
La stanza è buia e mi incute un certo timore.
Cerco luce...una lampada o qualcosa di simile, tastando con la mano.
Finalmente trovo un piccolo e sottilissimo interruttore: si accende una lampada, una grande e imponente lampada sul comodino.
Finalmente riesco a vedere di più, sgranando gli occhi.
Inizialmente sento quasi un bruciore agli occhi, poi piano piano da chiusi, si aprono lentamente, e nonostante il fastidio riesco a vedere qualcosa.
Tengo gli occhi socchiusi.
Mi guardo intorno: una stanza minuscola, la stanza di un ospedale, con una piccola finestra, oscurata completamente da delle tende.
Di fianco al mio letto una poltrona marrone, di quelle che puzzano di pelle e medicine.
Un piccolo armadio di ferro con un'anta aperta e dentro una borsa che riconosco. Forse zia April l'aveva portata qui sapendo che ero stata ricoverata.
Non ricordo nulla nonostante i miei sforzi.
Mi guardo, mi guardo le mani: piccole, ferite, segnate.
Noto subito vari segni, graffi precisi, decisi e diretti, ancora sanguinanti, doloranti, ardenti praticamente.
Mi passo la mano nei folti capelli mori e cerco di alzarmi.
Sono scalza e ho ferite anche sotto i piedi a quanto pare.
Cerco comunque di muovere un passo, ma sento le gambe cedere, mancare di forza, arrendersi al minimo movimento.
Senza rendermene conto sono sul parquet, stesa, senza riuscire a tirarmi su, a rialzare il mio corpo.
Impotente davanti al dolore cerco di farmi forza.
Non riuscivo a stare sulla forza delle gambe, le mani non mi aiutavano.
Più mi sforzavo più perdevo energia e più aumentava il dolore.
Allora mi guardo intorno e faccio lo sforzo più grande che potessi fare.
Riesco a sollevarmi inizialmente.
Poi, cado di nuovo con un tonfo fortissimo, ma il dolore che ho provato nella caduta non è minimamente paragonabile a quello del resto del corpo.
Sento un'infermiera correre in mio aiuto. La guardo. È giovanissima.
-Devi tornare a letto- mi ordina con un mezzo sorriso e mi aiuta ad alzarmi e a stendermi sul letto -domani se starai meglio ti alzerai e farai un giretto. Ok?- mi accarezza delicatamente i capelli e controlla che abbia il necessario, poi esce.
Vedendola uscire, non so perché, mi viene in mente tutto.
Ricordo adesso, e i ricordi mi facevano ritornare lentamente, uno ad uno, al momento dell'aggressione.
Mi tornavano alla mente gli oggetti appuntiti, il coltellino, la pistola, le sue mani, grandi, imponenti che comandavano e incutevano terrore.
Ricordo che piangevo, che tremavo, che lo pregavo di smettere e che gli urlavo continuamente che mi faceva male, che il coltellino, puntato alla gola, mi stava ferendo, tagliando.
Ricordo che urlavo mentre disperatamente le lacrime scendevano e il cuore batteva all'impazzata, di paura, di panico e ricordo che più gridavo e mi lamentavo, più botte ricevevo e più rischiavo la morte.
Credevo davvero di morire, credevo che alla fine mi avrebbe uccisa.
Ricordo anche vagamente che è durato tanto, almeno prima che svenissi, poi non so quanto ha continuato a farmi del male.
E poi, il ricordo del suo volto, pieno di cattiveria, aggressività, brutalità, disumanità, ferocia.
Ricordo che era un ragazzo sui venticinque anni probabilmente, ma non lo ricordo molto bene.
Ricordo che prima di buttarmi a terra mi avvertì che se l'avessi denunciato, lo avrei rivisto molte e molte altre volte.
E poi, il ricordo indelebile del sangue dalle mie mani, quando mi dimenavo, delle ferite, del bassoventre, tutto il sangue che ho perso.
E poi, tutto d'un colpo, mi ritrovo accasciata per terra, sola e indifesa, perdendo i sensi, con quel pazzo ancora su di me.
Quell'assassino che mi ha tolto la verginità, che non verrà mai denunciato perché non ne ho il coraggio.
MI guardo intorno quasi per controllare che non fosse lì.
Ho ancora paura.
Ho paura di rivederlo e di sentire anche per un attimo la sua voce, o il suo fiato sul collo, il suo alito che puzzava di alcool.
Ho paura di incontrare altri ragazzi come lui, pronti ad abusare di me e a farmi del male, fisico e mentale.
Qualsiasi cosa mi ricorda lui.
Tutto mi riporta a quel momento spaventoso.
Mentre penso e ripenso a tutto quello che ho passato, sento una canzone provenire da un'altra stanza, non molto lontano, credo.
È una melodia rilassante. Una voce fantastica accompagnata da una chitarra, un'armonia che ti distrae e qualcuno che urla di smetterla, di dormire.
-è tardi! Dormi invece di cantare le tue canzoncine!- urla una donna, sembra anziana dalla voce.
-Chi suona a quest'ora?- un altra donna, credo più giovane.
-Qualcuno lo faccia stare zitto!- Urla un uomo.
Io sono rimasta incantata da quella dolce e soave voce. 


è la mia prima ff ...siate buone! un bacio c:
 
  
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