Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
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Autore: Sigyn    10/02/2013    1 recensioni
Apologia di Françoise Bonnefoy.
[Accenni Fem!Francia/Fem!Spagna e past Fem!Spagna/Fem!Austria, vago Male!Ungheria/Fem!Prussia]
[Può essere letta come seguito di The Other Side Of The Coin]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Shoujo-ai | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Prussia/Gilbert Beilschmidt, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo
Note: AU | Avvertimenti: Gender Bender
- Questa storia fa parte della serie 'Boys will be Girls and Girls will be Boys '
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Mademoiselle la Pute



 

 

Lo sguardo incandescente di Rodelind Eldestein sta per scavarle un buco nella nuca. Sarebbe un particolare così antiestetico, tra il collo lungo e bianco e i capelli biondi lavati proprio ieri sera con il balsamo nuovo.

Françoise per un attimo ha la tentazione di voltarsi verso di lei, incrociare lo sguardo di quei suoi begli occhi così blu e freddi che a volte sembrano quasi viola e studiare la sua espressione, la linea severa della sua bocca piccola e la tensione nei lineamenti delicati che può già vedere chiaramente nella sua mente. Ma sa che la troverebbe con la testa china e gli occhi fissi sul banco, a fingere di prendere appunti sulle righe immacolate di un quaderno ordinato e ben tenuto su cui non ha ancora scritto nulla e girare la pagina di un libro che non sta leggendo, a dimostrarle che non le importa e che non sta soffrendo e che non sprecherà nemmeno un secondo del suo prezioso tempo per una come lei.

Sorride, anche se sa di averla ferita, anche se ci sono così tante cose di cui forse dovrebbero parlare, che forse potrebbe spiegarle – ma non capirebbe, e lei non glie ne fa una colpa. Scrolla le spalle, e torna a guardare le belle labbra del professor Karpusi, che è abbastanza giovane e ha il viso abbronzato, occhi verdi e intelligenti, deliziosi riccioli scuri che sembrano tanto morbidi e una voce calda e profonda e rilassante. Quasi sospira, quando nella fila di banchi accanto alla sua nota lo sguardo vagamente disgustato di Ebe Karpusi, riemersa dal suo torpore per alzare un sopracciglio con aria annoiata, come a dire che un po’ se lo aspettava.

Françoise le fa l’occhiolino e le regala un sorriso che le dona un’aria accuratamente frivola, prima di tornare ad osservare suo padre, stavolta cercando di concentrarsi su ciò che quelle labbra così attraenti stanno dicendo.

 

Non è colpa sua se le piacciono le persone belle, né se all’inizio le piacciono solo perché sono belle.

Françoise le ama allo stesso modo in cui ama la buona cucina, i bei vestiti, i libri avvincenti. Ci sono persone che vedrebbero la più scontata commedia di quart’ordine per il viso noioso di un belloccio di Hollywood, e c’è lei che, semplicemente, guarda le persone che le stanno intorno. Le apprezza con calma, da lontano o avvicinandosi quando la situazione lo richiede, perdendosi in uno sguardo sereno, in un profilo raffinato, in un portamento elegante e sicuro.

Ama anche Anita, a suo modo. Ama i suoi sorrisi bianchi e luminosi e sinceri, i suoi gesti distratti, la sua risata squillante, il suo corpo caldo, il suo seno pieno e morbido – e la sua espressione intontita di prima mattina, il modo in cui dimentica tutto dai libri agli orari delle lezioni, il volto meramente espansivo e cortese che mostra a tutti e quello pieno di calore e di piccole fragilità che possono vedere solo i suoi amici. Ha pensato più e più volte di andare a letto con lei, in fantasie pigre e brevi e deliziosamente irreali non troppo diverse da quelle di molte altre studentesse sul professor Karpusi, e poi Anita stessa  ha voluto avvicinarsi a lei e Fran non ha trovato abbastanza buone ragioni per dirle di no.

La ama come ama Gilda, un po’ come un’amica, un po’ come una sorella, un po’ – solo un po’ – come una vera innamorata.

Per questo non dice nulla, quando Anita finalmente crolla, graziosa e fragile come un castello di carte. Non dice nulla, e la lascia gridare, la lascia mentire, le lascia tutto lo spazio di cui ha bisogno per smettere di pensare e sfogarsi e sputarle contro cose che non crede nemmeno lei ma di cui ora ha disperatamente bisogno.

Torna da lei giusto un paio d’ore dopo, con le scuse che le straripano dalle labbra rosse e carnose e dagli occhi tristi. Mi dispiace, non è stata colpa tua, non lo pensavo veramente, Fran, solo colpa mia, mi dispiace, lo sai.

Lo so, dice Françoise mentre se la stringe al petto, una mano tra i suoi capelli scuri e spettinati, assaporando il calore del suo corpo contro il suo, la morbidezza del maglione dell’uniforme, il suo profumo fresco, di fiori. Non le dice nulla, nemmeno che, in realtà, non le ha detto niente di così nuovo e sconvolgente.

Ha imparato il significato di certe parole più o meno quando ha cominciato ad accorgersi dello sguardo della gente, ad indossare gonne un po’ più corte, a truccarsi, a guardare le persone in quel suo modo che le spaventa o dà loro l’impressione sbagliata. Ha imparato a rovinare rapporti – suoi e altrui – poco dopo, quando le hanno insegnato che i sentimenti devono essere esclusivi e totali, come catene pesanti, e nessuno ha capito che per lei sono fili leggeri e resistenti allo stesso tempo, tutti di lunghezze e colori e materiali diversi.

Ha iniziato a sorridere, e poi non ha più smesso.

 

Nel bar della scuola, i sussurri le si attaccano alla pelle come un profumo familiare, le occhiate fugaci degli altri studenti le scorrono addosso senza lasciare traccia. Sono facili da ignorare, così come lei stessa, dal suo arrivo alla World Academy, è diventata facile da ignorare per la maggior parte di loro.

La mano di Anita non lascia mai la sua spalla. Si sente ancora in colpa, nonostante quel sorriso smagliante. Non serve a molto, né per far cessare i sussurri né per rassicurarla – non ha bisogno di essere rassicurata, in fondo. Ma è calda e il suo tocco è saldo e leggero allo stesso tempo, e la fa sentire bene.

Accanto a loro, Gilda ride alle sue stesse battute. A lei sembra non importare mai niente, ma i suoi occhi sono pieni di ombre e scintille pericolose. É proprio questo uno dei tanti motivi per cui un filo magnifico e un po’ improbabile unisce anche loro.

Il simile conosce il simile, dopotutto. E lei è sempre stata vagamente narcisista.

Sorride, Françoise. Sorride insieme ad Anita con il cuore spezzato e pesante, a Gilda con lo sguardo troppo cupo e la risata troppo facile.

Sorride, e in quel sorriso lascia da parte tutto il resto e cerca di farle ridere e dimenticare, finché non ci riesce e la tensione si scioglie, la tristezza sparisce e rimane solo quell’amore bello e intenso e difficile da spiegare per le sue amiche. Ed è di nuovo la Fran di sempre, sicura e leggera e, in un modo forse bizzaro e forse sbagliato, felice.

I sussurri svaniscono, persi nel rumore delle loro risate e del loro inconsueto equilibrio.
  
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