Anime & Manga > Kuroko no Basket
Ricorda la storia  |      
Autore: Hebi_Grin    06/02/2013    1 recensioni
[AoKaga]
AoKaga "triste", in cui i personaggi sono alla rottura del rapporto (faccio i Crack dei Crack Pairing, wow!)
Ora che lui non c’era era chiaro. Non era la passione, era il suo odore ad aleggiare nell’aria, ed era ciò che mancava. Ma aveva danzato abbastanza a lungo affinché fosse una piccola traccia fosse ancora lì, sulla sua pelle e nella sua memoria.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Daiki Aomine, Taiga Kagami
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

NdA:

Salve!

Eccomi qua, con un'altra AoKaga. E anche stavolta, l'ispirazione è venuta alle tre di notte, ascoltando una canzone, che è stata un po' la base di tutto, senza farne però una Songfic. Non son pienamente soddisfatta, a tratti anzi mi pare incasinata. Io la capisco perché l'ho scritta, ma non potrebbe essere così ovvia per un esterno.

La canzone ispiratrice è stata "Something in the air" (da cui poi il titolo) di David Bowie. Qui potete trovare il testo con traduzione a fronte (è la seconda canzone) e qui la canzone.

Il banner è preso da una doujinshi chiamata "The white dream Aomine sees". Se la ritrovo metterò il link. Non so quanto c'entri con la storia, ma pazienza. Mi sembrava l'immagine più adatta. 

Se doveste trovare qualunque tipo di errore, nel testo, negli avvertimenti, ovunque, fatemelo pure sapere. Come tutte le mie fic, anche questa potrebbe essere soggetta a revisioni per renderla più comprensibile e "pulita".

Ah, le frasi tra virgolette alte, che sono tra l'altro in corsivo, sono pensate. Se devo far parlare un personaggio (non è questo il caso), son solita usare i caporali.

Grazie a chi leggerà e a tutte voi, che sopportate la mia presenza nel Fandom (?). ^^

Image and video hosting by TinyPic


 

Something in the air

 


L’aveva fatto davvero, gli aveva detto di sparire. Non dalla sua vita, quello non sarebbe stato possibile. Si sarebbero incontrati comunque, sul campo. Daiki si era accorto di aver danzato con lui troppo a lungo e guardava, con occhi vacui che non aveva avuto quando aveva lasciato il suo Taiga – troppo orgoglioso, per permettere alle sue reali emozioni di trapelare anche in quel momento – la stanza in cui avevano condiviso nottate di furente passione. La finestra era chiusa, così come le tende, lasciando quella che era stata l’unica testimone del loro amore – mai pronunciato come tale, c’erano stati solo piccoli gesti e o loro nomi sussurrati a mezza voce nei momenti di intimità – nella penombra.

Aomine percorreva lentamente la stanza, guardando ogni dettaglio ora mancante. Lui non era più lì, e ogni singola cosa di quella camera gli ricordava, muta, la sua decisione. Le ante dell’armadio, ancora aperte, gli mostravano l’altra metà vuota. Gli abiti dell’altro non c’erano più, così come lo scaffale, nella parete a fianco, era semivuoto. Solo un tigrotto di peluche ormai logoro era ciò che di Kagami era rimasto. Logoro come doveva essere l’animo suo e dell’ormai ex amante. Si erano distrutti. Avevano vissuto tempi migliori, e si erano già lasciati altre volte nei peggiori, ma stavolta era successo nonostante andasse – almeno in apparenza – tutto bene.

Avevano usato tutto ciò che potevano per ottenere ciò che volevano. Con la forza nei loro corpi e gli occhi riempiti di immagini l’uno dell’altro, si erano avuti fino ad ottenere il corpo e l’anima altrui. Ma si erano persi per la strada, sebbene non volessero niente di diverso che l’altro. Sì, si desideravano troppo, e Aomine aveva da tempo cominciato a rendersi conto che, nonostante il loro desiderio fosse più vivo e bruciante che mai, si stavano distruggendo a vicenda. E non erano i segni lasciati sul corpo a portare alla distruzione, ma quelli dell’anima. Stavano diventando dipendenti da quella passione, e cominciavano a realizzare che non era solo quello, che il loro sarebbe potuto chiamarsi ‘amore’. Ogni volta che aveva sentito che dalle sue labbra stavano per uscire le parole “Ti amo”, le aveva soffocate con un bacio passionale. La loro opportunità l’avevano avuta, ma l’avevano rifiutata, ed era quindi come se non ci fosse mai stata.

“Non guardarmi negli occhi, vedresti ciò che provo”.


 

Erano stati stretti l’uno nelle braccia dell’altro, nella la loro ultima notte. Aomine si staccò, lentamente, dall’altro addormentato  – e non per premura, ma per evitare che, svegliandolo, il flusso dei suoi pensieri venisse interrotto. Sentiva la stanza attorno a sé, piena dei loro oggetti e dei loro respiri pesanti e regolari, tremendamente vuota, o forse troppo piena. I loro ansiti e urla strozzate l’avevano riempita, ma ora erano spariti. Voltando la testa verso il compagno, notò un’espressione tesa in un ghigno, quelli erano i soli sorrisi che si rivolgevano facilmente. Guardando poi verso il soffitto se ne accorse: non poteva dirgli niente, non avevano nient’altro da dirsi. Eppure avrebbe voluto, e doveva quindi sostituire le parole che sentiva con altre, ben più dure, e allontanarlo da sé e limitarsi a scontrarsi sul campo, con lui.

“Non aprire gli occhi, potresti capire prima dell’alba”.

Aomine sentiva chiaramente qualcosa nell’aria, e nella sua mente, tutto ciò che riusciva a pensare era che fosse l’odore della passione. Ma non sapeva che il suo pensiero non era del tutto corretto.

 


Aveva visto la sua testa non abbassarsi, di fronte a lui che gli diceva quelle difficili, ma forse necessarie, parole. Si erano presi tutto ciò che avevano potuto dell’altro, esteriormente e interiormente. La sua testa rimarrà alta anche dopo, troppo orgoglioso anche lui per dargli la soddisfazione, ma abbastanza interessato da continuare a lottare, perché da quel punto della corsa non c’era ritorno.

 “Non riesco a credere che ti stia chiedendo di andare; non guardarmi negli occhi”.


 

Ora che lui non c’era era chiaro. Non era la passione, era il suo odore ad aleggiare nell’aria, ed era ciò che mancava. Ma aveva danzato abbastanza a lungo affinché fosse una piccola traccia fosse ancora lì, sulla sua pelle e nella sua memoria.

Ma c’era anche qualcosa nell’occhio, che non avrebbe mai ammesso fosse una lacrima.


Solo un’ora fuori casa, dopo averglielo detto per lasciargli il tempo di andare, e lui non era già più lì, portando via persino la pienezza dell’aria.

Si sarebbe aspettato uno scontro, ma stavolta non gliene aveva dato il tempo. Se l’avesse fatto, sarebbe stato doloroso e non divertente. Era stato tutto uno sbaglio, e avrebbe continuato a sbagliare, se fosse rimasto lì a cedere alla passione.

Ne avrebbe pagato il prezzo sul campo.



Daiki si alzò, aprendo la finestra ed entrando sotto la doccia. I residui dell’odore di Taiga sarebbero stati portati via dall’aria fresca e il sapone avrebbe – così almeno sperava – lavato via il suo odore.

Eppure c’era qualcosa che avrebbe dovuto dire, e sapeva benissimo cosa. Avrebbe dovuto, ma non poteva né voleva, preferendo rinunciare alla possibilità di essere felice con lui, per non distruggersi e tornare ad essere suo avversario solo sul campo.

Ciò che sentiva nell’occhio – “Non era una lacrima”, continuava a ripetersi – ora si confondeva con l’acqua che scivolava, leggera, sul suo corpo.

“Non guardarmi negli occhi, non c’è nulla in essi. Ma vorrei poter vedere ancora i tuoi, come ieri notte”.

 

 

 


   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Kuroko no Basket / Vai alla pagina dell'autore: Hebi_Grin