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Autore: SilviAngel    05/02/2013    6 recensioni
Era piccolo piccolo, con gli occhioni grandi e luminosi spalancati e mai fermi, Derek pensò che lo stessero fissando concentrato – non sapeva che appena nati i bambini seguissero perlopiù udito e olfatto – le mani chiuse a pugno e la bocca aperta intenta a emettere ancora quegli squittii acuti e singhiozzanti.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Buonasera, ecco qui il primo capitolo di una nuova mia piccola fatica!
So che ho già parecchia carne al fuoco, ma questa ff (quasi conclusa) era lì che chiedeva a gran voce di vedere le luci della ribalta!
Spero piaccia e vi vada di sarmelo sapere.
Buona lettura.


Cap. 1

Il lupetto e il chiacchierone
 
Era mattina, a voler essere precisi una noiosa e piovosa mattina di aprile e Derek era appena stato tirato giù dal letto dalla sorella “Forza pelandrone! Jenna ha avuto il bambino e mamma vuole passare all’ospedale e tu devi venire. Forza spicciati!”
 
Derek era sì un lupacchiotto di quasi sei anni sempre pieno di vita e voglia di scorrazzare per i boschi che circondavano la villa, ma nonostante ciò adorava avvoltolarsi nelle coperte per ore dopo essersi svegliato e godersi il tepore e la tranquillità della casa, con i suoni della cucina che giungevano dal piano di sotto, il rumore del getto della doccia che piano e lento lo cullava e la voce del padre che dalla soglia salutava tutti, lui incluso, consapevole lo potesse benissimo udire.
 
Per tutti questi motivi odiava essere costretto ad alzarsi troppo presto la mattina.
Ma perché le umane del branco non potevano partorire come le lupe? In casa, senza essere portate urlanti in quell’edificio che puzzava di disinfettante e morte?
Stropicciandosi gli occhi e pantofolando giù per le scale, il piccolo Derek sbucò nella cucina, trovando la madre che già perfettamente vestita e pettinata terminava di preparare la sua colazione “Forza! Dobbiamo andare a conoscere il nuovo piccolo. Mangia e poi andiamo a vestirci e farci belli”
 
Mentre la mamma gli abbottonava il maglione – altra cosa che odiava erano quei vestiti da perfettino che doveva indossare ogni volta che lo portava in città, come se dovesse mettere in mostra un bambolotto – Derek valutò cosa avrebbe potuto chiedere in cambio del suo comportamento da bravo bambino e con questi pensieri che fluttuavano inconsistenti nella sua testolina, furono raggiunti dal resto della famiglia e lasciarono la casa. 
 
Derek legato sul sedile posteriore da quell’insulsa cintura di sicurezza – quale sicurezza avrebbe mai potuto dargli dato che non si sarebbe comunque mai fatto davvero del male – guardava fuori dal finestrino interrogandosi sul perché sua madre fosse così elettrizzata all’idea di vedere l’ennesimo pargoletto urlante, sbrodolante e puzzolente e non comprendendo anche il malcelato orgoglio del padre alla prospettiva dell’ampliamento della parte umana del branco e insofferente a questi pensieri, decise di concentrarsi sul paesaggio esterno.
Arrivati nel parcheggio del bianco edificio, dopo aver lasciato il padre al lavoro, il piccolo lupo iniziò già a storcere il nasino al solo pensiero del lezzo che lo avrebbe colpito di lì a pochi minuti.
Trascinato per scale e corridoi, il minore di casa Hale giunse davanti a un lungo corridoio rallegrato da fresche tinte pastello dove convenne che l’odore fosse meno terribile di quanto si sarebbe aspettato e riuscendo a far sgusciare via la propria mano da quella morbida e calda della sua mamma, rallentò per guardare con attenzione tutti i disegni di bimbi paffuti, cavoli e cicogne che ornavano la parte alta delle pareti. Con il viso all’insù, Derek non si accorse di essere rimasto indietro e rivolgendo lo sguardo di fronte a sé, vide solamente la gonna svolazzante della sorella sparire dentro una stanza.
Rimasto solo e cercando di temporeggiare, Derek iniziò a bighellonare nel corridoio, camminando a zig zag e sbirciando in ogni porta che si apriva sia a destra che a sinistra, fino a che non venne distratto da uno strano pigolio proveniente dalla camera che aveva appena superato.
Incuriosito il moro fece dietro front e poggiando attento le manine sullo stipite della porta, si sporse quel tanto che fu sufficiente per cercare di individuare la fonte di quello strano rumore.
Nella stanza illuminata vi era un solo letto e in esso era seduta, adagiata su numerosi cuscini, una mamma.
Era bella e sorridente e non staccava mai gli occhi dal mucchietto di coperte azzurre che stringeva tra le braccia.
Derek comprese subito che proprio quel groviglio di stoffa fosse il punto d’origine del rumore che lo aveva lì attirato e facendosi forza – e coraggio – perché le persone lo intimorivano, dato che il suo papà – che sapeva sempre tutto – una volta gli aveva detto che gli umani avrebbero sempre avuto paura dei lupi e anche senza volere avrebbero potuto essere pericolosi.
“La paura fa fare cose stupide e potrebbero metterti in pericolo anche senza volerti davvero fare del male. Solo pochi umani, umani speciali, sono capaci di accettare gli esseri come noi”
Per questo motivo il lupacchiotto aveva timore, ma al tempo stesso tanta voglia, senza sapersi spiegare il motivo, di dare un’occhiatina dentro quella coperta.
Muovendo un paio di passi nella camera, si accorse che non c’era nessun odore fastidioso. C’era il profumo della signora che sapeva solo di mamma, un po’ come la sua, e poi un miscuglio dolciastro che proveniva da dove lei era coricata.
 
Senza il più piccolo rumore, Derek giunse così vicino al letto da poter appoggiare le mani sul lenzuolo e in quel momento il viso della donna si alzò di scatto.
“OH” esalò lei, stringendosi istintivamente il fagotto al petto “mi hai fatto paura. Ciao”
Derek cercò di sfoggiare il suo migliore sorriso, anche se il risultato non fu dei migliori vista la finestrella causata dall’ultimo dentino caduto “Ciao” rispose agitando una mano.
“Ti sei perso piccolo?” chiese preoccupata.
“No, la mia mamma e quella rompiscatole di mia sorella sono andate a trovare un‘amica. Sai, lei ha avuto un bimbo. Anche tu ne hai avuto uno?”
“Sì, il mio tesoro! Lo vuoi vedere?” e muovendo le lunghe dita pallide e affusolate, scostò un lembo di stoffa celeste, ma da dove si trovava, Derek non vide nulla se non una minuscola manina rosea.
“Posso?” chiese educatamente facendole capire l’intenzione di salire sul letto e sedersi più vicino a lei.
“Certo” riprese la donna spostandosi di poco.
Con agilità innata, il bambino saltò sul materasso e si accomodò per bene allungando il collo il più possibile e fu allora che lo vide.
Era piccolo piccolo, con gli occhioni grandi e luminosi spalancati e mai fermi, Derek pensò che lo stessero fissando concentrato – non sapeva che appena nati i bambini seguissero perlopiù udito e olfatto – le mani chiuse a pugno e la bocca aperta intenta a emettere ancora quegli squittii acuti e singhiozzanti.
“Il mio piccolo chiacchierone!” mormorò con voce giocosa e allegra la donna, abbassandosi per posare un leggero bacio sulla fronte del bebè.
“Bella signora?”
“Che c’è caro?”
“Io mi chiamo Derek e lui come si chiama?”
“Lui si chiama Genim, lo so che è un nome strano, ma”
Il licantropo la interruppe “Ge-Genim… mi piace” e allungando lentamente un dito sfioròcon premura e attenzione il dorso della mano del neonato.
 
In quell’attimo il moro avvertì la presenza di Laura in avvicinamento e non si stupì quando sentì la sua voce chiamarlo dal vano della porta.
“Derek? Si può sapere cosa stai facendo? Mamma ti sta cercando!” e poi rivolgendosi a chi occupava la stanza stessa “Scusi per il disturbo”
“Nessun disturbo” rispose la donna mentre Derek scendeva mestamente dal letto e si portava accanto alla sorella.
“Ciao” e salutando, uscirono entrambi dalla visuale della signora Stilinski.
   
 
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