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Autore: Dreamless    11/02/2013    0 recensioni
Ginevra, una studentessa modella di un liceo classico di Londra incontra un giorno in libreria David, ragazzo misterioso che subito dimostra di avere interesse per lei. Ginevra ne è subito attratta anche se non si spiega il motivo, ma la loro storia d'amore nasconde un segreto; un segreto che nessun uomo sarebbe in grado di comprendere. Un segreto nascosto tra le pagine di un libro. Romeo e Giulietta
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Universitario, Storico
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Il sole splendeva sulla mia bella cittadina, a qualche chilometro da Londra dove studiavo. Era solo metà aprile, ma sembrava fossimo già ad luglio.
Ero appena scesa di casa, in sella alla mia bicicletta metallizzata; l’aria fresca mi baciava il viso come in uno dei libri che tanto amavo. Da casa mia a scuola c’erano parecchi chilometri e non ero il tipo che amava alzarsi alle quattro di mattina, ma per frequentare quella scuola, avrei attraversato mari e montagne. Ero al terzo anno al liceo classico Empedocle; ero stata presa grazie a una borsa di studio vinta in un corso di letteratura e tutta la mia famiglia né era entusiasta, compresa me. Soprattutto me. Dopo ben due ore solo a pedalare per le vie districate dell’Inghilterra, sorpassando vialetti desolati e negozi che erano ancora chiusi, arrivai a scuola; erano solo le sei, di conseguenza non c’era nessuno, ma questo a me non importava, avrei potuto entrare in biblioteca e restituire il libro che avevo preso due giorni fa e prenderne uno nuovo. Amavo leggere e leggevo quattro o cinque libri alla settimana. Erano un’ossessione. Appena fui dentro rimasi stupita; la libreria era stata rifornita di mille e mille libri di ogni tipologia e per me era il sogno più bello mai realizzatosi. Mi avvicinai, con un sorriso a trentadue denti, alla bibliotecaria “Ciao meraviglia, hai già finito il libro ?” mi chiese Mary con un lieve sorriso sulle labbra; ci vedevamo ogni giorno e per me la biblioteca e lei erano come una seconda casa e una seconda mamma. Mary era alta un po’ più di me, corti capelli rossicci e lisci, dei occhi castani incorniciati da folte ciglia nera. Era una bella persona, sia dentro che fuori.
Annuì sorridendo “Amo Shakespeare lo sai” dissi porgendole L’Amleto.
Visto quanti libri nuovi ? Sembra proprio che aspettassero te stamattina” mi fece l’occhiolino.
Guardai l’orologio, avevo ancora trenta minuti prima di dover salire a lezione e occupai quel tempo ad esaminare quanti più libri possibili, finché non ne scelsi uno.
Romeo e Giulietta.
L’avevo letto si e no mille volte, ma amavo la loro storia d’amore. Quell’amore che neanche una guerra tra famiglia poteva distruggere. Quell’amore malsano e struggente.
Quell’amore che io aspettavo di provare da così tanto tempo che sembravano secoli, ma l’unica cosa che gli si avvicinava era la mia amicizia per Helen.
“Helen” dissi sbattendomi una mano sulla fronte.
Salutai velocemente Mary e corsi con il libro tra le braccia verso l’entrata.
“Mi dispiace, mi dispiace e mi dispiace. Mi sono dimenticata che dovevamo fare colazione insieme” dissi io cercando di sfuggire all’ira, giustificata aggiungerei, di Helen per averla lasciata da sola a colazione .
“Non hai scuse questa volta Ginevra” disse lei guardando il libro che tenevo sul grembo.
“Lo so, ma l’ho veramente tolto dalla mente. Per farmi perdonare andiamo a pranzo insieme ti va ?” sperai davvero di cavarmela con questa ‘offerta di pace’.
Lei annuì “Però provaci di nuovo ad abbandonarmi e ti prometto che il prossimo libro che leggerai sarà ‘Come sopravvivere alla mia migliore amica’” disse lei seria, poi mi abbracciò dolcemente.
Amavo i suoi abbracci, era una delle poche persone a cui non avevo mai mentito e che sapeva capirmi. Ci conoscevamo dalla culla ed eravamo sempre andate d’accordo anche se talmente diverse. Lei, spiritosa, divertente e aperta al mondo. Io, sarcastica, senza il minimo senso dell’humour e chiusa con tutti. L’unica cosa che poteva farmi davvero aprire, e Helen lo sapeva bene, era scrivere. Ogni parola che non dicevo nella realtà, nelle mie poesie venivano triplicate e trasformate nella melodia più dolce e sinfonica del pianeta. Ogni volta che prendevo una penna era come se io non fossi più io, il mondo si distorceva e solo io avevo il potere di trasformarlo in tutto ciò che desideravo diventasse.
La penna era la mia bacchetta magica.
 
La campanella suonò e noi ci prestammo all’ora di letteratura.
Che potevo desiderare di più il lunedì mattina.
Le lezioni erano davvero molto pesanti, ma per me che ero arrivata lì con una borsa di studio, più che sudata, era una passeggiata.
La nostra insegnante, Miss. Nagelì, era una persona che riconoscevi fra mille non solo per il suo stravagante carattere e modo di vestire, ma per la sua predisposizione all’arte. Qualsiasi tipo di arte, incominciando appunto dalla letteratura, proseguendo con la musica fino al disegno artistico.
“Chi mi sa dire che avvenne a Lucia durante questo paragrafo ?” domandò Miss. Nagelì tenendo in mano una coppia molto antica de I promessi sposi di Alessandro Manzoni.
Alzai la mano.
“Ginevra illuminaci” disse l’insegnante accennandomi un sorriso.
Amavo Miss. Nagelì, tra noi non c’era solo un rapporto alunno- insegnante, c’era un’intesa che superava qualsiasi convenzione scolastica, con lei potevo parlare di tutto ciò che amavo in tranquillità perché sapevo che lei riusciva a capirmi e questo non accadeva raramente.
“Lucia venne rapita e sottratta al suo grande amore Renzo, da Don Rodrigo “ dissi io serena.
“Complimenti, come sempre” Miss. Nagelì mi fece l’occhiolino, poi continuò la lezione.
“Secchiona” disse un mio compagno tra un colpo di tosse.
Mi girai “Non si è secchiona solo perché si sa qualcosa, ma si è ignoranti se non la si sa” dissi io con il mio solito tono acido; odiavo dover essere così, ma in quella scuola o agivo così o venivo presa a calci e non avevo alcuna intenzione di farmi pesare dalla gente, che era entrata in quella scuola senza un obiettivo o con il semplice finanziamento di papà, che io ero diversa da loro.
Anche io sapevo che ero diversa e l’unica risposta che potevo darmi e che ero destinata a qualcosa di diverso dal fare la casalinga.
“Allora, dove mi porti a pranzare ?” mi chiese Helen appena le lezioni finirono.
“Pensavo di andare al parco, sai oggi è davvero una bella giornata per mang..” non mi fece concludere la frase.
“Ginevra, pensi che sono nata ieri ? Vicino al parco c’è il concorso vero ?” mi chiese lei sorridendo.
Si, era vero. Da qualche giorno gli autori più importanti e famosi del mondo si erano radunati in un parco di Londra per un concorso per scrittori emergenti e io aspettavo da circa sei mesi che arrivassero da noi.
Che arrivassero da me.
Annuì imbarazzata.
“Okay, va bene, ma domani dopo la tua ora in biblioteca sceglierò io dove andare” disse lei.
L’abbracciai “Lo sai che ti adoro ?” le chiesi saltando dalla gioia .
“Si che lo so e ora muoviamoci, non vorrai arrivare in ritardo vero ?” rispose lei sorridendomi.
Arrivammo appena in tempo, stavano per chiudere, ma fortunatamente tra i molti autori c’era anche Valerie che trattenne i colleghi dicendo che stava arrivando quella che sarebbe diventata la migliore scrittrice del mondo.
Valerie era mia madre, anche lei adorava scrivere e aveva passato questa meravigliosa passione a me.
“Allora signorina ?” chiese uno dei cinque ‘giudici’ lì presenti.
“Stander. Ginevra Stander” dissi io avvicinandomi al tavolo e porgendo un foglio con il mio curriculum e con una delle tante poesie che avevo scritto in una fredda notte estiva, appoggiata alla finestra ad ammirare le stelle.
“Signorina Stander, qui noi vediamo molto materiale e anche del talento, ma..” disse l’uomo accanto al precedente che mi aveva rivolto la parola.
“Mancano le emozioni, manca la passione, manca..l’amore. La poesia è davvero ben fatta, ma non c’è nulla che faccia capire che lei scrive con sentimento. “concluse egli liquidandomi con un ‘Ci rivedremo al prossimo concorso’.
Mi avvicinai ad Helen che mi guardò con un sorriso “Allora che ti hanno detto ? Aspetta fammi indovinare, ti mandano a Parigi per il primo stage non è vero ?” disse lei felice come mai l’avevo vista.
 “Non vado da nessuna parte che non sia casa mia o Empedocle, non mi hanno preso” dissi io ridendo anche se avrei voluto urlare.
 “Perché ?” mi chiese stringendomi la mano tra la sua.
“Manca il sentimento, eh grazie che manca il sentimento se l’unico mio grande amore è stato Ray” risposi io .
“Ray ? In prima elementare ?” mi guardò stranita. “Che tu sappia ho mai avuto altro sentimento al di fuori di lui ?”
Scosse la testa “Prima o poi arriverà” tagliò corto lei “Appena arriva fammi un fischio, fino a quell’ora devo continuare qui, a fare avanti e indietro in bicicletta, a passare cinque o sei ore al giorno a studiare con gente che mi critica, solo perché sono entrate con una borsa di studio, e leggere, dormire tre ore solo perché passo la sera a scrivere, quando, abbiamo capito oggi che è inutile” dissi io staccando la sua mano dalla mia iniziando a camminare.
 
Era come se il mondo mi fosse precipitato addosso e io fossi sotto di esso schiacciata contro il terreno.
 
Helen mi fermò e mi scostò dal viso una ciocca di capelli biondo scuro.
“Hei, hei, hei, ci sono sempre io, non abbiamo bisogno di altro, né di quei vecchi bacucchi, né di nessun’altro chiaro ?” i suoi occhi castano come i capelli scrutarono i miei azzurro limpido.
“Mi hai sentito Ginevra, lasciali stare, lascia stare tutto, ci sono io e credimi che il tuo talento un giorno verrà invidiato da tutti e quelli come loro, che ti hanno rifiutato, si mangeranno le unghie per ciò che hanno fatto” mi prese le mani e mi sorrise. “Fidati di me dolcezza”.
 
Come potevo resistere a quella ragazza con quello che mi diceva.
 
“Okay, mi fido” dissi accennando un sorriso.
“Ahh finalmente, adesso andiamo a mangiare qualcosa che sto morendo di fame ?”
 
Arrivai a casa per cena e appena varcai la porta di casa, mio padre e il mio fratellino Denny mi corsero incontro abbracciandomi.
“Siamo a natale ?” chiesi io sconcertata
“No, ma tua madre ci ha raccontato tutto e volevamo che sapessi che siamo lo stesso tanto fieri di te” disse mio padre
“State tranquilli, beh io sto benissimo e ora se non vi dispiace, vado a studiare, buonanotte” dissi io liquidandoli velocemente prima che mi chiedessero della cena o cercassero di nuovo di avere ‘ un contatto ’ con me.
Amavo la mia famiglia, ma a parte mia madre nessuno sapeva davvero come ci si sentiva a essere giudicata in quel modo, di conseguenza mio padre e Denny volevano starmi vicini. GRANDE ERRORE.
Mio padre lavorava in una piccola azienda di immobili, Danny andava ancora alle elementari. Io e mamma eravamo le uniche che potevamo capire davvero.
 
Mi sedetti nel letto a studiare greco; alle undici e mezza spensi la luce e appoggiai la testa sul cuscino di piume d’oca, in pochi minuti mi addormentai profondamente mentre le stelle mi illuminavano con il loro candore e la loro lucentezza inebriante.
 
La mattina seguente mi alzai piena di vita e pronta a tutto; saltai in sella alla bicicletta e in meno di un’ora e mezza arrivai a scuola.
Oggi sarebbe stato il mio turno in biblioteca e non potevo di certo permettermi di arrivare in ritardo o Mary mi avrebbe eliminato.
“Allora, tu sai tutto come sempre, io vado, ci vediamo fra un’ora, a dopo “ disse Mary ammiccando e poi svanendo tra i corridoi scolastici.
La biblioteca era sempre vuota e io ne approfittai per leggere un po’.
 
Con le ali dell'amore ho volato oltre le mura, perché non si possono mettere limiti all'amore... e ciò che amor vuole amor osa!’
Shakespeare era qualcosa di stupendo, le sue parole erano pura e soave poesia.
Ero così concentrata a leggere che non mi accorsi che in lontananza in un banco, un ragazzo, sulla ventina, era intento su un libro dalla copertina blu scuro e la titolazione d’orata.
Da lontano scorsi solo‘Shakespeare’.
Sorrisi involontariamente.
Passò l’ora del mio turno e Mary tornò al suo posto da bibliotecaria, ma io rimasi ancora per un po’ ad guardare quel giovane.
I capelli biondi erano illuminati da occhi castani e profondi, labbra carnose e rosso pallido davano a quel ragazzo l’aria di uno che in biblioteca non ci sarebbe andato neanche per sbaglio, ma da come era concentrato su quel libro non era neanche qualcosa legato all’ambito del liceo.
Era il primo ragazzo, anzi, la prima persona che vedevo leggere con tanta attenzione e…passione.
Alzò il viso dal libro e mi guardò accennandomi un sorriso, poi ritorno aShakespeare.
In quell’istante mi senti strana, forse erano i suoi occhi castano intenso, non me lo seppi spiegare, ma era qualcosa di oscuro, spaventoso e allo stesso tempo affascinante e intrigante.
  
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