I’m not a stranger
No I am yours
With crippled anger
And tears that still drip sore
«Mi aveva promesso una
serata indimenticabile» dico tra i singhiozzi, Lanie mi passa un fazzoletto di
carta per asciugarmi le lacrime. «Devo sembrarti patetica, ma ci avevo creduto
veramente». Lanie mi guarda con compassione, se avesse un bisturi tra le mani
probabilmente si sarebbe già lanciata su quello scrittore senza cuore. «Si è
presentato con Meredith e Gina a cena!». Probabilmente è la quarta o quinta
volta che glielo ripeto, cercando, forse, un perché di quell’atto. «Ed io sono
scappata come una vigliacca, non ci ho neanche provato a tener testa a quelle
due donne».
«Tesoro, non è colpa
tua» sussurra Lanie accarezzandomi la guancia bagnata. «Non è colpa tua, tu sei
la donna più coraggiosa che conosca, capita di avere qualche momento di
debolezza specialmente in amore. Non doveva presentarsi al vostro anniversario
con quelle due donne, tra tutte le cose che ha fatto questa è la peggiore».
Annuisco asciugandomi
le lacrime con il dorso della mano, il mascara mi sta macchiando tutt0 il viso.
«Devo tornare in
obitorio, sto lavorando ad un caso abbastanza complicato» dice Lanie. «Tu
rimani qui, fai come se fossi a casa tua».
«No, torno a casa mia»
dico alzandomi dal tappeto. «Mi dispiace di averti torturata con tutte queste
mie parole».
«Non fare la stupida,
stai qui almeno sei sicura che Castle non verrà, perché avrà paura di me».
Sorrido. «Rifletti, e domani mattina agisci a mente fredda». Prende la giacca
dalla sedia, mi guarda come ogni madre guarda suo figlio la sera prima di
lasciarlo dormire nel suo letto. «Torno presto».
Rimango sola in un
appartamento che non è neanche il mio, con ogni gesto mi sembra d’invadere la
privacy di Lanie, mi guardo intorno, sono tornate le foto con Esposito, vuol
dire che l’ha perdonato.
E io? Io lo perdonerò Rick?
Tiro sul col naso.
No, questa volta ha superato il limite.
Mi alzo in piedi per
rannicchiarmi poi sul divano, mentre lo sguardo vaga al di fuori della
finestra, New York illumina anche il cielo buio. È scoppiato un temporale.
Come la nostra prima notte.
Sospiro.
E se questa fosse stata la nostra ultima notte?
Non riesco a capire perché
l’ha fatto. Il cellulare vibra per l’ottava volta, non mi volto neanche per
vedere chi è il mittente, non riuscirei a sopportare di vedere il suo viso
sullo schermo. Parte la segreteria.
Ecco dopo la chiamata
il messaggio, un semplice “dove sei?”. L’ennesimo
“dove sei?”. Se solo mi conoscesse veramente saprebbe che non sarei mai tornata
a casa mia o al distretto, perché ero certa che lui sarebbe andato a
controllare.
Bussano alla porta, mi
volto di scatto.
«Lanie?» chiedo. No,
lei ha le chiavi, è casa sua. Tiro fuori la pistola dalla borsa e mi alzo
lentamente, mi appoggio al muro. La porta si apre, un movimento veloce e sono
davanti a lui.
«Sono io Kate» dice. Io
lo guardo negli occhi, è bagnato fradicio dal temporale, impugno ancora più
saldamente la pistola che non accenno ad abbassare. «Abbassa la pistola».
«Come fai avere le
chiavi di casa di Lanie?» chiedo senza cambiare la mia posizione.
«Me l’ha date Esposito
al distretto, ero sicuro che ti avrei trovato qui. Ora puoi abbassare quella
pistola?». Scuoto la testa.
«Vattene, non voglio
sentire spiegazioni. Con te ci sono solo e sempre spiegazioni, e sono stanca di
credere ai tuoi stupidi giochetti, basta. Castle vattene subito» dico
respirando profondamente. Lui non si muove. «Non mi fissare in quel modo».
«Hai pianto…». Rido,
credeva davvero che l’avrei presa bene? «Ti prego Kate ascoltami». Scuoto la
testa.
«Vattene, dico davvero,
se vuoi farmi stare meglio vattene». Sospira guardandosi appena intorno, lo fa
sempre prima di cedere, ma questa volta non si volta per andarsene. Cerca qualcosa
dentro alla tasca della giacca. «No, non voglio leggere ciò che hai provato in
mia assenza solo perché mi hai fatto del male, ne ho a centinaia di quei
biglietti». Lui mi guarda e si lascia cadere a terra con un anello in mano.
«Sposami Kate».
«No!» dico
chiudendogli la porta in faccia. Respiro, mi accorgo solo ora di avere ancora
la pistola in mano, la poso sul mobiletto lì vicino. Mi passo le mani sul viso
e poi sui capelli.
Mi ha chiesto di
sposarlo e io gli ho chiuso la porta in faccia.
Ma che cosa ho fatto?
Apro velocemente la
porta.
«Rick aspetta» urlo
ancora prima di accorgermi che lui è nella stessa posizione di prima con gli
occhi rivolti verso di me. «Sei qui…» sussurro inginocchiandomi di fronte a
lui. «Perché lo stai facendo?».
«Perché ti amo Kate,
ancora non l’hai capito che non sei solo la mia musa, ma sei il mio tutto? Te lo
volevo chiedere stasera a cena, ma ho incontrato Gina e Meredith, e hanno
insistito per volerti salutare, non avrei dovuto lo so. Non succederà più. E in
più tuo padre mi ha già dato la sua benedizione, quindi mancherebbe solo il tuo
consenso».
«Richiedimelo Rick, ti
prego». Sorride, mentre i suoi occhi azzurri riprendono quella brillantezza che
avevano perso.
«Katherine Beckett
vuoi farmi l’onore di poter diventare tuo marito? Perché io sono tuo, la mia
vita senza di te non ha senso, sei la mia linfa vitale e chiederti di diventare
mia moglie sarebbe troppo per un umile umano come me nei confronti di una dea
come te».
«No Rick non ti do
questo permesso, perché tu non sei mio e io non sono tua, noi siamo una cosa
sola, ma si ti sposo». Lui ride, di conseguenza anch’io. Ci fissiamo negli
occhi. «Ma basta serate indimenticabili». Lui annuisce si allunga verso di me e
mi bacia dolcemente, rido e lui cade su di me.
Nella mia mano
sinistra, esattamente sull’anulare ora c’è un piccolo brillante, delicato,
eppure da l’idea di essere una stella in cielo.
«Che dici se andiamo
da me? Non vorrei che Lanie tornasse e ci trovasse così» dice lui
allontanandosi da me.
«Sì, stasera ti posso
solo rispondere sì».
Rebecca Is Here:
Ponziponzipopo…
Okay non ne sono convinta,
ma dovevo smetterla di scrivere cose deprimenti.
Quindi et voilà!
Vado a vedermi Castle
su Rai 2.
Baci Becky