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Autore: KatWhite    02/02/2013    3 recensioni
Haytham Kenway | Connor Kenway
Haytham Kenway era autoritario, spietato e senza cuore, un dittatore di legge, testardo e orgoglioso che non esitava ad uccidere e non aveva alcun ritegno della vita umana. Ed era un templare.
Il figlio, Ratonhnhaké:ton, ribattezzato Connor Kenway, era gentile e onesto, forte e ingenuo, con una grandissima forza di volontà a sostenergli l’animo, e che era in grado di trasmettere agli altri. Era anche lui incredibilmente cocciuto, forse anche più del padre, e a causa di ciò, veniva considerato da tutti coloro che lo conoscevano un pazzo. Odiava uccidere e veder morire davanti agli occhi la gente. Portava nel cuore un grande dolore, e principalmente questo e l’amore per il suo popolo e per la terra natia, lo spingeva a lottare e a non arrendersi mai. Ed era un’assassino.

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SPOILER ASSASSIN'S CREED III: SEQUENZE 8-9
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Connor Kenway, Haytham Kenway
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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I raise my flags, don my clothes 
It's a revolution, I suppose 
We'll paint it red to fit right in 

[Alzo le bandiere, indosso i miei vestiti. 
E' una rivoluzione, credo. 
Ci dipingeremo di rosso per adattarci.]

Radioactive - Imagine Dragons

Una tuta bianca dai bordi color zaffiro svolazzava incurante, sostenuta dal leggero venticello di mezza estate di quella giornata, baciata dal tramonto. Un ragazzo, appollaiato sul tetto della tenuta di Davenport, fissava il paesaggio come rapito da quella magica atmosfera naturale che gli si presentava davanti, un gioco continuo di luci e colori che imporporavano il sole infuocato. O almeno, questa era l’apparenza.
In realtà non stava solamente rimirando il paesaggio, ma si era perso in un groviglio di pensieri, che di lì a un po’ di tempo, attanagliavano sempre più spesso la sua mente.
Il suo mentore Achille, colui che lo aveva addestrato e gli aveva insegnato le basi della vita, il suo padre adottivo… era all’oscuro di tutto. Non aveva lontanamente idea di chi lo avesse aiutato ad acciuffare e a punire il traditore templare Benjamin Church.
Si scostò il cappuccio che nascondeva da sempre il suo volto scuro, lasciando che i raggi solari si posassero sulla sua pelle color cioccolato di mezzo-indiano -mezzosangue per tutti gli altri coloni invasori-.
Si sedette sul cornicione, tentando più volte di trovare una posizione comoda, e quando riuscì nel suo intento, si rilassò e sospirò. Un respiro pesante e affannoso era uscito da quella bocca fredda e stretta. Mai, mai aveva dovuto affrontare una situazione del genere. Situazioni complicate sì, ma mai che coinvolgessero la sua sfera emotiva.

-Padre… - invocò in un sussurro, quasi una preghiera.

Quella parola fu la miccia d’accensione, che diede sfogo a tutti i suoi pensieri, alle sue paure, alle sue incertezze… ai momenti passati con lui, esplodendo nella sua mente, e continuando a bruciare e a provocare dolore. 
Gli vennero in mente gli istanti successivi della dipartita di Church, dopo che aveva salvato la vita ad Haytham, e l’aveva orgogliosamente definito suo figlio. E le parole di Achille tornarono alla mente, crude, fredde e pesanti più che mai:

“Finchè Haytham rimarrà vivo, l’Ordine sarà in pericolo. Va eliminato.”

Come poteva? Come poteva riuscirci? Dove avrebbe trovato la forza per uccidere il suo stesso padre?
D’accordo, entrambi si disprezzavano.
Haytham Kenway era autoritario, spietato e senza cuore, un dittatore di legge, testardo e orgoglioso che non esitava ad uccidere e non aveva alcun ritegno della vita umana. Ed era un templare.
Il figlio, Ratonhnhaké:ton, ribattezzato Connor Kenway, era gentile e onesto, forte e ingenuo, con una grandissima forza di volontà a sostenergli l’animo, e che era in grado di trasmettere agli altri. Era anche lui incredibilmente cocciuto, forse anche più del padre, e a causa di ciò, veniva considerato da tutti coloro che lo conoscevano un pazzo. Odiava uccidere e veder morire davanti agli occhi la gente. Portava nel cuore un grande dolore, e principalmente questo e l’amore per il suo popolo e per la terra natia, lo spingeva a lottare e a non arrendersi mai. Ed era un’assassino.
Due persone diverse, troppo diverse. Apparentemente, e si sa, l'apparenza spesso inganna.
Se fossero stati semplici conoscenti, Connor avrebbe anche potuto sorvolare sullo strano rapporto che li legava. Ma erano padre e figlio. E il fato aveva deciso che uno di loro, tra loro due, doveva morire. E avrebbero dovuto compiere l'atto loro stessi. Solo il più scaltro a lanciare per primo l'attacco sarebbe sopravvissuto.
Ma prima di questo momento, esso aveva voluto concedergli un’occasione per conoscersi, quasi a voler giocare con loro, per rendere il tutto più doloroso e straziante.
E Connor doveva ammettere che odiava Haytham. Odiava il fatto che lui fosse un templare. Odiava che lui avesse ordinato lo sterminio del suo villaggio natale, con la conseguente morte di sua madre, bruciata viva davanti ai suoi occhi pieni e gonfi di lacrime di fragile bambino, non potendo intervenire in maniera alcuna. Lo odiava per avergli rovinato l’infanzia. Lo odiava per averlo abbandonato, preferendo a lui l’ordine templare, sentendo mancare la figura del padre, e poi quella della madre. Odiava il suo disprezzo per la vita, i suoi ideali da liberista -templare- che sosteneva.
Ma quando lo aveva chiamato “Figliolo”, con quel guizzo negli occhi che lo contraddistingueva, con l’ardore della sua compagnia… qualcosa in lui si era sciolto, e l’odio era sminuito in poco tempo.
Inizialmente si era messo in testa che il loro legame fosse frutto della loro -seppur temporanea- collaborazione, che entrambi si trovavano bene perché erano una bella coppia, e ottenevano sempre ciò che volevano, lavorando insieme.
Ma poco dopo, entrambi si erano cercati ancora, e ancora. Avevano preso a frequentarsi sempre più spesso, e il figlio aveva cominciato a sperare nel padre: che la loro relazione si potesse in qualche modo salvare e ricostruire -anche se forse sarebbe stato meglio dire costruire, dato che crollò prima ancora che potesse effettivamente nascere qualcosa-, e poter vivere finalmente a fianco di suo padre. Che Connor Kenway, sangue del suo sangue, potesse sostituire quelle stupide regole templari a cui tanto Haytham Kenway era affezionato, che nonostante tutto, potesse essere ancora.
Ebbe un fremito, quando una nuova ondata di vento, questa volta gelida, gli trapassò le ossa, e gli bruciò la guancia, a causa di una lacrima furtiva e involontaria scivolata sul viso, accorgendosi solo ora che l’enorme palla infuocata era stata sostituita da quella massa informe e buia, costernata di migliaia di punti luminosi, che era il cielo notturno.
Si portò una mano a cancellare quell’unica scia lucida che gli rigava il volto, e poi ad accarezzarsi la testa e i capelli, giocherellando con le perline che ornavano il suo rasta trasandato, facendo poi cadere lo sguardo sull’ascia di guerra impiantata all’entrata della tenuta da Kanen'tò:kon, fulgida e brillante più che mai, per effetto dei raggi lunari: quello era il simbolo dell'inizio della guerra del suo popolo contro i patrioti inglesi. Lui avrebbe avuto il compito di lottare al loro fianco, per poi toglierla quando sarebbe terminato lo scontro. 
Ma appunto... sarebbe mai finita quella guerra?
Connor aveva deciso che sì, doveva finire, e al più presto. E suo padre sarebbe stato al suo fianco.

Note dell'autrice
Salve gente, yoyo. Questa può sembrare la primissima storia che pubblico, ma ci tenevo a precisare che in realtà non è così: ho semplicemente deciso di ricominciare tutto, eliminando le vecchie storie (obbrobbri) e inaugurando questo nuovo percorso con una shot su AC3.
Che dire, dopo averlo finalmente finito rubando la playstation sotto le urla e gli improperi di mio fratello, sono arrivata a quella fottutissima scena in cui Connor ed Haytham si ritrovano dopo tanto tempo. Avrebbero potuto uccidersi subito, nessuno li obbligava a restare. E invece ci hanno provato, sono rimasti insieme.
Non so perchè, ma mi sono commossa, perchè vorrei tanto che succedesse anche a me una cosa del genere. Mio padre si è comportato peggio di Haytham, e non ha nemmeno avuto la faccia tosta di tornare. Per questo, io li trovo semplicemente meravigliosi loro due, e il loro rapporto padre-figlio, che ho sperato potesse durare (ma ahimè, ovvio che poi ci schiattava ç___ç), è qualcosa che mi scalda dentro, perchè sono complementari. Ribadisco, ho sperato con tutta me stessa che non finisse come era ovvio che finisse, e quindi ho lasciato apposta un finale aperto: Haytham tornerà o non tornerà? Bho, non lo so nemmeno io, ma non a caso è "What if...", ma poi pensatela come volete. Non sarà il massimo, ma per me ha un significato molto profondo.
Baci, Ems.

  
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