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Autore: The queen of darkness    08/02/2013    2 recensioni
E' un viaggio; persa nel qui in attesa dell'adesso.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una mano.
Anzi, due che ne formano una.
Una stretta, una vita, una sola condivisione.
Per me questo non ha mai avuto significato; i poeti lo descrivono, gli altri lo vivono. Ma cos’è realmente?
Non farei mai in tempo a viverlo. Né io, né tu, né noi.
Finirebbe prima di cominciare.
Le mie mani sono troppo secche per ospitarne altre, ci scrivo sopra mille canzoni, screpolate sui dorsi, macchiate di pittura. Chi sopporta delle mani su cui viene scritta la realtà?
Nessuno, ecco chi.
Le mie labbra non possono accogliere baci; sono tagliate in mille punti, amanti degli aggettivi e delle forme che le parole, accusatorie, traditrici e oscure, assumono. Chi sopporta delle labbra che hanno sopportato il peso di promesse non mantenute?
Nessuno, ecco chi.
I miei occhi colmi d’atrocità, peccati e vizi, non possono colmarsi che di amare visioni. Non sono pronti, e mai lo saranno, a bearsi di ciò che tutti definiscono bello.
Bella è la pioggia, bella è l’arte, bello è un libro; buono il suo odore, il rumore delle pagine che vengono sfogliate, rilassante il ticchettio di tastiera su cui viene scritto.
Ma…chi vorrebbe accettare il peso che questo corpo tenta disperatamente di occultare con una risata, un sorriso perenne?
Un continuo chiedere “stai bene?”, e mai poter rispondere “sì”, perché nessuno ricambia.
Sembra che le domande da fare, più importanti, siano altre, prima di questa. “Dove sei nato?”, “che lavoro fai?”, “dove vivi?”.
Se si imparasse a chiedere di più riguardo ad altri aspetti, come “ti senti morire?”, “sei a pezzi?”, io credo staremmo tutti meglio di come stiamo adesso.
È dura splendere se un fiume opaco ci invade. È dura fingere, se nessuno ci dà l’occasione di sfogare la verità in un posto qualsiasi. Ma è dura anche essere sinceri, perché ormai troppe bugie ci hanno assillato, assoggettato, martoriato, e come si fa adesso a distinguere ciò che è finto e partorito da noi e separarlo dal destino, dal caso, dai fatti realmente successi?
Non si può. Anzi, l’unico modo è ricavare la propria esistenza dal passato.
Ma il passato delle mie mani, dei miei occhi e delle mie labbra non è ricordato.
Vedo il tuo sorriso, dell’uomo che dovrebbe essere il più importante nella vita di ogni figlia, ma le consapevolezze di adesso lo offuscano.
Ricordo come il mondo fosse riassunto in quello che credevo essere l’infinito.
Ricordo come quel tempo abbia compromesso quella che sono.
Ricordo il primo tema che scrissi, e di come parlai del significato della luce nelle case, di come volesse che ve ne fosse di calda anche nella mia.
Mi chiedevo perché non potevo averla, cosa avessi fatto per meritarmi queste mani, questi occhi e queste labbra.
Ora di peccati ne ho commessi, ma credo solo per giustificare quest’eterno quesito che ancora mi assilla, e forse mi assillerà sempre. Perché nessuno è disposto a donare un po’ della propria pace?
Perché nessuno possiede la pace. La pace è un’ideale, soppressa dai mostri delle anime di ognuno. Parlo di guerre dentro i confini di un corpo, scenari di battaglia a forma di organi, campi delimitati da vene, sangue che non esce dai propri vasi.
Eppure, la forza del cuore che esplode è devastante: impossibile da ricucire.
Come facciamo a raccogliere e riunire qualcosa che è spezzato fra pareti che non possiamo attraversare? Non senza morire?
Attendo, sullo scoglio più alto del mare più tempestoso, che arrivi quella persona capace di spingermi giù nel dirupo, facendomi valicare distanze che non ho mai avuto il coraggio di affrontare.
Ho troppa paura di cadere: non so cosa potrebbe succedere.
Potrei morire…oppure potrei cominciare a volare. 
 

  
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