Libri > Hunger Games
Segui la storia  |       
Autore: AllePanda    08/02/2013    1 recensioni
Il canto della rivolta. Epilogo della trilogia. Ho provato ad immaginare eventi diversi a partire da circa metà della storia, dal capitolo 17 in poi. Katniss non riesce a convincere la Coin a farla partecipare alla battaglia finale contro Capitol City. Questo modificherà un bel po' gli eventi che di seguito verranno. Un finale diverso, ma forse neanche tanto... Ovviamente non sarò mai all'altezza dell'autrice, ma ho deciso di scriverlo più per me che per altri... Auguro comunque Buona lettura. Sperando di non farmi odiare...
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Presidente Coin, Presidente Snow
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta, Spoiler!
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 Hunger Games (il canto della rivolta) “Come doveva andare”

Ho letto tutto d’un fiato l’ultimo libro di questa fantastica trilogia. Purtroppo però avevo immaginato qualcosa di diverso e così ho pensato di riscrivere la storia dal punto in cui ho iniziato a non trovare più ciò che volevo all’interno del libro. Un seguito diverso, più romantico forse di come lo ha vissuto Katniss. SPOILER!! Per chi non avesse letto il terzo libro, vi sconsiglio di leggere questa fan fiction!!!




Finalmente Katniss e Peeta hanno una conversazione. Lu ha chiesto di parlarle dopo diverso tempo.
[“E andava bene a tutti e due che tu baciassi l’altro?” chiede Peeta.
“No. Non andava bene a nessuno dei due. Ma io non vi chiedevo il permesso” rispondo.
Peeta ride di nuovo. Glaciale, sprezzante. “Beh, sei una bela stronza, non ti pare?!” Haymitch non protesta quando me ne vado.  Cammino lungo il corridoio. Attraverso l’alveare dell’unità abitative. Trovo una lavanderia una tubatura calda dietro a cui nascondermi. Ci metto parecchio prima di capire perché sono tanto indispettita. E quando ci arrivo, ammetterlo è quasi troppo umiliante. Tutti quei mesi in cui ho dato per scontato che Peeta mi considerasse meravigliosa sono finiti. Adesso mi vede per quello che sono realmente. Violenta. Sospettosa. Manipolatrice. Letale.
E lo odio per questo.



CAPITOLO 17

Colpita a tradimento. E’ così che mi sento quando Haymitch mi ordina di tornare in ospedale. Scendo di volata le scale che portano al Comando, la mente in subbuglio, e irrompo direttamente in un consiglio di guerra – Come sarebbe a dire che non vado a Capitol City? Io devo andare! Sono la ghiandaia imitatrice!- dico. La Coin alza a malapena lo sguardo dal proprio schermo – E in quanto Ghiandaia Imitatrice, hai raggiunto il tuo obiettivo primario: riunire i distretti contro Capitol City. Niente paura, se tutto va bene, ti ci porteremo in aereo quando si arrenderà.
Quando si arrenderà?

 

- Ma sarà troppo tardi! Mi perderò tutto lo scontro. Io vi servo...sono il miglior tiratore che avete! – urlo. Di solito non me ne vanto, ma se non altro è abbastanza vero –Gale ci va.

- Gale si è presentato all’addestramento ogni giorno, a meno che non avesse altre mansioni autorizzate da svolgere. Confidiamo che sul campo saprà cavarsela – ribatte la Coin. – Tu a quante sessioni di addestramento hai partecipato?

A nessuna. Ecco a quante. – Be’, a volte era a caccia. E…mi sono allenata con Beetee, giù agli Armamenti speciali. – Non è la stessa cosa Katniss – dice Boggs. – Sappiamo tutti che sei sveglia e coraggiosa e sei un’ottima tiratrice. Ma sul campo ci servono soldati. Non hai idea di cosa voglio dire eseguire ordini, e dal punto di vista fisico non sei esattamente al meglio. – Tutto questo non vi preoccupava, quando sono stata nell’8. O nel 2, se è per questo – replico.
 

- Non ti avevamo autorizzata al combattimento in nessuno dei due casi, all’inizio – sottolinea Plutarch, lanciandomi uno sguardo che indica che sono sul punto di dire troppo. No, in effetti la battaglia contro i bombardieri nell’8 e il mio intervento nel 2 sono stati spontanei, avventati, e decisamente non autorizzati.  – E in un caso come nell’altro, hai finito per ferirti – mi ricorda Boggs. All’improvviso, mi vedo con i suoi occhi. Una diciassettenne piccoletta che non riesce neppure a tirare il fiato perché le sue costole non sono ancora completamente guarite. Trasandata. Indisciplinata. Convalescente. Non un soldato, ma qualcuno che ha bisogno di una balia. – Ma io devo andare – dico.]

 
 

- Ora basta – è il commento secco della Coin – il discorso mi sembrava concluso già da diversi minuti. E’ un’inutile perdita di tempo stare qui a parlarne ora. Lei non è autorizzata ad andare e questa è una decisione irrevocabile! –

Proprio nel momento in cui dovrei sforzarmi di trovare una ragione plausibile per convincerli del contrario mi rendo conto che una parte di me sente che hanno ragione. Fino ad ora ho sempre creduto che prendere parte alla battaglia finale contro Snow rappresentasse la mia unica ragion d’essere, ma che cosa voglio veramente? Uccidere Snow servirebbe forse a farmi sentire meglio? Uccidere, ancora una volta. Lui però merita una fine atroce e so che finché lui sarà in grado di respirare, la mia rabbia non si placherà. Ho sete del suo sangue: per tutto quello che ha fatto a me, alla mia famiglia, a tutto Panem. Eppure sento un groppo alla gola quando la mia mente rileva il fatto che la morte di Snow mai mi potrà restituire quello che ho perso.  Rue trafitta da una lancia, Cinna straziato dal dolore che crolla davanti ai miei occhi, Darius divenuto un senza voce, i Pacificatori che torturano Gale e… Peeta. Il timido ragazzo del Pane che ha perso una gamba per salvarmi la vita e che nell’arena durante l’Edizione della Memoria mi aveva promesso che avrebbe rinunciato a tutto per me, anche a se stesso. E così è stato quando per salvarmi, ancora una volta, ha parlato in diretta tv dell’attacco a sorpresa di Capitol City rivolto al distretto 13. Non scorderò mai quei pochi minuti che sono stati capaci di salvare Prim. Improvvisamente mi rendo conto che in realtà, ora che la mia famiglia è al sicuro e la rivolta in atto ha buone probabilità di riuscita, che la sola cosa di cui mi importa è Peeta. Non so cosa ribattere e quindi vengo presto congedata. Esco velocemente dal Comando sotto lo sguardo di compassione di Boggs che mi sembra carico di compassione e quello vittorioso e sprezzante della Coin. Non è finita qui. La mia parte nella storia non può essere sfumata del tutto. Escogiterò un modo per arrivare a Capitol City e avere una parte attiva in tutto questo, ma con calma. Voglio rimettermi in forze ma soprattutto la mia mente ha bisogno di una schiarita. Di certo però non potrò contare su nessuno tranne che su me stessa. Nemmeno Gale può essermi d’aiuto ormai. Ripenso all’addestramento che non ho mai fatto. Con tutto quello che è successo non mi sembrava una priorità trottare di qua e di là per un campo con un fucile in mano. E adesso pago per la mia trascuratezza. Di ritorno in ospedale trovo Johanna nella mia stessa situazione e fuori di sé dalla rabbia. Le racconto quello che mi ha detto la Coin – addestramento o no, ho tutte le intenzioni di andare in quella schifosa Capitol City, dovessi uccidere un equipaggio e volare là da sola! – dice Johanna. – Forse sarà meglio non farne parola con nessuno, almeno finché non avrò deciso come muovermi, ma è bello sapere che avrò un passaggio – ribatto. Johanna sogghigna e percepisco un leggero ma significativo cambiamento nel nostro rapporto.Non sono sicura che siamo davvero amiche, ma il termine “alleate” potrebbe essere quello giusto. Ottimo. Avrò bisogno di un’alleata. Soprattutto ora che so quanto sarà dura, visto che né Boggs, né Plutarch né tanto meno la Coin mi vogliono a Capitol City alle calcagna di Snow.
Il mattino seguente alle 7.30 sono già sveglia. Come sempre gli incubi hanno popolato il mio sonno e mi sono svegliata gridando. L’immagine del sangue di Peeta contro il vetro della telecamera di Capitol City mi compare ancora davanti agli occhi quando Johanna mi fa sobbalzare sfiorandomi un braccio con la mano. – Va tutto bene. Qalunque cosa fosse se ne starà a marcire nel tuo subconscio almeno fino al prossimo sonnellino – mi dice con tono decisamente poco rassicurante. Decido di ignorarla e comincio a ricordare gli eventi delle ultime ore. Lei torna al suo posto senza aggiungere altro. In quanto convalescente avrei diritto di non fare niente per tutta la giornata ma ovviamente non posso stare ferma a guardare gli altri che si organizzano per la battaglia finale contro Capitol City. Il mio cervello infatti ha già elaborato qualche mossa da fare. Tuttavia quel che riesco a combinare fino all’ora di pranzo è ben poco, solo qualche idea scarabocchiata su qualche foglio di carta mentre sto chiusa all’interno dell’armadio con gli articoli per la scuola. Scrivere mi serve a concentrarmi quando mi sembra di avere in testa soltanto nebbia. Ovviamente mi guardo bene dal lasciare tracce sparse in giro e provvedo subito nascondermi in tasca le prove delle mie macchinazioni. Va avanti così per qualche giorno. Ogni mattina Johanna mi si avvicina per dirmi che gli incubi sono spariti e che devo darmi pace, ma quegli incubi si fanno sempre più atroci e cruenti. Sogno Peeta che muore tra le mie braccia durante i primi giochi, prima che tutto avesse inizio. Seneca Crain non è stato ad aspettare che tirassi fuori le bacche e lo ha trafitto con una lancia. Vengo dichiarata vincitrice mentre annego in una pozza di sangue che mi ricopre la testa, gli occhi…mi entra nella bocca e mi soffoca. Il sangue caldo di Peeta scorre dentro di me e mi impedisce di gridare. Ancora: siamo sulla spiaggia, lui mi sussurra parole dolci e mi dice che io tornerò sana e salva a casa e all’improvviso la sabbia si fa liquida. La sua gamba d’accaio finisce in un mulinello che lo trascina giù e lui affoga. Io tento invano di aiutarlo e tutto ciò che mi rimane di lui e la perla che teneva in mano. La perla che nella realtà lui ha fatto in tempo a regalarmi poco prima di sparire. Solo che non è sparito risucchiato da uno dei perversi trabocchetti dell’arena. Quello che è successo nella realtà è molto peggio di ciò ho visto nell’incubo, perché almeno nel sogno lui non c’è più. Invece nella vita reale lui sembra esserci, eppure non è così. E’ un’agonia ancora più grande perché non posso lasciarlo andare ma allo stesso tempo l’ho già perso per sempre. Se non sogno di affogare nel sangue di Peeta o di vedermelo trascinare via, sono io a dover morire per mezzo delle sue mani che si avventano sopra il mio collo. I suoi occhi sono rossi come braci, come il sangue e colmi di odio mentre mi sento scivolare via senza fiato. La testa sembra scoppiarmi e sono costretta ad abusare un po’ di morfamina per cercare di calmarmi e recuperare un po’ di serenità che mi permetta di non impazzire. E’ passata una settimana da quando sono stata tagliata ufficialmente fuori dal piano d’attacco. Quello che ho ottenuto fino ad ora sono solo scarabocchi indistinti nascosti nelle tasche e ben poche idee chiare. Non ho più chiesto di Peeta a nessuno, anche se gli altri a volte me ne parlano. Non so cosa fare.
Quando arrivo al refettorio per l’ora di pranzo, trovo Gale ad aspettarmi. Nonostante il nostro rapporto si sia decisamente raffreddato, non mi dispiace del tutto averlo vicino. In questo momento mi sento così vuota che la sua compagnia in qualche modo mi fa sentire che ancora esisto, anche se saperlo in combutta con la Coin mi porta ad essere decisamente più diffidente nei suoi confronti. Lui sembra essere consapevole di tutto ciò, ma non ne parliamo.
Ricevere una ricca portata di stufato di manzo non fa male al mio umore – I primi carichi di cibo sono arrivati stamattina – mi spiega Sae la Zozza. – E’ manzo vero questo. Del distretto 10. Mica uno dei vostri cani selvatici. – Non ricordo che tu me li abbia mai rifiutati – ribatte Gale. Ci uniamo ad un gruppo che comprende Delly, Annie e Finnick. E’ impressionante vedere quanto il matrimonio abbia cambiato Finnick. Le sue incarnazioni precedenti – il decadente oggetto del desiderio di Capitol City che avevo conosciuto prima dell’Edizione della Memoria, l’alleato enigmatico all’arena, il giovane uomo a pezzi che cercava di aiutarmi a non crollare – sono state sostituite da qualcuno che sprigiona vita. Le vere attrattive di Finnick, fatte di umorismo schivo e di un carattere accomodante, si rivelano per la prima volta. Non lascia mai la mano di Annie. Né quando camminano né quando mangiano. Dubito che abbia in programma di farlo mai. Lei è persa in una specie di stuporosa felicità. Ci sono ancora momenti in cui si capisce che qualcosa le si intrufola nel cervello e in cui un altro mondo le impedisce di vedere il nostro. Ma qualche parola di Finnick la riporta indietro. Delly, che conosco da quando ero piccola, ma a cui non ho mai fatto molto caso, è cresciuta nella mia stima. Le hanno raccontato quello che mi disse Peeta la sera dopo il matrimonio, ma lei non è una pettegola. Secondo Haymitch, è il mio miglior difensore quando Peeta dà in escandescenze e si mette ad insultarmi. Prende sempre le mie parti, attribuisce la colpa delle sue percezioni negative alle torture di Capitol City, esercita su Peeta più influenza di chiunque altro, perché lui la conosce davvero. A pensarci però, anziché esserne felice, provo una strana sensazione all’altezza della bocca dello stomaco. In ogni caso, anche se Delly sparge zucchero a piene mani sui miei lati positivi in un modo che a me pare esagerato, apprezzo quello che fa. Sto morendo di fame e lo stufato è talmente delizioso – manzo, patate, rape e cipolle immersi in un sugo denso – che devo costringermi a rallentare. Da una parte all’altra del refettorio si percepisce l’effetto ristoratore che può dare un buon pasto. Il modo in cui rende le persone più gentili, più allegre, più ottimiste, ricordando loro che continuare a vivere non è un errore. Un buon pasto è meglio di qualunque altra medicina. Così cerco di farmelo durare e di unirmi alla conversazione. Inzuppo il pane nel sugo e lo sbocconcello mentre ascolto Finnick raccontare la buffa storiella di una tartaruga di mare che aveva preso il largo con il suo cappello. Rido prima di accorgermi che lui è lì, proprio dall’altra parte del tavolo, dietro il posto vuoto accanto a Johanna. E mi osserva. Di punto in bianco, il pane con il sugo mi va di traverso e mi si ferma in gola. – Peeta! – esclama Delly – E’ bello vederti…in giro.
Due robusti sorveglianti sono in piedi alle sue spalle. Lui tiene il vassoio in modo goffo, in equilibrio sulla punta delle dita perché i suoi polsi sono ammanettati l’uno all’altro con una corta catena.

 

- E quei braccialetti stravaganti? – chiede Johanna. – Non sono ancora del tutto affidabile – dice Peeta. – Non posso neppure sedermi qui senza il vostro permesso – indica i sorveglianti con la testa. – Ma certo che puoi sederti qui, siamo vecchi amici – dice Johanna dando un colpetto sullo spazio accanto a lei. I sorveglianti annuiscono e Peeta prende posto. – Le nostre celle erano una accanto all’altra, a Capitol City. Io conosco benissimo le sue urla e lui le mie.

Annie, che si trova dall’altro lato del di Johanna, fa quella cosa di coprirsi le orecchie per distaccarsi dalla realtà. Finnick lancia a Johanna uno sguardo di rimprovero e mette il braccio attorno a Annie. – Che c’è? Il mio strizzacervelli dice che non dovrei censurare i miei pensieri. Fa parte della terapia – replica Johanna. L’animazione ha abbandonato la nostro piccola festa. Finnick mormora qualcosa ad Annie finché lei non toglie pian piano le mani dalle orecchie. A quel punto, c’è un lungo silenzio, mentre tutti fanno finta di mangiare. Io mi sento il sangue raggelarsi nelle vene alle presenza di Peeta. Vorrei andarmene, scappare via da questa situazione assurda, ma non ne sono capace. Non voglio. Vederlo mi fa male ma so che se me ne andassi i miei incubi peggiorerebbero. – Annie – dice Delly con vivacità, - lo sapevi che è stato Peeta a decorare la vostra torta nuziale? Quando eravamo a casa, la sua famiglia gestiva la panetteria e lui faceva tutte le glassature.
Annie guarda circospetta dall’altra parte di Johanna. – Grazie Peeta. Era bellissima-
-E’ stato un piacere, Annie – dice Peeta e sento nella sua voce quell’antica nota di gentilezza che credevo scomparsa per sempre. Non che sia diretta a me, però c’è ancora. – Se vogliamo trovare il tempo per quella passeggiata, sarà meglio che andiamo – dice Finnick rivolto ad Annie. Sistema entrambi i vassoi in modo da poterli portare con una mano mentre tiene stretta la moglie con l’altra. – E’ stato bello vederti Peeta.
- Sii carino con lei Finnick. O sarò tentato di portartela via. – potrebbe essere una battuta, se il tono non fosse così gelido. Tutto ciò che esprime è sbagliato. L’aperta diffidenza nei confronti di Finnick, l’insinuazione che Peeta abbia messo gli occhi su Annie, che lei potrebbe abbandonare Finnick. Che io non esista neppure. – Ehi Peeta – dice Finnick con leggerezza – non farmi rimpiangere di averti rimesso in moto il cuore – Conduce via Annie dopo avermi lanciato un’occhiata preoccupata. Quando se ne sono andati Delly gli dice in tono di rimprovero: - Lui ti ha salvato la vita, Peeta. Più di una volta.
- Per lei. – Accenna a me con un rapido movimento della testa. – Per l’insurrezione, non per me. Io non gli devo niente.
Non dovrei abboccare ma lo faccio. – Forse no. Però Mags è morta e tu sei ancora qui. Questo dovrebbe contare qualcosa. – Già, tante cose dovrebbero contare qualcosa, ma a quanto pare non contano affatto Katniss. Ho alcuni ricordi che non riesco a capire e non credo che Capitol City ci abbia messo mano. Molte notti sul treno per esempio – dice. Ancora insinuazioni. Che sul treno ci sia stato qualcosa di più. Che quanto in realtà c’è stato (in quelle notti, se non sono impazzita, è solo perché lui mi teneva tra le braccia) non abbia più importanza. Tutta una menzogna, nient’altro che un modo per fargli del male. La mia mente vaga alla ricerca di qualche ricordo che possa essere stato manipolato. Mi viene in mente una notte, forse tra le più brutte. Non eravamo riusciti a salutare nessuno perché il nuovo gruppo di Pacificatori non ce  lo aveva permesso ed eravamo stati subito caricati verso Capitol City. Non volevo nessuno con me, perché il pensiero di Gale, Prim e mia madre mi provocava dei dolori atroci allo stomaco e alla testa. Avevo deciso di sfogarmi in quel momento per poi essere forte, per poi non avere più attimi di debolezza e lasciarmi tutto alle spalle. In realtà per tutto il viaggio non avevo fatto altro che ripetermi che non dovevo più sperare di tornare a casa via. Che sarei morta. E allora, se dovevo morire, ormai quello che c’era tra me e Gale non contava più. Così quando Peeta era entrato nella mia stanza per portarmi un bicchiere d’acqua, dopo avere sentito i miei singhiozzi, non mi era sembrato poi così orribile chiedergli di starmi vicino. Avevo un disperato bisogno di qualcuno che mi aiutasse a non impazzire. Le sue braccia mi avevano sollevata delicatamente dal pavimento della cabina per poi adagiarmi sul letto. Poi Peeta mi aveva detto di stare tranquilla e dopo avermi dato un bacio leggero mi ero stesa mentre lui aveva preso a slacciarmi gli stivali. – Dovresti dormire Katniss. Vedrai che andrà tutto bene. Faremo in modo di tornare vivi almeno in due. Tu e Haymitch potete farcela – mi aveva detto. Io ovviamente stavo già per ribattere quando la sua bocca si era di nuovo posata sulla mia. – Resti con me questa notte? – gli avevo chiesto senza opporre resistenza ai suoi baci. I suoi baci che erano l’unica ancora di salvezza verso qualcosa di bello, verso una sensazione di pace mai provata prima. Le braccia di Peeta devono avermi cullata a lungo prima che prendessi sonno. Le sue carezze sulla schiena, sulla testa mentre giocava con i miei capelli… E poi i baci sul collo, i miei sospiri..Le sue mani sui miei fianchi, sul seno…Ad un certo punto mi ero fermata alzandomi a sedere, quasi fossi stata preda di un incantesimo fino a qualche momento prima. – Peeta…io –. Lui senza aggiungere altro si era allontanato da me, voltandosi dall’altra parte – Buonanotte Katniss…-  
Peeta fa un piccolo gesto con il cucchiaio, collegando Gale a me. – Allora voi due siete ufficialmente una coppia, adesso, o la tirano ancora in lungo con la storia degli innamorati sventurati?

 

- La tirano ancora in lungo – dice Johanna. Una serie di spasmi fa si che le mani di Peeta si chiudano a pugno per poi allargarsi in uno strano modo. Tutto qui quello che riesce a fare per tenerle lontano dal mio collo? Accanto a me, sento tendersi i muscoli di Gale, temo una lite. Ma Gale dice solo: - Non ci avrei creduto se non l’avessi visto con i miei occhi.

- Cosa? – chiede Peeta. - Te – risponde Gale.

- Dovrai essere un tantino più preciso – dice Peeta. – Io cosa? –

- Intende dire che ti hanno sostituito con la versione malvagia di te stesso – spiega Johanna. Gale finisce il suo latte. – Ci sei? – mi chiede. Io non posso fare altro che alzarmi. Non ho la forza per replicare o per negare. Attraversiamo il refettorio per deporre i vassoi. Alla porta, un uomo anziano mi ferma perché stringo ancora in mano un avanzo di pane col sugo. Qualcosa nella mia espressione, o forse il fatto che non ho minimamente tentato di nasconderlo, lo induce a non essere troppo severo con me. Mi permette di ficcare il pane in bocca e passare oltre. Io e Gale siamo quasi arrivati alla mia unità, quando lui torna a parlare. – Non me l’aspettavo.

- Te l’avevo detto che mi odiava – dico. – E’ il modo in cui ti odio. Mi è tanto…familiare. Una volta mi sentivo così – confessa – Quando ti guardavo in tv mentre lo baciavi. Solo che io sapevo di essere ingiusto. Lui non lo capisce.

Raggiungiamo la mia porta – Forse mi vede semplicemente per come sono in realtà. Devo dormire un po’.
Gale mi prende per un braccio  prima che io possa scomparire. – Allora è questo che pensi, adesso? – Scrollo le spalle. – Katniss, in qualità di tuo più vecchio amico, credimi quando ti dico che lui non ti vede per come sei in realtà. – Mi bacia sulla guancia e se ne va.
Siedo sul mio letto, tentando di prendere sonno, mentre il ricordo delle notti insieme a Peeta mi ossessiona. Ripenso a quello che si sono detti lui e Johanna riguardo alle grida e immagino torture orribili perpetrate ai danni di Peeta. Nei miei sogni, tutto urla, stanotte.

CAPITOLO 18

Il tempo trascorre inesorabile. Mangio, respiro, sopravvivo cercando di trovare un modo per scacciare la noia e la fruastrazione. Tutti quanti in questo momento si stanno preparando all’attacco finale a Capitol City. Tutti tranne me. O meglio… loro credono che io abbia messo la testa a posto, ma in realtà io e Johanna abbiamo passato serate intere a parlare di come e quando intervenire. Ho deciso che uccidere il presidente Snow non mi farà sentire meglio, non mi restituirà notti serene e senza incubi, ma quantomeno sarà una rivalsa nei confronti di tutto il sangue che è stato versato. Perciò devo agire. Non chiedo mai di Peeta. Dopo l’episodio giù al refettorio mi costringo a non pensarci. Sarebbe più facile se ogni notte non mi apparisse in sogno per dirmi in tono accusatorio che sto negando quanto è successo sul treno. Se non ci fosse stato lui in quei momenti a riportarmi alla realtà, non so nemmeno io dove sarei adesso. Nel frattempo Gale e Finnick hanno fatto squadra assieme a Boggs e altri. Io in teoria dovrei presentarmi ogni giorno per le telecamere dato che la Coin non ha ancora rinunciato a sfruttare la mia immagine di Ghiandaia Imitatrice per i pass-pro. So bene che il patto era che una volta recuperato Peeta sarei tornata ad interpretare il mio ruolo, ma ora più che mai mi sento bloccata. E’ come se il mio cervello fosse di nuovo annebbiato. Esattamente come quando mi sono svegliata dopo che Johanna mi aveva tramortito per estrarmi il rilevatore dal braccio. Così di tanto in tanto mi tocca ripetermi nella testa: il mio nome è Katniss Everdee, ho 17 anni. Provengo dal distretto 12. Il distretto 12 è stato distrutto a causa mia dopo che per salvare me e il mio compagno di distretto Peeta Mellark ho avuto quella fantastica trovata delle bacche. La mia famiglia ora è al sicuro nel distretto 13 che ora so esistere ancora. Peeta Mellark ed io dovevamo sposarci per compiacere il presidente Snow e tutta Capitol City. Ero arrabbiata perché credevo che sarebbe stata una vita d’inferno. Ora Peeta Mellark non c’è più, c’è soltanto il suo involucro, che mi odia perché mi crede un ibrido e mi vuole morta. Peccato…perché a questo punto sento che avrei potuto anche essere felice con lui… I miei pensieri si fermano quando davanti a me, lungo lo stretto corridoio che porta al refettorio, compaiono Finnick e Gale. Entrambi hanno appena finito la loro sessione di allenamento ed ora, da bravi commilitoni, se stanno ridendo a proposito di quanto sia stato facile far esplodere alcuni manichini raffiguranti dei pacificatori. Senza che io chieda loro nulla, mi informano che Peeta ha cominciato a farsi vedere ai loro allenamenti mattutini. Aggiungono anche che non ha più manette ai polsi ma è costantemente accompagnato da un paio di sorveglianti. Mi spiegato che Plutarch ha deciso di renderlo partecipe visto che le telecamere hanno bisogno comunque di un protagonista, ora che io mi sono chiamata fuori. Ufficialmente sono convalescente e non in grado di intervenire. D’altra parte, hanno filmato Annie che si sposava con Finnick, ma l’intero Panem si sta chiedendo che fine abbia fatto Peeta. Il pubblico deve vedere che qualcuno combatte per gli insorti, non per Snow. In fondo poi, la Coin ha sempre pensato che fosse Peeta quello da recuperare e da utilizzare nei suoi pass-pro, non io! Certo, se magari potessero avere qualche ripresa di noi due assieme…Non dobbiamo baciarci per forza, solo sembrare felici perché siamo di nuovo assieme…
Me ne vado, interrompendo la conversazione. Questo non succederà.


 

 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: AllePanda