Hungry Like The Wolf
Ci sono solo due posti dove poter bere a Storybrooke: uno è Granny’s, l’altro è il Rabbit Hole. Il primo è perfetto
per chi cerca la tipica atmosfera familiare, fra volti amici e il profumo della cucina di una volta. Il secondo è ottimo per
staccare la spina, con le sue luci soffuse e quella parvenza di trasgressione che aleggia nell’aria. Entrambi, però, hanno un
terribile difetto: nel primo lei c’è, nel secondo no. È vero, le cose possono sembrare esclusive: se è un problema la sua
presenza, com’è possibile lo sia anche la sua assenza? Lo stesso vale per il viceversa.
Whale non si sarebbe mai lasciato condizionare da questo fatto: certo, non avrebbe disdegnato di lasciar scivolare lo sguardo lungo
quel corpo perfetto ma il non averlo di fronte non sarebbe stato un problema, avrebbe semplicemente posato gli occhi su
qualcos’altro... d’accordo, qualcun’altra. Ora, però, non sono più Whale... o meglio, non sono più solo Whale e
l’altra sera ho scoperto una Ruby diversa, una ragazza che non è solo trucco e tacchi alti: ho conosciuto Red. Sapere che anche lei
porta sulle spalle il peso di un passato mostruoso ha reso la sua presenza terribilmente rassicurante ma, allo stesso tempo,
Victor... io non sopporterei di vedere nei suoi occhi lo stesso disprezzo che sapeva regalarmi mio padre ogni volta che
posava lo sguardo su di me. È per il secondo motivo che alla fine ho scelto il Rabbit Hole, è per il primo che ora sono qui
sulla strada mentre cammino verso la meta che ho precedentemente scartato.
Granny’s è proprio di fronte a me, dall’altro lato del viale, mi fermo sotto un lampione ed esattamente in quel momento lei
esce per ritirare l’insegna: è quasi orario di chiusura. Whale rimpiange le sue minigonne inguinali, Victor la trova più bella così,
io non posso evitare che un sorriso si dipinga sulle mie labbra nel pensare alla tenera bambina che, nell’immaginario comune
di questo mondo, rappresenta Cappuccetto Rosso.
Non faccio un passo, trattengo anche il respiro... come potrei giustificare il fatto che sono qui a guardarla come un idiota?
Sottovaluto il suo istinto di lupo terribilmente, tant’è che ci mette giusto mezzo secondo ad accorgersi della mia presenza.
Si volta ad una velocità tale che non riesco neanche a fingere di essere lì per caso ma, così, posso notare l’espressione sul suo
viso: non c’è stupore, ancora prima di girarsi sapeva già che ero io... possibile sia l’ombra di un sorriso quella che
intravedo?
Mentre si avvicina a passo deciso ne approfitto per spostare l’attenzione sul cemento ai miei piedi.
«Sempre a fare le ore piccole...» attacca bottone, non abbiamo più avuto modo di parlare da quella volta.
«Le vecchie abitudini sono dure a morire» le rispondo mentre rialzo lentamente il capo... che gambe lunghe che hai.
Lei allarga appena le narici e la sua bocca si tira leggermente di lato «Ho notato» risponde con una lieve nota di rimprovero. Deve
aver sentito l’odore di quello che ho bevuto, non c’è altra spiegazione.
«Ho preso solo un bicchiere» mi sento in obbligo di giustificarmi, senza sapere realmente il perché. Sicuro chiudo gli occhi e mi
tocco il naso con l’indice di una mano «Non sono ubriaco, visto?»
Che labbra rosse che hai, è l’unica cosa che riesco a pensare mentre ridacchia divertita e comincio a credere che possa
essere brillo per davvero ma, forse, non è per il vino.
«Che cosa ti porta da queste parti?» non indaga sulle confidenze che ci siamo scambiati giorni prima, sa bene che per i tipi come me
è inutile insistere, abbiamo bisogno dei nostri tempi, del momento adatto... lo sa bene perché è così anche per lei.
«Ho una fame da lupo» le rispondo senza effettivamente mentire, anche se non sono sicuro sia esattamente bisogno di cibo quello
che sento. Distratto da questo pensiero mi accorgo troppo tardi della battuta scadente che è appena uscita dalla mia bocca.
Difatti lei inarca un sopracciglio e le sue iridi verdi mi riservano un’ironica espressione piccata... che occhi grandi che
hai. Scuoto la testa e sospiro, mandando mentalmente al diavolo i fratelli Grimm prima che mi metta a sparare qualche altra
scemenza del tipo: mangiami pure meglio, se vuoi. «E’ stata un’uscita infelice, scusa» fortunatamente è questo che sento
dire dalla mia voce.
Ruby sorride e fa un gesto di noncuranza con la mano «Stavo per chiudere a dir la verità, nonna è già andata a casa...» si
mordicchia le labbra indecisa ma, prima che riesca a dirle che non ha importanza, continua «Non credo, però, che a Granny’s
dispiacerà rimanere aperto un altro po’. Sempre che le vada bene la mia di cucina, la avverto che è mia nonna quella brava...»
la sua espressione assume improvvisamente un’aria di sfida «Io mi limito a consegnarli i cestini, ricorda Dottor Frankenstin?»
So dove vuole andare a parare e non posso fare a meno che un sorriso vada ad allargarsi sulle mie labbra, in fin dei conti è tutta
la sera che me la sto cercando «Il mio nome è... Frankenstein»
Ebbene sì, mi sono lasciata contagiare dalla Frankenwolf ù__ù
Spero di essere riuscita a rimanere nel personaggio di Whale/Victor: è stata una vera
e propria sfida. Devo ammettere che mai, prima d'ora, mi era passato per l'anticamera del cervello di scrivere su di lui. Da quel che abbiamo visto
fino adesso, Victor me lo immagino così: più affidabile di Whale ma lo stesso un po' birichino, se mi passate il termine... cioè non
penso tornerà a sbavare dietro a tutte le gonnelle di Storybrooke ma non credo nemmeno si trasformerà nel baldo principe senza macchia, in fin
dei conti andava pur sempre a dissotterrare cadaveri XD
Il titolo della fic è ripreso dall'omonima canzone dei Duran Duran che mi ha dato il "la" per la sua stesura.
Come avrete notato, ci sono più riferimenti alla favola di Cappuccetto Rosso e, per il finale... ebbene sì, non ho resistito: è una citazione
di Frankenstein Junior di Mel Brooks. Covo in segreto il desiderio che, prima o poi, Whale/Victor inizi a gridare: "Si può faaareeeeee!"
Detto questo vi saluto e vi ringrazio per aver letto. Inutile dire che sarei molto felice di sapere la vostra impressione.
Cida