No,
non è la long che ho annunciato in precedenza nella One-Shot (per
quella dovrete aspettare che esca il capitolo 320, o 321 dipende, di FairyTail), ma spero possa comunque piacervi o
incuriosirvi… almeno un pochino xD
Warning: non
preoccupatevi perché sarà solo il PROLOGO ad essere così aulico, volevo
creare un netto contrasto tra l'incipit (un po' una cagata, I know) e il resto della storia xD
Anche
se AU ho inserito la nota SPOILER perché tratterò vicende e personaggi che sono
considerati dei veri e propri spoilers (la
ripetizione di tale parola è profondamente voluta per marcare la pericolosità
per chi decide di leggere) per chi segue l’edizione del manga edito dalla Star
Comics e non le uscite settimanali dei capitoli.
Ho
inserito l’espressione Anno Domini (Anno del Signore) non volendo intenderlo
come Signore della religione cristiana, ma come essere al di sopra di tutto
(Creato, re degli dei, essenza suprema… fate voi xD)
Disclaimer: c’è
qualcuno che non sa che Fairy Tail è di Mashima-sensei (ovvio)
ed io non scrivo a scopo di lucro? (Beh, forse questo non lo sapevate
veramente, ma se volete lo stesso pagarmi per me va bene xD )
Destroy Me
- Per
il tuo sangue -
Nell’Anno Domini 777 la magia corruppe la
mente dell’uomo.
Seducenti spire dagli aculei intinti del più letale
dei veleni ghermirono gli umani, immersero i loro cuori in un crisma fedele
alla loro natura, e dagli animi estirparono la volontà, asservendoli ad un solo
ed unico credo: il potere.
Nell’Anno Domini 777 i maghi divennero proprietà del
Regno.
Non più uomini speciali ma guerrieri col solo scopo di
servire il regno, e per quest’ultimo morire. Divenuti vinti ancor prima di
combattere, marchiati come bestie da soma, la loro vita aveva assunto le
fattezze di un laccio emostatico: una compressione che li vessava nel sangue.
Nell’Anno Domini 777 i Draghi scomparvero nel nulla.
I Signori della Guerra furono inghiottiti
nell’oblio dell’ignoto, legandosi a leggende che i posteri avrebbero raccontato
in segreto, con timore. Della loro esistenza ne fu vietata la parola… e della
loro prole la morte fu l’anatema.
Nell’Anno Domini 777 le chiavi celesti furono
ritrovate attorno ad una bambina.
Ed i più plasmarono quella piccola vita nell’ostia dei
loro intenti, nella chiave che avrebbe guidato le altre alla mera origine della
magia. Alle radici dell’arcano potere.
Nell’Anno Domini 784 la libertà strepitava negli animi
degli indomiti.
E nei figli dei Signori della Guerra fomentava il
plenario livore per una vita celata al mondo.
Prologo:
Memento mori
- You will die -
«
Amicizia… » sussurrò, con lo sguardo proteso verso l’orizzonte oltre la
finestra, tra le labbra l’effimero sapore del vento ad avvolgere le vivide
lettere di quella parola.
Sapeva
poco del suo significato, niente, la sua mente non riusciva a carpirla nella
sua integrità, ma se avesse dovuto raffigurarla le avrebbe dato i colori del
cielo. Azzurro come il bagliore dell’alba che rischiarava la sua prigione. Una
cella di drappi e seta, affreschi maestosi e vasi di porcellana, dove le era
permesso solo di studiare con precettori di elevato calibro, di cristallizzarsi
in una bambola di vetro fino all’evento atteso dal Regno, unico scopo della sua
atona vita: ilRyuuousai(*).
«
Libertà… »
Di
questa la morte sarebbe stata l’unica assoluzione.
Sapeva
che nel 779 fu emanata dal Regno la legge che ne vietava la pronuncia ed il
diffondersi, pena la morte. Più di una volta aveva chiesto il perché di quella
legge, come potevano sette lettere spaventare a tal punto il Regno, ma i torvi
sguardi e i rimproveri smozzati che ricevette in risposta le impedirono di
proseguire, lasciando stemperare la sua mente inquieta in una tiepida
conoscenza.
«
Libertà…» disse di nuovo, disegnando figure arabesche sul vetro appannato della
finestra… come a voler raccogliere con i polpastrelli le sofferenze che
nell’assordante silenzio scivolavano via, assieme alla sua energia vitale.
Sorrise: per lei la gelida Dama nera con la falce tra le mani sarebbe giunta
comunque, era nata per quello. Senza memorie del passato e col solo scopo di
asservire fiorendo in una sterile landa che presto o tardi l’avrebbe lasciata
seccare.
Ci credi davvero, Lucy?
Non
sapeva a cosa credere ormai, il Regno le diceva che la sua vita era stata già
scritta, che quello fosse il suo destino, ma del Fato, Lucy, oltre il chimerico
aspetto di un filo che ricongiungeva gli amanti, riusciva a scorgere la
bellezza venefica di un fiore predatore di carne. Della sua carne.
Il
problema fondamentale era la vista. Potevano farla galleggiare in un universo
di omissioni, tesserle la rete nella quale intrappolarla e lasciarle
nient’altro se non con una sensazione claustrofobica nel petto, ma fin quando
avrebbe visto i colori avrebbe saputo che oltre le convinzioni fallaci del
Regno ci fosse altro. Che nessuna morte era bianca, nemmeno la sua.
Che i ricordi dovevano essere gialli, chiari e lucenti come le calde braccia
del sole, non frammentati e privi di significato. Che il verde fosse il colore
della vita, perché vivere doveva essere naturale per
tutti, persino per lei… niente avrebbe dovuto essere grigio, sfocato come un
sogno in terza persona. Niente avrebbe dovuto essere solo osservato.
Il
problema fondamentale era la paura. Non aveva mai provato a scappare perché il
nuovo la intimoriva, preferiva compiangersi, obbedire ad un Regno conosciuto,
una mite abitudine dall’acre odore della ferruggine, che affacciarsi al mondo
di cui non sapeva nulla. Preferiva guardare che toccare.
Sono una codarda.
Il
problema fondamentale era che di abitudine ci si ammalava, e di paura si
moriva.
Ti sta bene così, Lucy?
***
Vi
fu un tempo in cui l’uomo sentiva la magia fluire nell’animo e nel sangue, nella
pelle portava il vessillo della gilda con la stessa fierezza con cui un leone
mostrava la chioma al branco. Non era un morbo che affliggeva l’essere,
necrotizzava i tessuti e tumefaceva gli organi; non un’espiazione priva di vere
colpe, immersa nel calice d’oro traboccante di fiele. Nel corso degli anni, per
il Regno la diversità era divenuta un virus che andava annientato prima che
questi duplicasse il suo genoma all’interno delle cellule: l’uguaglianza,
l’antivirale per antonomasia, negava l’esistenza di tutto quello che la gelida
apparenza non riusciva a nascondere, ed oltre il velo celava la nequizia
dell’uomo.
Infida
era la clessidra della vita che di bei ricordi si nutriva, lasciando agli
esseri umani solo il vago odore della rugiada del mattino su fiori dormienti, e
vomitando il tempo di cui tutti avrebbero voluto dimenticarsi, lasciando un
alone che mai sarebbe scomparso. Quando il presente carnefice sarebbe divenuto
quell’ alone dall’acro sapore? Era questo che si chiedeva il vecchio Makarov, a capo di una delle tante gilde magiche ormai
“cani” del Regno, aspettando i suoi figli tornare da missioni
suicide in cui nemmeno credevano.
«
Cosa vi turba, Master?» domandò Mirajane, con un sorriso a tingerle le labbra,
desiderata da tutti i suoi compagni ma schifata dal resto del
popolo per il suo essere « Pensava ai ragazzi, vero? Stia
tranquillo, torneranno presto sani e salvi».
Sani e salvi… ma umiliati fin dentro l’animo.
Essere
i “cani” del Regno non significava solo ubbidire, ma essere sottoposti a
continue umiliazioni e supplizi contro la propria volontà: nel tatuaggio della
gilda vi era stata posta una magia oscura grazie alla quale il Regno manovrava
i maghi… i fili con cui l’abile burattinaio muoveva le bambole. Al rientro da
ogni missione, Makarov vedeva i propri
ragazzi torchiati da ferite che mai si sarebbero rimarginate, desiderosi di
morire ogni minuto che servivano il loro paese, e provando a vivere solo quando
erano insieme. Era questo che il Fato aveva in serbo per i suoi figli? Scivolare
in silenzio dimenticati da tutti considerati da pochi? Nel baratro tra il vuoto
ed il nulla?
Che gli dei ci aiutino…
«
Oh, cielo...»
Il
vecchio lanciò uno sguardo confuso alla maga albina, sperando che quelle parole
non fossero riferite ad un problema, che in quel momento sarebbe stato come del
sale sulle ferite: « Che è successo?» domandò senza aprire gli occhi, seduto in
piena meditazione.
«
Non so come dirglielo, Master.»
«
Dimmelo e basta, Mira.»
«
Si tratta di lui, Master… è scomparso di nuovo.»
« Che
diavolo pensa di fare? Non può permettersi di scomparire proprio ora! Vuole far
uccidere tutti i suoi nakama?»
***
Una
brezza fredda gli sfiorò la pelle solleticandogli l’epidermide, non
provò nemmeno a coprirsi, se fosse stato una persona normale sarebbe
stato percorso da un brivido di freddo che gli avrebbe fatto
rimpiangere di non essersi portato una giacca più coprente di quella che già
indossava, peccato che lui di “normale” non avesse nulla, nemmeno il colore dei
capelli… o il gatto che aveva come fedele compagno.
Erano
passati quattro giorni da quando se n’era andato dalla gilda per
l’unico scopo che mai nessuno sarebbe riuscito ad allontanarlo; era riuscito a
fuggire mentre il Master era in piena angoscia per la famiglia, già se lo
immaginava a imprecare contro Dei, Avi, e lui, accusandolo di non
avere a cuore la sua famiglia… non era vero. Amava i suoi nakama – avrebbe dato la vita per loro! – ma c’era
qualcos’altro che non poteva più aspettare… i suoi amici era sicuro che, in un
modo o nell’altro, se la sarebbero cavata, e al suo ritorno si sarebbe fatto
perdonare… o punire, che dir si voglia. Se mai ritorno ci sarebbe stato.
«
Neh, Natsu… quando arriviamo?» domandò Happy, il gatto meno comune di tutto il
Regno.
«
Non lo so.»
Forse ci siamo.
Erano
giunti in una città diversa da quelle del Regno, non segnata nella mappa, e dai
contorni sinistri. Camminavano lungo una strada isolata, troppo per essere nel
bel mezzo della mattina; era la notte l’orario in cui le città
s’acquietavano, ed il buio imponeva il suo dominio indisturbato ottemperando
alla sola legge del silenzio. Dall’altra parte della strada, un lampione
sfarfallò pronto a fulminarsi, proiettando ancora quel poco di luce sufficiente
ad illuminare i contorni del luogo, mentre una patina di nebbia si diramava
ancipite lungo la via.
«
È questa… » biascicò Happy.
«
Sì, Happy. Siamo arrivati alla città dimenticata: Loto.»
Finalmente.
Ed
un tumulto di emozioni a scuotergli dentro.
Nell’incessante
fluire del suo sangue, ribollivano antiche memorie incastonate in un filo di
geni, e nelle venature ruggiva l’eco lontano della verità dei guerrieri.
La verità di una prole creduta ormai un memento.
O dolore, o dolore, il Tempo si mangia la
vita
e l’oscuro Nemico che ci divora il cuore
cresce
e
si fortifica del sangue che perdiamo.
(Da i Fiori del Male, Il Nemico
- C. Baudelaire)
Memento
mori: ricordati che devi morire
(*) Ryuuousai: festa del Drago Reale (viene citata dal
volume 35, capitolo 301, in poi).
Note Autore
Okay, siete riusciti a leggere questo
capitolo un po’ aulico effettivamente, quindi avete tutta la mia stima… io
l’avrei lasciato perdere dopo un minuto. Ancora una volta, applauso per
voi e stima sotto i piedi per me… in questo momento sono una via di
mezzo tra il "cancello tutto e vaffanculo" ed il "che bello sono
riuscita a pubblicarlo" (euforia post-pubblicazione xD
). Nel prossimo capitolo vi porterò a conoscere la nuova Fiore ed il Regno…
intendo nuova perché il distopico le farà da padrone, il Regno a cui ho pensato
è un regime totalitario… beh, vediamo quel che ne esce (casomai prendo una
zappa e vado a coltivare bietole… non so perché proprio bietole, mi piace il
nome... bietolebietolebietole), e ovviamente ci
saranno Natsu e Lucy!
La poesia a fine capitolo, oltre ad
essere la mia preferita e quindi a tenerci particolarmente, è solo il
verso finale de “Il Nemico” che io consiglio di leggere. Ha un che di
straziante e angst quindi non posso non
amarla! E, siccome sono poco propensa alla democrazia, dovete amarla anche
voi! xD
Ringrazio ovviamente la mia
beta-reader Letizia,
ovvero Joy93 (se non ci fosse
lei io non pubblicherei, e sarebbe anche meglio per voi… quindi sapete con chi prendervela xD) che ha accettato di correggere tale storia senza
lamentarsi, rivedere punto per punto e notare qualunque tipo di errore (dalla
dislessia da tastiera all'ignoranza patologia) e della quale adoro l'esistenza
(che strana frase)!
Ringrazio anche chi vorrà leggere e non
tacere, ma anche chi vorrà leggere e tacere… e non buttarmi pomodori in testa
(anche perché sono allergica a quelli crudi… vi consiglio di passare
direttamente alla passata di pomodoro).
Il prossimo capitolo a quando? Appena mi
do genetica molecolare, che sarebbe la settimana prossima… quindi vediamo cosa
riesco a fare, anche se è scientificamente provato che più devo studiare e
più mi viene voglia di scrivere. Maledetti paradossi!
Buon carnevale allora!
Al prossimo capitolo!
Baci,
Giorgia