So go when you can't burn inside.

Flashback.
Le camminate fra luci notturne della città.
Flashback.
Quella panchina in cima alla collina, da cui vedemmo il Sole scomparire.
Flashback.
Quando ci dissero che il nostro amore era sbagliato, che non saremmo mai finiti in paradiso.
Flashback.
Quando dopo questa affermazione mi hai avvicinato e preso la mano.
«Non essere mai spaventato di ciò che sei», mi sussurrasti.
«Tutti sono passeggeri, quello di stasera sarà solo uno dei tanti incidenti nell'autostrada della tua vita.
Quello che devi fare è continuare a guidare, ad andare dritto, mantendendo il ricordo.»
Flashback.
«Non piangere, quando me ne andrò.
E se accadesse, asciuga i tuoi occhi e rinizia a credere.»
Flashback.
Il momento in cui capii che non era un semplice arrivederci.
Flashback.
Quando ritrovarono il tuo corpo senza anima in un vicolo dietro il parco.

–

Ho sempre avuto un rapporto di amore-odio con i flashbacks.
Ti riportano indietro nel tempo, ti fanno rivivere sensazioni che ti hanno cambiato.
Ma ti avvolgono in un'aria di nostalgia, perché se nuoti nei ricordi, vuol dire che ciò che stai vivendo non è più quello di un tempo.
Anche se a volte può essere anche un fattore negativo.
Puoi avere flashback del tuo passato, quello che non vuoi raccontare a nessuno.
Ti fa star male, fa tornare a galla quei momenti in cui avresti semplicemente voluto staccare la spina.
Ma, se lo guardi da un altro punto di vista, se ne è rimasto solo il ricordo,
vuol dire che qualcosa è cambiato.

Io vivevo di flashbacks.
Era come una cura alla malattia stessa.
Se continuavo a ricordare, sarebbe sempre rimasto vivo nel cassetto della mia memoria.
Ma ogni volta che mi fermavo a pensare a Gerard, non riuscivo a pensare che rivivere il passato fosse una medicina.

Flashback.
Il sangue che scorreva sul pavimento del bagno mentre cercavo di non pensare.
Di non pensare al dolore mentale, e di concentrarmi su quello fisico.
Di non pensare a quello in cui avrei potuto dare di più, invece non l'ho fatto.
 

Mi ricordo lo schifo provato per me stesso, dopo quel giorno.
Ero davvero caduto così in basso?
Così in basso da volermi far del male?

Flashback.
«Non essere mai spaventato di ciò che sei»

Come potevo non aver paura di me stesso?
Chiunque dovrebbe essere spaventato da me.
Da quando se n'era andato, ero diventato un automa.
Vivevo di pillole e routine, per riempire il vuoto della sua assenza.
Ormai mi rendevano ciò che sono.

Flashback.
Il giorno dopo la tua morte, il biglietto che trovai sulla mia scrivania.
«Non lasciare mai che rubino la luce dietro i tuoi occhi,
per sempre tuo,
Gerard.»

Strinsi quel foglietto nella mano destra.
Era tutto ciò che mi rimaneva di lui, oltre che i ricordi.
Ed era tutto ciò di cui avevo bisogno.

Flashback.
Quando decisi che l'unica cosa che potevo fare, era starti vicino.
Che la mia vita non aveva più importanza, senza la tua compagnia.
Quando decisi di ritornare al tuo fianco, silenziosamente quanto velocemente.

Ed adesso sono qui.
In un mondo orribile, dove l'unica cosa bella eri tu.
In un mondo dove ti insegnano ad odiare, invece che ad amare.

Dove il nostro amore era sbagliato,
mentre dove saremo -insieme- tra poco non lo sarà più.

‘Cause if you just stop breathing,
I'll stop, I'll stop my heart
I’ll stop breathing too.

 

Author's Corner

Salve a tutti (?),
sono di nuovo qui con una 'cosa-indefinita' (comunemente conosciuta come 'one-shot') invece che continuare la mia long.
Okay, uccidetemi.

Ma avevo un'infinita voglia di pubblicare qualcosa sulle Conventional Weapons.
Le quali, diciamolo, sono il frerard in musica e parole.
E boh, mi è uscita questa cosa abbastanza -molto- senza senso e deprimente.
Ma le one-shots depresse hanno sempre un qualcosa in più, penso (?).

E niente.
SONO GIA' FINITE, AH PIANGO. --
Ridete, mangiate tanti pickles e recensite (recensionate?) questa cosa. ♥
with love,

Simo.