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Autore: Black Mariah    11/02/2013    1 recensioni
Quello che Alessandro aveva negli occhi era uno sguardo diverso, uno sguardo che il ragazzo aveva rivolto solo ad una persona fino ad allora: lui. E quando successe, si trovavano entrambi soli, sulle aspre e gelide montagne del nord della Macedonia, quando entrambi, l’uno di fronte all’altro, si stringevano insieme vicino al fuoco per non morire di freddo.
Una fitta allo stomaco lo trafisse, e istintivamente Efestione si portò prima una mano verso il cuore e poi verso il centro del petto, dove trovò con le mani indurite dall’elsa della spada, un laccetto di pelle a cui vi era attaccato un dente da latte, il dente che Alessandro, che quando ancora era bambino, si tirò forzatamente dalla bocca in pegno della sua amicizia, quell’amicizia che sarebbe durata per sempre.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alessandro il Grande, Efestione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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-Inchinatevi innanzi al nuovo re della Battriana!- esclamò il segretario di corte, annunciando l’arrivo di colui che fino a quel momento aveva conquistato tutto.
Alessandro avanzò a passi lenti, guardandosi attorno. Era circondato da ricchezze che non aveva mai visto prima di allora: arazzi finemente ricamati con fili d’oro, stoffe preziose usate come tende, lettighe decorate e intarsiate in una maniera così abile e fine, che sembravano essere state create dal Dio delle arti.
Non si era mai abituato a tutto quello sfarzo, la Persia secondo lui era sempre stata la terra della perdizione. Per un attimo, quasi spaventato dal clamore degli ospiti nella sala, desiderò ritrovarsi nelle stanze del palazzo di Mieza, dove Aristotele gli aveva insegnato a vivere, dove Aristotele l’aveva reso Greco e gli aveva inculcato il sogno di unire tutti i popoli del mondo. Avrebbe di gran lunga preferito l’assetto spartano di quelle camere, senza oro, senza sfarzo, senza ostentazione del divino.
Al suo fianco procedeva lenta la sua torma, impressionata quanto lui da tutte quelle ricchezze.
Improvvisamente il clamore cessò e innanzi al nuovo re si inchinò Ossiarte, il satrapo di quella regione persiana, appena conquistata da Alessandro.
-Mio Sire- iniziò a dire l’uomo. Si genuflesse lentamente, alla maniera persiana, e arrivò ad abbracciare il bacino di Alessandro, fin quando poi non toccò quasi il capo con il suolo.
-Ossiarte- gli fece Alessandro, accettando quel gesto a cui ormai si era abituato e poi aiutando l’uomo a rialzarsi. –Ti rendo grazie di tutte queste ricchezze-
-Lascia che ti porti a sedere sul trono. Stasera, assisterai al più bello spettacolo della tua vita- disse.
Alessandro si lasciò guidare, continuando a guardarsi intorno. Anche i suoi invitati lo guardavano, scorgendo in lui e nei suoi compagni dei tratti fisionomici a cui non erano abituati: troppo chiari di pelle, con capelli lisci e lucenti la cui sfumatura più scura dava su un marrone rossastro.
Efestione procedeva al suo fianco e quando il suo compagno di vita si sedette sul trono reale, splendidamente intarsiato in una qualità di legno a lui sconosciuta, lo imitò, sedendosi alla sua destra.
I due uomini per un attimo incrociarono i loro sguardi, e Alessandro sorrise debolmente.
La gioia più grande per lui, era poter condividere quel momento con i suoi generali, con i suoi compagni, fratelli da sempre.
-Vediamo un po’ che cosa hanno da offrirci questi Persiani!- disse Tolomeo, non troppo ad alta voce. –Si dice che qui le donne siano tanto selvagge, quanto belle! Mi piacciono le fiere da domare!- aggiunse sorridendo e portando alla bocca un calice di vino diluito.
-Lo vedremo subito!- fece in risposta Seleuco, volgendo lo sguardo verso la grande entrata dorata, illuminata da enormi candelabri con fiaccole.
Un gruppo di danzatrici entrò lentamente nella sala, acclamato con ardore da tutti gli altri commensali. Il procedere lento e magnetico delle giovani era ritmato da una strana musica, quasi metallica, dettata da strumenti sconosciuti ai macedoni presenti.
Alessandro ed Efestione smisero di parlare, sorpresi da quell’entrata trionfale.
Le donne procedevano lente e sinuose, accompagnando i loro passi con movimenti leggeri e sensuali. Erano vestite di stoffe diverse, finemente ornate di oro, e portavano i visi e i capelli coperti, in modo tale da far vedere solo gli occhi.
Una fra tutte avanzò e si mise a ballare in prima fila, dettando il tempo e il ritmo di quei passi di danza.
Portava una lunga stoffa rossa avvolta al suo corpo, legata sotto i seni da delle corde dorate. Era adorna di bracciali e collane di oro puro, e quel colore così acceso del metallo, faceva sembrare la sua pelle ambrata ancora più scura e lucida.
Muovendosi, la giovane mostrava le linee del proprio corpo, soffermandosi con le mani sulle sue parti femminili. Alzò le braccia e quasi si contorse, procedendo a passi lenti e magnetici verso il centro della sala, più vicina al trono del suo nuovo re.
Alessandro guardava attento quelle fanciulle, ma quando quella ragazza dal volto coperto, si avvicinò di più a lui, sentì una strana fitta allo stomaco, più forte ancora di quella che aveva sentito con Barsine la prima volta che l’ebbe incontrata.
La stoffa che le avvolgeva il corpo era così rossa, che sembrava quasi sangue, ma i ricami della sua veste erano di un dorato così acceso, che sembrava essere la figlia di Apollo.
La persiana continuava a muoversi innanzi a lui, non perdendolo mai un attimo di vista. Era strano vedere un giovane che aveva i capelli color oro.
Alessandro alzò il capo inclinandolo leggermente, con quel movimento che ormai gli era proprio. Inchiodò i suoi occhi in quelli della ragazza e fu nuovamente trafitto da una lancia nello stomaco.
I grandi occhi della donna erano attorniati da una linea nera, simile a quella che era attorno agli occhi delle donne egiziane. Le sue iridi erano ardenti di una inclassificabile passione, luminose come le più splendenti stelle nel cielo.
Gli occhi di Alessandro per un attimo, che gli sembrò durare un’eternità, si unirono a quelli quasi neri della ragazza, incatenati da una forza oscura, che prese il giovane alla sprovvista, causandogli un inaspettato acceleramento dei battiti cardiaci.
Efestione girò leggermente il capo, il tanto che bastava per rivolgere lo sguardo sia ad Alessandro, sia a quella splendida creatura rossa che aveva davanti.
Una strana sensazione gli prese il ventre, i polmoni e poi la gola. Strinse i pugni, cercando di controllare quell’innata gelosia.
Il suo re aveva ancora gli occhi fissi su quella ragazza, sembrava essere stato ipnotizzato da qualche divinità infernale.
Strinse i denti, cercando di reprimere i sentimenti che stava provando, ma non ci riuscì. Sapeva che quella volta sarebbe stato diverso.
Non era la prima volta che Alessandro guardava una donna, ma era la prima volta che lo faceva in quel modo. I suoi occhi erano incatenati a lei, come se quei movimenti lenti e delicati, l’avessero rapito con la mente e con l’animo.
I suoi occhi non erano mai stati così espressivi: l’occhio sinistro, quello dalle sfumature intense e scure della notte non era mai stato così luminoso. Era così lucente che sembrava essere quasi uguale all’altro, quello color cielo azzurro. Allo stesso tempo però, quello stesso occhio blu notte, non era mai stato più oscuro, non aveva mai ospitato dei pensieri così irrazionali e barbari.
Efestione si sentì gelare il sangue. “Gli occhi sono lo specchio dell’anima” pensava, e in quel momento il suo miglior amico era diviso tra il suo animo mite e temperato e quello oscuro e diabolico, probabilmente quell’animo che l’aveva spinto in quell’impresa.
La musica cessò, e tutti si ridestarono, quasi fossero stati in trance fino a quel momento.
Non appena Alessandro girò il capo per cercare lo sguardo dell’amico, Efestione smise di guardarlo, e cercò di non incontrare gli occhi del re.
-Spero che queste splendide rose abbiano da offrici qualcosa di più di questo impressionante balletto!- esclamò Leonnato, brindando amabilmente con Perdicca. Entrambi erano ad un numero spropositato di boccali di vino persiano.
Alessandro era ancora assorto nei suoi pensieri, stava pensando ancora a quegli occhi neri e a quella pelle ambrata, appena usciti dalla sala.
Ossiarte si avvicinò a lui, baciandogli le mani e poi onorandolo alla maniera persiana.
-Adesso, spero che apprezzerai il nostro banchetto! La cucina della Battriana è una delle più raffinate, e sono convinto che ne rimarrai colpito- fece il satrapo.
Alessandro sorrise, rispondendogli che non avrebbe dovuto preoccuparsi. Sentì al suo fianco la presenza di Efestione, e quando si girò per offrirgli un’occhiata complice, l’amico sembrò non ricambiare. Il macedone stava guardando dritto di fronte a sé, con uno sguardo quasi di odio: la donna che prima aveva stregato tutti, compreso il suo re, stava avanzando verso di loro.
-Alessandro, mio sire, lascia che ti presenti la più bella tra le mie figlie…- Ossiarte allargò le braccia e accolse la donna che avanzava lentamente.
Ad Alessandro venne quasi un colpo al cuore. Da quella distanza, quella ragazza sembrava ancora più raggiante, sembrava essere avvolta dalle fiamme piuttosto che da quella stoffa color porpora.
-…Rossane…- terminò di dire il padre.
Quel nome riecheggiò nella testa sia di Alessandro che di Efestione.
Rossane si avvicinò maggiormente e portando lo sguardo verso il basso, si piegò sulle ginocchia per omaggiare il suo nuovo re.
Alessandro la guardò con lo stesso sguardo di prima, con gli occhi pieni di passione e di irrazionalità.
La ragazza si alzò e con il volto ancora coperto da quel velo porpora disse –Benvenuto, mio re-
Alessandro reclinò leggermente il capo, quel tanto che bastava per poter scorgere il muscolo in tensione.
C’era qualcosa di magnetico in quegli occhi e avrebbe tanto voluto scoprirle il viso.
Efestione rimase immobile, attraversato di nuovo da quel male di vivere e da quella inquietudine.
Probabilmente, quella volta, avrebbe perso per sempre Alessandro.
 
**
Il re macedone stava guardando lo splendido scenario che gli si mostrava davanti: una fiorente città, illuminata dalla luce della luna e dalle fiaccole delle torce e che sembrava risplendere di luce propria nel buio della notte.
Aveva mangiato e bevuto, e quando il banchetto si era trasformato in una tumultuosa massa di corpi ansimanti, troppo annebbiati dal dolce vino persiano, lui aveva lasciato il trono e si era rifugiato nelle sue nuove stanze, lontano da tutti.
Fuori, nel corridoio del palazzo, anche Efestione girovagava, andando alla ricerca della stanza reale. A differenza degli altri suoi amici e ufficiali, non si era abbandonato all’oblio di Dioniso, né alla passione di Afrodite.
Aveva ancora nella mente gli occhi di Alessandro che si univano in un legame quasi catartico a quelli di quella giovane, Rossane.
Quella volta, sentiva che era diverso. Il suo re, non guardava mai nessuno con quell’ardore, non aveva guardato così nemmeno Barsine e nemmeno la splendida Pancaspe, rinomata per le sue doti.
Quello che Alessandro aveva negli occhi era uno sguardo diverso, uno sguardo che il ragazzo aveva rivolto solo ad una persona fino ad allora: lui. E quando successe, si trovavano entrambi soli, sulle aspre e gelide montagne del nord della Macedonia, quando entrambi, l’uno di fronte all’altro, si stringevano insieme vicino al fuoco per non morire di freddo.
Una fitta allo stomaco lo trafisse, e istintivamente Efestione si portò prima una mano verso il cuore e poi verso il centro del petto, dove trovò con le mani indurite dall’elsa della spada, un laccetto di pelle a cui vi era attaccato un dente da latte, il dente che Alessandro, quando ancora era bambino, si tirò forzatamente dalla bocca in pegno della sua amicizia, quell’amicizia che sarebbe durata per sempre.
Arrivò fino al corridoio reale, e mentre avanzava per quelle grandi e lunghe sale, vedeva riflessa la sua immagine nelle armature da parata che decoravano il corridoio. Improvvisamente si accorse di non essere solo e veloce, quasi come se si stesse trovando in un’azione di guerra, si fece più vicino al muro, nascondendosi dietro una nicchia.
Una ragazza bellissima, degna di pareggiare in bellezza con la stessa Afrodite, stava avanzando, accompagnata da delle servitrici che le mantenevano il lungo strascico della veste.
Efestione si sporse leggermente per guardala meglio, e quando la riconobbe e quando capì che cosa questa si stesse accingendo a fare, si irrigidì spaventato dalle conseguenze.
Rossane stava cercando la stanza di Alessandro, e quando l’ebbe trovata, ordinò alle sue ancelle di lasciarla sola.
Efestione la vide sparire e silenziosamente, si avvicinò alla porta della stanza, rimasta socchiusa.
Alessandro era di spalle, e stava ancora guardando il panorama dalla sua finestra. Il silenzio che aleggiava nella stanza fu interrotto dal rumore dei cardini della porta, e improvvisamente, colto di sorpresa, si girò.
La figura che si trovò davanti lo lasciò senza fiato, quasi fosse una dea che brillava di luce propria.
Corrucciò leggermente lo sguardo poichè sorpreso, ma poi si rilassò, vedendo che era una donna.
Non disse nulla, rimase a scrutare quella figura che stava immobile davanti a lui, come se lei quasi sapesse che in quel momento era così che doveva stare.
Alessandro guardò attentamente le sue vesti, erano di un colore scuro, un blu notte, ed erano ornate da bende bronzee e da ricami dorati. Salì con lo sguardo e le guardò i fianchi sinuosi, messi in risalto dal taglio particolare della stoffa, poi i seni, di cui poteva apprezzare solo qualche lembo di pelle nuda, il petto, che lentamente si alzava e si abbassava a ritmo dei suoi respiri, e infine le braccia nude, ambrate, decorate da bracciali a spirale e a forma di serpente. Per un attimo le ricordò sua madre Olympias, ma poi, quando le guardò il volto, capì chi era veramente.
Rossane si avvicinò a lui, leggermente titubante, ma paradossalmente mostrando grande fierezza nello sguardo e nei movimenti. Era una pantera vestita di oro, rischiarata dalla luce delle fiaccole, il cui pelo assumeva delle sfumature scure come quelle della notte ogni volta che avanzava.
Alessandro deglutì e la guardò negli occhi. Il suo sguardo era forte come quello di un guerriero, e aveva un qualcosa quasi di magico che lo costringeva a rimanere incatenato ad esso.
Il suo volto era sgombro da qualsiasi velo e mostrava le reali fattezze della ragazza.
Gli occhi scuri erano accompagnati da lineamenti marcati, tipici delle ragazze orientali, la pelle sembrava liscia come quella di un frutto, le labbra carnose e il naso perfetto. I capelli le ricadevano sulle spalle nude, erano lunghi e nerissimi ed emanavano un profumo di fiori.
Il re macedone, fu vinto da quello sguardo nero e reclinò leggermente il capo di lato per guardarla meglio.
-Non faccio entrare nessuno senza il mio permesso- disse fingendo fastidio.
Rossane fermò la sua marcia e rimase a guardarlo.
I suoi capelli folti e dorati splendevano sotto la luce delle fiaccole ardenti, e i suoi occhi emanavano ardore, e lei giurò di aver visto quasi un’ombra aleggiargli nell’occhio sinistro.
La donna tacque.
-Ma potrei fare un’eccezione per la figlia di colui che ho appena conquistato…- continuò il condottiero.
Per un attimo lo sguardo felino di Rossane si oscurò, era consapevole della sua nuova posizione di sottomessa, ma non le importava, era pur sempre la principessa della Battriana.
Alessandro si avvicinò a lei il tanto che bastava per poterle sfiorare le vesti e i capelli, che ricadevano fluenti sul suo petto, e poi alzò una mano, portandola fin sopra al viso della ragazza.
Rossane aprì di più gli occhi, quasi volesse incatenarlo con lo sguardo come quando aveva danzato davanti a lui e l’aveva posseduto fino in fondo all’anima.
Gli occhi del ragazzo in quel momento erano ancora più ardenti e seguivano lenti i lineamenti della persiana.
Rossane avvertì un tocco caldo quando Alessandro le sfiorò una guancia e poté sentire anche il profumo dolce della sua pelle.
-Dicono che sei il figlio di un Dio- sussurrò lentamente la donna, continuando a guardare i lineamenti dolci di Alessandro. Era strano pensare che quello che aveva di fronte, era l’uomo che si era spinto fino ai confini del mondo.
-Ogni terra in cui sono stato, ogni regione che ho conquistato, dice qualcosa di me. In Egitto sono il figlio del Dio Ammone, in Grecia il figlio di Zeus, in Anatolia sono addirittura una divinità infernale…Se tutte queste storie fossero vere, mia madre allora sarebbe solo una sgualdrina…- rispose il re accennando un sorriso.
-E tu invece, chi credi di essere?- gli chiese Rossane, con una voce che risvegliò in lui degli istinti primordiali.
-Ognuno crede a quello che gli fa comodo…- fece Alessandro, inclinando leggermente il capo. Sentiva il respiro della donna sul suo petto marmoreo. –Tu potresti essere la figlia di Afrodite, la mia dea della bellezza, ma vivi in una regione in cui Afrodite non esiste, e potresti allora essere la figlia di qualsiasi altra divinità…- aggiunse.
Rossane lo guardò nuovamente, i suoi occhi erano fissi sulle sue labbra che sembravano danzare non appena egli aprisse bocca.
-E che cos’è che ti fa comodo?- domandò ancora a sorpresa, con il cuore che le martellava nel petto.
Il re si avvicinò fino ad annullare tutta la distanza che c’era tra loro, e delicatamente le portò le mani sulle braccia, facendole scivolare lentamente fino ai suoi polsi, e poi fino ai fianchi.
-Io sono solo il figlio di Filippo, re di Macedonia- disse Alessandro, carico di emozione. Il suo animo stava fremendo, il suo cuore sembrava dettare un ritmo di guerra.
Rossane si allontanò leggermente da lui. Era quasi spaventata da quello sguardo doppio, diviso tra emozioni umane e istinti animaleschi. Quell’occhio blu notte quasi l’intimidiva, le stava mostrando le strade della perdizione, le strade dell’irrazionale e dell’infernale, strade che solo un Dio avrebbe potuto percorrere, ma contemporaneamente l’altro occhio, quello azzurro cielo, le stava offrendo amore e passione assieme ai più puri sentimenti dell’animo umano.
Si portò le mani sul petto, estraendo da quel nodo di stoffa la spilla d’oro che teneva insieme la sua veste.
Alessandro rimase immobile a contemplare quello che aveva davanti. Si sentiva alla stessa maniera di come quando, tempo prima, scorse il profilo dell’Asia dalla sua nave.
Rossane era nuda davanti a lui, in attesa che le sue mani la toccassero come solo sa fare un ceramista mentre plasma un vaso.
Alessandro avanzò di un passo. Sentiva il calore della pelle della ragazza sulla sua.
La donna si mosse e gli accarezzò il petto liscio e muscoloso, e sulla sua strada trovò un leggero ostacolo.
Le sue dita incapparono in un laccio di pelle a cui vi era annodato all’estremità una piccola cosa bianca e lucente.
Quando Alessandro si sentì toccare, abbassò lo sguardo e vide Rossane tenere tra le dita il piccolo dente da latte di Efestione.
-Ognuno crede a quello che gli fa comodo- ripetè Alessandro, guardando Rossane con occhi quasi infuocati. –E io credo nell’amicizia, quell’amicizia che va oltre l’amicizia stessa- aggiunse sussurrando.
Rossane si alzò in punta di piedi e con le labbra sfiorò il lobo dell’orecchio del ragazzo.
-E nella passione ci credi, figlio di Filippo? Sei pronto a credere ad un piacere così grande, che ti potrebbe far bruciare le membra?- chiese Rossane, girandosi e avanzando verso il letto.
-Potrei iniziare- commentò Alessandro, guardando mentre si distendeva sulla seta.
 
Fuori la stanza Efestione era ancora immobile nella nicchia. Anche se non aveva visto nulla di ciò che era successo in quella stanza, poté sentire ogni singola parola. Quando non sentì più alcun suono, si fece scorrere lentamente verso il basso, quasi come se qualcuno gli avesse succhiato le forze vitali. Si portò una mano al cuore e la strinse: poteva sentirlo battere forte per il dolore.
Si portò poi la mano verso il petto, e strinse tra le dita la collana che legava lui ed Alessandro fin da quando erano bambini.
Le parole del suo amico gli rimbombavano nella mente: anche lui credeva in un’amicizia che andava oltre qualsiasi altra cosa, ma forse, quella che Efestione stava provando, non era amicizia. 
 

***
Salve a tutti! Questa One-shot l'ho scritta in mattinata, ispirata dal libro di Manfredi che sto letteralmente divorando in questi giorni: Alexandros. 
Leggendo questo libro e contemporaneamente guardando alcuni spezzoni del film Alexander, mi sono chiesta cosa sarebbe potuto succedere se le cose fossero andate nella maniera in cui le ho descritte.
Oltre che su alcune caratteristiche del film, mi sono basata soprattutto sul linguaggio e sugli aneddoti presenti nel libro di Manfredi, cercando di rendere la vicenda credibile.
E' la prima volta che scrivo una One-Shot, ma soprattutto è la prima volta che la scrivo riguardo un argomento del genere, quindi spero di non aver fatto così tanto schifo xD
Se caso mai vi fosse piaciuta e voleste scoprire qualcosa in più su di me, ecco qui il link alla mia pagina Efp di facebook:
https://www.facebook.com/pages/Black-Mariah-Efp/105133312907556
Enjoy it! 
xoxo
Mariah

   
 
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