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Autore: Carlotta Bucks    05/02/2013    1 recensioni
Il racconto di un'importante vicenda è rimandato da troppo ormai, anche se questa storia mai svanirà nelle menti dei protagonisti. C'è solo un figlio che aspetta di conoscere la verità: la complicata storia d'amore dei suoi genitori.
Riuscirà il padre ad abbattere tutte le barriere mettendo da parte l'orgoglio per aprirsi col figlio?
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Il caffè tra le sue mani era oramai diventato freddo mentre affacciato alla finestra aspettava suo figlio. La moglie l'aveva già data per dispersa tra le notevoli pratiche di tutto quel lavoro. Ma a lui, Edoardo, era sempre piaciuto il caffè freddo. Fu riscosso dal paesaggio che a lungo aveva ammirato dalla chiave che girava nella serratura, come un segnale si voltò di scatto e si trovò ad osservare quegli occhi identici a quelli che tanto l'avevano fatto soffrire ed allo stesso tempo gioire come mai.

Suo figlio Tommaso lo salutò con uno stanco ciao e si diresse subito verso la sua stanza. Ancora prima che riuscisse ad isolarsi nel suo mondo, squillò il telefono e il ragazzo rispose.

Edoardo non avrebbe voluto sentire: tutti i libri riguardo al diventare dei genitori perfetti lo sottolineavano “mai violare la privacy del ragazzo”. Ma lui non era un genitore perfetto. Era un padre, un padre che aveva bisogno di ridere ancora con il figlio. E così ascoltò gli sprazzi di quella conversazione.

Il ragazzo urlava, accusava e si difendeva; come il padre intuì dall'altro capo della cornetta c'era una ragazza, non una qualsiasi, ma quella ragazza che ti ruba il cuore e mai te lo ridarà, d'altronde lui lo sapeva bene.

Tommaso riagganciò ed una lacrima gli solcò il viso, fu il padre a catturarla avvicinatosi al figlio e con aria innocente gli chiese “Vuoi aiutarmi con la cena? Dicono che aiuti la cucina nelle pene d'amore. Inoltre c'è una storia che è da tanto che dovresti sapere.”

Come un automa Tommaso lo segui, a malapena capiva suo padre quando faceva così. Decisero di cucinare uno di quei piatti contenuti nel libro di cucina sopra il frigorifero, che aveva la polvere dal tanto era stato usato: la scelta ricadde su spiedini di tacchino accompagnati da una salsa ai funghi.

Mentre preparavano gli ingredienti il padre esordì con la frase che avrebbe dato origine al lungo racconto:

 

Da bambino chiedevi sempre insistentemente come fosse nata la storia d'amore dei tuoi genitori. Rispondevamo sempre che il momento della verità sarebbe arrivato. Ed ora è quel momento.

Correva l'anno 2012, così nei libri dicono di iniziare un racconto importante, quindi noi ci atterremo alle regole.

Era luglio circa e tua nonna mi portò una lettera mentre me ne stavo sdraiato all'ombra. E' incredibile come mi ricordi tutto come fosse ieri. Incredibile a volte la vita.

L'aprii, la percorsi con lo sguardi e la riconobbi come la convocazione tanto attesa per Parma, lì si che il rugby era tifato. Non ci pensai due volti dissi di sì. Tutte le congratulazioni e i regali che ne seguirono sono scolpiti in questa testa. Solo alla sera feci i conti col cuore: lui aveva urlato invano tutto il giorno, nessuno lo voleva ascoltare. Lui non voleva andarsene, c'era lei a casa. Lei: Giulia.

Non dormii, ma presi una decisione. La più difficile della mia vita finora, scelsi Parma. E tutt'oggi non me ne pento. Ti sembrerà strano, Tommy.”

 

Era da tanto che non mi chiamavi più Tommy. Sai papà?”

 

Purtroppo hai ragione. Ma fidati, figlio mio, sto cercando di rimediare.

Tornando alla storia: scelsi Parma. Era il mio sogno, il mio futuro e la mia vita. Ma questo non vuol dire che non lo fosse Giulia.

I primi giorni nelle nuova città furono così frenetici che mi dimenticai di lei. Ma forse qualcuno lassù o il semplice destino o qualunque cosa sia stato non me lo permise.

Avevo appena incontrato tuo zio, e assieme stavamo mangiando in un ristorantino nelle retrovie della città troppo frenetica per noi, quando con la coda dell'occhio percepii uno scorcio troppo bianco per appartenere al paesaggio. Mi rigirai: da lontano stava arrivando una ragazza con un vestito di una stoffa così leggera da scompigliarsi nel vento di Marzo, si trascinava una valigia più pesante di lei.

Sarebbe stato impossibile non riconoscerla, quel corpo come scolpito e quei capelli caramello.

Giulia.

Mi alzai come un automa, le corsi incontro. E fu così sorpresa di vedermi lì che mi meravigliai anche io di tanta felicità. Mi sorrideva ed io non riuscivo a smettere di sorridere. Per lei, per me e per noi.

L'illusione che lei fosse in quella città per me non riuscì a restare una possibile verità che per pochi secondi, si affrettò difatti a svelarmi il vero motivo della sua presenza lì: aveva vinto una borsa di studio per frequentare un prestigioso liceo della zona con un corso avanzato di algebra.

La accompagnai al convitto assegnatole e la lasciai con la promessa di non perderci di vista, anche se non sapevo se l'avrei rispettata. Per fortuna ci pensò lei: il mattino seguente mi svegliò con un SMS in cui mi chiedeva di portarla al cinema in nome di una vecchia scommessa mai sdebitata. È inutile dirti che accettai senza un ripensamento.

Iniziarono così le nostre uscite e si intensificarono col passare dei giorni. Cinema, parchi, strade, negozi, bar, ristoranti facevano da sfondo ai nostri momenti: uno più sorprendente dell'altro.

Quante volte il mio respiro si è confuso al suo, quante volte le nostre mani si sono sfiorate volontariamente, quante volte mi ha stretto a se e io l'ho circondata con le mie braccia, quante volte pensavo di morire per un suo sguardo, quante volte ci siamo sognati la notte, quante volte ho deciso di farla mia e quante volte ho desistito, quante volte abbiamo condiviso un ombrello, un gelato o un pezzo di pizza nelle serate più umide, quante volte le ho prestato la mia giacca, quante volte mi sono innamorato di lei e quante lei di me.

Eppure non l'ho mai baciata, nulla c'è stato tra di noi in quel momento. La mia fiducia in un nostro futuro vacillava e la tentazione ha trovato anche me, come tutti gli uomini.

La conobbi un mercoledì sera, o meglio ci rincontrammo: era una vecchia conoscenza di nome Carla. Mi unii ad un gruppo di studi per un'imminente verifica di fisica il giorno seguente e fu così che la conobbi. Quella sera di fisica non imparai nulla, imparai molto bene Carla in compenso.

Non ci fu niente, tranne che un bacio. Non guardarmi così figliolo ci sono baci e baci: quelli dove due labbra si incontrano e quelli dove due cuori si intrecciano. Quello con Carla appartiene sicuramente al primo gruppo.

Volevo chiudere ogni possibilità di un futuro con Carla e per farlo mi ero deciso a dichiararmi a Giulia. Capiscimi sono ed ero un uomo piene di ma e di se, nessuna certezza e mille dubbi. Carla sarebbe stata un'alternativa desiderabile, ma non una prima scelta.

Carla si presentò all'ora sbagliata però, cercai di cacciarla ma lei fu più forte di me e spingendomi sul letto mi fece suo. Pensavo a Giulia, non a Carla. Volevo Giulia, non Carla. Volevo scappare da Carla, non da Giulia.

Ma fu da Giulia che fui scoperto inerme su quel letto con un'estranea a fianco e fu Giulia che ferii in quella sera di Maggio.

Giulia scappò in lacrime, Carla restò e nulla turbò il suo sonno tranquillo.

Mi vergogno di come non parlai con Giulia nei giorni successivi e di come finsi alla coppietta felice con Carla.

Ti chiederai il motivo, logico. Me lo chiesi anche io e non mi risposi.

Ma la verità è, a distanza di anni l'ho saputa riconoscere, che avevo una paura terribile: non amavo Carla, lo sapevo bene, amavo Giulia, per questo non la scelsi. Carla era un giocattolo per me, potevo sfogarmi con lei e lei era lì pronta a tutto per me, perché lei a differenza mia mi amava. Giulia era l'amore, lei avrebbe potuto distruggermi con una lacrima e farmi rinascere con una carezza.

La verità è che non ero pronto ad amare. Ad amare l'amore.

Passarono i mesi e Giulia tornò a Brescia dalla sua famiglia, solo dopo seppi che lei voleva solo la mia felicità, anche se questo non voleva dire essere con me. La differenza tra noi era che lei mi amava nella sua sincerità e ingenuità,ed io l'amavo di un amore meschino ed egoista.

Passarono un paio d'anni e la ritrovai come bibliotecaria vicino a Milano. Oramai vivevo lì, con Carla. Avevamo deciso di sposarci, avevo imparato ad amarla.

Presi un libro proprio per Carla, non era proprio il mio genere, e Giulia lo scoprì subito e maliziosa mi disse:

Si vede che mi sono sempre sbagliata su di te. Non ti avrei mai pensato capace di distruggere il tuo tempo con questo.”

Non mi fermai a negare la sua frase e senza rispondere l'invitai ad un bar in nome dei vecchi tempi.

Parlammo come prima della comparsa di Carla nella mia vita e, come avrei dovuto immaginarmi, ci ritrovammo a parlare dell'ultimo nostro incontro. Lei scoppiò ed io non seppi riaggiustarla.

Urlammo con tanta rabbia e rancore. Lei accusava, io difendevo. Lei convinta di vincere ed io anche, perdemmo entrambi quel pomeriggio. Ci perdemmo.

Le spiegai le mie ragioni; sostenni la mia tesi: sapevo quello che lei provava, ma non ero pronto per lei; feci ricorso perfino alla retorica; le feci capire che io l'avevo amata e l'amavo.

Lei non ascoltò ragioni; urlò la sua di ipotesi: io l'avevo tradita, anche se tra noi non c'era stato niente. Ma come lei sostenne un niente che significava tutto. Mi buttò in faccia il suo dolore senza considerare il mio; mi gridò di andarmene, lei ce la faceva benissimo da sola. E allora la prima ed unica lacrima le rigò il volto, mai l'avevo vista piangere e vederla piangere per me era troppo. Nonostante intuissi quante lacrime avevano annebbiato i suoi occhi prima di quella.

Ma non resistetti oramai uno ad un centimetro dall'altro, col sangue furioso nelle vene e l'amore negli occhi e nel cuore la baciai.

Per la prima volta conobbi l'amore, quello vero. Lei ricambiò, ma sapeva che avrebbe dovuto passare altro tempo prima che diventassi totalmente suo, nel senso più innocente della parola.

Fu il bacio della mia vita, fu la nostra riappacificazione e fu il nostro addio.

Lei riuscì a dimenticarmi ed io no.

Io passavo le notti a stringere Carla sperando solo a Giulia. Lei passava le notti dimenticandomi, attimo per attimo.

Scoprii poi che lei mi aveva davvero superato. A lei era bastato darmi tutto il suo amore, o almeno la maggior parte.

Conobbe un uomo di cui odio ancora il nome: Stefano. Ma una cosa devo ammetterla erano perfetti assieme: lo intuì la prima volta che li scorsi in un ristorantino messicano lei rideva e lui le teneva la mano senza esitazione. Quanto avevo esitato io solo a dichiararmi a lei.

Per giorni diventai un'altra persona, un estraneo. Ripensavo solo agli occhi di Giulia immersi in quelli di Stefano: quello sguardo lo ricordavo bene, così Giulia mi guardava nei primi momenti assieme.

Era lo sguardo dell'amore e non era più rivolto a lui.

La decisione che presi fu l'unica che mi si presentò possibile, sapendola felice: lasciarla andare.

Vivetti la mia vita con Carla e lei fece lo stesso con Stefano.

Tutto sarebbe andato secondo i piani se Carla non avesse insistito per una pre luna di miele a Venezia durante il carnevale, difatti avevamo fissato la data per Maggio.

Piazza San Marco era gremita di gente e le maschere trionfavano tutt'attorno la sera del grande festeggiamento. Eppure di tutto quello splendore io mi fermai per tutta la serata su un abito di tulle ed organza di un leggiadro colore bianco, ma soprattutto sul corpo che lo vestiva con tale portamento e su di lei.

L'avrei riconosciuta fra milioni: Giulia.

Non sembrava vero che lei fosse lì. Paragonata alla figura di Giulia quella di Carla era rozza e volgare.

Volevo Giulia più dell'aria quella sera e assieme al desiderio si presentò la sua smentita data dall'evidenza.

Tornai in hotel presto rispetto alle altre coppie: Carla non sopportava i fuochi d'artificio; così decisi di fermarmi nel salottino che dava sull'atrio dell'hotel per vederli dalla vetrata quei famosi fuochi.

Un tacchettio mi fece voltare, fu così che riconobbi il bianco latte del tulle di quell'abito sfarzoso indossato da Giulia. E riconobbi lei.

Non feci in tempo a fermarla, inutilmente chiesi al personale il suo nome. Non mi rimaneva che aspettarla. Quando finalmente scese aveva tolto la maschera così che i suoi occhi potevano risplendere in tutta la loro bellezza su quel volto e fu così che mi rinnamorai di lei per la milionesima volta, ma fu diverso. Ai piedi di quella scalinata aspettando lei capii che ero pronto ad amarla. E lo volevo.

Le andai incontro senza fretta, la avvolsi tra le mie braccia e seguendo solo l'istinto la baciai. Non solo le mie labbra la stavano baciando, tutta la mia anima si intrecciava alla sua; e sentivo che per lei era lo stesso.

Stavo baciando i miei sogni, i miei incubi, le mie paure, le mie emozioni: stavo baciando un pezzo di me stesso che finalmente ritrovavo.

Ma lei si staccò troppo presto per me. Mi cinse il collo e mi sussurrò che era troppo tardi, lei lo amava davvero Stefano. E la loro storia non era un gioco.

Non sentii o forse feci solo finta o forse ancora non me ne importava. La ribaciai con più sentimento. Lei si distaccò con più velocità. Mi ripeté le stesse parole. Lei si allontanò ed io sprofondai in me.

Avevo rovinato tutto. Il mio tutto.

Non la vidi più per il resto della vacanza, successivamente conobbi anche Stefano, quanto possono essere strane a volte le circostanze. Mi raccontò del loro amore e mi disse come l'aveva trovata in lacrime sulla metro e come si fosse sentito in dovere di proteggere quella ragazza troppo fragile dal mondo troppo spietato. Da quel momento non si erano più lasciati e proprio a Venezia la proposta di matrimonio era stata fatta e accettata. La data era per marzo.

La verità è che Stefano aveva avuto coraggio e io avevo solo pensato a me stesso.

Tornai a Milano, passarono i giorni e in un attimo si sentì la brezza di Marzo, quella stessa brezza che un eternità fa aveva scompigliato il vestito di Giulia in un mondo che oramai mi sembrava parallelo.

Non potevo cedere così. Certo amavo Carla, col tempo avevo imparato a farlo, ma imparare ad amare non è mai amare.

Mi informai, raggiunsi la chiesa e trovai la sposa: bella come non mai.

Non ricordo come, quel giorno ero troppo emozionato per riuscire a ricordare qualcosa di sensato, dovevo strapparla dalla certezza di Stefano per offrirle il mio amore che perfetto non era, ma la portai in disparte lontana da tutti i preparativi. La mia anima ed il mio amore erano in ginocchio davanti a lei, mi ero aperto a lei e la stavo supplicando a scegliere me. Non avevo molti argomenti a mio favore ero spinto solo dal mio amore.

Lei mi rifiutò ripetendomi quello che a Venezia avevo sentito già troppe volte. Era troppo tardi.

 

 

Lei si sposò ed io me ne andai. Tornai da Carla, il destino o meglio Giulia mi aveva fatto scegliere lei.

Il nostro matrimonio fu allestito ed organizzato. Io dovevo solo dir di sì all'altare a Carla, qualcosa di semplice; eppure i dubbi mi torturavano in quei pochi minuti da solo prima della funzione.

Sei proprio deciso a sposarla quell'arpia, vero?”

Una voce scherzosa e maliziosa mi assalì alle spalle. Era lei. Giulia.

Mi girai e la vidi splendida in un vestito di un azzurro pallido e l'unica frase che riuscii ad articolare fu:

Non sei vestita di bianco. Strano, il bianco è il tuo colore.”

Mi rispose prontamente dicendomi che questo era tempo di cambiamenti. Le chiesi cosa ci faceva al mio matrimonio mi rispose che voleva portarmi via dalla scelta sbagliata come io avevo salvato lei.

Non si era sposata. Mi bastava questo la baciai.

 

 

Il resto della storia lo sai. Vediamo un po' questi spiedini.”

 

Papà?”

 

Sì?”

 

E' una storia meravigliosa. Tu e mamma vi amate davvero. È qualcosa di stupefacente. Ma perchè ora? Perchè solo adesso me la racconti?”

 

Per quella ragazza che poco fa ha chiamato. Per dirti di non ripetere gli errori di tuo padre. E, Tommy, devi imparare a prendere le persone che ami prima che sia troppo tardi o peggio qualcuno te le rubi.

Io e tua madre abbiamo sofferto tanto per costruire un noi.

Se quella ragazza di fa battere il cuore o versare lacrime per cazzate. Esci, vai prendila e falla tua. Non permettere all'orgoglio di vincere.”

 

Papà. Ti voglio bene.”

 

Ti voglio bene anche io Tommy. Ora vai a prenderti ciò che ti spetta.”

 

Salutami mamma.”

 

 

Così dicendo Tommaso corse fuori dalla porta e si scontrò con sua madre, Giulia. Lei entrò e salutando il marito chiese il motivo di tanta fretta. La verità era stata svelata.

Edoardo si avvicinò a sua moglie e stringendola per i fianchi la baciò con ardore senza lasciarla scappare, inutile dire la riposta di lei: più amorevole di quella del marito.

La condusse in cucina e senza neanche assaggiare gli spiedini, come due adolescenti, si lasciarono trasportare dal loro amore. Mai invecchiato.

  
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