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Autore: maxmin1997    07/02/2013    2 recensioni
Cassie Montgomery è una ragazza sveglia, una in gamba, diciamo. E' bella, timida e aspirante scrittrice. Non si fida dei ragazzi, li tiene lontani come la peste. La sua vita ha un solo difetto: Derek King.
Derek King è quello che si dice 'un ragazzo cool', è una specie di genio temuto da tutta la scuola, e desiderato da tutte le ragazze. E' stronzo, menefreghista e con una certa predisposizione per i guai. Gli piace la sua vita, tranne per una cosa: Cassie Montgomery.
Dal testo:
"Mi fermai, ma senza girarmi. Sentii il suo respiro sul collo, e il suo viso che si avvicinava al mio orecchio.
“Sei finita, Cassie Montgomery”
Sì, ero finita davvero."
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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                                      1. Le elezioni



"Amare è permettere ad un altro cuore di sentirsi a casa nel nostro."
 


Era un altro giorno del duemilaschifoqualcosa e come sempre mi preparavo a un’altra lunga ed estremamente noiosa giornata. La mia sveglia, quella dannatissima sveglia regalatami per il mio sedicesimo compleanno, non la smetteva di suonare nonostante le avessi dato già due botte. Ogni mattina la stessa storia, ogni mattina mi ripetevo di doverla cambiare, e puntualmente non lo facevo. Dopo circa altri cinque vani tentativi, mi convinsi ad alzarmi e a spegnere quell’affare maledetto. Meditai qualche istante sulla possibilità ti tornare a letto, ma erano già le sette e un quarto, ero già in ritardo per la tabella di marcia. Esatto, avevo una tabella di marcia che prevedeva che mi alzassi alle sette del mattino, e che mi vedeva alle otto seduta al banco a ripassare la lezione del giorno. Ovviamente questa famosa tabella era una gran cazzata. La normalità di solito era alzarsi con venti minuti di ritardo, consumare l’acqua calda, farsi sgridare da mamma e arrivare a scuola con circa dieci minuti di ritardo, prendendosi la quotidiana ramanzina dal bidello.
Comunque il mio problema principale in quel momento era un altro: muovere i piedi uno dopo l’altro fino ad arrivare alla doccia.
Dopo un po’ di autoconvinzione la mia missione era ufficialmente completata e mi stavo godendo il vapore dell’acqua che mi accarezzava la pelle.
“Cassie! Cassie ti vuoi muovere?! Perché ogni giorno è la stessa storia con te? Sono stanca, mi senti? Stanca!” le urla di mia madre mi fecero prendere un mini infarto.
Appoggiai la testa sul marmo freddo della parete e lentamente chiusi i pomelli dell’acqua, mi asciugai velocemente e cominciai a scegliere minuziosamente cosa mettermi. Su queste cose ero una specie di maniaca, dovevo avere sempre l’abbigliamento perfetto per l’occasione. E quella di oggi sarebbe stata una grande occasione. Ci sarebbero state le elezioni per il rappresentante d’istituto. Ovviamente io non ero una candidata, ma la mia migliore amica, Helena, sì. E tutti i voti erano a suo favore.
Colta dall’idea, presi una gonna larga e morbida con una stampa a fiori che mi arrivava nemmeno a metà coscia, una maglietta infilata dentro a righe, stile marinaresco, un cardigan rosa chiaro e i miei stivaletti di pelle nera col tacco. Mi misi un filo di mascara e rossetto rosso. Mi guardai allo specchio soddisfatta del risultato. Sapevo di non essere né bella né sexy, ma ero contenta così. Alta circa un metro e settanta, capelli ondulati biondo grano che mi arrivavano sotto il seno, di una seconda scarsa, e occhi azzurri e molto espressivi a quanto pareva.
Uscii di casa dopo aver salutato mia madre, prendendo in tempo l’autobus e godendomi il raro sole che c’era a Londra quella mattina. Arrivai a scuola giusto due minuti prima che il bidello chiudesse i portoni, per una volta ce l’avevo fatta. Corsi verso la mia classe, consapevole che sia Helena che la prof di biologia, la Johnson, mi avrebbero fatto fuori.
Mentre correvo, però, andai a sbattere contro qualcosa di massiccio, o qualcuno in quel caso.
“Ma che diavolo…” cominciai, ma appena alzai il viso mi bloccai. Davanti a me c’era Derek King, il ragazzo più popolare della scuola alias hacker della scuola alias cattivo ragazzo su tutti i fronti alias nemico cruciale di Helena, e nemico mio.
“Oh, ma guarda chi c’è. Dovresti vedere dove metti i piedi… Montgomery, giusto?”
“Sì” dissi in un sussurro, non riuscendo a smettere di guardare quei due occhioni verdi che mi fissavano con interesse.
“E così sei il cagnolino di Helena eh” sghignazzò lui.
Ecco. In quel preciso instante tutto il mio interesse, seppur minimo ovviamente, era scomparso. Come si permetteva di darmi del cagnolino?! Sentii le guance imporporarsi e cominciai a scaldarmi.
“Non sono il suo cagnolino” ribattei con voce più sicura di quanto pensassi.
“No certo che no, ma le vai sempre dietro e fai qualsiasi cosa ti chieda” mi disse con un sorriso enigmatico.
“Lo faccio per la campagna elettorale” sibilai io. Era già tardi e non avevo intenzione di restare ancora a farmi insultare da un cretino come lui.
Fece per andarmene, ma lui mi prese per un braccio, come a trattenermi.
Immediatamente sentii una specie di scarica elettrica, e dovette sentirla anche lui, perché mi rivolse uno sguardo ambiguo.
“Non vi illudete troppo. Vincerò io alle elezioni”
Io mi liberai della presa e, lanciandogli un’occhiata di fuoco, una di quelle inceneritrici, corsi verso la mia classe.
“Signorina Montgomery, le sembra davvero l’ora di arrivare, questa?” esordì quella specie di avvoltoio alla cattedra.
Fin dal primo giorno di scuola l’avevo inquadrata in quel modo. Mi era sembrata un vero e proprio avvoltoio, in attesa delle prede da mangiare, per sfamarsi.
“Si sieda e non ci faccia perdere altro tempo”
Io obbedii e andai al mio posto, vicino alla mia migliore amica che non aspettò nemmeno un secondo prima di riempirmi di domande.
“Dovecavoloseistata?Eperchèseituttarossa?Avrestipotutoavvertirmichenonvenivi?!”
Io la guardai scettica. Cosa aveva appena detto?!
“Eh?” fu la mia risposta intelligente.
“Dove cavolo sei stata?! Perché sei tutta rossa? E perché non mi avverti mai quando ritardi? Avrei potuto coprirti con la Johnson” disse finalmente un po’ più calma.
“Allora, sono in ritardo lo so, sono rossa perché ho incontrato quel deficiente di King, che mi ha rivolto parole non proprio carine, e non ti avv…” non feci in tempo a finire di parlare perché la mia amica mi rivolse un’occhiata scioccata e da indagatrice al tempo stesso.
“Che diavolo ti ha detto?”
“Che sono il tuo cagnolino e che vincerà le elezioni” dissi, omettendo però la parte in cui mi afferra per il braccio ed entrambi sentiamo una stupida scarica elettrica decisamente strana e che potrebbe essere interpretata decisamente male dalla mia amica alias regista di film mentali da Oscar.
“Che sei il mio cagnolino?! Ma come si permette quel gran pezzo di mer…”
La interruppi immediatamente prima di attirare l’attenzione dell’avvoltoio.
“Helena calmati! Vinceremo quelle elezioni e gli faremo vedere chi è che comanda” dissi risoluta.
La mia amica aveva un ottimo curriculum per diventare rappresentante d’istituto; era una studentessa modello, un vero e proprio genio, partecipava alla maggior parte dei corsi offerti dalla scuola, come il club di scacchi, il club del giornalino scolastico, il club per i crediti scolastici… tutta roba particolarmente noiosa per me, ma sicuramente eccitante per Helena.
“Che poi – cominciai – non ho mai capito perché uno scansafatiche come lui voglia diventare rappresentante. Che ci guadagna? Di certo non il rispetto della gente, quello ce lo ha già”
Helena fece per pensarci un po’, per poi uscirsene con una delle sue risposte sagaci:
“Credo che voglia semplicemente dimostrarsi superiore. Non solo a me, quanto a tutti gli altri. Vuole dimostrare di saper battere la ragazza più talentuosa della scuola, senza offesa Cass.. – non mi offesi per niente, sapevo che tra le due era lei la migliore, ed ero fiera di lei ovviamente – Quindi non so, credo che sia tutta questione di ego maschile” osservò.
Ci riflettei per un minuto e poi concordai con lei, aveva decisamente ragione. Solo uno come Derek King poteva esporsi in quel modo per orgoglio, o ego, o entrambe le cose.
Finite le angoscianti ore di lezioni, ci dirigemmo verso l’aula magna, che avrebbe ospitato le votazioni e gli esiti.
Helena era chiaramente in ansia, si spostava da un piede all’altro e si stava nervosamente mangiando le sue unghie di solito super curate. Mentre la guardavo osservai che era strano che una come lei non avesse un ragazzo o cose simili. Quando ne parlavamo sviava sempre il discorso, segno che lasciava intendere che qualcuno effettivamente c’era, e avevo seri sospetti sul suo compagno di scritture al giornalino. Era alta, carnagione abbronzata e capelli neri e fluenti, occhi a mandorla e un sorriso davvero incantevole.
Le misi una mano sulla spalla, a mo’ di incoraggiamento e lei mi fece un sorriso che sembrava più una smorfia.
“Salve a tutti ragazzi! – esclamò una voce esageratamente stridula che non poteva appartenere che a Julie Vanderwall, una secchiona che si occupava di tutte le rappresentazioni e gli eventi scolastici, senza però prenderne parte – Eccoci finalmente all’atto finale!” la sua voce era carica di allegria, ma nella sala regnava una tensione così intensa che si sarebbe potuta tagliare con un coltello.
“E’ l’ora di contare i voti e proclamare il vincitore!”
Proclamare il vincitore? Cos’era un duello medievale? Ma andiamo…
Intanto Helena si era fatta davvero pallida e mi stavo seriamente preoccupando. La portai a sedere e vidi le lacrime solcarle le guance.
“Helena, Helena dimmi che è successo!”
“Ma niente Cass, sono solo preoccupata p-per la gara…” disse tremante.
Certo e io me la bevevo secondo lei.
La vidi rivolgere un’occhiata in un punto lontano, seguii il suo sguardo e vidi che si posava su King, che le sorrideva malignamente.
In un attimo tutto fu decisamente chiaro.
Mentre Julie si dava da fare a contare i voti accompagnando ogni bigliettino da una battuta scadente, a passi pesanti andai verso Derek.
Lui si rivolse distrattamente verso di me e mi squadrò dall’alto in basso, come a cercare di capire perché una come me volesse parlare con uno come lui.
“Che vuoi, Montgomery?” disse con un tono di voce roco e annoiato.
Lo guardai meglio. Era il tipico belloccio inglese. Capelli biondi e mossi, che gli arrivavano poco sotto le orecchie, occhi verde prato, alto almeno un metro e ottantacinque e abbastanza massiccio. Dai due bottoni della camicia nera lasciati aperti, si potevano intravedere gli addominali scolpiti e improvvisamente cominciai a sentire caldo e a innervosirmi.
“Come mai sospetto che alla fine avrai tu l’esito positivo in questa stupida elezione?”
Lui mi sorrise, sapeva che io sapevo.
“Beh, non so. Magari ti sei resa conto che il migliore tra me e quella specie di ragazza, sono io” disse con una sfrontatezza esagerata.
“Come hai fatto a corrompere l’elezione? E perché Helena non ha intenzione di fare nulla? Che diavolo le hai detto brutto stronzo?”
La sua espressione si fece più dura, ma il sorriso non accennava a sparire.
“Ti conviene andarci piano con i paroloni, piccola. Altrimenti potresti rimanere decisamente spaventata da quello che potrei farti se mi fai incazzare” disse in un sussurro, avvicinandosi in modo pericoloso a me.
“Non chiamarmi piccola. E poi non mi spaventi nemmeno un po’. Voglio delle risposte o giuro che…”
“Che mi fai? Mi picchi? Lo vai a dire al preside? Chi ti crederebbe?” ribatté lui non lasciandomi finire.
“Ci sarebbero delle persone che mi crederebbero…” dissi poco convinta.
“Sì, il bidello! Torna a giocare con le bambole, piccola. Ho un discorso di vittoria da preparare” e con questo si girò, dandomi le spalle.
I suoi occhi non avevano smesso nemmeno per un secondo di fissarmi, quasi di analizzarmi. Mi ero sentita accaldata e non capivo perché. Sicuramente era a causa dell’incazzatura…
Quando mi girai verso Helena, la vidi un po’ più calma, ma con lo sguardo di chi sa che ha già perso. Cos’era cambiato nelle ultime cinque ore che l’aveva fatta dubitare? Che mi aveva fatta dubitare.
“Eccoci all’ultimo voto ragazzi! Helena Robinson e Derek King sono al pari, quindi vincerà chi avrà questo voto!”
Dovevo assolutamente fare qualcosa, qualcosa di drastico. Dovevo imbrogliare in qualche modo. Avevo circa due minuti, quando mi venne il colpo di genio.
 
 
“E l’ultimo voto va a… Derek King!” Urla e schiamazzi irruppero per tutta la sala, ma furono bruscamente fermati.
“Aspettate, ragazzi, aspettate. Il mio assistente mi ha appena fatto notare che ci sono ancora quattro biglietti. Scusateci, deve esserci sfuggito!”
Aspettai con trepidazione e mi andai a mettere vicino a Helena, che intanto già piangeva.
Vidi di sfuggita lo sguardo di Derek trafiggermi, alla fine dell’elezione avrebbe saputo che ero stata io. Chi altri sennò?
“Un voto a Helena Robinson, un altro Derek King, un altro ancora per la Robinson e attenzione ragazzi! Il voto finale è di Helena Robinson!”
Grida di eccitazione e bandierine con la faccia di Helena volavano per tutta l’aula. La mia amica mi guardava con le lacrime di felicità e mi ringraziava in piccoli sussurri. Le strinsi la mano e mi affrettai a uscire dalla sala, non volevo imbattermi per niente al mondo in Derek.
Presi per un momento in considerazione l’idea di cambiare scuola, o Stato.
“Guarda guarda, la piccola guastafeste che se la svigna”
Quella voce mi fece raggelare il sangue nelle vene.
Mi fermai, ma senza girarmi. Sentii il suo respiro sul collo, e il suo viso che si avvicinava al mio orecchio.
“Sei finita, Cassie Montgomery”
Sì, ero finita davvero.                                      

  
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