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Autore: Ria-chan    07/02/2013    9 recensioni
C'è chi ama troppo poco, chi troppo a lungo,
c'è chi vende e c'è chi compra;
Chi compie l'atto con molte lacrime,
e chi senza un sospiro:
Perché tutti uccidono la cosa che amano,
Anche se dopo, non tutti muoiono.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Donghae, Eunhyuk
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa volta, davvero, merito di essere picchiata XD
Ho scritto questa scemenza in preda al delirio per la rilettura di una delle mie opere preferite.
L'ho riletta tante volte da impararla a memoria e, mi ero ripromessa, che prima o poi l'avrei utilizzata in qualche modo in una storia.
E' toccato a loro, mi dispiace.
Ho un mare di cose da dire su questo scritto ma per lo più le lascerò per la fine; unica cosa che ci tengo a dire è che questa fic è triste, deprimente e forse pesante, chi non ama il genere è meglio che non si arrischi a leggerla. 
Per cui... come direbbe la mia sorellina... metto in chiaro questa cosa: 
!WARNING! BROKEN HEART! XD

Perché tutti uccidono ciò che amano

 
Che questo lo sentano tutti!
Chi lo fa con uno sguardo amaro,
e chi con una lusinga,
Il codardo con un bacio,
Il coraggioso con la spada!
Chi uccide il suo amore da giovane,
e chi lo uccide da vecchio;
Chi lo strangola con le mani della lussuria,
chi con le mani dell'oro:
I più pietosi usano un coltello, perché
i morti si freddano così presto.
C'è chi ama troppo poco, chi troppo a lungo,
c'è chi vende e c'è chi compra;
Chi compie l'atto con molte lacrime,
e chi senza un sospiro:
Perché tutti uccidono la cosa che amano,
Anche se dopo, non tutti muoiono.
(O. Wild)

 

E Donghae non è morto, non dopo aver detto a HyukJae di stargli lontano, di non avvicinarsi a lui e non rivolgergli, oltre che parola, neanche un singolo sguardo o respiro.
Non è morto quando ha deciso di rinunciare completamente a lui, di allontanarlo da sé come fosse la peggiore delle creature sulla Terra e, ancora, non è morto neanche quando, con fredda crudeltà, ha ucciso l’amore che gli era rivolto.
 
-Senti Hae.- E la voce di HyuJae aveva tremato. -Dobbiamo… dobbiamo parlare.-
E, ancora, la sua voce aveva vibrato, si era affievolita come stesse perdendo vita, forza e sicurezza e, in effetti, questo era ciò che stava succedendo al suo possessore.
Donghae lo aveva guardato sollevando appena gli occhi sul suo viso visibilmente provato, preoccupato e stanco.
-Dimmi. Ma fai presto.-
Non era stata sua intenzione essere così freddo, non con lui, non con il suo più caro amico, non con la persona che più contava per lui al modo dopo la sua famiglia. Eppure non aveva potuto fare altro che agire d’istinto, porsi sulla difensiva per quel tono e quell’espressione che sembrava non preannunciare nulla di buono.
Chissà perché si ha sempre l’impressione che, se dette più velocemente e, prestando ad esse meno attenzione, le brutte notizie possano risultare più leggere…
-Non so come dirlo.-
-Non sai come dire qualcosa… a me?-
E su “me”, Donghae, vi aveva posto l’accento: cosa poteva esserci di difficile da dire a lui, dal momento che parlavano insieme ogni attimo di ogni giorno?
-Già.-
Il minore si aspettò quasi una risata, una di quelle leggere che scuoteva l’amico accompagnata da un sorriso gengivale che era solito incontrare sullo splendido viso di HyukJae; in realtà aveva sperato che fosse così perché, se avesse riso, probabilmente la notizia non sarebbe stata grave come sembrava.
Ma esiste anche la risata nervosa, Hae. Non lo sapevi?
-Forse è il caso che te lo dica un’altra volta.-
HyukJae fece per girare i tacchi, voltarsi verso la porta e lasciare la stanza dell’amico: non era più certo di ciò che voleva fare, dire, mostrare; aveva scorto la leggera irritazione sul volto di Hae e sapeva, in qualche modo, che non era il momento adatto.
-Ora dimmelo invece!-
Era scattato in piedi Hae.
La curiosità è più forte di tutto: della paura, dell’insicurezza e delle conseguenze.
-E va bene.-
Hyuk sospirò, voltandosi di nuovo verso Donghae e cercando, inutilmente, di incatenare il suo sguardo a quello dell’amico.
Trasse un profondo respiro.
Donghae strinse tra la mani il lembo della sua maglia.
-Può sembrarti una cazzata e credo penserai ad uno scherzo… anche io ho pensato lo fosse per… per lungo tempo, ma non lo è, Hae.-
-Cazzo Hyuk, vuoi sputare il rospo o no?-
-Io… credo di averlo capito ora…-
-Cosa? COSA Hyuk!?-
La voce di Donghae si era fatta più alta.
Perché?
Agiva d’istinto.
Per qualche assurda ragione Donghae aveva sentito il bisogno di fare così, di difendersi, di spaventare.
-TI VOGLIO!-
Il silenzio, dopo quelle parole urlate da HyukJae, piombò nella stanza.
Donghae fissò l’amico inclinando leggermente il capo, sorridendo ad un angolo della bocca:
-Scusa?-
C’è chi uccide l’amore ridendo di lui…
-Voglio te. Non come amico, come… altro.-
Il sorriso, quel ghigno spiacevole, scomparve:
-Stai scherzando vero?-
Chi lo uccide con parole taglienti…
-Pensi potrei scherzare su una cosa del genere?-
La sua voce sembrava seria, il suo sguardo, rivolto verso il basso, ferito, e, il suoi pugni stretti lungo il fianchi, sinceri.
-Sì.-
Donghae sollevò le spalle.
-Infondo non è quello che facciamo sempre, con il fan-service?-
E chi rinnegandolo con tutto se stesso.
 
C’è chi muore dopo aver ucciso l’amore ma, Donghae, non è morto quando, senza parole o sospiri, lacrime o singhiozzi, insulti o preghiere, HyukJae ha mantenuto il silenzio non degnandosi di guardarlo.
Non è morto quando gli ha urlato contro, contro quel silenzio che vale più di mille parole o discorsi.
-Va’ via! Esci di qui! Non avvicinarti mai più a me! Hai capito?! Stammi lontano!-
E, non è morto, neanche quando ha sentito il cuore dell’esatta sua metà su questa Terra frantumarsi con la dolce musica di un cristallo al suolo, dolce solo quanto la voce del suo possessore può essere.
-Da oggi non parlami più, io e te abbiamo chiuso.-
-Come vuoi Hae.-
Ma, è stato mortalmente ferito, quando HyukJae ha proferito quelle semplici, dolci parole con occhi lucidi di tristezza e dolore, sorriso accennato e tremante, e voce flebile.
Quando il maggiore è uscito da quella stanza senza sbattere la porta, senza inveirgli contro o supplicarlo di dimenticare tutto e tornare al rapporto che avevano prima.
E per giorni allora Donghae non gli parla, non lo guarda, lo evita, uccidendolo come solo un assassino di cuori può fare.
Non gli rivolge attenzione, sospiro o scherzo, abbracci o strette di mano, non gli chiede di condividere letto o cibo e, più di tutto, non gli regala sorriso.
Lo sta uccidendo lentamente, ma lui, nonostante ciò, non viene condannato a morte.
E’ anzi libero di dimostrare la sua vile forza andando nella sua stanza a portargli il cibo come il suo hyung gli ha gentilmente chiesto di fare, osservarlo disteso sul letto, rannicchiato su di esso come un bambino sperduto e non accennare a nessuna carezza o gesto di pietà come ci si aspetterebbe.
E’ libero di sporgendosi oltre il bordo del letto, curioso, scorgere i tratti decisi dell’amico e osservare la scia di fredde lacrime accendersi alla luce esterna della città illuminata che gli riga il volto.
E’ libero perfino, sporgendosi abbastanza, di sfiorare con le sue labbra quelle di HyukJae dormiente e di non dover pagare per il delitto che sta commettendo.
 
Tutti uccidono ciò che più amano e, di questo, dovrebbero morirne.
Assassini di amore, di cuore e di felicità.
Assassini volgari di anima.
Dovrebbero pagare per il dolore che infliggono, per la freddezza, dolcezza, falsità, calore, con cui lo fanno.
Dovrebbero morire semplicemente per il dolore di aver ucciso qualcuno, di avergli annerito il cuore.
Essere condannati a morte come i più vili assassini.
Ma Donghae non è morto quando ha ucciso l’amore di HyukJae.
Perché?
 
Perché tutti uccidono l’amore,
chi con un bacio,
chi con dolci lusinghe,
chi con parole taglienti
e chi rinnegandolo ed allontanandolo da sé;
ma, per morirne davvero, bisogna solo uccidere il proprio.
E con esso ogni traccia di speranza che esso porta con sé.
E Donghae, incapace, non è ancora riuscito ad uccidere il suo.




Bene, come promesso, se avete avuto fegato di leggere fin qui, vi dico tutto ciò che avevo in mente.
Prima cosa, l'opera che citavo prima, dalla quale è tratto il primo verso, é: "The ballad of Reading Gaol" di Oscar Wilde.
Ovviamente il significato di quel meraviglioso verso è completamente diverso da quello che ho utilizzato io. Nell'opera, infatti, l'atto è fisico: un uomo uccide la moglie e viene condannato a morte e, l'opera, è una denuncia all'assassinio in quanto "pena" da pagare. Non sto qui a dirvi i restanti significati, la trama specifica o altro ma solo che, avendo estratto il brano dal suo contesto, è ovvio che non corrisponda al suo significato primario.
Io infatti ho inteso la cosa più come "morte dell'anima" che non fisica.
Il dolore cioè che chiunque, facendo del male (fisico o psicologico) a qualcuno, dovrebbe provare. Un dolore che ovviamente è tanto forte quanto più è importante la persona ferita e che, in questo caso, avrebbe dovuto portare alla morte.
In aggiunta poi... ammetto che avevo sempre desiderato scrivere una storia simile, in cui Donghae o HyukJae rifiutassero l'amore dell'altro rimanendone "schifati o traditi".
Insomma, a parte tutti i filmini mentali che ci facciamo (meravigliosi per l'amor del cielo!) anche questa è un'ipotesi valida...
Oh, beh, comunque ci ho messo un "piccolissimo"... happy ending? Ok no. Ma almeno ho lasciato una speranza aperta. Perchè? Ahhhh! Perché a parte tutto vi assicuro che fa' troppo male anche a me immaginare uno scenario in cui Hyuk e Hae siano seprati per sempre TT_TT
Detto questo, visto che vi ho già tormentato abbastanza, la smetto XD
Non credo qualcuno avrà avuto davvero il fegato di leggere fin qui ma, se quel qualcuno esistesse, lo ringrazio di cuore.
Ora filo a scrivere qualcosa di allegro XD e tenterò di farmi perdonare XDDD
Per cui... alla prossima *w*
   
 
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