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Autore: pink_star    25/08/2007    2 recensioni
Più cercava di non ricordarsi quegli occhi così simili ai suoi, più la tormentavano nei sogni e nei pensieri. Più cercava di pensare al futuro, più il passato la stringeva fra le sue mani facendola contorcere dal dolore. Più voleva dimenticare meno ci riusciva.
Genere: Generale, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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… Rescue Me

… Rescue Me

 

 

 

Si ricordava perfettamente il giorno in cui, nove anni prima, la madre la prese per il braccio assieme al resto delle valigie e la portò fuori dalla loro casa con sé. 

 

Non aveva fatto in tempo a dire nulla, era restata in silenzio ad ascoltare le urla isteriche di suo padre, il pianto disperato di sua madre e il mormorio confuso di… di lei, che le restò abbracciata finché la madre, in preda alla solita crisi di nervi, non la strattonò via dalla sua stretta.

 

Erano restate zitte, osservandosi mentre il padre continuava a gridare contro la madre, dicendole che se provava ad andarsene si sarebbe incazzato sul serio ma lei, noncurante, prese vestiti suoi e della piccola Savannah buttandoli alla rinfusa in un’ enorme borsa, riempiendola in poco tempo.

 

Entrambe si coprirono gli occhi con le mani, quando il padre diede un sonoro ceffone sulla guancia della madre, mettendosi davanti alla porta per non farla uscire ed entrambe scossero il capo cercando di non piangere… finché la mamma non riuscì ad aprire la porta e a scappare, tenendo per mano una delle bambine..

 

Forse fu la scena più brutta e orribile che l’avrebbe sicuramente accompagnata fino alla tomba…

 

Tentarono in tutti i modi di non dividersi, Kristine le prese il braccio e non volle più staccarsi mentre Savannah cercò in tutti i modi di strattonare via l’arto che la madre stringeva con una tale forza da farle male e proprio per questo fu del tutto inutile… - Torna da quel bastardo di tuo padre! - aveva ringhiato la madre ad un certo punto, mentre lui usciva dal cancello e prendeva in braccio Kristine.

 

Le dita di Savannah scivolarono via lentamente dalla piccola mano di Kristine, che esplose in lacrime come la sua gemellina, osservandola allontanarsi sempre di più…

 

 

 

 

 

 

 

Savannah si svegliò di soprassalto, in un bagno di sudore. Riuscì a trattenere un urletto stupito, accorgendosi che per l’ennesima volta aveva sognato quella stupida e ossessionante scena Perché mi tormenti ancora, Kristine? Si chiese, mentre prendeva il Nokia da sopra il comodino ed osservava di malavoglia l’ora : le tre e mezza di notte.

 

Si alzò, stando ben attenta a non svegliare la madre e il suo nuovo compagno Kurt, che si divertiva a fare l’alcolizzato rincasando verso le due del mattino o anche alle sei, dipendeva dalla compagnia e dalle gnocche che lo circondavano. Sì, perché sua madre era troppo stupida per rendersene conto.

 

Da quando si era risposata con lui, sua madre era diventata ancora più ingenua di una bambina di tre anni, il che non l’aiutava molto. Ma per fortuna, ormai aveva diciotto anni da qualche mese e sapeva badare a se stessa da molto tempo.

 

Scese in cucina, aprendo il frigorifero e cercando qualcosa di commestibile, cosa molto rara in casa sua… Decise di rinunciare al frigo e si volatilizzò in sala, accendendosi la televisione e cercando in tutti i modi di distrarsi, decidendo che il porno di due gay era sicuramente un’ottima distrazione, che le avrebbe fatto dimenticare quello schifo di sogno che continuava ad imperversare su di lei.

 

Dopo qualche minuto si accorse che non stava nemmeno guardando: si era rigirata nel divano e aveva richiuso gli occhi e senza rendersene conto, si stava toccando la mano, quella mano, quella dove aveva stretto la sua per l’ultima volta… Smettila! Urlò qualcuno nella sua testa Smettila, lo sai… Tua sorella è una stupida, ha perso ogni considerazione che aveva per te, perché è diventata stronza come tuo padre!

 

Si morse il labbro, stringendo ancora di più la mano sinistra. Non voleva credere a quelle stupide parole provocate dalla sua mente solo per non pensare…  dopo qualche secondo, si ricordò che doveva che respirare. Si sentì annaspare e cominciò a fare dei lunghi sospiri, stringendo i pugni e serrando gli occhi, decidendo che era meglio tornarsene a letto. Non si stava sicuramente aiutando così… più cercava di non pensare e più lo faceva.

 

Più cercava di non ricordarsi quegli occhi così simili ai suoi, più la tormentavano nei sogni e nei pensieri. Più cercava di pensare al futuro, più il passato la stringeva fra le sue mani facendola contorcere dal dolore.

 

Più voleva dimenticare meno ci riusciva.

 

Perché tutto questo dolore a me? Perché, perché? Mia madre non ha mai capito un emerito cazzo di me e di quello che provo, perché doveva andare a finire così? Perché non ci hanno lasciato assieme? Perché sono cresciuta senza di te, sorellina?

 

Domande, domande, solo domande.

 

Che da nove anni la tormentavano, senza darle una risposta, senza lasciarla stare… E la notte, era la sua peggior nemica. Da quando le avevano divise, almeno una volta al mese, ripercorreva quella scena, sentiva la mano di Kristine scivolarle via dalla propria, vedeva suo padre alzare le mani e sua madre spingerlo lontano per riuscire a scappare… a scappare solo con lei.

 

Perché non hai preso con te anche lei, perché non hai pensato anche a Kristine, mamma?

 

Si ritrovò in camera sua, stremata dai pensieri e dai mille ricordi che di certo non la stavano facendo sentire bene. Appoggiò delicatamente la testa nel cuscino, appoggiando una mano gelida sulla fronte restando a fissare il soffitto con una grandissima rabbia addosso.

 

Ormai era stanca di andare avanti così, perché erano anni che non dormiva più bene come un tempo, quando condivideva la camera con lei, quando si svegliava ridacchiando perché la sentiva parlare nel sonno, quando si nascondevano sotto le coperte ed iniziavano a parlare, sicure che riuscissero a sentirsi solo due… Quell’ultimo ricordo riuscì a strapparle un sorriso Com’eravamo stupide, pensò lasciando che un velo di malinconia le segnasse il volto Se i nostri genitori fossero passati davanti alla nostra camera avrebbero sicuramente sentito i nostri discorsi da bambine deficienti.

 

Lei faticava a ricordare i giorni seguenti a quel fatto. Ricordava solo un grande senso di smarrimento e che si era sentita incompleta come non lo era mai stata. La sua gemella, la sua metà, sua sorella, l’unica vera amica che aveva avuto da bambina… L’unica persona con cui aveva potuto parlare di quello che succedeva ai genitori, del perché stessero sempre ad urlare, l’unica con cui aveva condiviso davvero la sua paura… La paura di svegliarsi un giorno e di non trovarla più nel letto accanto al suo, di venir a sapere che il padre se n’era andato con Kristine senza dire niente né a lei né a sua madre… La paura che si era avverata.

 

Solo che al contrario.

 

 

 

 

***

Saaaalve a tutti!! Questa è una fanfic scritta a due mani da due gemelle… che stanno una al nord e l’altra al sud!XD a parte stupidate, speriamo che la nostra ff vi piaccia… fatecelo sapere con tante tante recensioni *__* kuss a tutti!!

 

Sve&Kris

  
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