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Autore: miss potter    08/02/2013    5 recensioni
Di quella volta in cui Sherlock riesce, a suo modo, a fare qualcosa di... stimolante per John.
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lo ammetto. Non è da me ridere di qualcosa che fa, che dice, che indossa il mio coinquilino. Piuttosto sono il tipico amico che ti fa notare quanto tu sia maleducato, sconveniente, estremamente irritante, inconcepibilmente esasperante fino ai limiti dell’umana prevedibilità.
Ma mai avrei creduto che io, John Hamish Watson, mi sarei davvero ritrovato nell’imbarazzante situazione di qualche giorno fa…

Ero rincasato dal lavoro, stanco, sfatto come uno straccio, credendo, sperando che davvero a Sherlock fosse venuto in mente di farmi trovare la tavola apparecchiata e qualcosa di commestibile in cima. Niente di impegnativo. Solo un toast. Freddo. O gli avanzi del giorno prima.
Ovviamente, niente di tutto questo era accaduto, con mia più suprema assenza di sorpresa a riguardo.
Il tavolo era cosparso di ampolle contenenti liquidi di vario colore e odore, il microscopio sotterrato da una montagna di carta scribacchiata e una tazza di tè rovesciata che aveva bagnato tutto il resto. Cominciai a prendere in considerazione di impiccarlo, strangolarlo, decapitarlo con una mazza chiodata o affogarlo nella vasca, se non fosse stata abitata da una colonia di larve di insetto stecco al secondo stadio.
“Sherlock!” gridai, immaginando di ritrovarmelo disteso sul divano a meditare su come far esplodere l’appartamento, o intento a lucidare il suo stramaledetto violino con le scarpe sulla poltrona che io avrei dovuto lucidare.
Non ottenendo risposta, appoggiai, o meglio, scaraventai la borsa dell’ambulatorio in entrata, vicino al portaombrelli, e mi avviai a passo di marcia verso il salotto.
“Fermo e deciso, John. Fermo e deciso. Come coi bambini, o le reclute indisciplinate” continuavo a ripetermi, stringendo i pugni.
Ma, come vi ho già anticipato, la scena che mi si materializzò davanti fu a dir poco epica, al limite della comune decenza e serietà.
Mi paralizzai tra il divano e le poltrone, strofinandomi gli occhi e sperando che fosse tutto gioco della stanchezza che mi pesava sulle palpebre, o qualche allucinogeno che il mio coinquilino aveva disperso nell’aria.
Sherlock era lì, accucciato sul divano, le gambe raccolte al petto, una tshirt bianca e i pantaloni grigi del pigiama, calzini blu e una tazza di tè fumante tra le dita.
Che c’è di strano? Assolutamente nulla, se non fosse stato per il grande, enorme, mastodontico fiocco di velluto azzurro che portava al collo…
“Sherlock…” riuscii a mormorare, portandomi una mano alla bocca per evitare di morire dal ridere sul posto.
Sembrò vergognarsi a morte della sua condizione. Stringeva la tazza di tè come un antistress e i capelli neri, arruffati e vaporosi, gli nascondevano parte del viso, rosso dall’imbarazzo.
Mi avvicinai cauto, come se avessi a che fare con un grosso gatto indifeso sul chi va là, appollaiato sul cuscino del divano e due occhioni blu enormi incastonati nelle orbite.
“Sherlock, cos’è… questo?” gli chiesi, sfiorando la stoffa morbida del fiocco.
Mugugnò qualcosa ma non capii cosa volesse dirmi. Così mi sedetti accanto a lui, misurando i miei movimenti come se quella sottospecie di felino con due gambe e due braccia potesse balzare dal divano da un momento all’altro e sfuggire alla mia curiosità.
Respirava piano, apparentemente tranquillo, ma ero certo che stava macchinando qualcosa. E non mi piaceva, proprio per niente.
“Sherlock…”
“John, ti prego. È già imbarazzante così” rispose roco, sorseggiando poi un po’ di tè dalla tazza che stringeva forte tra le dita affusolate.
Cercai di trattenermi dal ridere e, davvero, non fu per niente facile.
Cos’era quella? Tenerezza che stavo provando? Oddio, mi sembrava davvero un grosso, soffice micio bisognoso di coccole e attenzioni, raggomitolato su se stesso e schivo come ogni buon gatto che si rispetti. E quel fiocco azzurro, che stava davvero da Dio con i suoi occhi di un meraviglioso verdazzurro madreperlaceo, non aiutava proprio per niente. Lo teneva dietro al collo, quel deliziosamente pallido e morbido collo, attraversato da un paio di grosse vene violacee quasi impercettibili sotto la pelle diafana.
Era teso come una delle corde del suo violino e, in un certo senso, mi dispiaceva per lui. Ma d’altra parte, cosa diavolo gli era saltato in mente?! Carnevale era passato da un po’.
“Sherlock, perché indossi un fiocco azzurro?”
Sospirò, agitando il tè nella tazza.
“L’ho letto su internet.”
Criptico. Dannatamente enigmatico, come al solito.
“Cosa hai letto?”
10 trucchi per attirare l'attenzione del partner, John. Sul tavolino.”
Sul tavolo davanti al divano, al centro esatto, c’era un foglietto e dieci punti a cui seguivano brevi frasi scritte di getto che riportavano la sua calligrafia.
Lo presi in mano e incominciai a leggere, ad alta voce:


10 trucchi per attirare l’attenzione del partner:

  • La giurisdizione delle faccende di casa non è unilaterale: contribuisci.
  • Metti da parte l’orgoglio e ricorda che col miele si acchiappano molte più mosche che con l’aceto.
  • Spirito di iniziativa: invita il tuo lui da qualche parte.
  • Spegni la tv e accendi le lenzuola.
  • Sai cucinare? Preparagli qualcosa con le tue mani. Non sai cucinare? Improvvisa!
  • “Grazie” è sempre la parola magica in ogni situazione.
  • Sorprendilo! Qual è il suo colore preferito? Indossa qualcosa di vistoso di quella tonalità.
  • Le poesie fanno sempre centro!
  • Ricordagli che l’ami. “Ti amo” è composto da poche, semplici parole che possono essere pronunciate in meno di due secondi ma che regalano un’eternità d’emozioni.
  • Sii te stesso.

 

Ammetto che non potei trattenere oltre quella risata che si stava accingendo ad esplodermi tra le pleure da ormai troppo tempo. Evidentemente, dovette interpretarla come una presa in giro, o un qualcosa del genere, perché si voltò repentinamente dalla parte opposta del divano dandomi così le spalle e facendo ondeggiare quell’enorme fiocco azzurro dietro il collo.
“E dai, Sherlock… che carino che sei stato” cercai di rimediare, accarezzandogli la schiena.
Al contatto, s’irrigidì.
“Smettila. Sono patetico.”
“Non è vero. Sei, come dire… semplicemente umano.”
Silenzio. Era un’offesa quella per il grande e sovrannaturale Sherlock Holmes?
“Sherlock.”
“Che c’è?”
“So che muori dalla voglia di farmi vedere come hai adempiuto a tutti i punti.”
Touché. Sapevo come trattarlo, il mio geniale, ma banalmente prevedibile ragazzo.
Difatti, ritornò alla posizione nella quale l’avevo trovato, posò la tazza sul tavolino e mi puntò gli occhi scintillanti d’ego addosso.
“Uno puoi anche dedurlo.”
Mi soffermai ancora con lo sguardo sul fiocco e ripensai a tutti i punti.
Colore preferito. Azzurro! Sorrisi, benevolo.
“Indovinato. Come hai…”
“Elementare. Passiamo oltre.”
Mi guardai intorno. La cucina era un disastro, quindi non poteva aver soddisfatto davvero tutte le richieste della lista.
“Riguardo al contribuire, Sherlock… beh, non si può dire che la cucina sia in ordine.”
Sbuffò, incrociando le braccia al petto.
“John, tu e la tua odiosa mania di guardare e non osservare... Non trovi che il soggiorno sia particolarmente pulito, oggi?”
In effetti, mi diedi un’occhiata in giro e, incredibile ma vero, la polvere sui mobili era sparita, il violino era nella sua custodia, archetto compreso, il teschio era stato lucidato, il camino pulito dalla fuliggine, il tappeto aspirato a dovere, le poltrone erano lucide, le coperte ben piegate e la scrivania ordinata, le penne e i due computer al loro posto e allineati col resto della cancelleria.
Quasi non mi commossi.
“Però… Devo complimentarmi!” esclamai, accarezzandogli uno zigomo. Ancora offeso, si sottrasse a quelle attenzioni prendendo a fissare un punto indefinito davanti a sé.
“Procedi.”
Sbirciai la lista e arrossii di colpo.
“Ehm, e per quanto riguarda le mosche, l’invitarmi da qualche parte e le lenzuola?”
Sembrò rifletterci un secondo prima di rispondere.
“Quella degli insetti non l’ho davvero capita, l’ammetto. Ho comprato un barattolo di miele e l’ho messo fuori dalla finestra del bagno. Domattina controllerò il risultato. E domani usciamo. Lestrade mi ha segnalato un furto al Madame Tussaud giusto pochi minuti fa ma volevo aspettare che rincasassi. Parlando delle lenzuola, altro enigma particolarmente complicato. Ho tagliato un pezzo di stoffa, ovviamente dalle tue, gli ho dato fuoco…”
“No, aspetta. Tu cosa?!”
“…tuttavia non ho notato niente di particolare. Eppure la tv era spenta.”
Non seppi se ridere o se dargli un cazzotto.
“Sherlock, è il caso che ti spieghi alcune… cosette che forse ignori.”
“Ah, aspetta… è come quella cosa del sistema solare?”
“Una specie.”
“Allora ti fermo subito. Non m’interessa. Continua pure.”
Sospirai a fondo, cercando di ritrovare la serenità interiore che andava ogni giorno sempre più consumandosi.
“Vediamo… cucinare. Cosa mi hai preparato?” chiesi, massaggiandomi le tempie.
“Ah, quel punto. È stato divertente. Dapprima, ho tentato una pasta. Ho buttato gli spaghetti nell’acqua ma non è successo nulla…”
“Hai acceso il fuoco almeno?”
Mi guardò come se gli avessi chiesto la radice cubica di quattrocentocinquantadue. Mi correggo: come se gli avessi chiesto dove si trova Plutone.
“Lasciamo perdere. Dicevi?”
“Dunque mi sono cimentato in qualcosa di più abbordabile date le mie scarse conoscenze ed abilità culinarie. Il tè.”
“Oh beh, allora ti sei proprio sprecato.”
“Abbiamo finito il latte, John. Di nuovo.”
“E dunque come fai a bere quello che è sul tavolino?”
“Particolare tipo di tè che non necessita l’aggiunta di latte. Non sono un genio?”
“Certo. Oh, questa mi piace. Dire grazie.”
“Quello te lo dico sempre. Vai avanti.”
“Ma non è vero!”
“Sì che è vero.”
“Allora mi spiace ma tu sei un altro Sherlock Holmes.”
“Credo sia improbabile, se non impossibile, che esistano miei omonimi sul pianeta Terra. E anche se ne esistesse uno, probabilmente sarebbe un imbecille imparentato con un’ameba, intellettualmente parlando.”
Sbuffai, illuso che davvero avrebbe cominciato a prendere in considerazione di aggiungere la gentilezza tra la lista delle sue innumerevoli doti.
“Poesia?”
“Leggi l’ultimo messaggio che ti ho mandato.”
Presi il telefono dalla tasca della giacca e lessi l’SMS.

Oh, caro John. I tuoi occhi splendono come un vetrino nuovo per il microscopio e il tuo sorriso è paragonabile alla bellezza del gesso in emulsione. SH

Guardai il display del mio cellulare come solo si potrebbe guardare una carogna in decomposizione.
“Ehm… Grazie, Sherlock. È davvero… profonda.”
“Lo so! Mi sono impegnato ed ero sicuro che ti sarebbe piaciuta” ridacchiò, soddisfatto.
“E… per il ti amo?”
“Confesso che per quello mi è venuto su un mezzo conato di vomito. Che senso ha ricordare al partner che nel tuo corpo si instaurano delle reazioni chimiche quando sei in sua presenza? Cioè, dovrei dirti: sai John, in questo momento la mia adrenalina si è liberata nel sangue e i battiti cardiaci sono leggermente aumentati, endorfine a mille, sudorazione elevata, pupille dilatate… Siamo seri.”
Scossi la testa, ridendo di gusto, e gli chiusi la bocca appoggiandogli un indice sulle labbra.
“Sherlock, guardami. Solo t-i-a-m-o. Ricorda, meno di due secondi…”
“Un’eternità di emozioni. Sì John, ho studiato” bofonchiò sul mio dito, leggermente risentito.
Storsi le labbra e andai direttamente all’ultimo punto.
“Beh, essere te stesso lo sei sempre.”
“Appunto, quindi direi che ho completato la lista. Ho attirato la tua attenzione?”
“Decisamente. Tuttavia, ora vorrei aiutarti a capire davvero il senso di tutto quello che c’è scritto qui. Se permetti…”
Presi una penna dalla scrivania e mi misi al lavoro. Dopo neanche due minuti, gli porsi il foglietto e, con fare estremamente interessato, come si fosse trovato davanti ad un tomo di fisica nucleare, lo lesse con enfasi:


10 trucchi per attirare l’attenzione del partner:

  • La giurisdizione delle faccende di casa non è unilaterale: contribuisci.  Contribuire alle faccende non significa nascondere la polvere sotto il tappeto e gli scatoloni nello sgabuzzino delle scope.
  • Metti da parte l’orgoglio e ricorda che col miele si acchiappano molte più mosche che con l’aceto.  Il miele non va sulla finestra del bagno ma sul tuo caratteraccio. Sii dolce e saprò come ricambiarti.
  • Spirito di iniziativa: invita il tuo lui da qualche parte. Avrei preferito una passeggiata ad Hyde Park ma la solita scena del crimine andrà più che bene.
  • Spegni la tv e accendi le lenzuola. Piccola correzione: spegni il cellulare e affidati al tuo dottore. Saprò come curare la tua insonnia ;)
  • Sai cucinare? Preparagli qualcosa con le tue mani. Non sai cucinare? Improvvisa! Mi hanno sparato, mi hanno attaccato una bomba addosso, hanno attentato alla mia vita per tre lunghi anni a mia insaputa… Essere avvelenati da Sherlock Holmes la considero una nobile morte.
  • “Grazie” è sempre la parola magica in ogni situazione. Ripeto: se tu dici “grazie”, io sono la reincarnazione di Lady D.
  • Sorprendilo! Qual è il suo colore preferito? Indossa qualcosa di vistoso di quella tonalità. Ti comprerò una camicia azzurra. Questo non vuol dire che quel fiocco ti stia male, anzi. Sei un perfetto gattone da coccolare.
  • Le poesie fanno sempre centro! Eh, Sherlock. Non voglio offenderti, ma le poesie dovrebbero centrare il cuore, non il senso estetico e dissanguarlo.
  • Ricordagli che l’ami. “Ti amo” è composto da due semplici parole che possono essere pronunciate in meno di due secondi ma che regalano un’eternità d’emozioni. Non m’interessa come me lo ricordi. Anche io lo provo per te.
  • Sii te stesso. Nessun problema. Amo il mio Holmes così com’è.

 

Un sorriso estatico, beato, gli si era dipinto sul volto. Mi guardò con quella tipica espressione da farmi ribollire il sangue nelle vene.
“Grazie, John.”
“Di nulla… amore.”
Storse il naso, un’espressione lievemente disgustata, e piegò il foglietto in quattro, mettendoselo in tasca.
“Devo anche io chiamarti così?”
Mi avvicinai lento, la malizia negli occhi e l’eccitazione a fior di pelle. Gli sfiorai le cosce coi palmi delle mani, distendendogli così le gambe sottili e mettendomi a cavalcioni sopra di lui.
“Mi puoi chiamare come vuoi” gli soffiai sul collo, provocandogli un leggero brivido che potei percepire distintamente sotto la lingua.
Gemette, piano, ma abbastanza affinché quel suono si trasformasse per me in energia elettrica che andò a riversarsi nelle mie parti anatomiche meno caste.
“Il gatto qui ha bisogno di essere spazzolato, dottore” mormorò roco, abbracciandomi con calcolata lentezza e tirandomi per il colletto della camicia più vicino a lui.
Risi di gusto sulla sua pelle perfetta, sfiorando con le labbra la stoffa del fiocco che teneva ancora legato al collo.
“Però questo bel nastro lo usiamo per altro, che ne dici?”
Sfiorai il nodo all’altezza delle ultime vertebre cervicali e lo slegai, impaziente.
Mi trapassò con lo sguardo e quasi non ebbi un sussulto. I suoi occhi, da un verdeazzurro quasi piatto, si erano colorati di uno smeraldo ambrato nella cui immensità confidai di perdermi per sempre. E mi era così dolce naufragare in quel mare…
“Un gatto un po’ indisciplinato…” ringhiai, prendendogli i polsi e legandoglieli stretti dietro la schiena.
Si sporse leggermente verso di me per facilitare quell’operazione e appoggiò le labbra carnose sul mio collo, mordendolo con foga.
“Attento che graffio” sussurrò al mio orecchio, sottomettendosi poi alle mie manovre che l’avevano portato a distendersi del tutto sotto il mio peso.
“Anch’io ti amo, Sherlock.”

 










Author's Corner

Ok, adesso giuro che questa sarà l'ultima storia fluffosa che pubblicherò *incrocia le dita dietro la schiena*. No dai, con questa ho finito la mia carrellata infinita di storie nelle mie famigerate cartelle di Word. Tradotto: passerà un bel pò di tempo prima che ritorni a tediarvi con i miei disturbi psichici che non posso fare a meno di riversare su "carta". Il proseguimento del terzo capitolo di Just be my dancing star mi sta risucchiando ogni goccia di energia vitale...
Spero che questa cosuccia sia di vostro gradimento e che lascerete un vostro commento.
Thank you!

miss potter

  
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