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Autore: Gaber_Ricci    10/02/2013    1 recensioni
Si sa: l'unico modo per scrivere bene, è leggere tanto. Ma qualcuno, forse, ha scelto un modo un poco troppo originale, per farlo.
Genere: Commedia, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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C'è sempre un nervoso e ingenuo giovane principiante che […] domanda, tremulo: “Da dove prendi le tue idee?”.
-Alan Moore, Dietro il sorriso dipinto

I breakdown, and let the story guide me
-Dream Theater, Wither

 

Era il 1954 e Fred era sporto, sopra il suo tavolo da lavoro, a leggere, sghignazzando sotto i baffi, la Guida galattica per autostoppisti.

Lo so, miei venticinque, esigenti lettori: messe così, le due righe precedenti paiono non avere proprio alcun senso. Ohibò, direte infatti voi, come faceva a sghignazzare sotto i baffi, se era sparita la sua testa e, con essa, anche i baffi medesimi? E, ora che ci pensiamo, dovevano essersene andati chissà dove anche i suoi occhi e, soprattutto, il naso su cui appoggiare gli occhiali, di cui Fred (a proposito: chi diavolo sarebbe, questo Fred?) aveva un gran bisogno; così, in definitiva, non poteva proprio leggere alcunché, figurarsi la “Guida galattica” che, per gli arretrati tipografi di questa parte della galassia, sarebbe comparsa solo ventisei anni terrestri dopo. E, infine: ehi, noi come facciamo, a sapere tutte queste cose? Non è che abbiamo fatto irruzione in casa sua senza chiedere il permesso, vero?

Mi rendo conto che sulle prime, potrebbe sembrare che abbiate ragione; ma, fidatevi di me che sono narratore onnisciente, è tutta apparenza: prendiamo ad esempio la sua testa (no, non in senso letterale). Che non era affatto scomparsa nel nulla, ma sarebbe ritornata al suo posto, con ogni cosa in ordine, appena un secondo e quindici centesimi dopo la nostra impudica invasione della sua privacy; e, anche su questo punto, non crucciatevi eccessivamente: perché, seppure Fred ci avesse visto (e non poteva, lo sapeva bene), sarebbe stato molto clemente, sull'argomento. Anche lui, infatti, proprio come me (e, in un certo senso, come tutti voi), era uno scrittore.

Adesso è chiaro, non è vero? È chiaro perché aveva deciso di ficcare la testa dentro quel vortice luminescente che aveva fatto comparire, quindici minuti prima, con uno schiocco delle dita, e che era appena scomparso con un piccolo “pop”: era a caccia d'idee. Il foglio bianco che aveva preso qualche ora prima, infatti, si ostinava a rimanere candido come una volpe delle nevi, e dubitava che si sarebbe riempito da solo.

Quello che stavolta il Vortice aveva deciso di mostrargli, però... perché, oh, sì, lui poteva scegliere di farlo comparire dove e quando voleva (anche se evitava di farlo durante le serate in società), ma quello che gli era concesso di vedere, era solo la mente del Vortice, a stabilirlo. E la sua decisione, stavolta, non lo aiutava nemmeno un po'.

Certo, avrebbe sempre avuto la possibilità di fregarsi il libro, copiarlo pari pari e pubblicarlo a suo nome prima che quell'Adams potesse anche solo farsi venire l'idea; ma, tralasciando i noiosi impacci che gli dava la sua coscienza, che si ostinava a definire tutto ciò furto, c'era da considerare che: uno, l'aveva sempre terrorizzato la possibilità che quei cialtroni dei suoi colleghi avessero ragione (che è dei fessi, si sa), e che portarsi dietro qualcosa potesse far collassare l'Universo in un coacervo di paradossi non più grande di un fagiolo messicano; e due, che quell'Adams poteva anche infischiarsene, del fatto che lui l'avesse anticipato, e scriverla lo stesso, quella sua Guida, del tutto identica (d'altronde, Pierre Menard l'aveva fatto col “Don Chisciotte”, no?), o al più con qualche minima variazione. Dio, poteva solo immaginarlo, la baraonda che sarebbe successa in quel caso: i critici lo avrebbero stroncato, avrebbero detto che era uno straccivendolo privo di fantasia (Adams, intendo), e, vivo o morto che fosse, Fred si sarebbe sentito molto in colpa; oppure, qualcuno avrebbe potuto riconoscere un qualche rapporto che li legava, e poi si sarebbe spinto fino ad appiccicargli addosso, senza che potesse difendersi, una parola come riferimento o, peggio, maestro. Gli corse un brivido lungo la schiena, e per cacciarlo dietro uno sguardo fuori dalla finestra.

Tucson, Arizona, come sempre, lo sorprese: non tanto per la sua bellezza o la sua bruttezza (non avrebbe saputo dire se era bella o brutta: arrivava appena al punto di rendersi conto che non gli sarebbe dispiaciuto, morire lì), ma perché non era Milwaukee. E lui, quando usava il Vortice, pensava sempre a Milwaukee.

A quello, ed alle prime visioni (anzi, pre-visioni) che aveva avuto lì, e che l'avevano spinto, finalmente, dopo anni di esitazione, a scrivere il suo primo libro; che, certo, era un poco confuso, ed infatti gliel'avevano rifiutato ben dieci editori (sospettava di aver battuto un qualche tipo di record, ma aveva sempre preferito non fare eccessive ricerche, a quel proposito), ma era pur sempre il primo, e ci era affezionato, come al suo primo bacio, alla sua prima volta ed al suo primo figlio. E, con facilità, estendeva questo affetto anche alla città dove tutto era iniziato.

D'altro canto, era stato proprio il Vortice, a fargli decidere di lasciarla, quando gli aveva mostrato quante bugie ne avrebbero detto, di lì a qualche anno, certi suoi abitanti (non sapeva quanto reali: uno addirittura portava un improbabile giubbotto di pelle), che si fingevano suoi contemporanei. Aspettate: non è che Fred avesse qualcosa contro le bugie, anzi; lui stesso vendeva bugie, per vivere (ed ecco perché se n'era andato: sempre meglio avere meno concorrenza possibile), era stato sposato due volte e quindi, come dire, ne faceva uso anche nel privato e, infine, quelle rare volte che gliel'avevano chiesto, aveva spiegato che scriveva le sue storie ricorrendo ad una baggianata che si chiamava ispirazione, e che riteneva i suoi interlocutori figurarsi come una specie di divinità, moderatamente bella, che veniva a svegliarlo nel cuore nella notte (cosa che avrebbe provocato la sua più viva irritazione), con romanzi e racconti già belli che finiti.

La verità, ovviamente, era tutta un'altra, e credo che l'abbiate ormai capito anche voi che, prima di mettersi a scrivere, Fred, semplicemente, ficcava la testa nel Vortice e faceva una capatina nel futuro; si dava uno sguardo in giro, raccoglieva frammenti di conversazione, si godeva qualche brano di film (di più, non avrebbe potuto: cos'avrebbe detto la signora Elizabeth, se l'avesse trovato senza il capo che le piaceva tanto?). Poi tornava indietro, ci aggiungeva un po' di suspense, o di ironia, o magari tutt'e due le cose, ed ecco qua, aveva un bel pacco di fogli da inviare al suo editore, o a Wonder Stories.

Una volta, dieci minuti di un film italiano su un assassino ossessionato da un quadro, e subito dopo, secoli e secoli lontano, l'immagine di uno stranissimo automa che strillava, erano stati la causa di una detective story dal titolo incomprensibile; un'altra, aveva sentito un uomo dall'aspetto incredibilmente dimesso (si sarebbe detto un professore di letteratura inglese), e con un paio d'occhiali più spessi dei suoi, buttare lì, come per caso, una piccola, dolce storia dell'orrore lunga solo due frasi (che è questa, se volete saperlo: “L'ultimo uomo sulla Terra sedeva da solo in una stanza. Qualcuno bussò alla porta”); addirittura, era stata una delle canzoni che aveva intercettato in queste sue scorribande a fargli eleggere a sua residenza Tucson; dove, diceva un gruppo di musicisti piuttosto strano (il batterista, in particolare), viveva, o aveva vissuto, o presto sarebbe tornato a vivere un certo Jojo, che gli sembrava un tipo piuttosto interessante.

Se si vergognava di tutto ciò? Be', di certo non di farsi dar consigli, sui suoi investimenti abitativi, da una band, visto che sapeva esistere gente che si sceglieva consiglieri molto peggiori (agenti immobiliari, ad esempio); e per quanto riguarda tutto il resto... e perché avrebbe dovuto? In fin dei conti, a parte rendere tutta l'operazione più interessante, che cosa faceva di diverso da chi passa ore ed ore ad osservare un lillà o una rosa, e poi, dalla tranquillità del suo divano, li canta in endecasillabi faleci?

Era poi sicuro che l'uso del Vortice non gli dava alcun tipo di vantaggio, visto che non di rado gli era capitato di incontrare tanto celebrati autori, quanto mediocri scrittorucoli (questi ultimi si riconoscevano perché scappavano via non appena lo vedevano), che facevano su e giù per le epoche (credeva ci fosse anche un modo per guardare indietro, ma non era mai riuscito a trovarlo); addirittura, era abbastanza certo di aver incontrato Shakespeare, che di buon grado aveva accettato di fare due chiacchiere con lui e, tremando, gli aveva raccontato di un tempo in cui, vecchi e insani, gli uomini vagano nudi sotto le tempeste, ed anche quel nasone fiorentino di cui gli sfuggiva il nome che, in un linguaggio standard piuttosto impacciato, aveva espresso il suo stupore per quel futuro in cui aveva sentito dire: “è l'ora che volge il desio, e ai naviganti intenerisce il core”.

Ah, buon Dio!” si disse d'improvviso Fred “eccomi qui a richiamare ricordi di cui so già tutto quando, se non trovo un modo per riempire questo foglio, questo mese ci toccherà rinunciare alle deliziose crostate di Elizabeth!”. Schioccò quindi le dita, e di nuovo si tuffò nel Vortice.

Non s'era mai abituato, nonostante gli fosse capitato più volte d'ascoltarla, a quel genere di musica, potente, veloce, distorta come se a qualcuno fosse venuta la balzana idea di collegare la chitarra all'impianto elettrico; ogni volta, infatti, gli sembrava che quella voce quasi urlata e quel muro di riverbero potessero rispedirlo indietro e farlo atterrare contro la sua bella credenza, e che dovesse, in nome di qualche principio che gli sfuggiva, considerarla perversa ed insopportabile.

Fred non era il tipo, però, da badare troppo alle questioni di principio; e si può dire che questa fu la sua fortuna. Se, infatti, si fosse ritirato, scandalizzato, subito dopo la sua irruzione, non avrebbe potuto udire la voce del cantante dire, verso la fine della canzone: “with only two arms and two legs, ghastly white skins and no scales” e quel mese, con ogni probabilità, avrebbe dovuto fare a meno per davvero delle crostate della signora Elizabeth.

Preso da un improvviso senso di gratitudine, ben volentieri avrebbe ascoltato cos'altro quei ragazzi (non potevano avere più di vent'anni, si capiva dal nome fatto di levità e durezza) avevano da proporgli; l'urgenza, tuttavia, era ben più forte.

Tirò indietro la testa con violenza, e non perse tempo né a stupirsi di nuovo di Tucson, né a risistemarsi i baffi che, forse per colpa della musica, o del brusco movimento, ne erano usciti un poco spettinati. No, subito prese la penna e, quasi con sollievo, la posò sul foglio per scrivere: “Era bagnato fradicio e coperto di fango e aveva fame freddo ed era lontano 50mila anni-luce da casa.”

*

Ehi!” fece il cantante, lasciando andare il libro come se d'improvviso si fosse scottato “Questo qua prima non c'era!”
Cosa?” rispose il chitarrista, che era distratto da qualcosa che non veniva fuori dalle sette corde del suo strumento.
Questo racconto qui!” raccolse il libro e gliene indicò uno che s'intitolava Sentinella. “L'ultima volta che ho aperto questo libro, non c'era!”.
L'altro rise: “Forse abbiamo registrato troppo, ed è ora di fare una pausa. Toh, ci sono dei toast”. Gli porse il piatto.
Che fai, mi prendi in giro? Ti assicuro che l'ultima volta non c'era!”
Ma dai, non è lungo nemmeno una pagina, non te ne sarai accorto”.
Il cantante spalancò gli occhi, e non disse nulla. Si sentiva, chiaramente, un idiota.
Buona idea” disse, dopo un po' “facciamo una pausa. Anzi” si stravaccò su una poltrona “adesso mi mangio un toast e me lo leggo, 'sto racconto misterioso”.
Diede un morso, ed iniziò a leggere. Non passò neppure un minuto, prima che gli andasse di traverso, arrivando quasi a strozzarlo.
Minchia!” urlò, quando l'aria poté transitare di nuovo normalmente nel suo apparato respiratorio.
Che è successo?” fece il chitarrista, accorrendo preoccupato.
Leggi qua! Questo ha scritto la stessa storia nostra!”
Nostra? Quale storia nostra?”
Quella della canzone!”
Ma che, c'ha copiato?”
Non essere stupido, questo racconto è stato scritto nel '54!”.
Il chitarrista si prese qualche secondo per leggere, poi guardò il cantante e disse: “Porco Giuda”. Scese per un attimo il silenzio, poi i due dissero, insieme: “Figata!”.

A Fredric Brown ed ai Feather Fortress Illusion, che hanno ispirato questa storia.

  
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