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Autore: Martichan97    05/02/2013    4 recensioni
Noi tutti conosciamo Mags per essere stata una dei martiri della rivolta ma anche l'amorevole mentore di Finnick.
E se Mags fosse stata anche qualcun altro, nella sua longeva vita?
E se Mags fosse stata anche un'assassina?
Genere: Avventura, Drammatico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mags, Nuovo personaggio, Presidente Snow
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Into The West.
[Mags Hunger Games]


 

 Prologue - Once, Mags was only Wanda's sister.









«E adesso è venuto il momento di estrarre i nostri beneamati tributi!»
La piazza freme, percorsa da un gelido alito di vento e di paura.
«Come sempre, prima le signore!»
Stavolta a fremere è lo schieramento delle giovani fanciulle: le più piccole, poste proprio davanti al palco, piangono disperate; le più grandi invece, cercano di nascondere il loro timore dietro maschere di pura indifferenza; le mezzane invece hanno un modo tutto loro per farsi coraggio: saltellano, si stringono le mani, parlottano, pestano i piedi ansiose.
Gli unici calmi in quella piazza sono l'inflessibile sindaco e la ricca capitolina, tutta agghindata di blu – il completo ha un qualcosa di agghiacciante che è meglio omettere –, perfino nei perfetti denti dritti.
Il suo sorriso scintilla un'ultima volta, prima di rivelare il nome della sfortunata sorteggiata: «Wanda Vànek!»
Mags aveva due anni quando la sua “dama di compagnia” – altro termine presente nel suo vocabolario per descrivere quella che poi era in tutto e per tutto la sua badante e sorella maggiore –, scomparve misteriosamente dalla sua vita.
Ricordava perfettamente il giorno, nonostante la tenera età: il cielo era di un azzurro affascinante, a dir poco meraviglioso, da fotografare e incorniciare qualora si possedesse un oggetto raro come “una macchina fotografica”; il vento soffiava docile, carezzando la spiaggia e la pelle delle persone come per abbracciarle, e perfino le onde, solitamente pigre e calme, facevano a gara per entrare nelle sue grazie, anche se presto facevano ritorno all'unito a cui appartenevano, nell'incapacità del raggiungere il proprio obiettivo; gabbiani – cosa le garantiva che lo fossero? – solcavano la volta celeste emettendo talvolta dei piccoli gridolini strozzati, così simili a quelli di corvi che si accingono a banchettare con il cadavere di qualche povero cane morto o, perché no, pesce andato a male; i ragazzi e le ragazze che le passavano attorno erano vestiti di tutto punto, splendidi e terribili al tempo stesso.
La bambina non ricordava di aver mai visto una tale concentrazione di giovani vite tutte in un unico posto, eppure la piccola piazzola decorata da rosei disegni concentrici era incredibilmente sovraffollata.
In tutto questo, un orribile mosto blu zampettava qua e là con un paio di enormi zeppe color carta da zucchero, brandendo al tempo stesso un minuscolo scettro nero e grigio tra gli affilati artigli luccicanti e dei mostri bianchi ancor più mostruosi brandivano dei fucili per niente rassicuranti.
Assorta ad osservare questo bizzarro quanto improvviso cambiamento del mondo, la piccola Mags non aveva avuto il tempo di concentrarsi su altro.
Per questo si era stupita quando la consanguinea l'aveva osservata con le lacrime agli occhi dall'alto di un palco in legno marcio e poi, un poco più tardi, l'aveva stretta contro il suo petto sussurrandole all'orecchio parole di conforto che non avrebbe mai potuto comprendere; non subito almeno.
«Tornerò. – diceva singhiozzando – Per te, mamma e papà. Aspettatemi, ve ne prego, perché tornerò.»
In effetti, non si può dire che non sia tornata: alcune settimane dopo, una sbreccata cassa di legno aveva fatto ritorno a casa loro, nel Distretto 4.
Dentro stava il corpo immobile e sfregiato di Wanda Vànek, con le mani giunte in petto e un sorriso pacifico che ad incresparle le labbra candide.
Adesso si alzerà a sedere e mi abbraccerà di nuovo, esclamando quanto le sia mancata. Pensava fiduciosa, inconsciamente.
Wanda non si alzò mai.


*



«E ora, a voi signore e signori, il vincitore di questa nostra dodicesima edizione degli Hunger Games: Oliver Bristol, Distretto Uno!»
La folla di capitolini eccitati applaude, balzando quasi dagli spalti non appena il tributo albino della prima “provincia” di Panem fa la sua comparsa in scena, ricoperto di diamanti al punto che, se avessero potuto, questi lo avrebbero sommerso.
«Buona Capitol City, buona. Diamo tempo al nostro gradito ospite di prendere il posto che gli spetta nell'Olimpo dei vincitori.» li placa il presentatore, una donna dagli ispidi capelli neri.
Oliver accenna un sorriso luminoso, d'intensità pari a quella delle gemme che indossa.
La folla ammutolisce e va in delirio al tempo stesso.
«Allora Oliver, potremo dire che questi giochi sono stati fin troppo duri per te; non è vero? Eppure ora ci sei tu seduto qui, e non gli avversari che ti disprezzavano. Dimmi, qual è il tuo segreto?»
Il ragazzo ammicca e si schiarisce la voce: «Li ho eliminati, dal primo all'ultimo. Pensa un po', quando la mia stessa compagna di distretto ha cercato di eliminarmi al Bagno di Sangue, ho creduto di essere spacciato. Che non avrei mai più rivisto la mia famiglia né la mia ragazza. È solo per merito loro se oggi sono qui a parlare con voi e non sottoterra con quegli animali.» il modo in cui la sua mascella si contrae e i pugni gli si serrano sulla sedia ricorda tanto un animale pronto a scattare e, giusto per un istante, gli spettatori hanno paura.
«Capisco, capisco. Quindi potremo dire che sono stati coloro che ti attendevano a casa a darti la forza?» commenta fintamente interessata la capitolina, aggiustandosi lo smocking scuro.
“Senza dubbio. – il Favorito rilassa le membra e regala un altro sorriso, candido come la neve e duro come l'acciaio – I miei cari hanno giocato un ruolo importante nella riuscita della mia impresa; però devo anche ringraziare mio fratello Dorian: senza i suoi preziosi consigli non sarei sopravvissuto un'ora nell'Arena”.
Il silenzio cala pesante nella sala: come dimenticare Dorian Bristol, il vincitore dei settimi Hunger Games? Con un atto meschino che i suoi sponsor avrebbero ricordato in eterno, aveva prima dichiarato spudoratamente di aver trovato l'amore della sua vita nella ragazza del Distretto 4; poi l'aveva uccisa a sangue freddo al festino.
False promesse, speranze, baci e carezze che a nulla erano valsi se non a conquistarsi il favore della città.
Una città che, per il proprio divertimento, non aveva esitato ad eliminare la più debole in quella relazione, ovvero la dolce e povera Wanda Vànek.


*



Mags aveva sette anni quando, per la prima volta, fu ammessa a vedere un'intervista in televisione senza bisogno che le orecchie le venissero tappate e gli occhi chiusi per la crudezza con cui erano descritte e mostrate le morti delle ventitré anime innocenti che non avrebbero avuto il privilegio di alzare lo sguardo e trovare un cielo libero a consolare i loro occhi stanchi.
Tutto era silente in casa e i suoi genitori non la degnarono di uno sguardo quando, con le mani punteggiate di piccoli cerchietti rossi, era rientrata portando con sé un fazzoletto pieno di perle lucide e ancora leggermente bagnate.
«Guardate come sono stata brava: le ho raccolte tutte io!» la sua espressione era fiera mentre pronunciava quelle parole e aveva scommesso coi suoi amici che le sarebbe stata data una porzione in più della già considerevolmente razionata zuppa ai frutti di mare: in fondo, con tutte quel ben di Dio, ci avrebbero potuto ricavare un bel po' di soldi con cui comprare una nuova barca.
Suo padre l'avrebbe portata finalmente a pescare – solo il cielo sapeva quanto lei profondamente desiderasse solcare i sette mari sulla prua di un veliero enorme, con vele di dimensioni stratosferiche e il vento a guidarla – e sua madre avrebbe potuto riarredare casa, come da sempre aveva desiderato.
Certo, la capanna in cui vivevano era molto più accogliente di tante altre abitazioni di poveri in quello squallido posto che chiamavano “Distretto Quattro”; però non si avvicinava nemmeno lontanamente alla maledetta bellezza delle piccole villette con giardino del centro città.
La cosa che più la stupì una volta rientrata, non fu tanto il passare ignorata di fronte ai suoi – erano un pescatore e una casalinga molto impegnati, loro – quanto l'assenza della zuppa: mai, che si ricordasse, in casa Vànek era venuto a mancare quell'elemento così importante.
La zuppa era il piatto dei pescatori per eccellenza e quando mancava a tavola, stava a significare che qualcosa non andava bene.
Dunque Mags se lo chiese cosa mancasse ma non trovò mai risposta al suo interrogativo.
«Mangia tesoro.» le disse sua madre, distratta; tirando fuori come per magia un pesce grigliato (“Bruciato”, avrebbe osato definirlo, dato che non sembrava neanche commestibile da quanto era scuro); infilzato da un rozzo spiedino.
La bambina annuì, delusa; sedendosi strusciando rumorosamente il panchetto che le faceva da sedia – come a voler richiamare l'attenzione del padre – e posando il sacchetto con le perle sul tavolo.
Iniziò a spilluzzicare il cibo, gettando di tanto in tanto occhiate perplesse alla televisione, che più di tanto non la interessava: sentire come si scannavano le persone e di come altri simili ne traevano divertimento non era una cosa bella; ma di uno squallore terribile.
Almeno fino a quando non udì il nome di “Wanda Vànek”: lì, il mondo parve fermarsi. La bocca dello stomaco le si chiuse; i denti smisero immediatamente di masticare quel poco cibo che erano riusciti a guadagnare; la voglia di rimettere tutto la fece sbiancare.
Il ragazzo in televisione stava descrivendo dettagliatamente come il fratello l'aveva usata e uccisa brutalmente e ne rideva.
Ne ride, lui ne ride. Strinse i pugni sul tavolo; disgustata.
Sempre in silenzio, riprese la sacca con le perle e corse fuori.
Non le avrebbe usate né per la barca di suo padre e né per il desiderio di rinnovo della madre.
No, quelle preziose perle le sarebbero servite per comprare un'arma; un arpione dalla lama affilata e col manico di pregiato legno lavorato, che solo guardarlo faceva languire le tasche della stragrande maggioranza del popolo ma che certamente trafiggeva le prede senza dar loro possibilità alcuna di salvezza.
Esattamente ciò che le serviva.
Persone vestite bene; volti che rifulgono di una luce amara; piazza che si abbiglia a festa come in primavera.
È estate nei distretti e lo stesso è nell'opulenta capitale; eppure ciò che sta per accadere è un po' come una festività invernale per gli abitanti poveri.
Già il nome in sé dice abbastanza: “la mietitura”.
Queste due parole insieme non hanno nessuno accezione negativa, poiché rimandano il pensiero al grano, il quale una volta maturo viene mietuto per poi ricavarci i prodotti base dell'alimentazione di ricchi e poveri.
Dovrebbe essere un'occasione felice la mietitura e difatti nel Distretto 9, il settore che si occupa della produzione di questa materia primaria, molti tendono a gioirne.
Purtroppo oggi non è di grano mietuto che stiamo parlando, ma di giovani.
Ragazzi, tra i dodici e i diciotto anni d'età, vengono sorteggiati per essere macellati; ogni anno: questo per ricordare che il potere di Capitol City è fin troppo superiore alla forza lavoro esercitata dai suoi sottoposti e non c'è modo di uscire da questo losco quanto ingiusto giro.

«Sicura di essere pronta, tesoro mio?» domanda la donna, ravviandole i vaporosi capelli castani e sistemando meglio il suo scollato vestitino a fiori azzurri e verdemare.
«Certamente mamma. Sono prontissima.» Mags annuisce con un piccolo cenno del capo, aggraziata come il protocollo vuole che sia.
«Non aver paura: hai solo una nomina ed è il tuo primo anno. Non ti prenderanno sicuramente. E se lo faranno non devi temere: ho sentito che alcune ragazze hanno intenzione di offrirsi volontarie.» la rassicura il padre, con un sorriso dolce e affettuoso.
Loro non si offriranno volontarie: io sarò la prima e niente, giuro, potrà fermarmi. Si morde il labbro per non gridare; per impedirsi di saltare in collo a ciò che resta della sua famiglia e non lasciarlo andare mai più.
Sa di essersi sporta sull'orlo di un baratro senza fondo dal quale non c'è ritorno, ma proprio non può tirarsi indietro.
L'ha promesso alla sua dama, sarebbe andata e tornata vincitrice: si sarebbe divertita a svergognare quell'albino che cinque anni prima aveva riso della morte di una fanciulla innocente come se niente fosse.
«Capisco padre; adesso lasciatemi, o altrimenti tarderò e non sarebbe educato da parte mia.» risponde educatamente.
Un altro sorriso, commosso; baci, abbracci e la Vànek è libera di raggiungere il sagrato per farsi pungere il dito e attendere impazientemente l'attimo in cui la sua manina candida svetterà sopra le altre; pronta a firmare nel sangue la sua condanna a morte.


*



Mags aveva dodici anni quando partecipò alla sua prima mietitura.
Era emozionata, come si conviene a qualsiasi adolescente affacciatosi da poco sulle soglie di quel mondo fatto di tristezza e dovere, e forse un po' troppo precipitosa (altra caratteristica relazionata con la sua giovane età).
Però, se da una parte si comportava da bambina senza cervello; dall'altra aveva un ben macchinato piano in testa: dopo aver acquistato la sua prima e unica arma, un bellissimo arpione dalla lama imperdonabile, si era allenata ogni giorno per ore dopo il suo lavoro di raccoglitrice di perle; con in testa un unico, pressante desiderio: offrirsi spontaneamente come tributo agli Hunger Games; uccidere chiunque le si mettesse contro e tornare a casa con una quantità spropositata di soldi per dare ai suoi genitori, che senza nulla chiedere in cambio, l'avevano accudita per dodici lunghissimi anni; facendo fronte alla povertà come potevano.
Mai qualche avvenimento particolare li aveva colpiti; mai la fortuna aveva bussato alla loro porta. Essenzialmente, non possedevano nulla; se non la loro minuscola catapecchia in riva al mare e ciò che la classificava come “casa”.
Desiderava solo ricambiarli offrendo loro un pasto caldo tutti i giorni; un luogo confortabile dove vivere e una qualità della vita nettamente superiore.
… D'accordo, in realtà voleva recarsi agli Hunger Games anche per un altro motivo, qualcosa che aveva aperto una crepa nel suo orgoglio talmente profonda da non consentirle nemmeno un sonno tranquillo: la vendetta.
A dir la verità a lei sarebbe bastato uccidere tutti i Favoriti – ormai aveva imparato che i giovani dei primi due distretti e in origine anche quelli del sesto erano soliti riunirsi sotto questo nome – e fargli provare su pelle cosa significava veramente “morire”.
Così magari quel ragazzo – che probabilmente adesso era mentore – avrebbe capito che veder morire una persona cara non ha per niente un risvolto positivo, semmai il contrario.
Certo, così come questo suo ragionamento non faceva una grinza, allo stesso tempo era completamente marcio alla radice: i nuovi Favoriti non avevano colpe, magari erano andati lì in cerca della gloria ma non meritavano di venir caricati anche del peso delle colpe dei propri mentori.
Solo che questo Mags Vànek si rifiutava di capirlo, sia perché era una dodicenne giovane e impulsiva; sia perché più quell'offesa la logorava, più la sua furia cieca aumentava e si sa, un pazzo è pericoloso proprio per la sua imprevedibilità, quindi automaticamente lei diveniva un pericolo pubblico per chiunque le offrisse una mano per uscire da quel circolo vizioso chiamato “sofferenza”.
Ad ogni modo, come testimoniano i fatti, quell'anno lei non riuscì ad offrirsi volontaria: molte giovani si presentarono con le stesse pianificazioni e senza dubbio una sedicenne era molto più affidabile di uno scricciolo inesperto, il quale non si feriva coi coltelli solo perché qualcuno gli aveva insegnato qual era il manico e quale invece la lama.
Al suo posto era andata una certa Susanna Crestfallen, una diciassettenne dal corpo scattante e gli occhietti piccoli e vispi.
Nessuno dei capitolini aveva scommesso su di lei, non all'inizio almeno.
Il caso aveva però voluto che, per una volta, un iniziato alla morte degli Sfavoriti avesse le carte in regola per competere con i sicari dei Favoriti: bambini – come lei –; semi adulti e adulti completi.
Tutti quanti, al Bagno di Sangue.
Chi accanto a lei si trovava, per sua mano periva.
Aveva combattuto con le unghie e con i denti; rifiutato gentilmente gli alleati che bussavano alla sua porta e adottato la soluzione drastica con chi non gettava la spugna.
Tra lo stupore dei più ricchi e l'immensa felicità dei più poveri; le pene di Susanna erano state altamente ripagate dalla sua vittoria e la gloria che ricadde sul suo luogo di provenienza.
Da quel giorno – sfortunato o fortunato che sia dipende dai punti di vista – il Distretto Quattro entrò a far parte dei Distretti Favoriti.
«Distretto Quattro, meraviglia di Panem, buongiorno!»
Un bisbiglio unanime attraversa la piazza piena di giovani uomini e donne pronti a lottare con le unghie e con i denti purché la vista non sfugga loro di mano; alla stessa maniera con cui un'onda placida ricopre possessivamente la sabbia della spiaggia e poco dopo la abbandona nuovamente, consapevole che non potranno restare unite per sempre.
È un ciclo eterno, qualcosa che non finirà mai.
Capitol City lo ha capito prima di loro ed è per questo che adesso li comanda; senza rispetto per ciò che rappresentano e per quello che potrebbero essere.
«Siete pronti per il filmato? Sapete, io ogni volta mi commuovo tantissimo; mi manca il respiro! È stata una battaglia così difficile...» un singhiozzo mal trattenuto sfugge dalle gonfie rabbia arancioni – quest'anno ha deciso di rinnovarsi; di portare un nuovo colore in quel mondo fatto di blu – dell'accompagnatrice capitolina; che subito si strofina gli occhi per eliminare eventuali lacrime di commozione.
Il filmato parte, Mags chiude gli occhi pregando di venir trattenuta in tempo prima di compiere qualche sciocchezza: come è possibile che qualcuno si faccia venire le lacrime agli occhi rivedendo un filmato che descrive di come agli adolescenti d'oggi e gli adulti sia stata tolta la possibilità di scegliere la loro vita?
«Stai bene?» domanda una ragazza, dalla fila delle quattordicenni; scrutandola con occhio critico.
Deve essere la figlia di un medico. – riflette, schiudendo appena le palpebre; senza vederla veramente – Altrimenti non se ne sarebbe mai accorta.
«Grazie per l'interessamento; sto benissimo.» borbotta annoiata, torturandosi non vista le mani dietro la schiena.
Quella, con un timoroso cenno di saluto, si volta nervosa e prende a confabulare qualcosa con le compagne di sventura ai lati; come se avesse paura che qualcuno la potesse sentire.


*



«Vuoi che la stronchiamo in un vicolo? – esordisce una voce alle sue spalle, rude e severa – Tanto sai di cosa sta parlando.»
Non ha bisogno di voltarsi per sapere chi è che le sta parlando: Magenta Pitbull, una sua coetanea; alta, con le ossa grosse e le labbra perennemente serrate in una linea rigida: se sorride, significa che sei spacciato; se fa una smorfia significa che l'hai annoiata; se i suoi occhi si tingono di fiamma allora la tua morte è prossima.
Nessuno ha il coraggio di contestarla, lì e la sua obbedienza a Mags spiega di per sé molte cose.
«Che parli; probabilmente gli Hunger Games la mieteranno e avrà cose più importanti a cui pensare.» un sospiro le esce dalle labbra imbrattate di rossetto; dopodiché inizia a pregare sottovoce.
Il suo desiderio più grande?
Essere sorteggiata; ovviamente, perché se andasse volontaria non ci sarebbe gusto.

Mags aveva diciassette anni quando capì che gli Hunger Games portavano sì gloria e potere; ma anche tanta, troppa sofferenza.
Non riusciva più a vederci il bello che ci vedevano i suoi concittadini; quando un Favorito infilava il coltello nel petto acerbo di un tredicenne innocente e ne estraeva con calma quasi sovrannaturale gli organi interni, non erano gli attacchi di risa a salirle in gola, quanto degli enormi conati di vomito; quando una persona moriva, non poteva che pregare che raggiungesse il Paradiso indenne; quando il vincitore veniva decretato stava male per le altre ventitré povere anime che non avrebbero mai più respirato l'aria di casa.
La sua concezione del bene e del male era mutata all'incirca un annetto prima: come tributi dei ventunesimi Hunger Games erano stati mietuti due giovani bambini, un tredicenne e una undicenne dichiarata dodicenne.
Queste cose erano comuni nella loro società: alla nascita i bambini venivano dichiarati di due o tre anni maggiori solo per venir gettati in braccio alla Morte il prima possibile.
Gloria.
Immortalità della memoria.
Denaro.
Ormai era solo per questo che andavano avanti le persone; uno stupido attaccamento ai beni materiali.
Dove era finita la moralità che da sempre li aveva contraddistinti?
Erano i soldi più importanti della vita di ventitré persone senza peccato?
Mags non lo sapeva; non più.
Un'altra Mietitura era passata indenne; purtroppo.
Un'altra occasione per espiare le proprie colpe e accettare serenamente il sonno eterno era andata perduta.
Solo un anno sarebbe restato.
E lei avrebbe pregato intensamente ogni sera dei 365 giorni restanti perché la Mietitrice la falciasse e la strappasse a quella baraonda travolgente chiamata “vita”.


 

*



Noi tutti conosciamo Mags per essere stata una dei martiri della rivolta ma anche l'amorevole mentore di Finnick.
E se Mags fosse stata anche qualcun altro, nella sua longeva vita?
E se Mags fosse stata anche un'assassina?














NdA.

Caesar: Ed ecco a voi il momento dell'intervista! Forza e coraggio, nuovo ospite delle fanfiction su Hunger Games; raccontaci di te! Innanzitutto, chi sei?
Ehm.. Me stessa? D: Martichan97, comunque.
Caesar: Che fai?
Scrivo; quando posso, ne ho l'ispirazione e la facoltà. ^^
Caesar: Cosa scrivi?
Fanfiction su Hunger Games ed Axis Powers Hetalia. Perché mi va. e.e
Caesar: Di cosa parlerà questa fanfiction?
Gli Hunger Games di Mags. ù.ù
Caesar: Come mai questa scelta? In fondo i più scritti del Distretto Quattro sono i giochi di Finnick e Annie.
Ti sei risposto da solo. ù.ù Troppi “Finnick and Annie's Hunger Games” per i miei gusti. Non dico che non siano belli; però sono dell'opinione che ci voglia innovazione. Se ho scelto Mags è perché la stimo e tutti lo facciamo nell'ombra, dimenticandoci che anche quella dolcissima vecchina era stata una vincitrice. ò.ò Volevo solo informare il popolo della sua mirabolante (?) avventura (??). ^-^

Caesar: …
Ho zittito Caesar Flickerman! *-* *feels like a boss* Comunque, qualche altra domanda?
Caesar: Dalla regia mi domandano perché il cognome di Mags è “Vànek”. L'autrice non l'aveva mai specificato. So..?
Allora, tu devi sapere che io sono andata all'anagrafe e- No, sto scherzando. Le ho messo quel cognome perché una certa tizia – lei sa chi è lol – me lo ha consigliato. E, ora che ci penso, suona figo assieme al nome di Mags. Immagina, puoi. XD Inoltre, come se non bastasse, significa “brezza” in non so quale lingua. La brezza è bella. ù.ù
Caesar: … Beeene, poi noi capitolini vorremo sapere il perché dell'intrigante titolo. Non si può leggere una storia senza sapere cosa significa il titolo; giusto Capitol City?
*Capitol City applaude*
Bene, almeno questa risposta sarà più seria (?). Dunque, voi tutti avete presente il Signore degli Anelli? Sto parlando anche per te, sì te, che te ne stai nell'angolino con la speranza di non essere visto. ù.ù Dicevo: voi l'avete presente quella trilogia? Nel caso che la vostra risposta sia negativa, vi consiglio di guardarla perché è stupAnda. “Into The West” viene proprio da lì. Ebbene, c'è una canzone di Annie Lenox con questo titolo, ispirata a questa trilogia. In essa, “West” significa “morte” quindi sarebbe un po' come dire “Nella Morte”. Ed in effetti, cosa sono gli Hunger Games se non morte gratuita? Mags è entrata nella morte e ne è uscita. Suona bene, no? (Altri ringraziamenti alla tizia di prima ^^)
*Capitol City applaude*
Caesar: Tempo scaduto! Ultimi saluti?
Saluti a voi Capitol City – e gentilissimi lettori – e, ricordate, che eccetto alcuni personaggi che non sono Mags, Caesar, Snow e Capitol City; tutto questo appartiene alla mitica Suzanne Collins. Alla prossima! :')
Caesar: Signori e signore, Martichan97, Distretto “Firenze”!














ps. Dalla regia, Tizia ci tiene a far sapere a tutti che l'editing è il suo e che è offesa per quello che Marti dice sulle FF di Finnick- ùù
  
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