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Autore: Eruanne    04/02/2013    7 recensioni
E se non fossero soltanto i tredici Nani conosciuti ne "Lo Hobbit" a partire per riconquistare Erebor, strappata ai suoi abitanti dal drago Smaug? Se alla Compagnia di Thorin si aggiungesse un nuovo membro che non è propriamente accettato dagli altri e soprattutto dal loro re per un evento cruciale accaduto durante la battaglia? La loro missione sarebbe compromessa o i conflitti potrebbero risolversi col tempo e la fiducia?
Questa fan fiction ripercorre la trama del primo film e del libro, e a me non resta che augurarvi buona lettura!
Genere: Avventura, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bilbo, Gandalf, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia
Note: Movieverse, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO SEI


Erano in trappola.

Ora se ne rendevano conto tutti ma non riuscirono a combinare nulla, impegnati com'erano a cercare di districarsi da gambe, braccia, chiome e pance prominenti, appartenenti a membri ignoti della compagnia.

Fecero un gran chiasso, zittendosi solo quando udirono dei versi striduli e acuti, che mai avrebbero potuto emettere; Karin, aggrappata ad un osso – e a dir poco schifata – fu la prima ad accorgersi delle creature mostruose che, a frotte, venivano verso di loro.

<< ORCHI! >> gridò, avvertendo i nani; cercò di afferrare l'elsa di Iris, ma era schiacciata dal peso degli altri, ed ogni movimento fu del tutto inutile. Mentre cercavano disperatamente di prendere le armi per combattere, i mostriciattoli li avevano raggiunti, emettendo grida di giubilo alla vista delle prede catturate.

Karin si ritrasse disgustata quando un orchetto pallido e pieno di pustole dall'aspetto poco rassicurante le comparve davanti, strillando e mettendo in mostra una fila di zanne marce e storte; vennero tirati fuori dalla gabbia e strattonati senza complimenti: un orchetto, che trascinò per un braccio Oin, gli tolse il cornetto acustico dalle mani, gettandolo a terra e schiacciandolo. Col cuore in gola la ragazza sbirciò giù dai ponteggi barcollanti, inorridendo al baratro che si stendeva sotto i loro piedi: sembrava chiamarla, in un sottile gioco perverso che avrebbe messo a rischio la sua vita. Bastava così poco per morire, l'aveva provato sulla pelle giusto prima.

Mise da parte quegli assurdi pensieri, cercando di divincolarsi dall'orco che l'aveva afferrata per un braccio e la trascinava dietro gli altri; notò che anche i nani provavano a scappare come lei, spingendo, dando calci e pugni, ringhiando come animali, ma non servì a nulla.

Gli orchi li condussero lungo stradine tortuose a ridosso della roccia e altri ponti finché, con sommo orrore della ragazza, non li fecero fermare davanti ad un trono ricoperto di crani e ossa, addossato ad una rupe solitaria e gigantesco, così come chi lo occupava.

Era, senza ombra di dubbio, il più grande orco che avesse mai visto: alto tre metri, era repellente ed estremamente grasso, con un gozzo flaccido che si muoveva ogni qual volta voltava la testa.

Le grosse dita stringevano un ramo d'albero, sulla cui sommità era stato conficcato il cranio di un animale, dalle corna contorte: era... spaventoso, concluse Karin; e terribilmente inquietante.

I nani si strinsero più che poterono tra loro, forse condividendo il suo pensiero: non seppe spiegarsi per quale motivo lo fece, ma girò il capo cercando di scorgere una figura più piccola e meno bardata da battaglia, non trovandola. Bilbo non c'era, era sparito!

Le si contrasse la bocca dello stomaco, iniziando a sudare freddo: com'era possibile? Eppure era precipitato con loro!

<< Dov'è Bilbo? >> chiese piano a Gloin, Dori e Nori, alle sue spalle; quelli scossero lentamente la testa o, nel peggiore dei casi, non le diedero risposta, impegnati a pensare alla loro nuova e scomoda situazione.

<< Shh! >> udì un lieve sussurro e, girandosi a destra, vide che Thorin le era comparso accanto, lanciandole un'occhiataccia di ammonimento: doveva tacere, se ne sarebbero occupati dopo. Karin sperò di uscirne viva per cercare personalmente Bilbo... sempre che anche lui fosse sopravvissuto.

Angosciata, notò lo sguardo affamato con cui l'orco sovrano li osservava, perdendo ogni briciolo di speranza: anche se fossero riusciti a darsela a gambe, i nemici erano davvero troppi in quella città sotterranea. Ora ne era certa, perché era proprio lì che li avevano condotti: in una città piena zeppa di orchi! E, molti di loro, portavano armi rozze ma taglienti come rasoi.

<< Bene bene bene >> esordì finalmente il Grande Orco << abbiamo ospiti, a quanto vedo >>.

<< Vostra Malvagità >> si intromise un orco dagli arti deformi, uno più lungo dell'altro << li abbiamo trovati che si riparavano nel nostro portico anteriore >> concluse, facendogli un inchino.

<< Cosa ci facevate lì? >> chiese con tono annoiato il loro re, appoggiando una mano sul lato della faccia coperto da escoriazioni rosse.

Nessuno dei nani osò aprir bocca, infuriati sia con i loro aguzzini sia con loro stessi per essere caduti in una trappola di orchi.

Il Grande Orco, spazientito, mosse i piccoli occhi iniettati di sangue così velocemente che, a Karin, venne la nausea.

<< Nessuna risposta dunque? Bene, allora... gettate a terra le armi; non vorrei che qualche lama mi rimanesse sullo stomaco, una volta che vi avrò mangiati! >>.

All'ordine, quattordici teste di nano si erano alzate, uno sguardo truce e fiero che gli fece capire che non avrebbero acconsentito così facilmente; egli, dunque, fece un gesto, ed un sibilare sferzante nell'aria li sorprese troppo tardi. Qualcuno urlò, mentre una lunga e nodosa frusta nera li ferì, schioccando sinistra.

<< Allora? Forza, obbedite fecce! >>.

Capendo che ci sarebbero andati pesanti se non avessero eseguito – e non senza una buona dose di rabbia nelle vene – ognuno lasciò a terra le proprie armi, raccolte subito da alcuni mostri disgustosi ed ammucchiate in un punto poco lontano dal loro capo che, nel mentre, guardava il suo bottino con un certo divertimento.

<< Portatemele qui >>.

Ma quando un orco si affrettò ad obbedire, allungano le sue zampacce fetide verso il manico elaborato di Iris, il Grande Orco lanciò un mezzo grido sconcertato, agitando una mano.

<< Quella lama è nemica del mio popolo! Chi ha osato portarla al mio cospetto? >> domandò con voce stridula, il gozzo del collo che si colorò di uno sgradevole rosso, mettendo meglio in mostra le pustole ai lati del volto deforme.

Qualche mostro si mosse a disagio, non osando parlare e temendo l'ira del re.

Karin, al contrario, non se ne preoccupava; alzò lo sguardo, orgogliosa come poche volte in vita sua: voleva che il portatore di Iris si mostrasse? Ebbene, l'avrebbe visto!

Strinse le mani a pugno e mosse un passo in avanti, decisa a reclamarne la proprietà; ma qualcosa la trattenne, afferrandole il polso.

Scambiò uno sguardo con Thorin, intervenuto a fermare la sua impulsività che l'avrebbe condotta a morte certa. Sorpresa dal gesto, non fece nulla per divincolarsi dalla sua stretta ferma ma gentile, né riuscì a bloccarlo quando si fece largo tra i compagni, dopo averla lasciata: senza una parola, ma con la solita fierezza, si mostrò.

Il Grande Orco sembrò stupito, ma ridacchiò felice come fa un bambino quando si impossessa di qualcosa di ghiotto che gli era stato proibito.

<< Ma guarda chi abbiamo qui: Thorin Scudodiquercia, Re sotto la Montagna! Oh, mi correggo: tu non sei re, non hai un regno. Sei solo una nullità, un esserino miserabile! >> rise alla sua stessa frase, e i sudditi lo seguirono deridendo Thorin che, a quelle parole, si era irrigidito e contraeva le mani più volte, alla ricerca della calma che gli stava venendo a mancare. Dignitosamente non disse una parola, mentre invece l'orco continuava nel suo monologo.

<< Sai, c'è una bella taglia sulla tua nobile testa; un tuo vecchio nemico ti sta cercando. Sarà ben felice di saperti qui >> sghignazzò, facendo oscillare il testone e le sparute ciocche bianche.

Thorin percepì un vago senso di disagio, ma lo ricacciò subito << I miei nemici sono morti >> disse, altero.

<< Davvero? Eppure questo mi pare sia ben vivo. Forse, se ti rivelassi che è un grande orco pallido che cavalca un bianco Mannaro, ti ritornerebbe la memoria? >> si pregustò fino in fondo l'effetto che ebbe la notizia.

Negli occhi di Thorin, infatti, era passato un breve lampo di incredulità, sostituito dalla furia: non riusciva a credere a nessuna parola detta da quell'essere schifoso.

<< Lui è morto! >> ribatté stoicamente << L'ho ucciso tempo fa! >>.

<< Si direbbe di no; e se per uccidere intendi tagliato una mano, bé... ci riferiamo a due cose diverse >> ridacchiò di nuovo, rivolgendosi ad un piccolo ammasso deforme e raggrinzito che sedeva alla sua destra.

<< Avvisa il nostro amico: il nano è qui >>.

Il piccolo essere ridacchiò a sua volta, il lungo artiglio della zampa destra che terminava di scrivere qualcosa su di un blocco di pietra. Non si alzò, ma diede una spinta al secchio di latta che lo conteneva e quello, appeso ad una corda, scivolò via, perdendosi in quell'intrico di funi e carriole.

E così, Azog il Profanatore era ancora vivo; Karin sentì il sangue gelarsi nelle vene, ed un freddo penetrante ed aspro la pervase, nonostante là sotto, nelle profondità della montagna, facesse caldo, anche grazie alle torce che illuminavano quel luogo macabro.

<< Tu >> continuò l'orco, indicandone uno lì vicino << portami quella spada; gli taglierò personalmente la testa, visto che l'orco pallido la richiede. Il resto possiamo tenercelo; anche gli altri >>.

Il suddito si avvicinò al mucchio di armi, pronto per prendere Iris. Karin non riuscì a trattenersi oltre: non sarebbe rimasta in disparte a guardare qualcun altro impugnare la sua spada, né avrebbe permesso a qualcuno di uccidere Thorin. Scossa dall'ultimo pensiero si sentì muovere, anche se non aveva dato alcun permesso alle gambe d'agire per conto loro; spinse rudemente gli altri nani che, invece, cercavano di tenerla con loro affinché non commettesse pazzie. Mentre si divincolava da Balin, l'orco urtò il piccone di Bofur, che cadde con un gran fracasso a terra, portando con sé le altre armi che gli stavano sotto. La lama di Orcrist, rimasta tutto quel tempo dentro al fodero si scoprì parzialmente, rilucendo alla luce delle torce.

Il Grande Orco lanciò uno spaventoso grido di rabbia, riconoscendola: essa, infatti, era nemica giurata degli orchi poiché ne aveva uccisi molti, anni addietro, quando gli elfi davano loro la caccia. Ed il ricordo non era facile da cancellare. Anche gli altri orchi lì presenti digrignarono i denti, scoprendo le fauci di fronte a quella che chiamavano semplicemente Coltello; la odiavano, così come chiunque l'impugnasse.

<< Uccideteli! Squarciateli! Voglio le loro teste su delle picche! Ora! >> alle sue grida acute si aggiunsero quelle degli altri; alzarono i pugni, altri le armi e, correndo, li accerchiarono.

Ai nani non restò altro che affrontarli a mani nude, come meglio potevano: vennero loro addosso, urlanti e ripugnanti, prendendoli a schiaffi, a calci e pugni; chi aveva un'arma cercò di usarla, tentando di ucciderli, menando fendenti a destra e a manca.

Karin non se la cavava granché nella lotta corpo a corpo: dopo essere riuscita a schivare un colpo ed aver dato un calcio al fianco di un orco, facendolo cadere a terra, se ne ritrovò altri due, arrivati contemporaneamente a fermarla; ricevette una ginocchiata in pieno ventre, piegandosi in due dal dolore e boccheggiando forte alla ricerca di aria, che non le arrivò ai polmoni. Sentiva dolori lancinanti dappertutto ma, imperterrita, riuscì a fare lo sgambetto a uno, che cadde; cercò di rialzarsi – era finita in ginocchio dopo la botta presa – per affrontare il secondo ma quello, preparato, la colpì in viso con un violento schiaffo: sentì la guancia andare a fuoco, e qualcosa di caldo e viscoso che le scivolava lungo la parte lesa. Sapendo troppo bene di cosa si trattasse, e con una furia incontrollabile in corpo, urlò a pieni polmoni tutta la sua ira, scattando in avanti e lanciandosi letteralmente sul mostro, che strillò come un maiale pronto per essere scuoiato. Lo gettò a terra e cominciò a colpirlo, una, due, tre volte, finché non venne spinta via da un altro orco, pronto ad avventarsi su di lei; inorridita, vide che gli mancava un grosso pezzo di naso, mettendo in mostra la cavità interna e l'osso che la circondava. Ma non fu questo a farle mancare la salivazione, bensì la frusta che reggeva tra le zampe.

Con la coda dell'occhio riuscì a scorgere alcuni dei suoi compagni, troppo indaffarati per aiutarla: combattevano con tutte le loro energie, ma capì bene che era troppo stancante anche per loro; i colpi erano fiacchi, le mosse rallentate, i riflessi non più pronti. Se non avessero trovato una soluzione sarebbero stati sopraffatti. E la missione avrebbe avuto fine.

L'orco fece schioccare la frusta vicina al suo polso sinistro, scuotendola dai suoi pensieri ed attirando l'attenzione su di sé; provò a scartare a destra ma lui fu rapido e, di nuovo, alzò l'arma che, sibilando, si abbatté sulla sua spalla, ferendola. Urlò forte, mentre un bruciore vivo le infuocò il punto colpito; si fermò appena in tempo dall'andare a toccare la ferita con la mano sinistra, e lanciò uno sguardo di puro disprezzo al nemico che, al contrario, parve molto soddisfatto della sua opera. Ormai disperata e col fiato corto, la ragazza lo vide prepararsi nuovamente a calare il colpo ma, stavolta, riuscì a schivarlo, portandosi più vicina a lui: se solo fosse riuscita a strappargli di mano quella maledetta frusta! Poi avrebbe sghignazzato lei, altroché...

L'orco aspettava qualcosa, ma ciò le diede l'occasione giusta per bloccarlo.

Ora o mai più”

Si slanciò in avanti, schivando un gancio che puntava dritto alla tempia; con le ultime riserve di energia che le rimanevano colpì il mostro sulla guancia, facendolo barcollare indietro di poco. Non fece in tempo a rallegrarsene – o a riprendere fiato – che qualcuno le artigliò la gola in una presa ferrea, con una forza inaudita tale da alzarla di poco dal terreno; scalciò con forza, credendo di liberarsene, ma non vi riuscì: boccheggiò, il petto che si alzava ed abbassava con foga, non riuscendo a respirare. Strabuzzò gli occhi scuri, mentre le mani cercavano di togliere quelle forti e rugose di un altro orco dalla gola.

La vista le si annebbiò, ogni pensiero si confuse: avrebbe voluto chiedere aiuto, chiamare qualcuno, ma non riusciva nemmeno a pensare. C'erano talmente tanta confusione, grida, schiamazzi, urla, strilli che, anche se avesse potuto, nessuno l'avrebbe udita; ebbe paura, una tremenda e maledetta paura. Ora stava per morire di nuovo, ma stavolta non sarebbe accorso Thorin a salvarla: combatteva lontano, impegnato ad affrontare due orchi. Lei, invece, faticava a combatterne uno!

Provò ad affondare le unghie nella carne pallida e putrefatta, che puzzava, ma non servì: anzi, l'altro aumentò la presa, facendola rantolare.

Per Durin, non ce la faceva più!

Sentì le forze venirle meno, la presa sulle mani si allentò; le gambe iniziarono a formicolarle ed un ronzio le invase le orecchie. Un calore inaudito le salì lungo il mento e le guance andandole alla testa, mentre veli di sudore le ricoprirono le tempie, il corpo, il collo: i respiri si fecero più irregolari, la trachea rischiò di esploderle.

Che qualcuno mi aiuti!”

Per favore!”

Poi tutto finì com'era iniziato, rapidamente. La stretta si allentò di colpo e ricadde a terra, prostrata; iniziò a tossire convulsamente alla ricerca di aria, inspirando forte, lieta di poterlo ancora fare. Tremava, gli occhi spalancati che avevano iniziato a lacrimare; portò una mano alla gola, sentendola libera. Si guardò attorno alla ricerca del suo salvatore: dietro di lei, l'orco che aveva tentato di ucciderla giaceva in una pozza di sangue rosso pallido, un ghigno ancora impresso sul volto deforme.

I suoni tornarono lentamente, il fischio sparì: rimase accasciata per un po' cercando di respirare il più possibile. Nessuno fece caso ad un nano a terra, così poté rimanere estranea allo scontro impari che avveniva in ogni dove: quando sentì d'aver recuperato una minima parte di energia tentò di alzarsi, ancora incerta, il cuore che galoppava furioso.

I nemici erano davvero troppi – constatò – ed avevano impartito una dura lezione ai suoi compagni che, messi alle strette, si reggevano a stento in piedi; alcuni si sorreggevano tra loro, stremati. Erano spacciati.

<< Finiamola con questo spettacolino: li voglio morti. Ora >> sentenziò il Grande orco, rimasto appollaiato sul trono per tutto il tempo.

I mostri, che non aspettavano altro che farli a pezzi velocemente e dolorosamente, si avvicinarono.

Ma la fortuna sembrò essere favorevole alla Compagnia: una luce abbagliante e bianca illuminò quel posto, e tutti loro. Accecati, si portarono una mano a coprire gli occhi, mentre una voce a loro ben conosciuta – ed un'alta sagoma familiare – parlò.

<< Riprendetevi le armi! >>.

Gandalf il Grigio li aveva trovati.

Il cuore di Karin non fu mai tanto sollevato come in quel momento.



Era proprio lui, non vi erano dubbi: sotto la tesa del cappello grigio, il volto di Gandalf era una maschera di rabbia e furore, rivolta tutta agli orchi.

La Compagnia non ci mise molto tempo a reagire: corsero in fretta verso il mucchio di armi mentre lo stregone, bastone e spada in pugno, li copriva come meglio poteva.

<< Presto, scappiamo!!! >> ordinò, per poi lanciarsi per primo lungo un ponticello sospeso di fronte a loro.

La fuga disperata verso la salvezza iniziò.


Karin non ricordò l'ultima volta in cui aveva corso così tanto, disperatamente; non solo doveva prestare attenzione a saltare le tavole mancanti di legno dei vari ponti traballanti, rischiando di cadere o inciampare, ma doveva sempre rimanere all'erta se un qualche orco si avvicinava o si gettava da una passerella sopra di loro.

La lama di Iris era intrisa di sangue rappreso e scuro a cui se ne aggiungeva sempre dell'altro, man mano che calava fendenti verso i nemici.

Ben presto le mancò quel poco di respiro che era riuscita a racimolare dopo aver quasi rischiato di morire strangolata, e la milza le dolse, mandandole fitte acute a cui poteva rimediare solo tenendosi il fianco.

La salivazione le era terminata da tempo, ormai, e la gola secca le bruciava: poteva persino sentire il sapore del sangue che le risaliva lungo la trachea; respirare era diventato un incubo, così come cercare di scappare da quel luogo immenso, dentro la montagna. Gandalf faceva loro strada, abbattendo tutti gli orchi che cercavano d'impedirgli di passare; Thorin lo seguiva, e poi venivano gli altri. Più di una volta si fermarono per lasciarli passare accodandosi nelle retrovie, per accertarsi che nessuno fosse rimasto indietro.

Dwalin, ora in prima fila si fermò, vedendo un gruppo di orchi a qualche metro di distanza; veloce, abbatté una delle sue asce su una corda alla sua destra, spostando leggermente il capo all'indietro.

<< Palo!!! >> gridò, per poi ringhiare come un animale mentre alzava quell'arma improvvisata. Chi gli era dietro lo aiutò, correndo e caricando con tutte le loro forze: bastò qualche movimento oscillatorio e i nemici caddero, mentre gli altri vennero finiti dai nani.

Lo stregone era nuovamente avanti, il bastone e Glamdring che gli permettevano di aprirsi dei varchi nel passaggio; corsero ancora e ancora, tentando di schivare anche qualche freccia che pioveva dai ponti sopra le loro teste: una passò così vicina a Karin che poté sentirne il sibilo minaccioso.

Lanciando un'occhiata disperata alla sua destra, la ragazza vide che un gruppetto di mostri era attaccato a delle corde spesse e che, con un balzo nel vuoto, si lanciarono per raggiungerli. Prima che potesse aprire bocca, l'ordine di Thorin risuonò nell'immensità della montagna.

<< Tagliamo le corde! >>.

Karin eseguì, cosi come fecero Nori e Oin: il ponteggio dietro di loro oscillò e si piegò a destra, incontrando la traiettoria degli orchi, che non poterono evitarlo; le corde si attorcigliarono alla struttura di legno ed essi con loro. Se non fossero stati in pericolo di vita sarebbe stata una scena a dir poco comica! Ma non era il momento di pensarci, dovevano raggiungere un qualche passaggio che li avrebbe condotti fuori, verso la salvezza.

Proseguirono la loro folle corsa, ma presto vennero fermati da alcuni orchi arcieri: Kili riuscì a parare con la lama qualche freccia, ricorrendo poi ad una scala di legno appoggiata alla roccia. Se la portò davanti a mo' di scudo per portarla poi in orizzontale, aiutato da Gloin, Bifur e Bofur, come fosse una lunga e spessa lancia, trascinando indietro gli orchi che si dibattevano ed agitavano le lunghe e magre braccia.

Vennero gettati giù, mentre la scala permise ai nani di oltrepassare il vuoto tra un ponte e l'altro e di ricongiungersi con l'altro gruppo che era in testa, pronto ad aspettarli.

<< Avanti, presto! >> li incitò Gandalf: ora tutti insieme si precipitarono a più non posso lungo altre passerelle; qualche volta, a Karin parve di sentire i deboli ponteggi di legno traballare sotto i suoi piedi, ma sperò con tutto il cuore che reggessero: non osava pensare alla lunga ed interminabile caduta che, altrimenti, li aspettava. Le sembrò, inoltre, di scendere verso il basso: man mano che procedevano spediti – e guardandosi alle spalle di tanto in tanto – concluse che prima si trovavano in zone più elevate e che, ora, cercavano di raggiungere la base della montagna. Notizia che non la confortò poiché, se così fosse stato, mancava ancora molta strada da percorrere: e non era così sicura di farcela.

Improvvisamente, una grande figura tagliò il loro cammino: inorridita e attonita, riconobbe il Grande Orco; come era riuscito a raggiungerli? Il panico le montò in petto, facendole mozzare il poco fiato che le rimaneva in corpo.

Gandalf era a poco più di un metro da lui: la ragazza non riuscì a vederlo in volto, ma vide con orrore l'espressione compiaciuta ed affamata di quel grosso re; dietro la sua enorme mole, piccoli orchi sghignazzavano e mandavano gridolini eccitati e mostruosi, certi d'averli in pugno. L'unica cosa che le rimaneva da fare, era cercare un po' di conforto dall'elsa di Iris.

<< Ritorna da dove sei venuto! >> tuonò Gandalf, alzando Glamdring – la Battinemici – sopra di sé ; con un unico fendente tagliò la pancia molle e grassa del Grande Orco che, inizialmente inorridito di fronte ad un'altra spada elfica, si rese conto troppo tardi di ciò che gli era capitato. Strillò sofferente, tenendosi una grossa mano sul ventre: si spostò, costringendo gli orchi ad arretrare. La corona gli scivolò dal capo, cadendo con un tonfo sordo a terra: sgranò gli occhi, mentre una fitta di dolore gli perforava il cervello; si spostò incerto in diagonale, portandosi verso il bordo della piattaforma, ma non se ne accorse. Continuò ad andare indietro barcollando e, ormai sul ciglio, sembrò percepire la voragine alle sue spalle: li guardò con un ultimo sguardo carico d'odio e, urlando, precipitò nell'abisso nero.

Tutto si svolse velocemente, ma a Karin sembrò di vederlo al rallentatore tanto era in ansia; e, ora, la situazione non era certo a loro favore! Erano stremati, e gli orchi continuavano a spuntare da ogni dove, desiderosi di vendetta e di un bottino succulento: strepitarono e lanciarono grida tali da farle accapponare la pelle, mentre brividi le percorrevano la colonna vertebrale. Ma, ancora una volta, Gandalf seppe trovare una soluzione per tirarli fuori dai pasticci: gli bastò piantare con forza il bastone a terra e, con uno scossone, la piattaforma di legno dov'erano i nani iniziò a scricchiolare minacciosa; tutti allargarono le gambe, cercando di migliorare il loro equilibrio, altri si strinsero tra loro, prendendosi per un braccio. Poi si abbassarono e, con un tuffo al cuore, caddero in basso, proprio dove Karin temeva; urlarono, mentre tentavano di rimanere saldi sul piano: la ragazza perse l'equilibrio, battendo violentemente le ginocchia sul legno duro. In ginocchio, vedeva avvicinarsi con crescente velocità ed orrore il baratro, e la loro fine. Il bagliore rossastro delle torce che li aveva avvolti fino a poco prima ora lasciava rapidamente il posto ad un'oscurità pesante e densa: stavano precipitando nel cuore più profondo e nascosto della montagna.

I nani imprecarono forte, sia per la sorte che li attendeva sia perché non riuscivano a fare altro che a rimanere aggrappati tra loro, barcollanti.

Qualcuno le cadde addosso: era Fili, che cercò inutilmente di ritornare in piedi, rinunciandoci subito; con un forte scossone, la base andò a sbattere contro la dura roccia, ed un pezzo di legno si staccò nel punto dove poco prima si trovava Bifur.

<< Dici che ce la faremo? >> le urlò Fili, aggrappandosi al suo braccio, per sovrastare le grida degli altri.

Karin scosse la testa, ricacciando un urlo << No! >>.

Picchiarono di nuovo contro la parete, e il loro sostegno si accorciò notevolmente: ora, il gruppo si riunì compatto verso i due nani che si trovavano quasi sul bordo; Bofur artigliò la sua mano al mantello di Karin, quando ella rischiò di venir sbalzata fuori. Kili, invece, aiutò il fratello a rimettersi in piedi, aiutato da Gloin.

Gandalf sembrava l'unico a non avere qualche problema di equilibrio: infatti, si teneva saldamente aggrappato al lungo bastone di legno e, solo qualche volta, sembrò barcollare.

<< Per Durin, ci siamo!!! >> esclamò Oin.

<< Il fondo! >>.

<< ATTENTI! >>.

Tutti si sostennero a vicenda, pronti all'impatto: il legno scricchiolò, raschiando la montagna; sembrò quasi stridere mentre continuava a scendere, inesorabile. Poi la corsa sembrò rallentare: si incastrò tra le rocce, e tutti si piegarono. Il terreno sottostante si avvicinò e, con un gran tonfo, la piattaforma si fermò, mentre alcuni di loro rotolarono fuori; Karin finalmente allentò la presa sul legno, facendo ritornare la circolazione sulle mani: aveva stretto così tanto – per timore di cadere – che le erano diventate bianche. Il cuore era letteralmente in subbuglio, e le viscere le si erano talmente attorcigliate che ebbe la nausea: non poteva crederci, ce l'avevano fatta, erano riusciti a salvarsi! Se non fosse stata così tanto sconvolta avrebbe battuto le mani, felice: o, almeno, l'avrebbe pensato... non avrebbe mai compiuto un gesto del genere di fronte agli altri.

Respirò a fondo per placarsi, incredula della loro buona sorte: con uno sguardo agli altri, vide che pensavano più o meno la stessa cosa, perfino Gandalf.

<< Bé >> iniziò Bofur, con voce flebile << poteva andare peggio, no? >>.

Qualcuno ridacchiò, dapprima nervosamente e poi sempre con maggior sicurezza: finché il corpo gigantesco del Grande Orco non cadde sopra la tavola di legno, rischiando di schiacciarli. Urlarono spaventati, dato che non se lo aspettavano; il cadavere dell'orco non si mosse, e Gandalf fu il primo a riscuotersi.

<< Presto, non perdiamo tempo! Dobbiamo uscire da qui prima che tornino gli orchi; seguitemi! >>.

La ragazza era schiacciata contro il legno, che le spingeva sulla schiena: strisciò con i gomiti, riuscendo ad uscire da lì. Cercò di alzarsi, maledicendo le gambe divenute molli e tremanti; con una spinta poderosa riuscì a rimettersi in piedi e, assicurandosi meglio Iris alla cintura passò avanti, dietro Dwalin.

Corsero ancora, però con meno foga di prima; finalmente intravidero una luce in lontananza, e una lieve bava d'aria giunse sui loro visi accaldati e sudati.

Gandalf si fermò, lasciandoli passare ed incitandoli a muoversi: una volta fuori, forse sarebbero stati al sicuro per un po'.

La luce divenne sempre più intensa, l'uscita reale: il sole – anche se ormai al tramonto - ferì i loro occhi, abituati alla luce soffusa e alle tenebre del luogo da dove erano fuggiti; alti alberi si pararono davanti a loro, ma non si arrestarono. Dovevano cercare di porre qualche lega di distacco, o sarebbero stati raggiunti subito. Caracollarono lungo la lieve pendenza, attaccandosi a qualche tronco per riprendere un po' di fiato, tornando a correre dietro allo stregone; Karin sentiva le gambe pesanti, ed ogni indumento di ferro e cuoio le era solo un fastidio: sentiva la camicia rossa bagnata ed appiccicata al petto e alla pancia. Il sudore le imperlava la fronte, scendendole lungo il volto e il collo, perdendosi giù. Finalmente si fermarono, ansanti; la ragazza si piegò, portando le mani alle ginocchia ed ansimando forte, deglutendo: si deterse il sudore col braccio e portò l'altro al fianco, gemendo silenziosamente. Gli altri – quelli con le armi più lunghe – si appoggiarono ad esse, respirando a pieni polmoni; alcuni si sedettero con la schiena contro i tronchi degli alberi: per un po' nessuno parlò, ma poi Gandalf li contò. E scoppiò il pandemonio.

<< Dov'è Bilbo? >> domandò.

Un grave silenzio scese sulla compagnia, ed alcuni abbassarono lo sguardo per non incrociare quello indagatore dello stregone.

<< Dov'è lo hobbit??? >> scattò irato Gandalf, girandosi verso Thorin; quello scosse la testa.

<< Non lo sappiamo >>.

<< Dovevate assicurarvi fosse con voi! >>.

<< Dori, non dovevi pensarci tu? >> intervenne Nori.

<< Io? Io non sono la balia di nessuno! E poi, c'era talmente tanta confusione... >>.

<< Dove si sarà cacciato? >> chiese Gloin.

<< Avrà usato le sue doti da scassinatore per nascondersi; e poi alla prima occasione sarà fuggito! >> ringhiò Thorin, trattenendo a malapena la rabbia.

<< E se non fosse andata così? >> si intromise Karin << Potrebbe essergli capitata qualsiasi cosa! Se qualche orco l'avesse preso... >> non terminò la frase, allontanando i pensieri nefasti e poco positivi che le ronzavano in testa.

<< E' adulto, con una spada al fianco... >>.

<< Che non sa usare! >> ribatté lei, interrompendo il re dei nani: una mossa a dir poco sbagliata. Le lanciò uno sguardo gelido, che la fece zittire immediatamente; cercò di sostenere i suoi occhi azzurri ma, con rabbia e delusione verso se stessa, non ci riuscì: abbassò lo sguardo a terra, mordendosi la lingua.

Fortunatamente, fu Balin ad interrompere il crescente disagio che si era creato.

<< Non credo se ne sia andato, Thorin; sono preoccupato anche io, come Karin >>.

Il re lo guardò incredulo, come fosse appena stato tradito dall'unica persona di cui si fidasse; l'anziano nano, al contrario di Karin, sostenne tranquillamente il suo sguardo, facendo sì che Thorin continuasse a dimostrare la sua tesi.

<< Non si è mai integrato, il suo posto non è qui con noi >> ribatté, freddo << Si è perso da quando ha varcato la porta di casa: non farà mai parte di questa compagnia >>.

<< Hai ragione! >> esclamò una voce ben nota, ma che non apparteneva a nessuno di loro; Bilbo apparve da alcuni tronchi dietro di loro, lasciandoli di stucco. Non l'avevano visto arrivare.

Li raggiunse con uno strano cipiglio. “Diverso” pensò Karin.

<< Lo so quello che pensi di me >> aggiunse, afferrandosi i lembi della consunta giacca rossa << Ed è così: penso spesso a casa, molto spesso >> ammise, alzando le spalle << ma sono rimasto. Voglio aiutarvi a riprendervi la vostra casa, se posso, perché è giusto così >>.

La frase, detta con tutta la semplicità che solo uno hobbit poteva avere, fece breccia nei loro cuori di nani; persino Thorin rimase in silenzio, non riuscendo a ribattere nulla.

<< Come hai fatto a scappare? >> chiese curiosa Karin, ponendo la domanda che pensavano tutti.

Bilbo fece una strana espressione, come di chi cerca di nascondere qualcosa; ma non fece in tempo a rispondere che Gandalf lo precedette.

<< Non importa molto come ci è riuscito, in fin dei conti >>.

<< Invece sì, Gandalf. Come ha fatto a superare indenne gli orchi? >>.

<< Ho trovato un'altra strada >> si affrettò a spiegare lo hobbit << sono caduto e mi sono ritrovato in una caverna buia, molto più giù di dove vi trovavate. Dopo un po' di cammino ho sentito le vostre voci e vi ho seguiti, così sono uscito >>.

La ragazza non seppe dire se fosse riuscito a convincere Thorin con quella spiegazione - o lei stessa - poiché un nugolo di rumori e versi inquietanti li raggiunsero: con una morsa allo stomaco ed un sudore freddo, riconobbe l'ululato di Mannari.

Azog il Profanatore.

Veniva a prenderli.



<< CORRETE!!! >>.

Non ci fu alcun bisogno che lo stregone lo ordinasse: non appena si erano resi conto del pericolo imminente, era bastato uno scambio di sguardi per capirsi al volo. Karin afferrò un Bilbo attonito ed impaurito per la manica della giacca, incitandolo a correre veloce.

Schivarono alcuni tronchi, spingendosi sempre più avanti: all'improvviso, dalla loro sinistra apparve un grosso mannaro, ringhiando feroce; si fermarono per ucciderlo, mentre questo si avventava su Oin e Dwalin, cercando di morderli.

Ne giunsero un secondo e un terzo, e la compagnia fu costretta ad arrestarsi lì: Kili scoccò varie frecce, che si conficcarono senza troppi complimenti tra il manto degli animali. Fu solo quando si accertarono di essere di nuovo soli che ripresero ad avanzare, l'oscurità della sera che, rapida, calava; ma, purtroppo per loro, giunsero al termine della collinetta. Sotto di loro, un dirupo profondo. Avevano solo una scelta.

Dovevano arrampicarsi sui rami, ed in fretta. Altri mannari stavano già arrivando, latrando furiosi.

Karin abbatté un altro animale, veloce, per poi aggrapparsi al ramo più basso a cui riuscì ad arrivare; non riuscì a far forza sulle braccia per aiutarsi, sentendosi spacciata: ma, per fortuna, Bifur e Oin si abbassarono a prenderla in tempo, issandola su proprio mentre un mannaro saltò schioccando le fauci, ad un soffio dai suoi stivali.

<< Grazie >> ansimò, mentre cercava di riprendersi.

Un branco numeroso di Mannari - alcuni cavalcati da orchi, altri no – si fermarono ai piedi degli alberi, saltando e cercando di affondare gli artigli nelle cortecce spesse, provando a prenderli; spingevano con tutta la forza e la furia di cui erano capaci, riuscendo a far oscillare il tronco. Aggrappati ai rami, i nani cercarono di rimanere sicuri sugli appigli; Karin non aveva occhi che per gli orrendi mostri a pochi metri di distanza, e fu con sorpresa e sollievo che vide delle scie rosso fuoco colpirli: quelli, uggiolanti, si ritirarono scoprendo di più le zanne, inferociti.

Spostando il capo all'indietro, la ragazza vide che Gandalf staccava delle grosse pigne dai rami per poi incendiarle con la magia, lanciandole a terra; ne passò anche a Bilbo, Kili e Fili, sui rami più bassi, e le scagliarono giù, appiccando il fuoco alle erbacce secche e alle foglie. Ben presto l'aria si fece calda e irrespirabile, mentre lingue rosse ed arancioni danzavano grazie al venticello leggero; i mannari ulularono e ringhiarono, spostandosi ansiosi di qua e di là, cercando un varco tra le fiamme. Karin si sentì in parte rincuorata ed in parte timorosa: non solo il fuoco li teneva lontani, ma lambiva tutto ciò che incontrava: compresi gli alberi su cui i nani avevano trovato riparo.
Lentamente, con schiocchi inquietanti, il legno si corrose, spezzandosi; uno ad uno si ruppero, andando a scontrarsi con quello vicino, in un domino pericoloso che avrebbe messo a repentaglio la loro vita: le fronde della pianta che si trovava ad alcuni metri dalla sua le piovvero addosso, facendo oscillare i rami. Il tronco si mosse, ondeggiando: Gloin scese dove si trovava la ragazza, tenendosi a penzoloni sui rami.

<< Dobbiamo saltare di là! >> le urlò.

Karin deglutì a vuoto, la gola secca e gli occhi lacrimanti dal fumo che si ergeva a spirale verso l'alto: annuì solamente, incapace di emettere suoni; si spostò – sempre tenendosi aggrappata – scivolando sulla corteccia, lasciando il posto sicuro vicino al tronco e protendendosi lungo il diametro sempre più sottile del ramo. Ora, dovevano solo attendere il momento giusto per saltare e raggiungere gli altri; sentì il tronco spezzarsi alla base, ed iniziò la lenta discesa verso l'altro albero. Già pronti ad attenderli stavano Ori, Bombur, Dwalin e Nori; quando mancò poco allo schianto, Karin saltò, riuscendo ad aggrapparsi ad un ramo abbastanza spesso, mentre Ori cercò di aiutarla a raggiungere il suo. Ma non era ancora finita, poiché non erano al sicuro nemmeno lì: il fuoco si propagò ancora come un'onda rossa, prendendosi anche quell'albero. Crepitò e sprizzò scintille, mentre il piccolo gruppetto saltò da lì per rifugiarsi tra le fronde ancora intatte dell'ultimo albero presente, che si ergeva alto sul bordo della roccia: sotto, il vuoto.

Sperarono in un qualche miracolo, ma non avvenne: le fiamme raggiunsero anche quell'arbusto, che iniziò ad oscillare pericolosamente verso il baratro, inclinandosi. Alcuni rami si spezzarono, compreso quello dove Ori e Dori avevano trovato riparo: persero l'equilibrio e iniziarono a cadere ma, fortunatamente, riuscirono ad aggrapparsi tra loro e il più vecchio dei fratelli si attaccò al bastone di Gandalf, intervenuto per salvarli.

Dalle fiamme che li separavano dai mannari ne arrivò uno, che le saltò con estrema facilità; si trattava di una bestia dal pelo bianco, più grande rispetto agli altri: sulla sua groppa stava un orco albino, dalla pelle pallida e biancastra, rischiarata dall'alone rossastro delle fiamme attorno a lui. Ciò che l'inquietò, però, fu l'espressione di puro trionfo e brama di sangue che gli scorse, oltre alla mano sinistra mancante: al suo posto, un tridente di ferro era conficcato nel braccio. Era muscoloso, e numerose cicatrici gli coprivano il petto e il volto; gli occhi chiari erano puntati verso l'alto, più su di dove si trovava. Seguendolo, vide la figura attonita e furibonda di Thorin; per un attimo, Karin poté percepire la paura che aveva attraversato i suoi lineamenti, facendo sì che diventasse anche sua. Dunque, quello doveva essere Azog il Profanatore, l'orco che aveva ucciso Thròr nella battaglia di Moria ed al quale Thorin aveva tranciato la mano, vendicandosi.

Lo vide muovere le labbra ma non riuscì a sentire cosa dicesse, data la lontananza: era certa, però, che non si trattasse di un invito per una chiacchierata amichevole.

Colse un movimento alla sua sinistra e, con orrore, scorse Thorin in piedi con Orcrist in pugno, intenzionato a raggiungere Azog per vendicarsi: la rabbia ed il livore lo avevano accecato, sopprimendo la ragione che, certamente, lo avrebbe dissuaso dal compiere una tale sciocchezza.

Avanzò sicuro lungo il tronco inclinato, lo sguardo combattivo che mai si staccò dal volto sfigurato dell'orco che, invece, aspettava impaziente il nano, desideroso di farlo a pezzi.

Karin si impietrì, non riuscendo nemmeno a pensare: non aveva occhi che per la schiena di Thorin.
Egli iniziò a correre, i denti digrignati, lo scudo di quercia legato al braccio sinistro; alzò la spada mentre una manciata di metri lo separavano dalla sua nemesi, da colui che cercava di uccidere brutalmente ogni notte, nei suoi incubi più neri. Sembrò che il fuoco volesse quello scontro cruento, poiché aveva lasciato uno spazio apposito, una sorta di passaggio che permise a Thorin di passare incolume tra l'incendio che, ormai, divampava.

Anche Azog si preparò, emettendo un verso gutturale e spaventoso ed abbassandosi sulla groppa del mannaro, pronto a spiccare il salto che, dalla roccia su cui si trovavano, lo avrebbe portato addosso al nano.

Il cuore di Karin si fermò nel momento esatto in cui il lupo si staccò da terra, le fauci spalancate, le zampe protese in avanti; non riuscì a prendere Thorin, ma lo colpì ugualmente con le zampe posteriori. Il re cadde di schiena, il viso distorto dal dolore ed il respiro mozzato; Azog guidò il mannaro a girarsi verso il nano che, nel frattempo, cercava di rialzarsi tenendosi saldo all'elsa di Orcrist: l'orco caricò ancora, spronando la bestia ad attaccare; quando gli fu abbastanza vicino caricò il colpo con forza, abbattendo la sua mazza sul petto di Thorin che, con un urlo sofferente, si accasciò a terra, di nuovo.

<< THORIN!!! >> Karin si aggrappò con tutta la forza che aveva al ramo, graffiandosi le mani: le unghie raschiarono la corteccia, ma non si curò delle fitte doloranti che percepiva; non erano niente in confronto a quello che stava patendo Thorin. Doveva fare qualcosa, ed in fretta, non ce l'avrebbe fatta a guardarlo morire. Le dita trovarono il freddo metallo dell'elsa di Iris, e la soluzione le fu semplice: sarebbe andata a salvarlo, ad aiutarlo.

<< NO! >> urlò disperato Balin, mentre Azog lanciava un rauco grido di vittoria, alzando l'arma.

Karin si alzò senza rendersene conto, la spada che rifletteva i bagliori dell'inferno che li circondava: tutta se stessa le gridava di muoversi perché, se avesse indugiato, l'avrebbe rimpianto per tutta la vita. Ma allora perché la sua presa, prima così sicura, si stava allentando? Perché il cuore le ronzava furioso nelle orecchie, pompando veloce? Cos'era quella paura, quel gelo freddo che le aveva congelato le ossa, paralizzandola?

Un terrore che mai aveva provato in vita sua le bloccò ogni pensiero, ogni movimento: sarebbe rimasta ferma imbambolata a guardare la fine atroce e violenta di colui che non era mai stato veramente re, senza far nulla e pentendosene per il resto dei suoi giorni...

<< Dai, Karin! >> la faccia sporca di fuliggine di Bilbo entrò nel suo campo visivo, facendole sbattere le palpebre, sorpresa; le stava artigliando una manica, mentre nell'altra mano impugnava stretta la sua spada.

<< Non vuoi salvarlo? >> le chiese, quasi con disperazione; nel suo volto, nella sua voce, la ragazza scorse una nuova consapevolezza, una determinazione inaspettata ed un coraggio che gli rendevano onore; ora più che mai aveva assoluto bisogno che qualcuno le infondesse quei sentimenti che le avrebbero permesso di gettarsi a difendere il nano.

La sua anima ne era consapevole, doveva correre da lui, ma... il corpo non voleva saperne di spostarsi, era terrorizzato e tremante: era divisa in due, straziata dal cuore e dalla ragione, che cercavano di contendersela. Le parole di Bilbo non facevano altro che rimbombarle nelle orecchie, nella mente, implorandola di sbrigarsi.

Quando udì Thorin gridare sotto il morso del mannaro, che aveva stretto le fauci attorno al braccio sinistro - quello che reggeva lo scudo di quercia - e l'aveva sollevato da terra facendone la sua preda, prese una decisione.

Ora sapeva ciò che doveva fare.

La mano sinistra strinse la presa su Iris.

CANTUCCINO DELL'AUTRICE

Buon pomeriggio a tutti!!! Scusate il ritardo, ma avevo un esame l'1, ed ero totalmente assorbita dallo studio :( :( ora invece avrò un po' di tempo per scrivere anche il prossimo capitolo in "velocità", anche perché DOVRETE avere risposte sull'esito della decisione di Karin! Che poi, si sa già qual'è... ;) ;) Per la verità non volevo far terminare così il capitolo, ma poi mi sono detta "bé, facciamo la maledetta fino in fondo, facendomi odiare dai poveri lettori, su!" e, visto che sto percependo auree potentissime di morte atroce e dolorosa, corro a scivere il seguito XD XD XD!!!

Ho notato che, praticamente già dal prossimo capitolo, terminerò di seguire il film e inizierò col libro: ommammaaaaaaaa!!! Lo seguirò per grandi linee - credo XP - anche perché, FINALMENTE, il passato di Karin troverà spazio :D. perciò, miei fedeli lettori, non abbandonatemi proprio ora, che iniziano i giochi! Si entra nel vivo raga ;))))

Bene, chiedo anche perdono per la mancanza di eventuali "momenti romantici post-quasi morte tra Karin e Thorin", ma qui serviva l'azione! però mi farò perdonare col prossimo ;D ;D theheheheheheh!!! Vi è piaciuto come capitolo? Personalmente, mi sono divertita a scriverlo, e spero sia di facile lettura: non vorrei annoiarvi, per carità O.o!!!

Ok, detto questo passo a ringraziare J _ackie, Lady of the sea, erica0501, Carmaux_95, BringMeToLife, MrsBlack090 e Arvedui (che ha recensito il primo ^^) 

Ovviamente non posso non salutare chi ha inserito la storia tra le preferite/seguite/ ricordate, o che legge soltanto XD: GRAZIE infinite a tutti per il sostegno, davvero! Senza di voi mi sarebbe più difficile continuare a scrivere :( 

Sapete, oggi mi sono messa a curiosare tra i vari block notes vecchi, sui quali scrivevo storie assurde ed improponibili e, sfogliando di qua e di là sono incappata in una serie di nomi che avevo inventato, mescolandone alcuni che mi piacevano: e, tra questi, c'era scritto Karin *______*: ebbene, l'ho preso come un segno - anche se, di solito, non credo granché a queste cose! Lei doveva nascere, affiancando qualcuno in una storia... ed è toccato a quel grande e bellissimo libro che è "lo Hobbit", con tutti i suoi fantastici protagonisti e personaggi ^^; non so, mi sono emozionata tantissimo XD!!! Va bè, meglio smetterla qua ^^! Ah, un'ultima cosa, dovrei farvi una domanda: sapete per caso se in giro c'è un modo per trovare delle rune naniche da inserire nel testo di word? Perché ho trovato solo delle frasi lunghe da inserire col copia-incolla, mentre a me servirebbero singole... Tipo quelle che mettono nel libro quando parlano dell'alfabeto dei nani. Vi prego, se c'è qualcuno di esperto mi faccia sapere! Vorrei inserirle nella storia ç____ç: ma, se non si può, mi metterò il cuore in pace u.u. 

Stavolta è davvero tutto, perdonatemi: ma, quando inizio, non la smetto più :D 

Un bacione a tutti/e, alla prossima!!! 

Anna <3 <3



  
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