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Autore: AgelessIce    04/02/2013    2 recensioni
Poco tempo dopo la scomparsa di Isaac tra le onde del mare della Siberia, Camus decide di dare il massimo con l'unico allievo rimastogli, Hyoga. Per farlo però il Cavaliere dell'Acquario deve insegnare a Hyoga la lezione più importante per essere un Cavaliere di Atena...
Camus e Hyoga si dirigono sempre più verso la Siberia orientale...
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aquarius Camus, Cygnus Hyoga
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Teca di cristallo


Poco tempo dopo la scomparsa di Isaac tra le onde del mare della Siberia, Camus decide di dare il massimo con l'unico allievo rimastogli, Hyoga. Per farlo però il Cavaliere dell'Acquario deve insegnare a Hyoga la lezione più importante per essere un Cavaliere di Atena...
Camus e Hyoga si dirigono sempre più verso la Siberia orientale...

Ed affogo il senso di colpa, seguendo il mio maestro, preparandomi ad una punizione.
Preparandomi anche ad essere ripudiato come allievo.

Come posso continuare ad allenarmi come se niente fosse, con la consapevolezza di aver causato la morte di Isaac?
Quello che non capisco, è perché mi stia guidando nelle lande della Siberia.
Nella zona più isolata e fredda.

E sebbene mi sia ormai abituato alla temperatura, mi sento rabbrividire.

Camus accelera il passo,  senza aspettare l'allievo, del resto il senso di perdita che lo ha colpito dopo la scomparsa di isaac non si è  ancora attenuato, così come la rabbia che prova nei confronti di sè stesso e dello stesso Hyoga.
Ma non può pernettersi di abbandonarsi alle emozioni, soprattutto non in quel momento di così vitale importanza. Deve  raggiungere quel  posto, deve impartire una volta per tutte la prima lezione che ha  cercato di far apprendere a Hyoga fin dal loro primo incontro.

Continuo a camminare fissando la schiena di Camus per un po', senza il coraggio di aprire bocca.
Non so nemmeno che intenzioni abbia.
Non capisco se provi odio nei miei confronti, adesso.

Ma voglio davvero capire dove stiamo andando.
Conoscere il proprio destino lo rende un po' meno spaventoso.

"Dove stiamo andando, maestro?"

E non riesco ad impedire alla mia voce di tremare, sull'ultima parola.
Posso ancora rivoglermi a lui in questo modo?
          

Camus percepisce appena la voce di Hyoga nel vento, una voce che ancora gli provoca fastidio per tutto quello che è accaduto...
"Hyoga, cosa ti dissi la prima volta che ci incontrammo quando tu mi rivelasti il motivo che ti spingeva a diventare Saint?" chiede retoricamente, non lasciando trasparire alcuna emozione.          


Abbasso la testa, incapace di rispondere.
Avrei preferito percepire rabbia, rancore, nelle sue parole.
Perché infondo lo merito.

E invece lui continua ad essere dannatamente freddo.
E penserei che gli ultimi eventi non l'avessero neanche sfiorato, se non fosse per il fatto che ha privato la voce anche dell'unica emozione umana che di solito riusciva a trasparire. Era difficile percepirla, ma c'era.
Voleva bene a me ed Isaac, lo so.
E rabbrividisco ancora, ricordando le parole del maestro.

"Hyoga, rispondimi!" Camus si ferma di botto e si volta verso l'allievo. "ti ricordi cosa ti dissi quella volta? E' necessario che tu capisca..." aggiunge poi sottovoce.


Capire? Come posso capire?
Come posso accettare il fatto che per diventare cavaliere devo rinunciare a tutti i sentimenti umani?

È dalle emozioni, che traggo la mia forza.
Per quanto possa suonare egoistico e sbagliato, è il desiderio di rivedere mia madre che mi muove.

E lo so, che è un'ideale decisamente più debole di quello di Isaac -lui combatteva per la giustizia di tutti-, ma come posso rinunciare?
È così inconcepibile che un figlio voglia rivedere la propria madre?

Eppure non riesco a reggere lo sguardo di Camus, perché, nonostante tutto, ha ragione. È per le mie emozioni, che Isaac è morto. È stato il mio desiderio, ad ucciderlo.
E punto il mio sguardo sulla neve, così bianca e brillante da ferire gli occhi.

"Che avrei dovuto prendere esempio dai ghiacci eterni della Siberia. Insensensibili a tutto ciò che li circonda."
Trema, la mia voce. Perché so che è giusto, ho capito.
Ma, davvero, non ci riesco.

Sono i sentimenti a renderci umani. E io non voglio rinunciare alla mia umanità.
Non voglio rinunciare all'affetto per mia madre, per Isaac, per Camus.
Non voglio rinunciare neanche al senso di colpa che mi invade l'anima, per quanto assurdo possa sembrare.

Riporto la mia attenzione agli occhi del maestro.
Come un mare ghiacciato.
E lo vedo, sotto la spessa lastra di ghiaccio, il suo dolore.

E forse, solo forse, non devo rinunciare alla mia umanità.
Devo solo tenerla al sicuro dentro di me.

Costruire un muro di cristallo che tenga i miei sentimenti al sicuro.
E questo, magari, posso farlo.

"Esatto! Vedo che lo ricordi ancora... ma lo hai mai messo in pratica?" chiede ancora Camus, apparendo quasi spietato.


E non mi spiego perché mi faccia una domanda di cui conosce già la risposta.
A cosa serve?

Però, adesso, nella sua voce si sente tutto il suo rancore.
La sua delusione.

E mi sembra quasi di poter essere ucciso dal suo  solo sguardo.
Ed è solo per un secondo, che abbasso gli occhi.

Però non posso più continuare così, perché devo diventare cavaliere.
Per mia madre, per Isaac, per il mio maestro ed anche per me stesso.

E comincio a costruire il mio muro.
Una teca di ghiaccio attorno al cuore.
E quando gli rispondo lo guardo negli occhi, privando la mia voce di qualsiasi inflessione.
Non tremo più.

"No, maestro."

Camus guarda l'allievo dritto negli occhi ancora per qualche istante, poi si volta nuovamente dall'altra parte e quando parla il suo tono ha riacquistato tutta la sua freddezza e compostezza:
"Per questo è necessario che io ti porti a vedere un posto, anche se magari non servirà niente, anche se probabilmente non raggiungerò il mio intanto... ma è necessario che tu lo veda con i tuoi occhi, Hyoga... è necessario che tu tocchi con mano la fine che fanno i sentimenti e i sogni delle persone!" scandisce, riprendendo il cammino.


La sua voce torna fredda, distaccata. Familiare, in un certo senso.
Perché lui è il maestro dei ghiacci. Perché lui ci è riuscito, ha preso esempio dai ghiacci della siberia.
E le sue parole mi fanno capire che ha perso tutta la fiducia nei miei confronti. E probabilmente anche parte di quella in se stesso.

Perché lui non ha mai dubitato che io ed Isaac riuscissimo negli allenamenti ai quali ci sottoponeva, per quanto fossero duri.
Ed ora mi vede come una delusione.
Come la prova del suo fallimento.

Chiudo gli occhi per un'istante, prima di ricominciare a camminare.
Riuscirò a riscattarmi.
Altrimenti Isaac non me lo perdonerebbe mai.

"Lui pensa di essere una delusione per me... ma chi può dirlo se neanche io capisco cosa provo in questo momento? Sono più deluso da Hyoga o da me stesso?" riflette tra sè e sè Camus, sospirando impercettibilmente, poi alza appena lo sguardo verso l'orizzonte "manca davvero poco... a Bluegrad!”

In lontananza si staglia l'imponente struttura di quella che sembra essere una cittadina-fortezza, un posto che non avevo mai visto prima.
E mi chiedo come sia possibile che ci sia una città in questo luogo così freddo ed isolato.

Accelero appena il passo, restando poco dietro il mio maestro.
Cercando di scorgere quanti più dettagli possibili di quel luogo, così diverso dai paesaggi ai quali sono abituato.

E porto lo sguardo su Camus, in una muta domanda.
Cos'è quel luogo?

"Andiamo avanti, Hyoga, avrai tempo per le domande quando ci saremo sufficientemente avvicinati" interloquisce Camus, intuendo la silenziosa domanda dell'allievo.

Non c'è bisogno che aggiunga altro, quindi torno a concentrare tutta la mia attenzione alla nostra meta, che lenta si avvicina.
E più ci avviciniamo più avverto l'atmosfera farsi strana.

Quasi questo fosse un luogo sacro.
E una nota di timore si insinua sotto la mia pelle.

Una volta avvicinati all'enorme complesso città-fortezza, Camus, sempre seguito dall'allievo, non esita a superare l'entrata che un tempo lontano probabilmente era segnata da un magnifico arco di trionfo, per andare verso il centro del paese, ritrovando solo rovine e case distrutte dalla morsa del ghiaccio intorno a sè.
Camus si ferma, voltandosi lentamente verso l'allievo:
"cosa pensi che rappresenti tutto ciò, Hyoga?" chiede quindi all'allievo, indicando l'ambiente circostante. Per quanto avesse cercato di mascherare tutto dietro alla freddezza il suo tono esce, suo malgrado, leggermente tremante.... retaggio di un passato oramai dimenticato.

Mi guardo attorno leggermente spaesato.
Mi aspettavo una città, ma questo è un cumulo di rovine.

Sembra che basti un soffio ad infrangere le costruzioni rimaste, ricoperte a tal punto dal ghiaccio da sembrare una cosa sola.
Però si riesce ancora a cogliere l'antico splendore di questo luogo.

Nonostante la pietra sembri  voler piangere, soffocata dal freddo della Siberia.

Ed il tremore nella voce del maestro mi lascia intendere che questo dovesse essere un posto di grande importanza, per lui.

Sfioro con le dita i frammenti di quella che un tempo doveva essere una colonna, lasciando che il freddo mi penetri nelle ossa.
E questo luogo mi porta una strana nostalgia, sebbene io non ci sia mai stato.

Tuttavia non mi sento in grado di rispondere alla domanda di Camus.
Perché l'unica risposta che mi viene in mente, è distruzione. Dolore.
Perché il ghaccio, che di solito ricopre ogni cosa conservandola al suo stato naturale, sembra aver disintegrato completamente questi edifici.

Camus si avvicina all'allievo tutto intento a fissare con un cipiglio di disperazione tutta la rovina intorno a lui.
"Questo posto... -comincia lentamente, togliendo la neve da quella che, molto probabilmente, una volta era una colonna -secoli fa era un luogo di sogni e speranze.... era un luogo dove i sentimenti di una moltitudine di persone si miscelavano tra loro per continuare a sperare in un futuro migliore... A oggi invece... Hyoga, cosa è rimasto di quei sentimenti che animavano gli abitanti di questo paese dimenticato tra i ghiacci? Riesci a spiegarmelo?" domanda ancora , guardando fritto negli occhi l'allievo.


E mi sembra assurdo che questo fosse un luogo di speranza. Perché non é possibile che si sia ridotto in questo stato.
E non mi spiego perché mi abbia mostrato questo luogo.

Se i cavalieri non combattono per la speranza, per cosa lo fanno?
Eppure delle rovine sono rimaste. Non é come se tutto fosse sparito completamente. Una traccia di quella speranza é rimasta.

"Sono rimaste le rovine, maestro. Per quanto questo sia ora un luogo desolato, le speranze di quella gente sono racchiuse in queste macerie. Sono infrante, ora, ricoperte di gelido ghiaccio, ma il solo fatto che qualcuno abbia osato sperare, in questo luogo ostile alla vita, ha del miracoloso. Posso farle io una domanda, maestro? Se non per la speranza, per cosa combattete, voi?"

"Per la speranza... non siamo cavalieri della speranza, forse? Ma la speranza da sola non può nulla contro lo scorrere del tempo, Hyoga! La speranza da sola non regge gli ideali delle persone, deve essere accompagnata dalla decisione di intenti... e per essere decisi, Hyoga, occorre ricacciare indietro i sentimenti! Io una volta vivevo di sogni, di speranze e di promesse, ma questo non è bastato a salvare questo luogo..."


Salvare questo luogo?                                                                                 
Eppure sembra che sia in questo stato da secoli, non avrei mai pensato che questa distruzione fosse un evento così  vicino da poter essere stato vissuto dal mio maestro!

E mi rendo conto di aver ampliato di poco gli occhi.
Camus é stato reso glaciale dalle esperienze.
Ha tratto forza dai fallimenti, rintanandosi dietro una spessa coltre di ghiaccio e concentrandosi nei suoi intenti.  Senza perdere tempo con i sentimentalismi.
però ha mantenuta intatta la sua umanità, protetta - e non soffocata - dal suo muro di cristallo.

"Ho capito, maestro."
Ed é guardandolo negli occhi, che gli rispondo.
Ed é ultimando la costruzione della mia personale teca di ghiaccio, che gli dimostrerò di essere degno della sua fiducia.

Ma non dimenticherò i miei sentimenti, quello non posso farlo.

Camus sorride appena, ritornando a guardare le rovine intorno a sè. Sì quel luogo verteva in quello stato ormai da secoli, e lui lo aveva sempre visto ridotto in quel modo ad ogni sua visita. Eppure anche se in apparenza non c'entrava nulla in tutto quello, si sentiva responsabile in prima persona di quello sfacelo, senza nemmeno spiegarsene il motivo. Quello era l'unico luogo in tutta la Siberia capace di mettere a nudo in quel modo la sua anima e i suoi sentimenti, tanto da far incrinare pesantemente la barriera di ghiaccio che si era creato intorno a sè. Sperò  che anche Hyoga in cuor suo avesse capito i suoi reali intenti nel portarlo lì, lo sperò ardentemente.

 


Salve a tutti!
Questa fanfic è nata da una ruolata, avvenuta sul gruppo di fb "
Saint Seiya Chronicles"
Come avrete notato, presenta due tipi di scrittura.
Ebbene si, è una 4 mani!
MaikoxMilo è la scrittrice del POV esterno, le parti di Camus, per intenderci. Personaggio che è riuscita a rendere alla perfezione, nonostante sia particolarmente difficile. Perché lo sappiamo tutti, il custode dell'undicesima casa non è un gran chiacchierone.
Ed è un figo *tossisce*
Bene, spero che sia di vostro gradimento (?)
Alla prossima! 


  
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