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Autore: JCI    05/02/2013    0 recensioni
Sono rimasti fino a tardi in palestra una sera, perfezionando la routine a corpo libero di Payson, ma un piccolo bacio di festeggiamento è stato l'inizio di qualcosa di più.
La loro chimica è innegabile e sono solo le circostanze che li tengono divise.
Direttamente da fanfiction.net una delle storie più amate del fandom MIOBI, pairing Sasha/Payson. La storia parte dall'episodio 8x02
ATTENZIONE: TRADUZIONE MOMENTANEAMENTE SOSPESA
Genere: Romantico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Payson, Sasha, Un po' tutti
Note: Lime, Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Corso accelerato di confusione







Il volo di sei ore da Boulder a New York era straziante. L'ultima volta che Sasha era stato su un aereo con suo padre era stato più di quindici anni prima, mentre andavano al funerale di sua madre. A parte il dolore per la morte prematura di sua madre, quel volo rivaleggiava con l'altro in quanto a silenzio, disagio e tensione. Qualcosa stava ovviamente infasidendo Boris Beloff e Sasha stava scontando il peso del suo cattivo umore. Sembrava essersi fissato con Payson Keeler. Mentre lei saliva sull'aereo, lui era già al suo posto. Gli aveva rivolto un sorriso e una carezza veloce contro la sua spalla mentre gli passava accanto, con Austin alle calcagna mentre si sedevano insieme più indietro.

Boris agitò le mani incredulo. "Non riesco ancora a credere che la lasci uscire con qualcuno, in particolare uno come Austin Tucker. E'... sei tu, solo con i capelli castani, non biondi."

"Sì, papà, lo so," rispose con un sospiro. Alzò gli occhi al cielo e anche se non credeva in un potere superiore, avrebbe riconsiderato la sua fede se in quel momento un fulmine lo avesse colpito e tirato fuoti da quella situazione.

"Non posso credere che gli permetti di vedersi," borbottò sottovoce suo padre, sapendo che Sasha l'avrebbe sentito.

"Payson non sta uscendo con Austin Tucker. Sono amici. Ne ho parlato con entrambi," replicò, ovviamente omettendo il punto principale di tutta la questione, la ragione per cui sapeva che Payson e Austin non stavano insieme, semplicemente perchè era lui l'uomo nella vita di Payson.

Boris sbuffò, "Quando la Campionessa del Mondo tornerà ed sarà incinta, ti dirò l'avevo detto a te."

"Papà, è te l'avevo detto."

"E' quello che ho detto. Non permetterei mai che gli uomini e le donne si allenino insieme. È una distrazione di cui non hanno bisogno. Non che ti abbia mai fermato. Abbiamo tolto le ginnaste e hai preso una donna più grande."

"Te l'ho detto, le cose sono fatte in modo diverso qui. Fidati di me, rende la vittoria molto più dolce."

"Che cosa vuoi dire?" chiese il padre, e Sasha alzò le sopracciglia. Era raro il padre gli chiedesse l'opinione su qualcosa.

"Voglio dire che quelle ginnaste provenienti dalla Cina, anche le ragazze provenienti dalla Romania, le loro vite gli sono state praticamente rubate. Ogni secondo della loro vita è irreggimentato dall'età di 5 o 6 anni fino a quando vincono le loro medaglie olimpiche. E Dio non voglia che non ci riescano. Queste ragazze, qui alla Rock e nella squadra nazionale degli Stati Uniti, sono delle ginnaste, alcune tra le migliori al mondo, ma sono anche altre cose e quando vincono, significa tutto per loro e per il loro paese, perché è la conferma di questo sistema e la prova tangibile che l'altro non funziona." Sasha guardò verso il fiume. "Non è nemmeno sciovinista, è solo il modo in cui stanno le cose."

Boris sbuffò, "Non ho mai pensato che mio figlio sarebbe stato così politico." E' ginnastica competitiva, vecchio bisbetico*, non le armi nucleari o la riforma dell'istruzione.

"Sì, sono un tranquillo Barack Obama," disse, con uno sbuffo che sembrava stranamente simile al rumore che suo padre aveva appena fatto. Merda, sto iniziando ad assomigliare al vecchio bastardo.

"Sì, tu sei proprio come il presidente," disse il padre, il sarcasmo poco adatto all'uomo di solito schietto. "Vorrei insistere sul fatto che Payson non deve vedere il ragazzo. Potrebbe interferire con la sua formazione e non può permettersi distrazioni durante l'anno che precede i Giochi Olimpici".

Sasha si lasciò sfuggire un rumore strozzato dalla gola, l'idea di Payson permettesse a qualcuno di interferire con lei lo divertiva. "Papà, Payson ed io siamo sulla stessa lunghezza d'onda. Non c'è nulla di cui preoccuparsi. Si dedica al suo allenamento, più di ogni ginnasta che abbia mai allenato prima."

Gli occhi di suo padre lo incenerirono, "Io non voglio che tu fai
con lei l'errore che io ho fatto con te. Voi siete la squadra perfetta, è una cosa rara e si dovrebbe apprezzare. Sarà finito prima che tu te ne accorga. È stato così per me. "

Sasha guardò il padre, improvvisamente infuriato con il vecchio, "Tu ed io non eravamo la partnership perfetta, papà. Nicolai e io lo eravamo. Ho modellato il mio stile di allenamento su di lui e questo è il mio modo di allenare tutte le mie ginnaste." Si slacciò la cintura di sicurezza e si fermò, guardandosi intorno per un posto vuoto. Kim Keeler gli sorrise e lui ricambiò il sorriso, nascondendo lo sprofondare del suo stomaco. "Ti dispiace se mi siedo qui?" chiese con calma e lei mise una mano sul sedile in segno di benvenuto.

"Tu e tuo padre..." si interruppe.

"E' complicato," disse e sospirò. "Non andiamo d'accordo su niente da molto tempo."

Lei annuì, mordendosi le labbra, un gesto che sua figlia faceva tutte le volte che stava trattenendo quello che voleva dire. Alzò le sopracciglia, in silenzio chiedendole di parlare. "L'ho sentito menzionare il nome di Payson."

Sasha annuì, "Pensa che Payson sia vedendo Austin Tucker."

Kim alzò le sopracciglia e strinse le labbra. "Non sono così sicuro che non sia così." Sasha aprì la bocca per protestare, "Lo so, lo so, la 'regola no-appuntamenti', ma in realtà Sasha, ti aspettavi qualcosa di diverso? Payson ha quasi diciotto anni, è del tutto normale per lei di avere un fidanzato. Sospetto che si vedano da un po', anche se lei continua a negare e non interferisce con il suo allenamento. Anzi è più concentrata, se possibile, e sembra più felice. Non l'ho mai vista sorridere tanto, del tutto spontaneamente." Scosse la testa "A volte la vedo con lo sguardo fisso, con un'espressione sognante sul viso, e le chiedo cosa sta pensando, ma lei scuote la testa e dice: 'Niente.' Non è niente," disse, scuotendo la testa.

Sasha non aveva idea di come rispondere. "Suppongo che finchè è felice, questo sia tutto quello che conta." Era stata l'unica risposta diplomatica che poteva escogitare, ma le parole che uscivano, sapeva che un giorno gli sarebbero state rigettate indietro. Un giorno avrebbe parlato con quella stessa donna e lei avrebbe ricordato quella conversazione, sapendo che le
aveva mentito direttamente in faccia. Fece un cenno all'assistente di volo, che arrivò in fretta. "Scotch", disse e lei annuì, ma mentre si allontanava, si voltò a guardare Kim e le toccò il braccio per fermarla, "fanne due."

Kim chiacchierava allegramente, discutendo
orgogliosamente non solo le prospettive di sua figlia alla competizione Nazionale dove stavano andando, ma di quelle dell'intera squadra Rock. Sasha ascoltò in silenzio, d'accordo con la sua idea, che non sarebbe stato fuori questione per la squadra delle donne della Rocky Mountain fare piazza pulita delle medaglie nell' All-Around, malgrado Kelly Parker, Andrew Conway e Kristen Henniford. Gli uomini avevano gareggiato piuttosto bene per gli ultimi due anni, ma Carter Anderson aveva cominciato a seguire i suoi passi, all'età di vent'anni, e sarebbe stato un serio contendente per il bronzo. Tutto sommato, c'erano fantasiche opportunità per il podio, ma era tutto il resto che preoccupava Sasha.

Lo scotch aveva lavorato per calmare i nervi. Il
piacevole ronzio nelle orecchie e il calore nel suo stomaco erano serviti a bloccare la maggior parte delle sue emozioni, con cui non aveva avuto problemi per anni, problemi che non si erano riemersi fino a che Payson Keeler non aveva completamente rubato il suo cuore.

Atterrarono a Teterboro, era corsa voce che avevano noleggiato un volo, c'erano paparazzi, ma essendo a New York in estate, dove erano generalmente concentrati sugli Yankees e chiunque stesse giocando con i Red Sox, l'attenzione non era così male come era stata in altre città.

Sasha recuperò il suo trolley dalla cappelliera. Incrociò lo sguardo di Payson, alcuni posti a sedere dietro di lui e condivisero un rapido sorriso per l'ultima volta che avevano entrambi preso solo un bagaglio a mano a Londra. Era stata una scusa per allontanarsi da Ellen Beals e rubare un po' di tempo da soli. Nessuna fuga veloce oggi, Beloff. Troppe persone e in più, questa volta hai un compagno di stanza. L'unica cosa positiva di lavorare con Ellen Beals era che l'ONG veva dovuto dare alloggi indipendenti. Con un team di coach padre e figlio non avevano avuto nessun problema a costringere Boris e Sasha a condividere. Sasha aveva brevemente riflettuto sull'idea di prenotare una sua camera, e infatti c'era anche una prenotazione a suo nome, nel caso in cui fosse diventato insopportabile.

Arrivarono ​​in albergo, che era stato assalito dai fan della ginnastica e dalla stampa. Fenderono la folla con l'aiuto di sicurezza dell'hotel e Sasha individuò MJ in piedi al centro della hall, un sorriso soddisfatto sul viso. "Mi pareva di riconoscere il tuo lavoro," disse
Sasha mentre le si avvicinava. "Caos e frenesia dei media."

MJ gli sorrise. Conosco quello sguardo. Sta per andarci giù duro. "Lo prendo come un complimento, Sasha. Come è stato il volo?" chiese lei, facendo un passo per posare le labbra contro la sua guancia.

Rimase immobile, permettendo il contatto, annusò e sorrise a se stesso. Non importa dove erano nel loro rapporto, fin dall'inizio, quando era solo professionale, fino alla vetta della loro storia d'amore e dopo che lei aveva gli ridotto il cuore in pezzi, lei lo aveva sempre colpito fisicamente. Sempre. Era stata una costante nella vita adulta di Sasha. Scosse la testa, aveva ancora un odore incantevole, le sue labbra erano ancora morbide, il suo corpo era incredibile, ma la sua solita reazione viscerale non si era verificata.

"Lungo," rispose. "Penso di riposarmi un po' prima di cena." Le sopracciglia di MJ si inarcarono e le sue labbra si piegarono in un sorriso dolce.

"Vuoi un po' di compagnia?" mormorò. Sasha alzò lo sguardo dai suoi occhi marroni e vide Payson presso la reception, a fare il check-in. Inclinò la testa verso di lui con curiosità.

"No," disse, distoglendo gli occhi da Payson e concentrandosi sulla donna che aveva considerato l'amore della sua vita. "No," ribadì.

Lei si strinse nelle spalle, "Beh, se cambi idea, io sono nella 348," disse, facendogli scivolare qualcosa nella tasca. Sasha suppose che fosse la sua chiave della camera dell'hotel. Le fermò la mano e scosse la testa prima sorpassarla e allontanarsi.

Vide suo padre andare verso la reception, ma non era una buona idea. Parolacce sia in romeno che inglese era quello che sarebbe potuto derivarne se avesse provato a controllare la loro camera d'albergo. "Papà," gridò. "Papà, faccio io il check-in, mettiti seduto."

Si fermò dietro di Austin in fila. "Di che si trattava?" chiese
Tucker, come se avesse voluto colpirlo. L'istinto protettivo del ragazzo si ampliava di chilometri quando si trattava di Payson.

"Niente," rispose. "Fatti gli affari tuoi." Austin roteò gli occhi, "O ti interessa?" suggerì, con una strizzatina d'occhi, seguito da un'occhiata veloce. "A MJ
piacciono giovani."

Austin si girò e guardò MJ valutandola. "Eh, forse."

Sasha guardò a bocca aperta il ragazzo, "Austin, stavo scherzando."

Austin si strinse nelle spalle. "Io no."

Sasha gli diede una pacca sulla spalla e prontamente si rimise in fila, mentre Austin ancora non aveva tolto gli occhi dall'agente gambe-lunghe che lo rappresentava. Buona fortuna, ne avrai a bisogno.

Payson guardò i due uomini della sua vita da pochi metri di distanza ed si sentì molto confusa da quello che vedeva. Il resto della squadra e quelli che viaggiano con loro era fuggito dalla hall quasi subito dopo il check-in verso le camere o qualunque altro posto
in città che avessero voluto visitare nel loro "giorno libero", per così dire, così non esitò ad affiancarsi a Sasha mentre lui si registrava.

"Di che si trattava?" chiese, accennando a Austin, che aveva cominciato a camminare verso MJ, che stava parlando molto forte con qualcuno al telefonino.

"Austin ha bisogno di una distrazione e..." si interruppe, non avendo
preparato una scusa pronta per qualcosa che non aveva in realtà considerato una possibilità.

Payson rise leggermente, "E tu hai bisogno di lei fuoiri dai piedi, 
quindi non credo che ci sia qualcosa in corso, quando chiaramente non c'è niente," sussurrò, mentre si allontanava dalla scrivania verso gli ascensori.

"Non riesco a immaginare da dove hai preso l'idea," disse, i suoi occhi azzurri brillarono in quelli di lei, mentre entrambi si perdevano per un attimo.

"Sasha!"
chiamò una voce burbera da dietro di loro. Payson sorrise alle spalle tese di Sasha.

"Ti sei dimenticato di lui?" chiese.

Scosse la testa, "Per circa cinque minuti di beatitudine. Ricordami che questo fine settimana voglio mostrarti il mio appartamento. New York è una
 grande città, un po' come Londra, solo senza la pioggia. Ed ho sentito che molti delle migliori università del mondo risiedono qui, oltre ad essere l'auto-proclamato centro dell'universo."

Payson gli sorrise, strofinando
brevemente la mano contro la sua prima di proseguire per chiamare un ascensore. Di tanto in tanto avrebbero voluto farlo, sfuggire al futuro non troppo lontano, nessun punto fermo o specifico, solo l'idea che stavano prendendo delle decisioni insieme.

"Come ti senti, Payson?" la voce di Boris era ad un tratto poco sopra la sua spalla. Per poco non saltò per la paura. La sua mente si era allontanata verso il futuro, ma la sua voce la tirò completamente indietro nel presente.

Si voltò con un sorriso. "Bene. Penso che mi rillaserò un po' prima di cena, stasera. Voglio essere riposata per domani, sperando di raggiungere una posizione alta nella gara All-Around il primo giorno." Non poteva farne a meno. Ogni tanto, il robot-ginnastica in lei emergeva in superficie.

"Questa è una brava ragazza," disse, accarezzandola dolcemente sulla parte posteriore della testa. Payson gli sorrise. Boris Beloff era duro come allenatore, ma sembrava essersi reso presto conto che non c'era bisogno che lui si comportasse così con lei. Sasha era il suo allenatore e lei non voleva né aveva bisogno di qualsiasi altra influenza. Boris sembrava intuirlo e rispettarlo. Aveva semplicemente incoraggiato e osservato, anche se a volte a Payson sembrava che stesse per dire qualcosa, prima di guardare il figlio e fermarsi. Avrebbe permesso a Sasha di allenarla e le accarezzò i capelli come un padre farebbe con la figlia.

Entrarono tutti in ascensore e come le porte si chiusero, videro Austin e MJ a camminare verso il bar, la mano di Austin sul suo fondo schiena. Payson si morse il labbro e guardò Sasha. Lui aggrottò la fronte preoccupato e lei si strinse nelle spalle. Nessuno dei due poteva fare niente.

Boris vide lo scambio e ovviamente fraintese. Sospirò e diede una pacca sulla spalla Payson, "Non ti preoccupare, Payson. Ragazzi come Austin Tucker, non sono degni di te. Tu sei una campionessa ed è più importante di qualsiasi ragazzo."

Lei gli sorrise, "Austin e io non stiamo insieme. E' libero di vedere chi vuole," disse, un passo fuori l'ascensore. La seguirono e trovarono che le loro camere erano solo a poche porte di distanza. "Ci vediamo a cena," aggiunse e aprì la porta della sua camera d'albergo prima di vedere qualcosa che gliela fece richiudere, anche se lentamente e silenziosamente.

"Payson?"
chiese Sasha, il padre che era già entrato nella stanza. "Tutto bene?"

Ed eccolo, il momento in cui la loro relazione sarebbe stata in contrasto con la sua posizione come il suo allenatore. L'unica cosa che l'aveva scioccata era che c'era voluto quasi un anno prima che accadesse. "Va tutto bene," mentì tra i denti. Era una pessima bugiarda e lui riusciva a vederle dentro. "Davvero, Sasha, va tutto bene." Chiuse gli occhi e c'erano Emily e Damon di nuovo, al centro della stanza a baciarsi come se il loro prossimo respiro ne dipendesse. Dannazione, Em, avresti potuto almeno avvertirmi. Tirò fuori il cellulare dalla tasca e, ovviamente, c'era un sms di Emily.
Damon a NY. Mi dai la camera x 1 ora? Plz! Grazie. Tvb!
"Merda," mormorò tra sé e sé.

"Payson?" Sasha la chiamò di nuovo. Lo guardò e sospirò.

"Sto bene. Solo che non posso dirtelo. Come capitano della squadra sto chiedendo al mio allenatore di fidarsi di me quando dico che va tutto bene."

Lui annuì, "Va bene."

Si lasciò sfuggire un respiro. "Va bene."

"Hai intenzione di entrare?"

"No."

"Perché no?" chiese, incrociando le braccia sul petto, ovviamente stanco del gioco.

"Proprio non posso," disse. "Il corridoio va bene per ora." Sasha alzò gli occhi verso di lei e Payson si strinse nelle spalle, ovviamente non molto brava al gioco del silenzio.

Sasha sospirò, arrendendosi. Payson era seccata con se stessa, rimpiangendo di non poteglierlo dire, avrebbe voluto il contrario. "Aspetta un secondo. Fammi correre al piano di sotto. Ho prenotato una stanza in più nel caso in cui non riuscissi ad avere tra i piedi Boris per più di una notte. Puoi riposarti di là e non disturberai assolutamente nulla di quello che sta succedendo nella tua camera." Scosse la testa e si allontanò, ma lei allungò la mano.

"Ti fidi di me?" chiese, stringendogli
una mano in rassicurazione. Si fermò, i loro corpi che quasi si sfioravano e guardò le loro mani unite.

"Sì," disse senza esitazione, il respiro che le solleticava leggermente la fronte.

"Allora non ti preoccupare di quello che c'è dietro quella porta, va bene?" Si sporse verso di lui, un po', assaporando la vicinanza che non aveva sentito tutto il giorno.

Sasha deglutì e annuì una volta, "Va bene," disse, prima di lasciarle la mano e continuando lungo il corridoio.

Payson sospirò e si sedette sul pavimento in moquette, scavando nella sua borsa per il suo iPod, con l'intenzione di ascoltare della musica mentre aspettava Sasha. Si appoggiò al muro e chiuse gli occhi, e quindi non vide una cosa che avrebbe fatto
fermare il suo cuore: Boris Beloff, in piedi sulla soglia della sua camera d'albergo, con le braccia incrociate sul petto, che la studiava attentamente.







*vecchio bisbetico: in originale old buzzard, letteralmente vecchia poiana. Più che una frase idiomatica, mi sembra un mezzo-insiulto idiomatico. (ammetto che vecchia poiana mi fa ridere un casino:) ) 
  
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